Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo
Ultima delle grandi istituzioni finanziarie multilaterali, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) fu costituita a Londra nell’aprile del 1991 per aiutare i paesi liberatisi con la caduta del Muro di Berlino dal giogo comunista e l’URSS a trasformare le loro economie pianificate, a passare dal modello centralizzato a quello di mercato, prevalente nei paesi occidentali. Il Piano Marshall, che grazie alla lungimiranza delle autorità americane aveva sostenuto nel dopoguerra l’Europa occidentale nella propria ricostruzione, non aveva potuto operare a favore dei paesi che in base alle decisioni di Yalta erano finiti nell’orbita sovietica; era più che giustificata, perciò, un’iniziativa per aiutare i popoli fratelli, a lungo separati dalla cortina di ferro, da parte delle nazioni europee rimaste libere e ritornate prospere.
Di una nuova istituzione finanziaria col compito di trasferire risorse all’Est europeo e all’URSS a determinate condizioni si fece portavoce la Francia, e in particolare il potente consigliere del presidente François Mitterrand, Jacques Attali, che diede prova di una grande capacità di convinzione nei confronti dei paesi membri della Comunità economica europea. Il Comitato monetario della Comunità economica europea (CEE), formato da alti funzionari delle tesorerie pubbliche, delle banche centrali e della stessa Commissione europea, venne invitato dal Tesoro francese a dibattere e a pronunciarsi sull’argomento. In quel consesso, si riconobbe che ragioni politiche, economiche e di equità militavano a favore di un’iniziativa volta ad aiutare la riconversione economica dei paesi dell’Est e dell’URSS, ma ci si chiedeva se per mantenere bassi i costi amministrativi e operativi la Banca europea per gli investimenti (BEI) non potesse assumere anche le nuove responsabilità, ove non si ritenesse di farle esercitare dalla stessa Commissione, in verità non idonea a svolgere funzioni prettamente bancarie. La posizione francese finì col prevalere poiché, si disse, era opportuno dare ai paesi dell’Est europeo una voce e un ruolo nel capitale e nella gestione della nuova istituzione, il che non era possibile nella BEI. Per evitare o minimizzare possibili conflitti con le Istituzioni comunitarie, si consentì che al capitale della BERS partecipassero anche la BEI e la Comunità.
Nel delineare la struttura operativa e istituzionale del nuovo organismo internazionale il modello che si aveva presente era quello della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS) o Banca mondiale, una delle due istituzioni create a Bretton Woods nel 1944 per gestire il nuovo ordine finanziario internazionale, come testimonia la quasi identità del nome. Ben presto, tuttavia, gli Stati Uniti fecero presente che essi erano desiderosi di partecipare alla nuova istituzione; l’accoglimento di una siffatta richiesta comportò un invito a partecipare anche al Giappone e a molti altri paesi. Il carattere europeo dell’iniziativa si annacquò e, soprattutto, si modificò il modello di banca che si stava abbozzando. Piuttosto che su un mandato di sviluppo, il Tesoro americano desiderava concentrare l’attività della nuova istituzione sulla rapida crescita del settore privato nei paesi beneficiari e subordinare i finanziamenti al rispetto negli stessi del governo democratico, dello Stato di diritto e dei Diritti dell’uomo. Il primo requisito rendeva la nuova istituzione più simile, mutatis mutandis, alla Società finanziaria internazionale (SFI), una affiliata della BIRS, che a quest’ultima, il secondo introduceva una delicata discriminante politica, in precedenza esclusa in tutte le istituzioni finanziarie internazionali. Il nuovo equilibrio imperniato su di una sola superpotenza e sui comuni valori del mondo occidentale rese questa seconda condizione accettabile, sia pure con qualche timore per la sua corretta gestione; quanto alla prima, si dovette raggiungere un compromesso tra le due impostazioni, con un minimo di operazioni di tipo SFI del 60% e un massimo di prestiti del tipo BIRS del 40%, vincolo da rispettare paese per paese e, dopo un breve periodo, anche anno per anno. Le richieste americane non si fermarono: gli Stati Uniti chiesero e ottennero una partecipazione del 10% al capitale della BERS, vale a dire più alta di quell’8% riconosciuto a ciascuno dei grandi paesi europei e al Giappone, nonché informalmente la posizione di primo vicepresidente.
