Augstein, Rudolf
A. (Hannover 1922-Amburgo 2002) frequentò le scuole a Hannover e sostenne gli esami finali della scuola secondaria nel 1941. Prima di essere reclutato per sei mesi nel servizio nazionale tedesco del lavoro, lavorò come tirocinante per il giornale locale “Hanoverscher Anzeiger”. Durante la Seconda guerra mondiale, dal 1942 al 1945, si arruolò nell’esercito tedesco sul fronte orientale. Rimase ferito, ma riuscì a tornare a casa nel 1945 con il grado di sottotenente d’artiglieria. Alla fine della guerra, anziché iscriversi all’università, A. iniziò a lavorare per l’“Hannoversche Nachrichtenblatt”. Ben presto si guadagnò l’attenzione di due addetti stampa inglesi i quali gli chiesero di entrare a far parte della rivista “Diese Woche”, fondata di recente dalle forze di occupazione britanniche. Nel novembre 1946, A. esordì nella rivista come capo dipartimento, occupandosi di cronaca interna tedesca. Nel gennaio 1947, all’età di 23 anni, insieme a Gerhard R. Barsch e Roman Stempka rilevò la proprietà di “Diese Woche”. A. divenne editore e direttore della rivista, che da allora in avanti si chiamò “Der Spiegel”.
Nelle vesti di direttore, A. cercò di sviluppare un approccio anglosassone al giornalismo, guadagnandosi in particolare una certa reputazione nel giornalismo investigativo d’assalto. A. considerava “Der Spiegel” come un baluardo della democrazia; per questa ragione definì la come “l’artiglieria pesante della democrazia” (Sturmgeschütz der Demokratie). Svelando numerosi casi di corruzione e incompetenza governative, A. modellò l’opinione pubblica della Repubblica Federale Tedesca (Germania) nei decenni a seguire. Nel settembre 1950, ad esempio, “Der Spiegel” denunciò un episodio di corruzione legato alla scelta della capitale tedesca. Secondo A., il Parlamento tedesco aveva scelto Bonn come capitale al posto di Francoforte sul Meno perché 100 parlamentari avevano ricevuto tangenti in cambio di un voto a favore di Bonn. La copertura di questo caso di corruzione dello “Spiegel” spinse il Parlamento a istituire una commissione investigativa per far luce sul fatto. Tra i testimoni convocati da tale commissione vi era anche A., direttore della rivista. Dopo alcuni mesi, la commissione rivelò che i reportage di “Der Spiegel” corrispondevano al vero e che i parlamentari avevano ricevuto tangenti provenienti soprattutto dal mondo industriale localizzato nella zona della Ruhr. Considerata la rilevanza politica di queste pubblicazioni, non sorprende che negli anni seguenti vi furono ripetuti tentativi politici di indebolire la rivista.
Un’altra questione controversa affrontata dallo “Spiegel” fu quella legata al contributo militare della Repubblica Federale Tedesca alla lotta contro il comunismo internazionale. Inizialmente, A. non prese una posizione netta su questo argomento. Fino al 1952, si potrebbe perfino affermare che fosse tacitamente a favore del riarmo tedesco, ritenendo peraltro che gli attacchi contro l’esercito tedesco per i crimini commessi durante la Seconda guerra mondiale fossero ingiustificati. La posizione di A. a questo proposito, tuttavia, cambiò a partire dal 1952, quando si rese conto che il riarmo della Germania avrebbe approfondito la divisione tra le due Germanie. Un evento decisivo per questo cambiamento di opinione fu il dibattito che si sviluppò attorno al Piano Schuman (1951) che prevedeva l’unione delle industrie siderurgiche e del carbone tedesche e francesi. Secondo A. l’unico scopo del Piano Schuman era quello di potenziare le forze militari europee. Nello “Spiegel”, A., con lo pseudonimo di “Jens Daniel” (che mantenne per diversi anni) affermò che la sottoscrizione del Piano Schuman avrebbe finito per rendere permanente la divisione della Germania. Il cambiamento di opinione sulla questione del riarmo tedesco fece mutare anche la posizione di A. rispetto all’azione politica di Konrad Adenauer, il primo cancelliere della Repubblica Federale Tedesca. Da quel momento in poi, A. divenne un importante oppositore del governo Adenauer e dedicò vari numeri dello “Spiegel” alla critica dell’operato del cancelliere. Nel 1952, un intero numero dello “Spiegel” venne sequestrato poiché conteneva un articolo che riferiva di un presunto piano che, in caso di invasione sovietica nella Germania Ovest, prevedeva il salvataggio di Adenauer e il suo esilio in Spagna.
