Banca europea per gli investimenti
Cenni storici
All’indomani della Seconda guerra mondiale gli Stati membri fondatori della Comunità economica europea, anelando a una pace duratura dopo un conflitto così disastroso, erano soprattutto consapevoli della necessità di integrare le loro economie in via di ripresa. Questa esigenza primaria dette origine al processo formativo della nascente Comunità (v. Integrazione, metodo della), nel cui ambito si materializzò l’idea di costituire un’entità in grado di fornire i fondi necessari per contribuire a una politica di stimolo degli investimenti, con particolare attenzione alle aree meno sviluppate della Comunità. Questa missione non doveva, peraltro, comportare un onere finanziario eccessivamente gravoso per i bilanci dei suddetti paesi membri. Pertanto gli autori del Trattato istitutivo della Comunità economica europea (di seguito Trattato) (v. Trattati di Roma) rinunciarono all’idea originaria di costituire un fondo, preferendo la soluzione di un organismo dalle caratteristiche più tipicamente bancarie. Nel 1958 fu deciso così di istituire la Banca europea per gli investimenti (BEI) sul modello della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS ovvero Banca mondiale).
La Banca, che ha sede in Lussemburgo, è un organismo dotato di personalità giuridica cui è assegnato il compito di svolgere, senza scopo di lucro, un’attività nell’interesse della Comunità consistente nella raccolta di risorse finanziarie sui mercati dei capitali e nel loro impiego in prestiti e garanzie destinati alla realizzazione di investimenti rientranti negli obiettivi comunitari. Il suo Statuto è oggetto di un apposito protocollo allegato al suddetto Trattato, di cui forma parte integrante.
Il quadro normativo e la natura giuridica
La funzione istituzionale, l’organizzazione e le regole di comportamento della BEI sono sostanzialmente stabilite da un insieme di norme contenute nel Trattato e nel suo Statuto. Altre norme che la concernono sono dettate da atti modificativi e integrativi del quadro istituzionale comunitario, posti in essere da trattati successivi al Trattato istitutivo. Costituiscono inoltre un’ulteriore fonte di diritto alcuni trattati stipulati dagli Stati membri e/o dalla Comunità con paesi terzi, nonché le decisioni del Consiglio della Comunità europea (CE) (v. Consiglio europeo; Consiglio dei ministri) o del consiglio dei governatori della Banca. Si deve infine ritenere che alla BEI si applicano i principi comuni ai diritti degli Stati membri.
Per quanto riguarda la sua natura giuridica, la Banca è un soggetto di diritto il cui profilo istituzionale è riconosciuto in un triplice contesto: nazionale, internazionale e comunitario. Dal primo punto di vista, la Banca appartiene a quel tipo di “imprese organizzazioni internazionali” che sono nate a partire dalla conferenza di Bretton Woods, con la creazione della BIRS e che sono classificate sotto il nome generalmente riconosciuto di “banche internazionali intergovernative”.
L’attività finanziaria di tali banche si svolge sostanzialmente sul piano degli ordinamenti interni degli Stati in cui esse operano, al pari delle persone fisiche o giuridiche nazionali. Per questa ragione in tutti gli statuti delle banche internazionali intergovernative è prevista una clausola diretta a riconoscere a questi organismi la personalità giuridica necessaria per agire nell’ambito degli ordinamenti dei loro Stati membri. Un siffatto riconoscimento (che, per la BEI, figura all’art. 266 del Trattato) mira a proteggere la capacità operativa di ciascuna banca internazionale nel contesto economico dei suoi Stati membri, onde evitare ogni discriminazione rispetto alle persone giuridiche nazionali.
Per lo stesso motivo l’art. 28, par. 1, dello Statuto attribuisce alla BEI anche la piena capacità giuridica, mentre l’art. 29 ne stabilisce il domicilio in ciascuno Stato membro. È peraltro opportuno precisare che la detta capacità di diritto le è stata conferita in funzione esclusivamente della sua natura e delle sue finalità, per cui la Banca non può, nell’ambito degli ordinamenti nazionali, divenire titolare di rapporti giuridici estranei ai suoi compiti istituzionali.
