Partito democratico europeo
NeIl’aprile 2004, su iniziativa di François Bayrou, presidente dell’Union pour la démocratie française (UDF), e di Francesco Rutelli, presidente di Democrazia è libertà (DL)-La Margherita, si svolsero una serie di incontri tra esponenti di alcune forze politiche aderenti al Partito popolare europeo (PPE) con la finalità di dare vita a un nuovo soggetto politico, un europartito fortemente europeista, né conservatore né socialista, bensì centrista. La scelta nasceva dalla critica al PPE, accusato di avere posto in secondo piano i valori costitutivi della tradizione democristiana, come il sostegno a un modello di economia sociale di mercato e all’obiettivo dell’Europa federale, ciò anche in conseguenza dell’allargamento del gruppo parlamentare, e in parte anche dell’europartito, a formazioni politiche di stampo conservatore.
In particolare, avevano pesato le adesioni al PPE di Forza Italia e della francese Union pour un mouvement populaire (UMP), numericamente più importanti dell’UDF e dell’ex Partito popolare italiano (PPI), quest’ultimo poi confluito in DL-La Margherita. Nella precedente legislatura del Parlamento europeo (1999-2004) era già nato, per tale motivo, il Gruppo Schuman.
Avevano anche una certa rilevanza fattori di politica interna francese, la volontà di Bayrou di smarcarsi dalla tradizionale alleanza con i neogollisti, e italiana, DL-La Margherita, partito in quella fase all’opposizione a Roma, si trovava a convivere nel PPE con Forza Italia, formazione politica alla guida del governo nazionale e, tra l’altro, primo partito italiano del gruppo parlamentare e dell’europartito. Lo stesso può dirsi per il Partito nazionalista basco (EAJ-PNV) in considerazione della presenza nel PPE del Partido popular di José María Aznar.
Il 9 maggio 2004 i partiti coinvolti nell’iniziativa – oltre all’UDF, DL-La Margherita e all’EAJ-PNV, formazioni politiche provenienti da Belgio, Lettonia, Polonia e Repubblica Ceca – si riunirono a Parigi, presso la sede dell’UDF, per celebrare la tradizionale giornata dell’Europa e per riconfermare l’obiettivo di dare vita a un nuovo partito europeo.
Questa decisione venne ufficializzata da François Bayrou e Francesco Rutelli nel corso di una conferenza stampa congiunta al Parlamento europeo il 17 giugno 2004. Il mese successivo, il 13 luglio, si tenne l’Assemblea generale costitutiva del nuovo partito che nominò Romano Prodi, allora presidente uscente della Commissione europea, presidente onorario, incarico che egli lascerà nel 2008, mentre vennero eletti copresidenti Bayrou e Rutelli, assegnando la segreteria generale alla francese Marielle de Sarnez. La fase costituente del nuovo soggetto politico si chiuse il 9 dicembre 2004, con il congresso svoltosi a Bruxelles.
Al Parlamento europeo, il Partito democratico europeo (PDE) optò per l’alleanza con i partiti liberali e democratici dell’allora European liberal democrat and Reform party (ELDR), dando vita al gruppo parlamentare dell’ (ALDE).
Il partito promosse, inoltre, negli anni immediatamente successivi alla sua fondazione, l’Alliance of Democrats, un raggruppamento internazionale, coordinato dall’esponente politico italiano Gianni Vernetti, costituito da una sessantina di partiti politici di tutto il mondo di orientamento democratico, centrista, liberale e riformatore, tra cui il Partito democratico statunitense, il Partito democratico giapponese e l’Indian National Congress.
Il 22 settembre 2007, a Vilnius, venne costituita anche l’organizzazione giovanile del PDE, Young Democrats for Europe (YDE), a cui aderiscono undici movimenti giovanili di diversi paesi, tra cui Alleanza per l’Italia (API)-Giovani, fino al recente scioglimento del partito italiano. Va segnalata anche la fondazione politica affiliata al PDE: l’Istituto dei democratici europei, fondato nel settembre 2007 e con sede a Bruxelles.
Sono membri del PDE quattordici partiti e movimenti nazionali, tra cui, per la Francia, il Mouvement démocrate (l’attuale formazione politica di cui è leader Bayrou), il Partido democrático republicano portoghese, il Partito nazionalista basco, i Freie Wähler tedeschi, il belga Mouvement des citoyens pour le changement e l’Associazione degli italiani di Romania. Vi sono anche adesioni individuali tra parlamentari europei, nazionali e membri di assemblee regionali e locali. La formazione politica francese Union des démocrates et indépendants (UDI), pur rimanendo nel gruppo parlamentare dell’ALDE, ha invece lasciato il PDE nel dicembre 2016 per aderire all’altro europartito del gruppo, l’Alliance of Liberals and Democrats for Europe.