Un’ultima problematica sorse durante la gestazione della BERS: il carattere residenziale e la numerosità del Consiglio di amministrazione. Nella maggior parte delle istituzioni internazionali esso è residente, ma non nel caso della BEI. La pressione dei piccoli paesi europei diretta ad avere visibilità al livello del Consiglio e la necessità di assicurare un seggio a un certo numero di paesi beneficiari faceva propendere per un Consiglio piuttosto ampio; per potere contenere i costi era necessario optare per un consesso non residente. Tuttavia, paesi come gli Stati Uniti e il Giappone si dissero contrari a quest’ultima soluzione e i piccoli insistettero per un’adeguata rappresentanza, con la conseguenza che la nuova istituzione si trovò gravata da un Consiglio residente, numeroso, costoso e del tutto privo di autonomia rispetto ai governi che ne nominano i membri. Non mancarono altri temi di confronto, soprattutto tra gli europei. Al termine delle negoziazioni, la Francia riuscì, sia pure dopo accesi dibattiti tra i supplenti del gruppo dei sette paesi più industrializzati del mondo (G7), ad assicurare la presidenza della nuova banca a Jacques Attali, la Gran Bretagna (v. Regno Unito) ne ottenne la sede a Londra, la Germania e l’Italia vennero accontentate con una vicepresidenza.
L’impegno politico fece sì che dopo 18 mesi dalla caduta del muro di Berlino e 5 dall’inizio delle trattative, 60 paesi e due istituzioni sopranazionali, la Comunità europea e la BEI, diedero vita a una nuova organizzazione, la BERS, unica nel suo genere (v. Costa e Fantetti, 2001) e dedicata ad aiutare la riconversione di sette paesi dell’Est e dell’URSS. Con la frammentazione di quest’ultima, della Iugoslavia e della Cecoslovacchia e l’inserimento della Mongolia nel 2004 i paesi sono divenuti 28. Infatti, la Banca rappresenta alla fine della guerra delle ideologie una risposta ideologica, poiché l’accento più che sulla ricostruzione delle strutture fisiche è posto dallo statuto sulla reimpostazione di valori e di comportamenti. In questo senso, la Banca diventa uno strumento della transizione dall’economia pianificata e statalista a quella di mercato e privata, anche se il concetto e la terminologia impiegarono qualche tempo ad affermarsi. Il passaggio a un nuovo regime richiede che le necessarie infrastrutture culturali e legali siano apprestate e che quelle precedenti vengano smantellate o almeno progressivamente ridotte. Ciò significa che i mercati per poter crescere in modo sano e sviluppare la competizione hanno bisogno di un’adeguata infrastruttura legale, finanziaria e di regolazione; per converso, monopoli, imprese verticalmente integrate, proprietà pubblica diffusa non sono compatibili con un’economia di mercato e vanno affrontate con la de-monopolizzazione, la liberalizzazione, la privatizzazione. Tutto ciò era chiaro sin dagli inizi in termini generali, ma mancava un corpo di conoscenze e di esperienze su come trasformare un’economia centralmente pianificata in una orientata al mercato; anche grazie a tentativi ed errori, il modo di procedere è divenuto molto più chiaro e i risultati meno aleatori.
Del mandato politico, per la prima volta affidato ad una banca, la BERS ha fatto un uso discreto ma, sembra, efficace per indurre i paesi beneficiari a un maggior rispetto dei principi democratici, dello Stato di diritto, dei diritti umani, dell’economia di mercato (durante la guerra nei Balcani, la Iugoslavia formata da Serbia e Montenegro non era un paese membro e in Croazia non si intrapresero nuove operazioni; per il mancato rispetto dei basilari principi democratici e dei diritti umani, lo stesso trattamento fu riservato alla Bielorussia ed è attualmente applicato all’Uzbekistan, anche se non v’è mai stato un blocco ufficiale). Il nuovo clima internazionale ha fatto sì che, sebbene gli statuti delle altre istituzioni internazionali non siano stati modificati per accogliere la dimensione politica, l’interpretazione evolutiva che di essi è stata data ha permesso di tenerne conto. Ovviamente, per potere incidere sul comportamento dei paesi beneficiari, il mandato politico ha dovuto trasfondersi in sequenze o in clausole contrattuali che subordinavano il sostegno finanziario alla modificazione dell’ordinamento giuridico, così da rendere i progetti economicamente e finanziariamente produttivi. Le aree nelle quali la BERS si è maggiormente concentrata sono quelle della legislazione fallimentare, del governo societario, della regolamentazione finanziaria. Alla costruzione di migliori istituzioni per il mercato si è proceduto attraverso la privatizzazione di banche ed imprese produttive, la diffusione di standard internazionali, la disseminazione delle prassi migliori. Perciò, il servizio legale della BERS è stato impegnato sin dagli inizi in uno sforzo di assistenza caso per caso e di predisposizione di testi normativi in grado di stimolare la crescita del settore privato; di grande aiuto a molti paesi beneficiari è stato il “modello di legge per le transazioni assistite da garanzie” (v. Maurice, 2001).
