Associazione Europea degli Insegnanti
La bocciatura della Comunità europea di difesa (CED) da parte dell’Assemblea nazionale francese (30 agosto 1954) chiudeva la fase caratterizzata dalla “fretta” nella costruzione dell’unità dell’Europa occidentale. Sotto questo aspetto il triennio dal 1950 al 1953 fu attraversato da fondate speranze di giungere al traguardo, ma fu sufficiente la morte di Stalin, il dittatore sovietico che esercitava pressioni gravide di minacce sul continente europeo, per passare dalla fretta ― che aveva come strumento l’istituzionalismo per la creazione nel più breve tempo possibile degli Stati Uniti d’Europa secondo il modello americano ― alla riflessione su tempi lunghi. Questo approccio, senza rinnegare il programma della fondazione della “casa europea”, lo veicolava nei binari del “funzionalismo” che privilegia il momento economico e sociale rispetto a quello culturale, politico e militare. Pertanto, dopo il Piano Marshall (1947), il Patto di Bruxelles (1948) (v. Unione dell’Europa occidentale), il Patto Atlantico (1949) (v. Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico), la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA, 1950-1951), la CED, qualora fosse stata approvata, (1952), gli Stati Uniti d’Europa già negli anni Cinquanta avrebbero dovuto costituire l’ultimo anello della catena destinata a costituire una solida barriera di fronte alle pressioni ideologiche, politiche, sociali e militari provenienti da oriente.
Allontanata nel tempo la realizzazione integrale di questo programma, i protagonisti della sua prima fase, che rimasero al loro posto anche dopo lo scacco della CED, ritennero necessario colmare il vuoto apertosi adoprandosi per la formazione di una coscienza europea con un appello rivolto soprattutto alla popolazione giovanile, secondo il metodo di una stratificazione che, se da un lato mirava a lottare contro gli ancora forti residui di nazionalismo, dall’altro tendeva a istituire un sistema scolastico che avesse come valore centrale e condiviso l’umanesimo dalle origini ebree e greco-romane al cristianesimo. In questa direzione si mossero soprattutto i francesi, che in un certo senso dovevano rimediare al fatto che la bocciatura della CED era stata provocata proprio dal voto parlamentare del proprio paese, gli italiani, che costituivano il gruppo nazionale più numeroso tra tutti quelli che aderivano ai vari movimenti per l’unità europea (v. Movimenti europeistici), e i belgi. Dopo un fallito tentativo degli italiani, furono i francesi a giungere nel 1956 alla meta di un’istituzione che si occupasse di questi problemi. Prima il Centre international de formation européenne (CIFE) promosse a marzo, a La Brevière, un incontro preliminare di insegnanti europei che ebbe quali animatori i francesi Alexandre Marc e Alain Frechet, il belga André Alers e l’italiana Elena Sonnino; quindi, dal 13 al 18 luglio, si tenne, nella prestigiosa e significativa sede del Lycée Louis le Grand a Parigi, il congresso istitutivo di quella che seduta stante venne chiamata Association européenne des enseignants (ADE). La prima decisione presa dagli intervenuti, prima ancora di entrare nel vivo dei lavori, fu quella di riconoscere, sia pure in modo provvisorio, la costituzione di quattro sezioni: francese, italiana, belga e tedesca. Tre esigenze emersero nel congresso: la professionalità, l’esclusività (i membri dovevano essere insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado) e l’indipendenza da qualsiasi altra organizzazione federalistica. Finalità principale dell’associazione fu dichiarata quella di promuovere negli insegnanti e, conseguentemente, negli studenti la conoscenza dei problemi europei nonché dei metodi e delle iniziative per consentire la rapida realizzazione dell’unità europea nella forma federale (v. Federalismo) e per comprendere i caratteri fondamentali della civiltà europea assicurandone la difesa.
