Balladur, Édouard
B. (Smirne 1929) a si trasferisce nel 1934 con la famiglia a Marsiglia, dove compie gli studi elementari e superiori. Si iscrive alla Facoltà di giurisprudenza a Aix-en-Provence; in seguito, si reca a Parigi per frequentare l’Institut d’Etudes Politiques, presso il quale si diploma in diritto. Nel 1955, dopo aver compiuto il servizio militare in Algeria, entra all’École nationale d’administration (ENA), la scuola che forma gli alti funzionari francesi. Due anni dopo, uscito quinto dall’ENA, sceglie di entrare al Consiglio di Stato.
Nel 1964 B. entra nel gabinetto del primo ministro Georges Pompidou con l’incarico di seguire le questioni sociali, amministrative e giuridiche. Con Pompidou si instaura un rapporto di fiducia che porta B. a diventare uno dei suoi principali collaboratori per i successivi dieci anni. Nel 1967 partecipa alla stesura delle ordinanze sulla “partecipazione”, la sicurezza sociale e l’impiego. Nel maggio del 1968, assieme a Jacques Chirac, affianca Pompidou nei negoziati sociali di Grenelle. Quando, nel luglio di quell’anno, a Pompidou succede Maurice Couve de Murville, B. segue l’ex primo ministro nel suo “ritiro attivo”. Con l’elezione di Pompidou alla presidenza della Repubblica, nel giugno del 1969 il suo fedele collaboratore entra all’Eliseo come vicesegretario generale e dal 1973 come segretario generale. Nel 1974 la morte del Presidente allontana a lungo B. dalla politica: egli sceglie di ritornare al Consiglio di Stato e poi di lavorare nel privato.
B. si riavvicina alla politica negli anni Ottanta. Nel 1986 è nominato ministro di Stato, ministro dell’Economia, delle finanze e della privatizzazione nel governo appena formato dall’amico Chirac. Propone a questo titolo le prime ordinanze sulle privatizzazioni, che egli considera come uno dei suoi successi. Alle elezioni legislative del giugno 1988, che segnano al fine del governo Chirac, B. è eletto deputato (XII circoscrizione di Parigi), seggio che conquista anche alle successive elezioni del 1993. In questi anni di opposizione ai governi socialisti nelle file del Rassemblement pour la République (RPR), B. si dedica alla riflessione scrivendo libri, tra i quali Passion et longueur de temps (1989) e Dictionnaire de la riforme (1992).
In occasione del referendum sul Trattato di Maastricht nel 1992, mentre l’RPR si spacca sulla risposta da dare, B. si schiera, anche se in modo prudente, a favore del “sì”. Nella sua visione, la costruzione di un’Europa più unita deve essere «un mezzo al servizio degli interessi della Francia e della sua perennità». In questa prospettiva, il Trattato di Maastricht rafforza la Francia evitandole la «solitudine»; permette un’associazione che non significa la «perdita della sua identità», ma che al contrario «preserva la capacità di decisione della Francia negli ambiti vitali e mantiene la sua indipendenza». Il Trattato, che secondo B. necessita tuttavia di essere completato, in particolare al fine di assicurare «un controllo più stretto del parlamento francese sulle decisioni legislative e finanziarie della comunità», deve costituire il primo passo verso un’Europa a più velocità. Il nucleo duro di quest’Europa deve essere costituito dal tandem Francia-Germania, attorno al quale ruotano paesi con statuti differenti secondo l’ambito regolato in comune (questioni monetarie, sociali, militari, commerciali, finanziarie) (v. Balladour, 1992, pp. 112-113).
Nel marzo del 1993, all’indomani delle elezioni legislative che vedono una netta vittoria dei partiti di centrodestra, B. è nominato primo ministro dal capo dello Stato, il socialista François Mitterrand. Membro del RPR, B. è gradito anche alla maggior parte dell’Union pour la Démocratie française (UDF), il partito centrista della coalizione, in quanto vicino alla dottrina cristiano-democratica alla tedesca dell’economia sociale di mercato e in quanto riformista pragmatico. Dovendo coabitare con un Presidente della Repubblica di opposto colore politico, B. si trova tuttavia a dover fare i conti con le linee della politica estera di Mitterrand, che non ha alcuna intenzione di delegargli tale ambito decisionale. Infatti, fin dalla nomina del primo ministro, Mitterrand insiste sulla necessaria continuità nella politica estera della Francia, specificamente per quanto riguarda la realizzazione del Trattato di Maastricht, la parità tra franco e marco tedesco e la preservazione del Sistema monetario europeo.
In realtà, il primo ministro si trova in sintonia con il presidente sulla necessità di proseguire il processo innescato da Maastricht. Non a caso, il suo governo è composto in maggioranza da favorevoli al Trattato. Nel suo discorso di politica generale davanti ai deputati (8 aprile 1993), B. afferma che Francia e Germania, coppia dalla cui solidità dipende il futuro dell’Europa, devono condurre una politica di bilancio, monetaria e fiscale tale da evitare le divergenze nell’evoluzione delle economie. Per questo è necessario mantenere la parità tra il franco e il marco tedesco, «fondamento del sistema monetario europeo», e rendere autonoma la Banca di Francia, affinché essa possa dialogare con le altre Banche centrali (in particolare con la Bundesbank) in vista dell’unione monetaria. In ottemperanza alle sue promesse, nell’agosto del 1993 la Banca di Francia viene dotata di uno statuto che la rende indipendente. Più difficile, invece, è il compito di difendere il franco dagli attacchi speculativi che colpiscono alcune monete europee proprio nell’estate di quell’anno senza stravolgere il Sistema monetario europeo.
