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Andreatta, Beniamino

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A. (Trento 1928-Bologna 2007) si laurea in Giurisprudenza nel 1950, a Padova. Si dedica poi alla ricerca economica presso l’Università Cattolica di Milano e l’Università di Cambridge.

Nel 1961 viene inviato in India per conto del Massacchussets Institute of Technology come consulente del governo, presso la Planning Commission. Dal 1962 è professore ordinario ad Urbino, poi a Trento e infine a Bologna, dove fonda l’Istituto di scienze economiche, la facoltà di Scienze politiche, poi il centro di ricerche Prometeia a Bologna nel 1974 e infine l’Arel a Roma nel 1976.

Consulente economico di Aldo Moro, dal 1976 fino al 1994 siede nei banchi del Senato, dove assume anche la presidenza della commissione Bilancio; è poi capogruppo dei popolari alla Camera dei Deputati. Dal 1984 al 1987 è anche europarlamentare e vicepresidente del Partito popolare europeo.

A partire dal 1979 assume importanti incarichi di governo: ministro del Tesoro nei governi Forlani (v. Forlani, Arnaldo) e Giovanni Spadolini (ottobre 1980-dicembre 1982), del Bilancio nel primo governo di Giuliano Amato (giugno 1992-aprile 1993), degli Esteri nel governo Ciampi (v. Ciampi, Carlo Azeglio) (aprile 1993-marzo 1994), della Difesa nel primo governo Prodi (v. Prodi, Romano) (maggio 19996-ottobre 1998). È proprio dagli anni Settanta che si fanno più rilevanti ed appassionati i suoi contributi, sia scientifici sia politici, al processo di integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della), per i quali A. va sicuramente annoverato fra i protagonisti del perseguimento tenace e continuo dell’avvicinamento dell’Italia all’Europa.

Ancora all’inizio del 1977 A. è sulla linea che verrà a più riprese espressa da Modigliani: esiste un solo salario d’equilibrio che è coerente con il pareggio dei conti con l’estero. E se il salario è una variabile indipendente nel sistema economico, non resta che adottare «una politica valutaria che permetta di mantenere un certo livello di competitività, cioè una politica valutaria che faccia riflettere nel cambio le variazioni del costo unitario del lavoro» (v. Andreatta, 1977, p. 27). Un’analisi incompatibile con vincoli monetari europei.

Ma alla fine dell’anno, quando nell’ottobre 1977 il presidente della Commissione europea Roy Jenkins propone di rilanciare il progetto di un Sistema monetario europeo (SME), le cose cambiano: da un lato esiste un progetto che di lì a pochi mesi diverrà molto concreto e dal quale sarebbe estremamente costoso per l’Italia rimanere fuori; dall’altro l’evoluzione socio-politica interna consente di sperare in un ridimensionamento del ruolo del salario come variabile macroeconomia indipendente, un processo che deve assolutamente essere agevolato.

Il Sistema monetario europeo, con la fissazione di margini di fluttuazione bilaterali ristretti, impone una disciplina esterna che deve riflettersi in comportamenti virtuosi interni, da parte di tutti i soggetti responsabili delle grandi scelte di politica economica del paese (governo, sindacati, autorità monetarie). Oltre al cambio, occorre predisporre secondo A. una dimensione di governo dell’economia a livello continentale, dove si riuniscano «tutti gli altri strumenti nell’intervento economico dei governi [come il] sostegno alla domanda mediante la politica fiscale e monetaria» (v. Andreatta, 1978, p. 87).

Negli anni successivi è protagonista del “divorzio” fra Tesoro e Banca d’Italia, primo tangibile risultato dell’efficacia dello SME come vincolo “costituzionale” esterno. Una piccola rivoluzione che avrebbe cambiato le regole del gioco istituzionale e democratico nel paese, costituendo la premessa fondamentale per la credibilità dell’autorità monetaria, a sua volta elemento imprescindibile per la sostenibilità della partecipazione della lira allo SME.

Nel 1994, ministro degli Esteri nel governo Ciampi, A. avanza una proposta di riforma dell’ONU, volta ad accrescere il grado di democraticità dell’organismo internazionale in vista di una ridefinizione complessiva delle istituzioni di governo dell’economia e della convivenza civile internazionale improntate ad una più omogenea rappresentanza e maggiore democraticità.

Negli ultimi anni A. propone anche un audace progetto di riforma del sistema di gestione del debito pubblico in Europa, volto alla riduzione dei costi di transazione di gestioni nazionali separate tramite un’emissione unitaria assistita da un’istituzione di rilevanza pubblica e di dimensioni continentali. Una proposta che, ancora oggi, non ha perso il suo sapore provocatorio e che rientra periodicamente nel dibattito politico ed economico europeo.

Fabio Masini (2010)

Bibliografia

Andreatta B., La Banca d’Italia e la bilancia dei pagamenti, in AA.VV., La congiuntura più lunga. Materiali per una analisi della politica economica italiana 1972-1974, il Mulino, Bologna 1974.

Andreatta B., Consulto sull’economia italiana, Edizioni industriali, Milano 1977.

Andreatta B., Le conseguenze economiche del sistema monetario europeo per l’Europa e per l’Italia, in “Thema”, n. 2, 1978.