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Armand, Louis

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Figlio di una coppia di maestri, A. (Cruseilles 1905-Villiers-sur Mer 1971) trascorre un’infanzia serena e studiosa nel villaggio di Cruseilles nell’Alta Savoia. Dopo essere stato ammesso all’École Polytechnique nel 1924 e poi, brillantemente, al Corps des Mines, nel 1929 alla inizia la sua carriera di ingegnere. In un primo tempo è in servizio nelle miniere di Clermont-Ferrand; in seguito entrando entra nel 1934 nella compagnia Paris-Lyon-Marseille (PLM). La sua formazione lo segna in modo duraturo: diverrà infatti membro e poi presidente (1956-1968) del Consiglio di perfezionamento dell’Ècole Polytechnique, alla quale resta profondamente legato per tutta la vita. Apprezzato per le sue qualità di ingegnere, la sua carriera prosegue nella PLM, poi nella Société nationale des chemins de fer (SNCF) francese – dopo la sua creazione avvenuta nel 1938 – e nel 1940 diventa docente all’École des Ponts et Chaussées.

Durante la guerra A. rifiuta nel 1942 un incarico propostogli da Laval, il quale aveva apprezzato la sua intelligenza all’epoca del passaggio a Clermont-Ferrand al principio degli anni Trenta. Lavora parallelamente per la Resistenza e sfrutta la sua posizione per inviare informazioni a Londra dall’autunno del 1940. In seguito incontra il colonnello Passy, capo del Bureau central de renseignements et d’action (BCRA) della Francia libera e organizza insieme ad altri la rete Résistance Fer, una federazione dei gruppi di resistenza dei ferrovieri, preparando in questo contesto un piano di blocco delle vie ferrate prima dello sbarco degli Alleati in Normandia. Dopo essere stato arrestato nel giugno del 1944, a stento si sottrae all’esecuzione ed è liberato in agosto. Alla fine della guerra è nominato “compagno” dell’Ordine della Liberazione e grand’ufficiale della Legion d’Onore.

Il suo impegno discreto, le sue qualità di trascinatore di uomini e le sue competenze tecniche gli conferiscono un grande risalto al momento della Liberazione. La carriera di A. progredisce rapidamente all’interno della SNCF: nel 1945 è direttore del servizio centrale del materiale, nel 1946 è vicedirettore generale, nel 1949 direttore generale e nel 1955 presidente. Pieno di entusiasmo, sostenitore delle innovazioni tecniche, svolge un ruolo cruciale nella modernizzazione e nell’elettrificazione della rete ferroviaria francese e si interessa da vicino all’energia nucleare, che all’epoca era considerata un settore di punta indispensabile alla crescita. La sua influenza è riconosciuta anche nel suo settore professionale – è presidente dell’Union internationale des chemins de fer (UIC) dal 1951 al 1959, in seguito ne diverrà segretario generale fino alla morte – e negli ambienti scientifici e governativi. Fra il 1952 e il 1958 è nominato membro del consiglio scientifico e poi presidente del comitato per l’equipaggiamento industriale del Commissariato per l’energia atomica (CEA) creato nell’autunno del 1945. A partire dal 1947 insegna i “dati tecnici dell’economia industriale” all’École nationale d’administration (ENA), creata all’indomani della Liberazione per reclutare la nuova élite della funzione pubblica. A. si impone quindi come uno dei grandi ingegneri amministratori che hanno pianificato la ricostruzione e la modernizzazione industriale della Francia negli anni Cinquanta, al pari di Raoul Dautry alla CEA o di Pierre Massé all’EDF (Electricité de France).

La dimensione europea del suo percorso si sviluppa nel secondo dopoguerra intorno all’Eurafrica e all’energia nucleare. Nel 1952 A. aderisce al comitato per la pianificazione delle zone industriali in Africa, creato dal residente generale francese in Marocco Erik Labonne, grande promotore dell’Eurafrica. Negli anni seguenti entra a far parte anche del Conseil supérieur du pétrole e diventa presidente del Bureau d’organisation des ensembles sahariens e del Bureau industriel africaine. Nel 1956 suggerisce a Guy Alcide Mollet di creare un’Organizzazione comune delle regioni sahariane (OCRS) che viene costituita nel gennaio del 1957.