Per quanto riguarda, invece, la personalità giuridica della BEI all’interno degli ordinamenti di paesi extracomunitari, si può ritenere che tale personalità sia il risultato degli accordi che gli Stati membri e la Comunità sottoscrivono con tali paesi al fine di permettere a quest’ultima di compiere gli interventi che essa è chiamata ad effettuare sulla base dei suddetti accordi.
Dal secondo punto di vista, è ragionevole ritenere che, pur nel silenzio dello Statuto, la BEI, al pari delle altre banche internazionali intergovernative, abbia la facoltà di operare anche sul piano delle relazioni internazionali, pur se limitatamente all’adempimento dei compiti che le sono stati attribuiti dal Trattato. La sua personalità internazionale può essere desunta sulla base di argomenti ricavabili dalla dottrina internazionalistica, quali l’indipendenza e il comune riconoscimento. In primo luogo l’indipendenza, nel senso di non subordinazione, è l’elemento che caratterizza la Banca, alla pari delle altre persone giuridiche internazionali. In particolare, una siffatta condizione d’indipendenza è evidente nei confronti dei suoi Stati membri.
In secondo luogo, la soggettività internazionale di un ente è il risultato di una considerazione complessiva dei comportamenti da esso attuati nel contesto dell’ordinamento internazionale e della rilevanza che in questo ambito viene riconosciuta a tali comportamenti, soprattutto dagli Stati che hanno istituito l’ente in parola. Così, proprio con riferimento a quest’ultima considerazione, occorre ricordare come la Banca abbia partecipato in almeno tre occasioni ad accordi di carattere internazionale dai quali risulta in maniera evidente il riconoscimento della sua soggettività internazionale da parte degli altri partecipanti.
Sotto il terzo profilo, cioè la collocazione della Banca nel quadro del sistema comunitario, si possono ormai considerare superati i dubbi e le incertezze nutriti in passato a questo proposito. Si deve cioè considerare ormai caduta la tesi secondo la quale la BEI sarebbe stata uno strumento della politica comunitaria separato dall’apparato organizzativo di quest’ultima. La collocazione sistematica della BEI nel Trattato (art. 9) manifesta cioè l’intento della norma primaria di meglio inquadrare la posizione della BEI all’interno del quadro organizzativo comunitario relativo alle istituzioni e agli organi della Comunità (art. 7 del Trattato) (v. Istituzioni comunitarie) nonché agli organismi dell’unione economica e monetaria (art. 8 del Trattato) (v. Unione economica e monetaria).
Inoltre, il significato di questa nuova collocazione sistematica della BEI trova un’autorevole conferma nella giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (v. Corte di giustizia dell’Unione europea) che si è occupata dei principali casi contenziosi che hanno interessato la Banca, a partire dal famoso caso Mills (sentenza 15 giugno 1975, causa 110/75, Mills c. BEI, in “Raccolta della giurisprudenza”, p. 955; al riguardo, vedi inoltre sentenze 3 marzo 1988, causa 85/86, Commissione c. Consiglio dei governatori BEI, ivi, p. 1281; 2 dicembre 1992, causa C-370/89, SGEEM ed Etroy c. BEI, ivi, p. 6211; 25 maggio 1993, causa C-370/89, SGEEM ed Etroy c. BEI, ivi, p. 2583; 10 luglio 2003, causa C-15/00, Commissione c. BEI, ivi, p. 7281).
Più precisamente, la Corte di giustizia delle Comunità europee, nelle sentenze in cui ha dovuto affrontare la questione della posizione della Banca nel sistema del Trattato, ha identificato in una natura giuridica bivalente l’elemento caratterizzante la natura della BEI. In particolare, la Corte ha riconosciuto che tale caratteristica si estrinseca, per un verso, in un ampio margine di autonomia per quanto riguarda la gestione dei propri affari. Il giudice comunitario ha riconosciuto, infatti, che per svolgere la sua missione la BEI «deve essere in grado di agire con piena indipendenza sui mercati finanziari, alla stregua di qualsiasi altra Banca». Per altro verso, «siffatta autonomia funzionale e istituzionale non ha la conseguenza di distaccarla completamente dalle Comunità e di sottrarla a qualsiasi norma di diritto comunitario. Infatti, emerge in particolare dall’art. 130 (oggi art. 267) del Trattato che la Banca ha il compito di contribuire alla realizzazione degli scopi della Comunità e pertanto si colloca, in base al Trattato, nel contesto comunitario» (v. la sentenza relativa alla causa 85/86, cit.).