Nei due anni del suo governo (1993-1995), l’Unione europea (UE) deve affrontare due questioni principali, condizionate dallo sfaldamento del blocco sovietico: le nuove domande d’adesione di Austria, Finlandia, Svezia e Norvegia, i cui negoziati, iniziati già all’inizio del 1993, procedono rapidamente e si concludono con il trattato di allargamento firmato al Consiglio europeo di Corfù nel giugno del 1994; i conflitti regionali nei Balcani, in particolare la guerra che lacera la Bosnia-Erzegovina. Al Consiglio europeo di Copenaghen del 21 e 22 giugno 1993, B. propone una conferenza internazionale per la stabilizzazione delle frontiere dell’Europa centrale e orientale, che il governo francese ritiene costituisca una condizione all’adesione di nuovi stati all’UE (v. anche Criteri di adesione). La conferenza inaugurale sulla stabilità in Europa si tiene a Parigi nel maggio 1994 e, nel 1995, l’UE adotta il Patto di stabilità il cui obiettivo è incitare tali paesi a firmare trattati bilaterali per la regolamentazione delle dispute dei confini e sulla presenza di minoranze.
Nel frattempo, a livello politico B. può vantare il successo ottenuto nei difficili negoziati finali dell’Uruguay Round nell’ambito dell’Accordo generale sulle tariffe e il commercio (GATT), affrontati nel corso del 1993. Il governo francese ottiene dai partner europei di non cedere sull’“eccezione culturale”, ossia di escludere la produzione culturale (cinematografica in particolare) dagli accordi di libero scambio, e negli accordi finali strappa alcune concessioni in materia di agricoltura, tali da temperare l’accordo di Blair House del novembre 1992 tra la Commissione europea e il governo americano.
Le elezioni per il Parlamento europeo del 1994 segnano una sconfitta per la lista comune che RPR e UDF hanno deciso di presentare uniti assumendo il rischio di ignorare le fratture interne rivelate dal dibattito sul referendum sul Trattato di Maastricht di due anni prima: la lista comunque ottiene solo il 25,6% dei voti e deve affrontare il successo delle liste della destra antifederalista (v. Federalismo) di Philippe de Villiers e di Jean-Marie Le Pen, che insieme ottengono quasi il 23%.
Il primo gennaio 1995 la Francia assume la presidenza dell’UE. Alla fine del 1994 B. traccia le linee guida di tale presidenza partendo dalla constatazione che «l’organizzazione dell’Europa è per la Francia un elemento supplementare di forza e influenza». A suo parere il governo «ha dimostrato che l’Europa può servire gli interessi della Francia, nel momento in cui la volontà politica di questa si esprime senza ambiguità». Nella prospettiva di un allargamento dei confini dell’UE, che non deve spingersi però oltre la Polonia e la Romania, il primo ministro francese auspica l’adozione di «formule elastiche» di cooperazione, in grado di «organizzare la diversità e gestire il gigantismo». Per evitare la diluizione dell’UE in una zona di libero scambio, l’Europa allargata necessita di una riforma istituzionale che preceda l’allargamento a Est. Tale riforma deve tenere conto del fatto che i paesi dell’Unione non possono progredire allo stesso ritmo in tutti gli ambiti e deve sviluppare pertanto istituzioni per un’Europa a più velocità, che permetta collaborazioni più strette in determinati ambiti. B. propone un nuovo Trattato dell’Eliseo, poiché a suo parere la nuova Europa dipende dalle risposte comuni che Francia e Germania daranno in tutti gli ambiti (politico, economico, diplomatico e militare). Tuttavia, egli non è disposto a seguire gli impulsi del governo tedesco che spera di riformare le istituzioni comunitarie in senso più federale e di sviluppare un nucleo europeo Francia-Germania-Benelux. Infine, lo sviluppo di una difesa comune dell’Unione europea, unico mezzo affinché essa pesi sulla scena internazionale, è fortemente auspicata dalla presidenza dell’unione europea francese (v. anche Politica europea di sicurezza e difesa).
Tuttavia, il programma per l’Europa è presto messo in secondo piano dall’impegno di B. come candidato alle elezioni presidenziali dell’aprile di quell’anno. Al primo turno, però, è solo terzo con il 18,58 dei voti espressi e non passa al II turno. In settembre ritrova il seggio di deputato in un’elezione suppletiva. È rieletto all’Assemblea nazionale nel 1997 e ancora cinque anni dopo. Nel 2002 diventa presidente della Commissione per gli Affari esteri dell’Assemblea nazionale.
Ancora nel 2006 B. sostiene l’idea dei tre cerchi dell’Europa: il primo è il cerchio di diritto comune, corrispondente all’Unione europea; il secondo è il cerchio delle cooperazioni specializzate in seno all’UE; il terzo è il cerchio del partenariato con alcuni paesi vicini (v. Balladour, 2006) (v. anche Europa a “cerchi concentrici”). Nel 2007 viene nominato dal Presidente Nicolas Sarkozy presidente del Comitato di riflessione e di proposta sulla modernizzazione e sul riequilibrio delle istituzioni della V Repubblica.
Lucia Bonfreschi (2009)