Anziché danneggiare “Der Spiegel”, questi eventi resero il settimanale sempre più popolare e la tiratura settimanale crebbe costantemente. In quel momento, lo “Spiegel” vendeva già più di 120.000 copie a settimana. Nonostante il successo del settimanale, tuttavia, i due coproprietari insieme ad A., Barsch e Stempka, lo lasciarono rispettivamente nel 1950 e nel 1952. Con John Jahr quale nuovo coeditore, A. decise di trasferire la redazione dello “Spiegel” da Hannover ad Amburgo. Nel 1955, A. riuscì a espandere il proprio gruppo editoriale con l’acquisto di “Star Revue”. A. inseguiva altri piani d’espansione, ma nel 1960 si trovò costretto a rinunciare al progetto di lanciare la rivista “Deutsche Allgemeine Zeitung” a causa di guai legali. Inoltre, quello stesso anno, Jahr lasciò lo “Spiegel”.
In quegli anni, tuttavia, A. non si impegnò soltanto nel consolidamento dello “Spiegel”, ma si cimentò anche come scrittore. Già nel 1949 aveva scritto una commedia che era stata rappresentata in teatro. Inoltre, nel 1953, A. pubblicò il suo primo libro, intitolato Deutschland – ein Rheinbund? Questo per A. fu il primo di una serie di libri, la maggior parte dei quali dedicati ad argomenti politici. Tra le pubblicazioni di A. vi sono anche due biografie, una di Adenauer (1964) e l’altra di Gesù (1972). A. pubblicò anche libri sulla storia tedesca, come Preußens Friedrich und die Deutschen (1968) nel quale criticò la storiografia tedesca. Specialmente quest’ultimo libro riscosse molto successo e divenne un best-seller in Germania.
Durante gli anni Cinquanta, A. rivolse sempre più le proprie critiche nei confronti di Franz-Josef Strauß, il quale, in quanto leader dell’Unione cristiano sociale bavarese e ministro della Difesa, sperava di divenire il successore di Adenauer nella carica di cancelliere. Lo “Spiegel” rivelò diversi episodi di corruzione in cui Strauß era stato coinvolto, la maggior parte dei quali legati all’approvvigionamento di armamenti. Il conflitto tra lo “Spiegel” e Strauß raggiunse l’apice in una vicenda conosciuta come l’affaire “Spiegel”. Nel 1962, Conrad Ahlers, un giornalista dello “Spiegel”, scrisse un articolo nel quale criticava la politica di difesa del governo della Germania Ovest. L’articolo si occupava di un’operazione segreta dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), conosciuta come “Fallex 62” e sosteneva che l’esercito tedesco non sarebbe stato in grado di difendere il paese da un attacco comunista, sebbene fossero state stanziate ingenti somme di denaro per la difesa. L’articolo dello “Spiegel” affermava inoltre che la NATO stava pianificando la difesa della Germania Ovest con l’impiego di bombe atomiche, nonostante una risposta nucleare a un’invasione sovietica avrebbe causato molte vittime tra i civili. Secondo la rivista, in caso di guerra atomica, l’Alleanza occidentale prevedeva che il numero di morti e vittime civili sarebbe arrivato fino a 15.000.000 in Germania e nel Regno Unito.
Pochi giorni dopo la pubblicazione dell’articolo, il 22 ottobre, la polizia tedesca avviò un’inchiesta nei confronti dello “Spiegel” per tradimento. Il giorno seguente fu emesso un mandato di arresto per A. e altri giornalisti e il 26 ottobre la polizia occupò e perquisì la sala stampa dello “Spiegel”. Sempre nello stesso giorno, Ahlers venne arrestato dalla polizia spagnola a Malaga, dove si trovava in vacanza. Si sostiene che la cattura di Ahlers fosse avvenuta a causa dell’intervento personale di Strauß presso la dittatura spagnola. Il 27 ottobre, A. si costituì alle autorità. L’accaduto suscitò enorme interesse tra i tedeschi dell’Ovest, i quali espressero apertamente la loro disapprovazione rispetto alle misure adottate dal ministro e dalla polizia. Molti tedeschi temettero che questa vicenda avrebbe compromesso la libertà di stampa nella Germania Ovest.