In conclusione, dalla giurisprudenza costante della Corte risulta chiaramente che la BEI è un organismo che, da un lato, è dotato dell’autonomia operativa necessaria all’adempimento dei compiti connessi con l’aspetto imprenditoriale della sua attività. Infatti, in forza dell’art. 266, primo comma del Trattato, la Banca ha una personalità giuridica distinta da quella della Comunità ed è amministrata e gestita dai suoi organi, secondo le regole del suo Statuto. Da un altro lato, essa è “subordinata” alla Comunità, in ragione del fatto che si tratta di un organismo istituzionalmente destinato a contribuire al perseguimento degli obiettivi di quest’ultima. Sotto questo profilo, si ricorda, in particolare, che le operazioni di finanziamento della Banca debbono ricevere il preventivo parere della Commissione CE (art. 21 dello Statuto) (v. Commissione europea) e che, in alcune circostanze, la sua attività è sottoposta al controllo del Parlamento europeo, della Corte dei conti europea e dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF).
Relativamente alla natura giuridica della BEI è infine opportuno rammentare che, come avviene per le altre entità appartenenti al quadro istituzionale comunitario, anch’essa si avvale di un insieme di privilegi e immunità idonei ad assicurarle l’indipendenza necessaria al compimento della sua funzione. Si tratta di un regime di favore specialmente previsto dal protocollo (n. 36) sui privilegi e le immunità delle Comunità europee, allegato al Trattato. Tale regime consiste, in sostanza, in una certa immunità dalla giurisdizione civile, penale ed amministrativa, in esenzioni fiscali e in privilegi concernenti l’inviolabilità dei luoghi, la libertà di importare ed esportare beni destinati al suo uso, il diritto di dotare i propri agenti di lasciapassare validi ai fini dei trasferimenti all’interno dei paesi comunitari e le facilità di comunicazione normalmente vigenti nelle relazioni diplomatiche.
Il capitale
Tutti gli Stati membri della comunità partecipano necessariamente al capitale della BEI, secondo quote sostanzialmente proporzionate alle rispettive economie. L’art. 4 dello Statuto ne indica sia l’ammontare globale sia quello della singola quota sottoscritta da ciascun partecipante. Il successivo art. 5 fissa poi la percentuale che deve essere versata. Il capitale della Banca rappresenta un aspetto particolarmente rilevante della sua struttura istituzionale (v. Struttura istituzionale unica), per la duplice funzione che esso è chiamato a svolgere.
In primo luogo, il capitale non versato rappresenta la principale garanzia per i debiti da essa contratti sui mercati dei capitali per procurarsi le risorse necessarie alla sua attività di finanziamento. Per questa ragione le relative quote non possono essere cedute né essere costituite in garanzia o essere sottoposte a sequestro (art. 4, par. 4). Inoltre, il capitale sottoscritto e non versato può essere richiamato solo se non vi sono altri mezzi per rimborsare i suddetti debiti (art. 5, par. 3).
In secondo luogo, il capitale non versato costituisce un limite all’attività della Banca, poiché il totale degli impegni derivanti dai prestiti e dalle garanzie da questa accordati non può superare il 250% del capitale sottoscritto (art. 18, par. 5). Infine, nel rispetto della suddetta esigenza di garanzia, lo Statuto (artt. 19, par. 1 e 24) richiede di costituire una riserva obbligatoria, pari al 10% del capitale sottoscritto, e un’eventuale riserva supplementare.