Un’altra dimensione dell’attività della BERS che copre tutti i progetti che essa finanzia riguarda la protezione dell’ambiente. Quest’ultima non è soltanto il frutto delle nuove sensibilità per i destini del nostro pianeta e per le responsabilità verso le future generazioni, ma una sentita richiesta delle popolazioni dell’Est europeo che sotto il regime comunista erano state esposte a molti rischi di carattere ecologico o addirittura nucleare. L’azione della Banca ha promosso un più efficiente uso dell’energia e delle altre risorse, la sostituzione di impianti obsoleti non in grado di controllare la polluzione o di riciclare gli scarichi, una maggiore consapevolezza dei rischi per la salute e per la sicurezza derivanti dal cattivo uso delle risorse naturali.
Oltre al rispetto dei requisiti ambientali, un progetto deve essere ritenuto in grado di dare un contributo alla transizione di un’economia verso il mercato, deve essere in linea con i principi di una sana prassi bancaria, deve risultare addizionale con riferimento ai finanziamenti che il settore privato provvede direttamente; da ciò deriva la preferenza per i cofinanziamenti e per le partecipazioni azionarie. Il criterio del contributo alla transizione, combinato con quello dell’addizionalità, rende l’attività della BERS soggetta ad esaurirsi; dal 1996 la Banca ha stabilito i principi per il suo ritiro con riferimento sia al singolo progetto sia al settore, con la conseguenza che in paesi piccoli e dalle strutture produttive non molto diversificate la Banca è divenuta o diverrà di fatto inoperante con lo sviluppo dell’economia di mercato e del finanziamento privato.
Tutte le istituzioni, e quelle internazionali non fanno eccezione, all’approssimarsi dell’esaurimento del mandato ricercano nuovi spazi operativi. La BERS per i paesi più avanzati, quali i nuovi membri dell’Unione europea, già parla di una seconda fase della transizione in cui l’obiettivo non è più soltanto la promozione dell’economia di mercato, ma il rafforzamento delle condizioni perché quest’ultima possa crescere, svilupparsi e rendere i suoi benefici accessibili al maggior numero possibile di persone. Ne segue, perciò, che alleviare la povertà, migliorare le condizioni di salute e investire nell’educazione diverrebbero nuovi obiettivi e nuovi settori operativi. Alla fine del ciclo della transizione, la BERS, se mantenuta in vita dai soci, riprenderebbe quella missione di banca di sviluppo che ne aveva costituito l’ispirazione iniziale (v. Sarcinelli, 2001).
Con l’avanzare della transizione nei paesi dell’Europa centrale, la BERS va progressivamente spostando le sue risorse verso i paesi membri più poveri e più arretrati in termini di riforme, nei quali gli obiettivi correnti restano ancora la transizione e lo sviluppo del settore privato. In quest’ultimo campo l’attività di maggior successo è la concessione di microfinanza. Sino all’agosto del 2004, i programmi di microfinanza della BERS hanno esteso oltre 640 mila prestiti a piccolissime e piccole imprese per un ammontare di oltre 4,2 miliardi di dollari nei paesi meno avanzati.
La vita della BERS attraversò agli inizi un periodo di crisi che si risolse con le dimissioni dalla presidenza di Attali, con la nomina al suo posto di Jacques de Larosière e con la ristrutturazione dell’organizzazione interna, mirata ad enfatizzare il ruolo della BERS nello sviluppo del settore privato a discapito di quello di banca di sviluppo. Come conseguenza della crisi, fu anche portata avanti una drastica politica di riduzione dei costi, come richiesto dagli azionisti più importanti. Durante questa presidenza i paesi azionisti della BERS raddoppiarono il capitale, che attualmente ammonta a 20 miliardi di euro. Quando de Larosière si dimise, nel gennaio del 1998, gli succedette Horst Köhler, il cui passaggio alla direzione generale del Fondo monetario internazionale (FMI) nell’aprile del 2000 portò al vertice della Banca un altro francese, Jean Lemierre.
Per apprezzare sinteticamente lo sviluppo dell’operatività della BERS è opportuno riferirsi al volume di operazioni effettuato nei vari anni (tab. I). Dal 1995 sino al 2000 il numero delle operazioni ha oscillato intorno al centinaio l’anno; anche la ripartizione tra quelle a favore del settore statale o del comparto privato e tra crediti ed azioni non ha rivelato una particolare tendenza. Per la dimensione media dell’operazione l’andamento è stato ascendente, come pure per i finanziamenti, ma il moltiplicatore delle risorse è risultato molto fluttuante.
Accidentata appare anche la serie degli esborsi lordi. Gli sforzi della BERS per facilitare la transizione non hanno incontrato con gli anni condizioni decisamente più favorevoli.