Per l’accusa di tradimento, A. fu detenuto per più di tre mesi e fu rilasciato soltanto nel febbraio 1963. Infine, il caso che lo vedeva coinvolto fu archiviato il 14 maggio 1965, dopo che le accuse nei suoi confronti risultarono infondate. In seguito all’affaire “Spiegel”, Strauß dovette rassegnare le dimissioni nel dicembre 1962, un passo che segnò la fine delle sue aspirazioni alla cancelleria. Per lo “Spiegel”, il principale risultato della vicenda fu l’incremento della tiratura che raggiunse quasi le 500.000 copie a settimana. Quando le accuse contro A. vennero ritirate, lo “Spiegel” tentò di ottenere un documento ufficiale da parte della Corte costituzionale della Germania federale, nel quale si riconoscesse che il governo aveva di fatto limitato illegalmente la libertà di stampa. Quattro degli otto giudici della corte concordarono con l’opinione dello “Spiegel”, gli altri quattro si dichiararono contrari e di conseguenza l’istanza dello “Spiegel” venne respinta.
Negli anni seguenti, la vita politica tedesca venne fortemente influenzata dalla contestazione studentesca. In questo contesto, Axel Springer, il principale rivale di A. nel panorama giornalistico tedesco e proprietario del più grande gruppo editoriale nell’ambito dell’informazione in Germania (che, tra gli altri, pubblicava il quotidiano sensazionalistico “Bild”) fu oggetto di duri attacchi da parte degli studenti. Sebbene questi avvenimenti non coinvolsero direttamente lo “Spiegel”, la contestazione studentesca ebbe conseguenze indirette per A., dal momento che essi rafforzarono le richieste di una riforma dei rapporti gerarchici all’interno della redazione del settimanale. A. era diventato l’unico proprietario dello “Spiegel” dopo aver comprato le quote dell’ultimo coproprietario, Richard Gruner. Con il controllo nelle mani di A., tuttavia, i dipendenti dello “Spiegel” aumentarono le loro richieste di maggiori diritti di partecipazione. Sentendosi sotto pressione, A. ricorse al metodo del bastone e della carota per venire a capo dei problemi interni. Da una parte licenziò tre dei suoi dipendenti più ribelli e dall’altra introdusse un sistema che consentì ai dipendenti di acquisire parte della proprietà dello “Spiegel”. A. conservò il 25% delle quote dello “Spiegel”, mentre il restante 75% venne ripartito tra i dipendenti e la casa editrice.
La crisi attraversata dalla propria casa editrice fu uno dei fattori che spinse A. a partecipare attivamente alla vita politica tedesca. Nel 1955 si era iscritto al Partito liberal-democratico (Freie demokratische Partei, FDP) e nel novembre 1972 ottenne un seggio in parlamento dopo aver ricevuto il 5,3% dei voti nel proprio collegio elettorale. Poco meno di due mesi dopo le elezioni, nel gennaio 1973, tuttavia, A. decise di dimettersi dalla sua carica. A. motivò questa decisione sostenendo che Günter Gauss, direttore in carica allo “Spiegel”, a breve sarebbe stato inviato a Berlino Est a capo della missione tedesca presso la Repubblica Democratica Tedesca. Probabilmente poco gratificato dalla vita politica, A. utilizzò la partenza di Gauss come pretesto per tornare ad assumere la guida dello “Spiegel”.