Più importante sul piano istituzionale, l’impegno per l’Europa dell’energia nucleare si inserisce con estrema coerenza nella carriera di A. Nel 1954 viene sollecitato dall’Organizzazione europea per la cooperazione economica (OECE) affinché prepari un rapporto sul problema dell’energia in Europa, che prefigura la cooperazione europea, la pianificazione delle politiche energetiche e il ricorso all’energia atomica civile (Quelques aspects du problème européen de l’énergie, luglio 1954). Esperto riconosciuto, nel 1955 presiede una delle sottocommissioni (sull’energia atomica) del comitato guidato da Paul-Henri Spaak, che prepara un rapporto fondamentale per il rilancio europeo. Quando Jean Monnet progetta una nuova organizzazione europea imperniata sull’atomo civile, è A. a suggerirgli la denominazione Euratom. Convinto dell’importanza del progetto, aderisce al Comitato d’azione per gli Stati Uniti d’Europa creato da Monnet e usa la sua influenza personale per sostenerlo. Nel luglio 1956, durante una sessione rimasta famosa all’Assemblea nazionale, viene a perorare la causa dell’Euratom insieme all’alto commissario del CEA Francis Perrin, su richiesta del Presidente del Consiglio Guy Mollet. In novembre, in seguito alle pressioni del Comitato Monnet e nel contesto travagliato della crisi di Suez, insieme a Franz Etzel e Francesco Giordani A. è designato come uno dei tre “saggi” del comitato di esperti nominato dai ministri degli Esteri dei paesi della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) per valutare le possibilità dell’energia atomica in Europa. Il loro rapporto (Un objectif pour l’Euratom) è consegnato nel maggio 1957, poco dopo la firma dei Trattati di Roma. I Sei scelgono A. per presiedere la Commissione dell’Euratom a partire dal gennaio 1958 (v. Comunità europea dell’energia atomica). In questa veste A. negozia un importante accordo con gli Stati Uniti ma, deluso dalle tensioni che affiorano, si dimette dall’incarico dopo un anno.

Questo mezzo fallimento dà avvio ad una nuova fase della sua carriera, ormai meno centrata sull’alta amministrazione e più orientata verso gli ambienti economici e intellettuali. Presidente delle Miniere di carbon fossile del bacino lorenese e amministratore di numerose società, A. incarna la figura dell’esperto per eccellenza. Nel 1959-1960 diventa presidente del gruppo di lavoro dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) per l’accrescimento del potenziale scientifico dei paesi occidentali e nel novembre 1959 è nominato copresidente del Comitato sugli ostacoli all’espansione economica creato dal primo ministro Michel Debré. Gli viene affidata anche la vicepresidenza della Fondazione europea della cultura (1960) ed è eletto all’Accademia delle scienze morali e politiche (1960), poi all’Accademia di Francia (1963). Queste cariche rappresentano la prosecuzione di una riflessione avviata dal 1953 nel Centre international de prospective di Gaston Berger. A., appassionato dall’evoluzione della tecnica, in particolare della cibernetica e dell’informatica, e dal loro impatto sull’organizzazione delle società, riflette sulla “rivoluzione manageriale” venuta dagli Stati Uniti, sui problemi dell’insegnamento e della ricerca, su quella che chiama “l’universalizzazione” del commercio, dei trasporti, delle tecniche e della cultura (attraverso la “mondovisione” o la televisione satellitare). In una serie di scritti – Pladoyer pour l’avenir (1961), Simples propos (1968) e Le pari européen (1968), in cui sviluppa le sue riflessioni pubblicate alla fine di Défi américain (1967) di J.-J. Servan-Schreiber – A. invita i francesi e gli europei ad adattare le loro mentalità alle nuove realtà e a ripensare l’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della), più che mai indispensabile, ma ormai invecchiata nei metodi. Ai suoi occhi l’Europa unita non deve opporsi all’America, ma “tradurla” al resto del mondo e proporre una soluzione nuova all’“universalizzazione” in corso – non un nuovo Stato sovranazionale ma un “federalismo alla carta”, con cooperazioni rafforzate scelte dagli Stati europei intorno ad una base minima (estensione dell’unione doganale, moneta comune, Europa dei brevetti). A. immagina anche degli “uffici” europei in settori nuovi (nucleare, ambiente, gestione dell’acqua), una nuova “camera di riflessione politica europea”, un ministro per l’Europa in ciascun governo – allo scopo di «offrire [all’America] un interlocutore in posizione eretta», capace di «farsi carico di una parte dei problemi dell’organizzazione mondiale» (Le pari européen, p. 299) e di restituire all’Europa un ruolo creativo con l’invenzione di nuove istituzioni. L’originalità della sua visione europea – in certo qual modo una versione modernizzata e più liberale del funzionalismo alla Monnet – consiste nel pensare la sfida della mondializzazione all’integrazione europea. Nel 1965 rifiuta di presentarsi alle elezioni presidenziali come gli propongono i centristi, ma nel 1969 accetta di presiedere un ultimo comitato sul miglioramento dell’ambiente i cui suggerimenti sono recepiti nel 1970 dal governo. Scomparso il 31 agosto 1971, A. incarna al tempo stesso una figura tipica delle élites tecniche francesi dell’epoca e un europeista convinto.

Valérie Aubourg (2013)

Bibliografia

Armand L., Drancourt M., Le pari européen, Fayard, Paris 1968.

Association des amis de Louis Armand, Louis Armand: 40 ans au service des hommes, Lavauzelle, Paris 1986.

Burazé J., Louis Armand, le Savoyard du siècle. 1905-1971, un humaniste en action, La Salévienne, 2001.

Drancourt M., Louis Armand: prospective et action, "Futuribles", n. 100, giugno 1986.

Teissier Du Cros H., Louis Armand: visionnaire de la modernité, Odile Jacob, Paris 1987.