Gli organi
Come ulteriore riconoscimento della sua autonomia funzionale e strutturale, la Banca è stata dotata di appositi organi a diverso livello di competenza, a cui è affidato il compito di indirizzare, attuare e controllare i diversi e complessi aspetti della sua attività istituzionale. L’insieme delle norme dello Statuto che la riguardano lasciano cioè trasparire come l’intera struttura organica della Banca sia stata concepita in modo da separare il processo decisionale dei suoi organi dalla possibile influenza degli Stati membri e della Comunità. Questa esigenza di autonomia risulta evidente già dalle disposizioni che concernono il primo in ordine d’importanza di tali organi, vale a dire il consiglio dei governatori.
Il suddetto organo è composto dai ministri (tradizionalmente i ministri finanziari) degli Stati membri. Si tratta, peraltro, di un organo essenzialmente politico, a cui sono affidate funzioni superiori di indirizzo e di controllo. In questo ruolo, esso fissa le linee direttrici dell’attività creditizia della BEI, accertando che queste siano attuate in armonia con gli obbiettivi della Comunità; decide l’aumento del capitale sottoscritto; approva la relazione e il bilancio annuale presentati dal consiglio di amministrazione e il regolamento interno della Banca; nomina i membri degli altri organi e ha il potere di dimetterli; infine, tra le altre prerogative attribuitegli dallo Statuto (art. 9), ha il potere/dovere di decidere, all’unanimità, la sospensione dell’attività della Banca e la sua eventuale liquidazione.
La responsabilità in materia di provvista e di impiego dei fondi gestiti dalla BEI spetta invece, in maniera esclusiva, al Consiglio di amministrazione (art. 11). Si tratta cioè dell’organo demandato a prendere tutte le decisioni concernenti l’attività che la Banca è chiamata a svolgere in quanto strumento finanziario operante nell’interesse della Comunità. Esso ne controlla inoltre la sana amministrazione e assicura la conformità della gestione con le disposizioni del Trattato e dello Statuto e con le direttive generali stabilite dal consiglio dei governatori.
Attualmente, il Consiglio di amministrazione è composto di ventisei amministratori e da sedici sostituti. Venticinque amministratori e quindici sostituti sono designati dagli Stati membri, mentre un amministratore e un sostituto sono designati dalla Commissione, nell’evidente intento di agevolare la necessaria armonizzazione dell’attività di finanziamento della BEI con le politiche della Comunità. Tutti i membri sono però responsabili solo nei confronti della Banca. Essi sono scelti tra personalità idonee a garantire l’indipendenza e la competenza richieste per svolgere una funzione di elevato contenuto tecnico e professionale. Inoltre, il consiglio di amministrazione ha la facoltà di cooptare sei esperti senza diritto di voto: tre amministratori e tre sostituti.
Il comitato direttivo è l’organo che gestisce l’attività di ordinaria amministrazione della BEI (art. 13). Esso propone le operazioni finanziarie al consiglio di amministrazione e assicura l’esecuzione delle relative decisioni. Attualmente il comitato è composto da un presidente e da otto vicepresidenti i quali sono, anch’essi, responsabili solo nei confronti della Banca. Il presidente svolge anche funzioni proprie, in quanto rappresenta la BEI in sede giudiziaria ed extra giudiziaria (art. 13, par. 6), presiede le sedute del consiglio di amministrazione (ma senza diritto di voto) e ha autorità sul personale della Banca.
Infine, il sistema organizzativo della BEI è completato dal comitato di verificazione (art. 14). Esso è attualmente composto di tre membri, che sono incaricati di verificare annualmente la regolarità della situazione contabile della BEI. Il loro esame non riguarda invece il merito delle singole operazioni finanziarie.
L’attività di finanziamento e le operazioni di provvista
La BEI ha un preciso ruolo di supporto alla realizzazione degli obiettivi della Comunità, quali enunciati dall’art. 2 del Trattato. In termini generali, la missione della Banca è quella «di contribuire, facendo leva al mercato dei capitali e alle proprie risorse, allo sviluppo equilibrato e senza scosse del mercato comune nell’interesse della Comunità» (art. 267 del Trattato). Nell’ambito di tale missione assume poi una speciale rilevanza il compito di concorrere al rafforzamento della coesione economica e sociale della Comunità. L’art. 259 del Trattato menziona, infatti, anche la BEI tra gli strumenti finanziari a cui la Comunità si appoggia per la realizzazione di tale obbiettivo.