A proposito della delegazione italiana, va precisato che dopo le elezioni europee del 2009, i deputati della ex Margherita, a seguito della nascita in Italia del Partito democratico, al Parlamento europeo aderirono al gruppo dell’Alleanza progressista dei socialisti e democratici. Nell’autunno di quell’anno nacque, però, su iniziativa tra gli altri di Francesco Rutelli, Alleanza per l’Italia, che optò per l’adesione al PDE, ma che si è sciolta nel dicembre 2016.
Al Parlamento europeo, nell’attuale legislatura 2014-2019, dopo l’uscita dell’UDI, sono undici i deputati che aderiscono al PDE nell’ambito del Gruppo ALDE. La delegazione nazionale più numerosa è quella francese (con cinque eurodeputati, tra cui Sylvie Goulard); seguono una parlamentare del Partito nazionalista basco e poi altri cinque deputati da Germania, Belgio, Portogallo, Irlanda e Slovenia (questi ultimi due parlamentari indipendenti).
Sul piano programmatico, il PDE condivide con gli alleati al Parlamento europeo, i liberaldemocratici dell’europartito ALDE, una comune visione sui temi istituzionali, a sostegno di un’Unione europea sovranazionale, in prospettiva federale, sempre più democratica e integrata, ma presenta una visione in parte diversa sulle questioni economiche e sociali.
All’articolo 4 dello Statuto del PDE, adottato il 13 luglio 2004 e modificato l’11 dicembre 2014 al sesto congresso del partito svoltosi a Bruxelles, tra le finalità si indica espressamente «realizzare l’unificazione federale e l’integrazione dell’Europa» e «farsi carico pienamente della rappresentanza degli interessi regionali e locali e dell’applicazione adeguata del principio di sussidiarietà anche all’interno di ogni Stato membro».
Il presupposto è che nel mondo attuale i singoli Stati membri non riescano più a esercitare pienamente la loro sovranità, per cui debbono condividerla nel quadro dell’UE, agendo in maniera unitaria sul piano internazionale, promuovendo il multilateralismo e dotandosi di una Politica di sicurezza e di difesa (v. Politica europea di sicurezza e difesa) efficace, mettendo in comune dei mezzi operativi delle forze armate dei paesi membri. Se l’Europa, infatti, intende essere un attore significativo sulla scena internazionale, deve assumersi delle responsabilità crescenti, anche in campo militare, e la NATO deve poggiare su due pilastri di forza uguale: uno americano e uno europeo.
L’Europa, inoltre, non può chiudersi come una fortezza rispetto al mondo esterno, ma nello stesso tempo è necessaria un’immigrazione regolamentata e coordinata, con un dialogo aperto e degli accordi di riammissione con i paesi di origine, da sviluppare a fianco della cooperazione con tali Stati, di un loro migliore accesso ai mercati, con una politica di cosviluppo, in particolare con l’Africa. Il principio di reciprocità e le clausole sociali e ambientali debbono divenire, inoltre, una chiave di volta degli accordi commerciali e di libero scambio.
Sul piano delle possibili riforme istituzionali, il PDE è a favore dell’integrazione politica dell’Eurozona, perché l’Euro presuppone un’efficace convergenza di bilancio, che non può esistere senza un’autorità politica comune. Viene proposto, inoltre, un rafforzamento del Parlamento europeo, con un accrescimento dei suoi poteri legislativi, a cominciare dal diritto di iniziativa, e che un’unica personalità ricopra le cariche di presidente del Consiglio europeo e della Commissione. Il voto a maggioranza deve divenire, inoltre, la regola generale nei processi decisionali (v. Processo decisionale).
La priorità economica dell’Europa deve essere la crescita, stimolando la concorrenza, gli investimenti, le capacità produttive, la valorizzazione delle piccole e medie imprese, la mobilità del lavoro, con mercati finanziari più efficaci, collocandosi all’avanguardia sul piano dell’innovazione e rifuggendo il protezionismo.
Il partito auspica, inoltre, la difesa del modello sociale europeo, il quale deve essere certamente aggiornato, considerando l’aumento dell’aspettativa di vita e i cambiamenti avvenuti nella società contemporanea, ma mantenendo un equilibrio tra la libera concorrenza e i servizi di interesse generale e i beni pubblici comuni non lasciati esclusivamente al mercato, bensì regolati dalle autorità pubbliche.
Paolo Caraffini (2017)