La sede centrale dell’AEDE fu fissata a Bruxelles. L’associazione fu dotata di un Congresso, di un Comitato europeo e di un Bureau executif come organi centrali, e di sezioni nazionali dei sei paesi aderenti quali organi periferici. Il nucleo dirigente era costituito dal presidente (il primo fu Alers) e da due segretari generali, il belga Hendrik Brugmans, cattolico, e il francese André Biedermann, calvinista. Un ruolo importante fu esercitato da Alexandre Marc che, al pari dei suoi correligionari Brugmans e Denis de Rougemont, si dichiarava erede di Proudhon quale promotore della “comunità”. Diverso invece fu il ruolo esercitato da Biedermann, complementare a quello di Brugmans in quanto, all’interno della stessa tradizione cristiana, procedeva analiticamente alla valorizzazione della persona umana. Tuttavia, già allora cominciava a delinearsi uno spostamento dalla centralità del cristianesimo verso altre proposte, tra cui quella di dare spazio alle istanze della scienza e della tecnica, proposta sostenuta in modo particolare dall’italiano Fabio Morchio. Il baricentro culturale dell’AEDE si spostava così sempre di più dal cristianesimo confessionale di Brugmans, de Rougemont, Marc e Biedermann al cristianesimo senza dogmi di Mazzini e infine alla centralità dell’Olocausto.
A questo traguardo approdava infatti la Carta europea dell’insegnante, approvata nel IV congresso statutario dell’Unione, tenuto a Bruxelles nell’agosto 1968. Essa ribadiva in primo luogo la specificità di una paideia europea, distinta sia dal modello americano sia da quello sovietico come fondazione di una democrazia quale funzione della diversità che è la caratteristica più importante della persona umana. Così, nell’ordinamento democratico, per gli europei «la formazione e la promozione della persona umana permangono lo scopo principale dell’educazione», la quale «deve mettere l’uomo in condizione di compiersi nella diversità, attraverso l’assunzione delle responsabilità professionali, civiche e morali che conferiscono significato e dignità alla sua vita». In questo orizzonte democratico dove avviene la sintesi tra persona e società, la scuola non deve limitarsi a offrire a tutti «uguali possibilità di accesso a ogni ordine e grado di istruzione, ma deve rafforzare gli ideali di pace, di tolleranza e di cooperazione» che stemperano la rigidità della collocazione internazionale. Dal punto di vista del metodo pedagogico l’impostazione del federalismo deve fondarsi sulla “partecipazione”. Allo scopo di coordinare i vari elementi di una scuola veramente europea, la Carta proponeva di istituire, in seno all’AEDE, un Istituto europeo di scienze dell’educazione.
La fluidità e la flessibilità della situazione consentivano all’AEDE, all’inizio degli anni Settanta, da una parte di appoggiarsi all’Ostpolitik di Willy Brandt e, dall’altra, di favorire il ricambio dei suoi gruppi dirigenti tanto centrali quanto periferici. Così furono prima indebolite e poi liquidate le rendite di posizione delle presidenze “lunghe” che, dal 1956 al 1981, avevano permesso la permanenza in carica di due presidenti, Alers e Jean-Charles Kech, eletti e sostenuti dall’alleanza – diventata ormai permanente – tra la sezione italiana, che contava il maggior numero di iscritti, e la sezione belga, attiva ma certamente meno ricca di soci. Da allora in poi si succederanno un paio di presidenti che non potranno più contare su maggioranze precostituite: il francese Jean-François Maury (1981-1982) e l’austriaco Alwin Westerhof, i quali poi, limitati nella rappresentatività, erano limitati anche nell’incidenza. Per recuperare un minimo di stabilità si tornò allora, nel 1985, a una presidenza belga, quella di Pierre van Bergen, veicolata da un’alleanza che tendeva a riportare la posizione culturale e pedagogica dell’AEDE nell’area cristiana, con un’operazione che cercava il suo consolidamento nel collegamento della sezione italiana con l’UCIIM (Unione cattolica italiana degli insegnanti medi). Tuttavia, il declino in tutta l’Europa occidentale della leadership cristiana, la crescente affermazione di una secolarizzazione congiunta a una pluralità di concezioni che molti etichettavano già come nichilismo e, soprattutto, la crescente connessione della questione europea con la questione più generale della globalizzazione rendono difficile il riconoscimento di un’identità europea nei termini cui era stato posto al termine degli anni Ottanta e quindi la stessa esistenza dell’AEDE.
Danilo Veneruso (2008)