Tabella I. Volume e valore annuale delle operazioni | |||||||||||
Anni | 1991-94 | 1995 | 1996 | 1997 | 1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | |
Tot. operazioni | 199 | 110 | 95 | 108 | 96 | 88 | 95 | 102 | 102 | 119 | |
Private | 150 | 87 | 79 | 92 | 80 | 68 | 79 | 79 | 80 | 99 | |
Statali | 50 | 23 | 16 | 16 | 16 | 20 | 16 | 23 | 22 | 21 | |
Crediti | 142 | 75 | 67 | 63 | 60 | 59 | 64 | 79 | 85 | 81 | |
Azioni | 57 | 35 | 29 | 45 | 37 | 29 | 32 | 23 | 17 | 19 | |
Valore* | |||||||||||
Media operazioni | 22 | 18 | 23 | 22 | 25 | 25 | 28 | 36 | 36 | 31 | |
Valore progetti* | 12.681 | 6.972 | 6.007 | 6.525 | 9.914 | 7.024 | 7.847 | 9.868 | 8.761 | 9.028 | |
Finanziamenti BERS* | 4.399 | 2.000 | 2.188 | 2.315 | 2.373 | 2.162 | 2.673 | 3.656 | 3.899 | 3.721 | |
Moltiplicatore | 1,9 | 5,5 | 1,7 | 1,8 | 3,2 | 2,2 | 1,9 | 1,7 | 1,2 | 1,4 | |
Esborsi lordi | * 1.215 | 1.144 | 1.291 | 1.779 | 2.040 | 1.421 | 1.464 | 2.442 | 2.419 | 2.105 |
Fonte: dati cortesemente forniti dall’Ufficio del capo economista della BERS.
*In miliardi di euro
Lo sviluppo delle operazioni nei vari paesi (tab. II) mostra una certa concentrazione in quelli di maggior peso economico (Russia), più vicini o già adusi in passato all’economia di mercato (Polonia), con importanti risorse naturali (Kazakistan); guerre e conflitti interni hanno penalizzato i paesi che vi sono stati coinvolti.
Tabella II. Impegni netti cumulati per paese al 31 dicembre 2003 | |||
Paese | Progetti | Valore | Quota % |
numero | € milioni | inv. BERS | |
Albania | 15 | 170 | 0,8 |
Armenia | 6 | 90 | 0,4 |
Azerbaijan | 16 | 280 | 1,2 |
Bielorussia | 7 | 158 | 0,7 |
Bosnia e Erzegovina | 19 | 259 | 1,1 |
Bulgaria | 46 | 848 | 3,7 |
Croazia | 51 | 1.232 | 5,4 |
Repubblica Ceca | 41 | 916 | 4 |
Estonia | 42 | 451 | 2 |
FYR Macedonia | 20 | 307 | 1,4 |
Georgia | 20 | 185 | 0,8 |
Kazakistan | 32 | 872 | 3,8 |
Repubblica Kirghisa | 14 | 123 | 0,5 |
Lettonia | 24 | 332 | 1,5 |
Lituania | 27 | 393 | 1,7 |
Moldova | 20 | 162 | 0,7 |
Polonia | 129 | 2.843 | 12,5 |
Romania | 75 | 2.361 | 10,4 |
Russia | 171 | 5.174 | 22,8 |
Serbia e Montenegro | 24 | 509 | 2,2 |
Repubblica Slovacca | 38 | 1.012 | 4,5 |
Slovenia | 26 | 506 | 2,2 |
Tagikistan | 6 | 29 | 0,1 |
Turkmenistan | 5 | 125 | 0,6 |
Ucraina | 58 | 1.279 | 5,6 |
Ungheria | 66 | 1.526 | 6,7 |
Uzbekistan | 21 | 527 | 2,3 |
Totale | 1.019 | 22.669 | 100 |
Fonte: dati cortesemente forniti dall’Ufficio del capo economista della BERS.
Il servizio studi della BERS pubblica un Transition report e un Transition report update con cadenza annuale. Ha anche prodotto una Transition impact retrospective per valutare i risultati, positivi e negativi, complessivamente ottenuti dalla BERS sino al 2000 nell’introdurre, rafforzare e istituzionalizzare i processi di mercato nei 27 paesi in cui era abilitata a operare; pertanto, in quest’analisi si astrae dai rendimenti finanziari dei progetti, come pure da quelli sociali evidenziati dall’analisi costi-benefici. La metodologia si basa fondamentalmente sul contributo alla transizione attraverso l’aumento dell’afflusso di capitale nella regione. Le conclusioni sono che la BERS ha avuto un ruolo importante nello stimolare gli investimenti esteri diretti; un’analisi progetto per progetto ha rivelato che più di due terzi degli stessi hanno ottenuto nella valutazione ex post dell’apposito dipartimento i punteggi più elevati per il loro contributo alla transizione; ovviamente, quest’ultimo è stato diverso da settore a settore e da paese a paese; la Banca comunque è riuscita a migliorare la base di diritto commerciale in tutta la regione e a conseguire importanti, specifici obiettivi nel campo dell’ambiente.
Mario Sarcinelli (2009)