Negli anni seguenti, lo “Spiegel” svelò diversi scandali politici. Uno dei più importanti scoop della rivista, reso pubblico nei primi anni Ottanta, rivelò che leader politici avevano accettato denaro in cambio di favori dall’industriale Friedrich Karl Flick. Nel 1987 lo “Spiegel” portò alla luce uno scandalo, noto come l’“affare Barschel” che condusse alle dimissioni del governatore regionale dello Schleswig-Holstein, Uwe Barschel. Questi e altri scoop della stessa portata assicurarono allo “Spiegel” una crescente popolarità. Dopo un primo tentativo fallito, nel 1986, di entrare nell’industria cinematografica, l’azienda fondò “Spiegel TV” nel 1988 allo scopo di produrre programmi tematici che venissero trasmessi su canali televisivi tedeschi privati. Nel 1994, lo “Spiegel” vide la nascita di un concorrente, con l’uscita di una rivista rivale chiamata “Focus”, che in pochi mesi riuscì a vendere più di 500.000 copie, ossia metà di quelle vendute dallo “Spiegel” ogni settimana. Ciò nonostante, un paio d’anni dopo divenne chiaro che lo “Spiegel” era riuscito a liberarsi del proprio rivale. Da quel momento in poi, l’interesse principale dell’azienda si rivolse al potenziamento del suo settore televisivo.
A. rimase attivo in politica soltanto indirettamente, prendendo parte a dibattiti pubblici. Nel 1986, ad esempio, A. fu un importante partecipante della controversia tra gli storici in merito alla questione della responsabilità della Germania per il proprio passato. Lo storico tedesco Ernst Nolte, fra gli altri, sostenne che quarant’anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il popolo tedesco non sarebbe più dovuto essere ritenuto responsabile per le atrocità che il regime nazista aveva commesso. A. criticò aspramente questa posizione arrivando persino a definire Nolte un “nazista costituzionale”. Insieme all’elaborazione del passato della Germania, la Riunificazione tedesca in special modo rimase un argomento centrale per A. Egli diede supporto agli sforzi compiuti nei primi anni Settanta da Willy Brandt per avviare le relazioni con la Germania Est comunista (Ostpolitik). Nel 1990, A. sostenne inoltre la riunificazione tedesca dopo la caduta del Muro di Berlino.
Tuttavia, benché fosse favorevole alla riunificazione tedesca, A. era scettico riguardo all’unificazione europea. Non più tardi del 1987, ipotizzò che la riunificazione tedesca avrebbe richiesto la fine dell’adesione della Germania alla Comunità europea. Eppure, questo scetticismo nei riguardi dell’integrazione europea non era soltanto dovuto al suo interesse per la riunificazione tedesca (v. anche Integrazione, teorie della). Quando la Germania aderì all’Unione economica e monetaria nel Trattato di Maastricht (1992), ad esempio, A. mise in guardia rispetto alle politiche monetarie francesi sostenendo che sarebbero andate a discapito degli interessi tedeschi. Per quanto fosse egli stesso un liberale, A. criticò anche il governo di coalizione tra socialdemocratici e verdi che salì al potere in Germania nel 1998. In particolare, A. attaccò il nuovo ministro degli Esteri tedesco, Joschka Fischer (del partito dei Verdi) per aver cambiato radicalmente le proprie opinioni nel corso del tempo.
Benché per la maggior parte della propria vita A. avesse contribuito a rivelare scandali, in vecchiaia divenne egli stesso bersaglio del giornalismo investigativo. Uno degli scandali emersi riguardava il suo eccessivo consumo di alcol; già alla fine degli anni Settanta il giornalista aveva ammesso che beveva sei bottiglie di birra al giorno. A questo si aggiunse un altro scandalo che aveva a che fare con il possesso di droghe illegali quando, nel 1985, la polizia italiana trovò 50 grammi di hashish in suo possesso. Poco prima della sua morte, inoltre, prese il via un dibattito sul passato di A. Quando dovette ammettere che, nei primi anni di esistenza dello “Spiegel”, aveva assunto ex nazisti, egli venne anche accusato di avere tendenze antisemite. Negli ultimi anni le sue attività furono volte a contrastare queste critiche, impresa che gli riuscì piuttosto bene, come testimoniano i vari premi conferitigli. Ricevette diverse lauree ad honorem, come quella da parte dell’Università di Bath (1983), dell’Università di Wuppertal (1987) e dell’Università di Mosca per le Relazioni esterne (1999). Inoltre, un sondaggio svoltosi fra 100 importanti giornalisti tedeschi gli valse il titolo di “Giornalista del secolo”.
Andreas Dür (2012)