La Banca esercita la sua missione concedendo finanziamenti o (in minor misura) garanzie per la realizzazione di progetti di investimenti materiali o immateriali, realizzati da mutuatari pubblici o privati in tutti i settori dell’economia. In questo senso, la realizzazione di un progetto che presenta i requisiti richiesti dalla Banca e dalla Comunità costituisce un elemento essenziale della causa negoziale del relativo contratto di finanziamento, alla pari con il rimborso del capitale prestato e con il pagamento degli interessi.
Il Trattato non ha però lasciato agli organi decisionali della BEI la facoltà di individuare autonomamente i principi in base ai quali stabilire l’interesse comunitario di un determinato progetto di investimento. L’art. 267 indica, infatti, i criteri che la BEI deve seguire per selezionare i progetti di investimento meritevoli di usufruire del suo intervento finanziario. Infatti, la Banca può finanziare solo la realizzazione di investimenti che rientrino nelle seguenti categorie, in cui si estrinseca il più volte menzionato interesse comunitario: progetti finalizzati alla valorizzazione delle regioni meno sviluppate; progetti che contribuiscono all’ammodernamento e alla riconversione industriale o alla creazione di nuove attività richieste dalla graduale realizzazione del mercato comune (v. Comunità economica europea); progetti che presentano un interesse comune a più Stati membri.
La prima categoria riguarda i c.d. progetti di interesse regionale, caratterizzati dalla loro localizzazione nelle aree meno sviluppate della Comunità. Le regioni interessate dal finanziamento della BEI corrispondono, in linea di massima, ai territori in cui intervengono i fondi strutturali di cui all’art. 159 del Trattato, nonché a quelle aree a favore delle quali i paesi membri mantengono aiuti di Stato che la Commissione ritiene compatibili con il mercato comune (art. 87, par. 3, del Trattato). Più precisamente, il finanziamento di tali progetti costituisce la principale priorità operativa della BEI, ossia quella di partecipare all’azione volta a promuovere la coesione nell’Unione europea, contribuendo a ridurre le disparità tra le sue regioni in ritardo di sviluppo e quindi bisognose di assistenza. Priorità che ha assunto una particolare rilevanza dopo l’allargamento dell’Unione ai paesi dell’Europa centrale e orientale.
Per quanto riguarda gli altri due criteri di selezione dei progetti idonei all’intervento finanziario della BEI, occorre considerare che il testo delle disposizioni di cui alle lettere b) e c) del suddetto art. 267 è rimasto immutato dalla nascita del Trattato. Tali disposizioni corrispondono cioè a degli obiettivi che gli Stati membri ritenevano prioritari nel contesto economico esistente a quell’epoca. Tuttavia, nel corso del tempo e con il mutare delle condizioni, la Comunità ha posto in essere nuove politiche e fissato nuovi obiettivi alla sua azione. Di conseguenza la BEI ha dovuto sottoporre le suddette disposizioni a un continuo processo interpretativo, nello sforzo di adeguarle agli orientamenti più recenti della Comunità. A tale proposito si deve, pertanto, osservare che la Banca ha soprattutto sviluppato la nozione di progetti di interesse comune a più Stati membri. In tal senso essa ha favorito il finanziamento di progetti riguardanti le infrastrutture, l’energia, l’ambiente e l’industria. Inoltre, di recente e per tenere conto della c.d. “Strategia di Lisbona”, volta alla creazione di un’economia basata sull’innovazione e sulla conoscenza, la BEI ha adottato un apposito criterio di selezione rientrante nel profilo dell’azione della Comunità in questo settore.
