Il regime comunitario della concorrenza (v. Politica europea di concorrenza) si indirizza non solo alle imprese, ma anche agli Stati membri: questi ultimi, infatti, possono, con l’erogazione di fondi pubblici alle prime, distorcere il regolare funzionamento del mercato. Talvolta, tuttavia, l’intervento dello Stato è uno strumento di politica economica essenziale, ad esempio quando è volto a promuovere lo sviluppo economico e sociale del paese, a ridurre gli squilibri regionali, a sostenere la ricerca scientifica e tecnologica, a contrastare una concorrenza estera che beneficia di aiuti pubblici. La tutela della libera concorrenza si accompagna quindi, in tale caso, alla necessità di prevedere l’eventualità di un intervento pubblico nell’economia.
L’art. 87, par. 1 del Trattato istituivo della Comunità europea (TCE) (v. Trattati di Roma) dichiara «incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza». L’articolo vieta, pertanto, unicamente le misure statali che determinano un vantaggio a favore di alcune imprese o di determinati settori produttivi (criterio selettivo o carattere di specificità), mentre una misura generale di politica economica, volta a promuovere lo sviluppo dell’economia nazionale, salvo casi particolari, è lecita. È necessaria, inoltre, l’idoneità dell’aiuto a falsare o anche solo minacciare la concorrenza; occorre, infine, che la misura incida sugli scambi intracomunitari. In definitiva, il pregiudizio sussiste quando l’intervento statale rafforza la posizione di un’impresa nei confronti delle concorrenti negli scambi tra Stati membri; esso è accertato dalla Commissione (v. Commissione europea) caso per caso, valutando il mercato interessato, la posizione dell’impresa beneficiaria in tale mercato, il volume degli scambi effettivi intracomunitari dei prodotti interessati, le caratteristiche dell’aiuto, la situazione della concorrenza nel mercato comune prima dell’adozione del provvedimento.
L’art. 87, par. 1, si riferisce anche ad aiuti di ridotta entità o relativi a imprese di dimensioni limitate. Tuttavia, in virtù del principio de minimis, applicabile secondo il regolamento della Commissione n. 69/2001 del 12/01/01 anche in tale materia (con esclusione di alcuni settori, quali i trasporti o le attività connesse all’esportazione), gli aiuti sono consentiti se al di sotto della soglia di rilevanza comunitaria.
La Corte di giustizia (v. Corte di giustizia dell’Unione europea) e la Commissione hanno accolto una nozione molto ampia di “aiuto”, che include ogni vantaggio, anche non gratuito, attribuito a un’impresa attraverso un intervento pubblico. Si considerano aiuti, quindi, non solo le sovvenzioni – ovvero attribuzioni patrimoniali prive di corrispettivo – ma anche le misure volte ad alleviare i costi finanziari di un’impresa che, pur non essendo sovvenzioni, ne hanno la natura e producono gli stessi effetti, quali le riduzioni di imposta, i prestiti agevolati, i servizi logistici e commerciali, la partecipazione al capitale di imprese pubbliche o private, i sostegni all’esportazione, i crediti preferenziali all’importazione. Tale nozione, poi, comprende anche gli aiuti concessi da enti territoriali, da organismi privati (quali un’impresa privata o un’impresa pubblica che operi in regime di diritto privato), da un organismo soggetto all’influenza preponderante dello Stato, di un ente pubblico o di un ente locale.
Il beneficiario dell’intervento deve essere un’impresa o un soggetto a essa assimilabile, incluse le imprese pubbliche, ossia quelle in cui lo Stato esercita, direttamente o indirettamente, un’influenza decisiva, in relazione, ad esempio, al controllo, alla partecipazione finanziaria o alla nomina degli amministratori.
L’art. 87, par. 1 non ha effetti diretti, non potendo quindi essere invocato dai singoli davanti ai giudici nazionali per contestare la liceità di un aiuto, che può essere mantenuto dallo Stato fintanto che la Commissione non accerti la sua incompatibilità con il mercato comune (v. Comunità economica europea).
