Gli accordi interistituzionali sono atti con cui il Parlamento europeo, il Consiglio dei ministri e la Commissione europea convengono in determinate occasioni su obblighi reciproci intesi a organizzare i loro rapporti in uno spirito di collaborazione. In altri termini, un accordo interistituzionale è uno strumento di dialogo tra le istituzioni responsabili del processo decisionale dell’Unione europea. Essi hanno lo scopo di regolare le modalità di esercizio delle rispettive funzioni in settori diversi di tale processo, evitando così potenziali situazioni di conflitto. È pertanto, possibile che, in considerazione degli interessi in gioco, vi partecipino solo due delle suddette istituzioni.
Alla base di tali accordi vi è il principio secondo il quale la ripartizione delle competenze attribuite a ciascuna istituzione avviene nel quadro di un equilibrio istituzionale insito nel Trattato istitutivo della Comunità europea (di seguito denominato il Trattato) (v. Trattati di Roma). Tale equilibrio impone, in sostanza, alle istituzioni di esercitare le proprie competenze nel rispetto di quelle attribuite alle altre istituzioni (Corte di giustizia delle Comunità europee, 10 luglio 1986, causa 149/85; v. Wybot, in “Raccolta della giurisprudenza”, 1986, p. 2409, punto 23) (v. Corte di giustizia dell’Unione europea).
Gli accordi in oggetto riguardano dunque il rapporto che si instaura all’interno del c.d. “triangolo istituzionale”. Com’è noto, l’ambito dei compiti affidati alle tre istituzioni e le prerogative loro attribuite dal Trattato sono mutati nel corso degli anni. In particolare, a seguito di una sentita esigenza di “legittimazione democratica” (v. Deficit democratico), il Parlamento europeo ha visto crescere significativamente il proprio ruolo.
Ora, è inevitabile che in una simmetria di poteri tuttora incompleta si verifichino frizioni dovute alle inevitabili interferenze tra le prerogative conferite a ciascuna istituzione. Per questa ragione, l’oggetto degli accordi interistituzionali può riguardare diverse materie. L’evenienza di siffatte frizioni è particolarmente riscontrabile al di fuori della c.d. “Procedura di codecisione”, e cioè negli altri casi in cui si realizza una partecipazione delle prerogative del Consiglio con quelle del Parlamento.
Ne consegue che la relazione tra tali poteri può sfociare in un conflitto tra le istituzioni interessate e che questo conflitto si risolve in un rallentamento o anche in una paralisi del processo decisionale comunitario. Ed è proprio in una siffatta situazione di conflitto potenziale che gli accordi interistituzionali esplicano il loro ruolo di strumento idoneo a comporre gli interessi contrapposti delle istituzioni.
Inoltre, gli accordi interistituzionali possono essere considerati un mezzo semplice e pragmatico per ridefinire le rispettive competenze delle istituzioni. In effetti, a fronte della lunghezza e della complessità del procedimento di revisione di trattati, gli accordi interistituzionali presentano il vantaggio di non richiederne un emendamento formale. È, peraltro, opportuno rilevare che tali accordi possono servire a precisare il significato di talune disposizioni lacunose del Trattato, ma non le possono modificare.
Il problema maggiore sollevato in dottrina a proposito degli accordi interistituzionali concerne la loro natura giuridica, con particolare riferimento alla loro portata coercitiva. A tale riguardo, occorre innanzitutto ricordare che alcuni di essi sono previsti da norme di rango primario (ad esempio gli artt. 193, c. 3, e 272, par. 9 del Trattato), per cui si deve ritenere che questi atti abbiano una forza vincolante per i loro sottoscrittori.
Per quanto riguarda, invece, gli altri accordi finora sottoscritti dalle suddette istituzioni, essi debbono essere considerati atti atipici, non solo in quanto non rientrano nel novero degli atti comunitari menzionati nell’art. 189 del Trattato, ma anche perché non sono previsti da nessuna altra norma di rango primario (v. Gerarchia degli atti comunitari). Ne consegue che la dottrina non è concorde sulla definizione del loro status giuridico. Infatti, gli accordi di questo secondo tipo sono stati ricondotti, a seconda del loro contenuto, sia nella categoria degli accordi politici, quindi non vincolanti giuridicamente, sia nella categoria intermedia della soft law, sia in quella degli accordi vincolanti.
La Corte di giustizia delle Comunità europee (v. Corte di giustizia dell’Unione europea), dal canto suo, ha riconosciuto che un accordo interistituzionale di questa natura può essere giuridicamente vincolante allorché ha annullato una decisione del Consiglio presa in violazione di un “accomodamento” con il quale le istituzioni interessate avevano «inteso impegnarsi reciprocamente» (CGCE 19 marzo 1996, causa C-25/94, Commissione c. Consiglio, in “Raccolta della giurisprudenza”, 1996, p. I-1469). Inoltre, con l’occasione, la Corte ha anche precisato che l’accordo era stato convenuto «per attuare l’obbligo di stretta cooperazione fra Stati membri e istituzioni comunitarie».
A quest’ultimo proposito occorre ricordare, da un lato, che lo stesso giudice aveva già esteso alle istituzioni questo principio sancito dall’art. 10 del Trattato nei confronti dei rapporti tra le istituzioni comunitarie e gli Stati membri (CGCE 27 settembre 1988, causa 204/86, Grecia c. Consiglio, in “Raccolta della giurisprudenza”, 1988, p. 5323, punto 16). Da un altro lato, la Dichiarazione n. 3, allegata all’Atto finale del Trattato di Nizza, ha, da ultimo, precisato che il suddetto principio di collaborazione tra istituzioni europee si applica anche a tali accordi.
Pertanto, è legittimo sostenere che un’eventuale violazione di un obbligo assunto in un accordo di questo tipo può costituire una violazione del principio di leale cooperazione sancito dall’art. 10 del Trattato, se la Corte di giustizia ritiene che ne ricorrano i presupposti. Con la logica conseguenza che la natura vincolante degli accordi interistituzionali discende indirettamente anche dal fatto che, nelle dovute circostanze, essi debbono essere considerati strumenti di attuazione del suddetto obbligo di leale cooperazione.
In conclusione, si può affermare che gli accordi interistituzionali costituiscono un importante elemento nel processo di integrazione dell’Unione europea (v. Integrazione, metodo della; Integrazione, teorie della). Infatti, per un verso, essi rappresentano un mezzo pragmatico di attuazione dell’obbligo di leale cooperazione fra le istituzioni. Per un altro verso, hanno spesso aperto la via a future revisioni del Trattato, agevolando così l’equilibrio del suo quadro istituzionale, fattore essenziale per il funzionamento efficiente e democratico del sistema comunitario.
Luigi Marchegiani (2008)