Lo Statuto prevede, inoltre, altre regole di comportamento che la Banca deve seguire nel concedere i suoi finanziamenti. L’art. 18, par. 1 e 2, stabilisce che tali interventi debbono avvenire rispettando i principi di sussidiarietà (v. Principio di sussidiarietà) e di complementarietà. Il loro intento comune è quello di utilizzare al meglio le risorse della BEI, anche perché queste debbono svolgere una funzione di catalizzatore per altre fonti di finanziamento. L’art. 18, par. 3, richiede che i prestiti della Banca a un mutuatario diverso da uno Stato membro debbono essere assistiti da garanzie sufficienti. Questa norma deve essere vista in un’ottica economica e non giuridica. Per ciascuno dei suoi finanziamenti la BEI deve cioè assumere tutte le informazioni di carattere tecnico ed economico necessarie per convincerla con un ragionevole margine di certezza del buon fine dell’iniziativa finanziata. L’art. 19 detta i principi che essa deve rispettare nel determinare i tassi di interesse e le commissioni di garanzia delle sue operazioni di finanziamento. In sostanza, tali principi vogliono soprattutto assicurare che l’attività della Banca si svolga secondo criteri di una sana amministrazione, attraverso un costante equilibrio tra costi e ricavi.
Nel quadro delle regole di comportamento un ruolo fondamentale è poi svolto dall’art. 20, il quale fissa le condizioni di carattere economico per ammettere al finanziamento della Banca i progetti proposti dai promotori. Nel caso in cui gli investimenti da realizzare appartengano a un settore produttivo, occorre che i ricavi attesi dalla loro messa in funzione siano in grado di ammortizzare i relativi costi di realizzazione e di assicurare un ragionevole profitto per il promotore (c.d. redditività finanziaria). Tutti i progetti sottoposti al finanziamento della BEI debbono, inoltre, presentare aspetti positivi, anche di natura non strettamente economica, in modo da rientrare nella sfera degli obbiettivi della Comunità (c.d. redditività economica).
Infine, lo Statuto della Banca prevede alcune norme dirette a limitare i rischi intrinsecamente connessi con la natura imprenditoriale della sua missione. Per questa ragione, essa deve assumere tutte le precauzioni necessarie per evitare rischi di cambio dipendenti dalla sua attività finanziaria (art. 18, par. 6). Analogamente, la BEI non può acquistare partecipazioni in imprese ovvero assumere responsabilità di sorta nella loro gestione, salvo che lo richieda la tutela dei propri diritti per garantire la riscossione dei propri crediti. Le sole eccezioni sono costituite dalla partecipazione della BEI al capitale della Banca per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), autorizzata da un accordo internazionale sottoscritto il 29 maggio 1990, nonché dalla costituzione del Fondo europeo per gli investimenti (FEI), di cui la Banca è membro fondatore ai sensi dell’art. 30 dello Statuto.
In secondo piano rispetto alla suddetta attività primaria, attuata nei territori dell’Unione europea, la BEI compie anche una serie di interventi finanziari in diversi paesi extracomunitari. Si tratta di un’attività complementare, che la Banca svolge a sostegno delle politiche di intervento della Comunità e dei suoi Stati membri, utilizzando fondi da loro messi a disposizione a questo fine ovvero risorse proprie. Il suo ruolo in questo diverso ambito territoriale rientra sempre nel contesto dell’interesse comunitario e trova il suo fondamento, in particolare, nell’art. 18, par. 1, secondo capoverso dello Statuto, nell’art. 179 del Trattato e nei diversi accordi di cooperazione allo sviluppo stipulati dagli Stati membri e dalla Comunità con i suddetti paesi (v. Politica europea di cooperazione allo sviluppo).
La BEI si procura sui mercati internazionali dei capitali le risorse necessarie per la sua attività di finanziamento (art. 22 dello Statuto). La Corte di giustizia ha precisato che, nel compiere quest’attività strumentale, la Banca deve poter agire come ogni altra istituzione bancaria. Di conseguenza, in questo diverso ambito della sua attività, la Banca deve soprattutto rispettare quelle regole prudenziali di comportamento che sono normalmente seguite in materia dalle banche commerciali che operano negli Stati membri.