Sono previste due tipi di deroghe: le eccezioni ipso iure e quelle discrezionali. Le prime, contemplate dall’art. 87, par. 2, riguardano aiuti considerati automaticamente compatibili, poiché perseguono obiettivi di interesse generale, quali: gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, senza discriminazione in relazione all’origine dei prodotti; gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali o da altri eventi eccezionali; gli aiuti previsti per determinate regioni della Repubblica federale di Germania per compensare gli svantaggi economici provocati dalla divisione del paese. Secondo il par. 3 dell’articolo, inoltre, la Commissione può autorizzare aiuti, altrimenti incompatibili, se, a seguito di un’apposita valutazione, risultino rispondere a esigenze indicate da tale paragrafo, quali gli aiuti volti a promuovere lo sviluppo di determinate attività o regioni, a favorire la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo, a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro, a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, altre categorie di aiuti, consistenti in sistemi generali di interventi, dichiarati compatibili con decisione del Consiglio (v. Consiglio dei ministri). In virtù del primo paragrafo dell’art. 87, infine, sono leciti gli aiuti nei settori per i quali è previsto un regime particolare, quali quelli relativi all’agricoltura, ai trasporti e alla sicurezza nazionale (disciplinati rispettivamente dagli artt. 36, 73 e 296 del TCE).
L’incompatibilità dell’aiuto può essere accertata esclusivamente dalla Commissione. L’art. 88 del TCE prevede a tal fine una diversa procedura, a seconda che si tratti di aiuti esistenti o di progetti diretti a istituire aiuti nuovi o a modificare quelli esistenti. Per quanto riguarda gli aiuti nuovi, gli Stati devono informare la Commissione in tempo utile, affinché essa possa fare le proprie osservazioni (c.d. obbligo di notifica), nonché sospendere l’attuazione delle misure progettate finché esse non siano state autorizzate a livello comunitario (c.d. obbligo di stand-still). L’obbligo di notifica dell’aiuto nuovo sussiste sempre, anche se esso è compatibile con il mercato comune. Sono esonerati da tale obbligo gli aiuti de minimis e quelli rientranti nelle categorie per cui sono stati adottati dalla Commissione regolamenti di esenzione, gli aiuti alla formazione e gli aiuti a favore delle piccole e medie e imprese che rientrano in massimali prestabiliti. Gli atti di esecuzione del progetto notificato adottati senza la decisione della Commissione sono invalidi; il controllo preventivo, quindi, è una condizione di efficacia del provvedimento nazionale che istituisce l’aiuto. L’art. 87, par. 3, relativo all’obbligo di notifica dei nuovi aiuti, ha efficacia diretta: sono attribuiti in tal modo agli interessati diritti che possono vantare davanti ai giudici nazionali, nel caso in cui abbiano subito un pregiudizio dall’aiuto concesso in violazione del divieto.
Per gli aiuti esistenti è previsto un esame permanente da parte della Commissione di intesa con gli Stati membri. Se la Commissione ritiene che un regime di aiuti esistente non sia compatibile, informa lo Stato interessato, il quale deve presentare le proprie osservazioni entro un mese; se, sulla base delle informazioni ottenute, la Commissione ritiene che l’aiuto violi il diritto comunitario, propone allo Stato di adottare le misure necessarie, domandando modifiche sostanziali del regime di aiuti esistente o la sua abolizione. Se lo Stato accetta le misure, ne informa la Commissione e vi dà esecuzione; se non si conforma alle raccomandazioni della Commissione, questa avvia il procedimento di indagine formale, dando inizio alla fase in contraddittorio. In deroga agli artt. 226 e 227 del TCE, la Commissione o uno Stato membro interessato, che ritengono vi sia stata una violazione del regime comunitario, possono adire direttamente la Corte di giustizia, senza che vi sia la fase precontenziosa. Non sussistendo per questa ipotesi l’obbligo di stand-still, lo Stato può continuare a erogare l’aiuto per la durata della procedura.
Maria Rosaria Mauro (2008)
Bibliografia
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