Diritto applicabile, giurisdizione competente e modifica dello Statuto
La Banca non beneficia di un’immunità di giurisdizione assoluta. Ai sensi dell’art. 29 dello Statuto, i conflitti riguardanti la BEI possono essere sottoposti a tre diverse istanze: il giudice nazionale, l’arbitrato o la Corte di giustizia delle Comunità europee. Tuttavia, mentre la competenza dei giudici nazionali e quella degli arbitri sono alternative, e cioè derogabili, la giurisdizione della Corte è totale ed esclusiva nelle materie di sua competenza. Inoltre, per quanto riguarda la competenza delle giurisdizioni nazionali, lo Statuto non pone limitazioni in favore dei tribunali degli Stati membri. Per cui si può ritenere che una giurisdizione non comunitaria potrebbe essere chiamata a dirimere un conflitto a seguito di un’azione intentata nei confronti della BEI sulla base del diritto internazionale applicabile in materia. Comunque, per evitare che la determinazione del giudice nazionale avvenga in sede contenziosa, la Banca preferisce normalmente fissare in ciascun contratto il giudice competente per dirimere i relativi, eventuali conflitti. Inoltre, tale scelta condiziona, di regola, l’individuazione del diritto applicabile al rispettivo contratto.
La competenza della Corte di giustizia per pronunciarsi sui conflitti riguardanti la BEI è indicata espressamente solo dall’art. 237 del Trattato, il quale si riferisce a ipotesi di contenzioso relative al rispetto di obblighi statutari da parte degli Stati membri o degli organi della Banca. Inoltre, la competenza della Corte risulta implicitamente nell’art. 234, allorché prevede che questa può giudicare a titolo pregiudiziale sull’interpretazione del Trattato, di cui lo Statuto della BEI è, come detto, parte integrante.
Tutte le altre ipotesi di una competenza giurisdizionale della Corte di giustizia sulla Banca sono il risultato di un’interpretazione autentica dello stesso giudice comunitario. In particolare, tale giurisdizione è competente a giudicare in merito alla responsabilità extracontrattuale della BEI o a questioni riguardanti il suo personale. La Corte ha inoltre più volte affermato che il suddetto art. 237 non esaurisce le ipotesi di una sua competenza in materia di litigi concernenti la BEI (v. in particolare le sentenze relative ai casi Mills e SGEEM, cit.). Ciò nell’assunto che il Trattato ha stabilito un sistema completo di ricorsi giurisdizionali diretti a permetterle in ogni circostanza, anche in assenza di un’espressa disposizione di legge, di controllare l’insieme del quadro istituzionale comunitario (v. in particolare la sentenza del 23/4/1986, causa 294/83, Partito ecologista Les Verts c. Parlamento europeo, in “Raccolta della giurisprudenza”, p. 1339). Di conseguenza, tutto lascia supporre che, all’occasione, la Corte sarebbe portata, anche nei confronti dell’organismo comunitario BEI, a colmare qualsiasi lacuna legislativa che potesse tradursi in un diniego di giustizia.
È infine interessante notare che la BEI è la sola banca internazionale intergovernativa i cui atti sono sottoposti a un controllo di legittimità, esercitato appunto dalla Corte di giustizia. Poiché lo Statuto della BEI è parte integrante del Trattato, in generale le sue modifiche debbono essere approvate nei termini previsti dall’art. 48 del Trattato sull’Unione europea (v. Trattato di Maastricht). La Corte di giustizia ha peraltro ammesso che il Trattato può anche essere modificato con una diversa procedura, se questa deroga è stata autorizzata dallo stesso Trattato o da un suo protocollo. Ora, l’art. 266 del Trattato ha introdotto una siffatta deroga per prevedere una procedura semplificata di emendamento di alcune norme dello Statuto. Si tratta di una previsione inserita nell’evidente intento di agevolare l’attività e l’organizzazione della Banca in vista dell’allargamento della partecipazione di nuovi Stati membri e dell’affidamento di sempre nuovi compiti. Si è voluto così snellire il procedimento per modificare le disposizioni statutarie riguardanti la ripartizione del capitale sociale (art. 4), la composizione del consiglio di amministrazione (artt. 11 e 12) e il limite posto all’attività della Banca dall’art. 18, par. 5.
Luigi Marchigiani (2008)