Bassols, Raimundo
B. (Barcellona 1926) si laurea presso la facoltà di Giurisprudenza di Barcellona e poi consegue un dottorato di ricerca in Italia presso l’Università di Bologna. Vince il concorso per carriera diplomatica nel 1954 ed esercita con il grado di Ambasciatore l’incarico affidatogli dal suo paese fino al 1991.
Durante i suoi anni di servizio è viceconsole a Parigi, consigliere a Santiago del Chile, consigliere per il commercio estero a Montevideo, Buenos Aires e Washington.
B. dedica un impegno particolare e undici anni della sua carriera all’obiettivo dell’ingresso della Spagna nella allora Comunità economica europea (CEE). Prima dell’apertura vera e propria del negoziato (febbraio 1979) segue sin dal 1971 l’avvicinamento del suo paese alla CEE in qualità di vicedirettore generale degli Organismi di integrazione europea, nel 1974 come direttore generale delle Relazioni economiche internazionali, nel 1976 come ambasciatore presso la CEE a Bruxelles, incarico che ricopre fino al 1981 per diventare poi segretario di Stato per le Relazioni con la CEE.
Successivamente B. ricopre l’incarico di Ambasciatore anche in Marocco (1983-1987) e in Argentina (1987-1991).
Dopo essere andato in pensione continua a mettere l’esperienza maturata sul campo a servizio del suo paese svolgendo funzioni di consulenza presso la Commissione europea, il governo della repubblica del Paraguay, presso la compagnia petrolifera spagnola REPSOL YPF, così come di altre aziende spagnole con attività all’estero. Tra le sue principali pubblicazioni ricordiamo España en Europa, Asistencia Judicial Internacional oltre a molti articoli di commento ai principali fatti di politica internazionali apparsi su “Politica exterior”.
Immediatamente dopo la morte di Franco, B. inizia una serrata attività europeista. Organizza il primo incontro tra la delegazione spagnola e quella comunitaria il 22 novembre 1975 in coincidenza della proclamazione di Juan Carlos a re di Spagna. L’obiettivo dell’incontro con i vertici europei in quel frangente era registrare le principali reazioni comunitarie nei confronti dell’ipotesi di una Spagna europea. Partecipano all’incontro anche l’ambasciatore accreditato presso la CEE Alberto Ullastres Calvo e il vicedirettore generale dell’Organismos de Integracion de Europa, Ferran e per la CEE Wellenstein e Lecomte.
Mentre i rappresentanti spagnoli sottolineano la necessità di impostare i rapporti tra il loro paese e la CEE in una nuova ottica rispetto al passato, in un contesto europeo tout court e non solo mediterraneo, i rappresentanti comunitari si fanno portavoce del diffuso sentimento di fiducia nei confronti della restaurazione monarchica in Spagna e sottolineano la disponibilità comunitaria a compiere dei notevoli passi avanti nel loro rapporto con la Spagna, nel caso in cui la monarchia non avesse disatteso le loro aspettative.
Nel periodo compreso tra il gennaio e aprile del 1976 B. fa parte della delegazione che accompagna il ministro José María de Areilza nella visita presso le nove capitali europee per presentare il programma di democratizzazione che il paese si apprestava a realizzare in vista di una futura richiesta d’adesione.
Sin dall’inizio della transizione democratica sottolinea l’importanza dell’integrazione nella CEE come fonte di legittimazione del percorso intrapreso dal paese alla morte del dittatore e ribadisce l’importanza di non accontentarsi di una zona di libero scambio come obiettivo di lungo periodo – quanto la necessità diplomatica della Spagna di svincolarsi dalla politica mediterranea della CEE, rivolta principalmente alla zona del Magreb, a Israele e Malta, per presentarsi in modo indipendente come un candidato all’integrazione.
Nel dicembre 1976 viene accreditato come ambasciatore spagnolo presso la CEE. Nel corso del suo primo discorso ufficiale, in linea di continuità con quanto sostenuto presso i suoi omologhi europei dal ministro Areilza, mette in luce i risultati già realizzati dal suo paese, annuncia la celebrazione immediata di un referendum per l’approvazione popolare della riforma, l’imminente legalizzazione di partiti politici, la celebrazione di libere elezioni a breve termine per concludere sottolineando che all’indomani della celebrazione delle prime elezioni libere (previste per la metà del 1977), una volta cioè soddisfatte le minime credenziali democratiche, la Spagna avrebbe presentato la richiesta di adesione alla Comunità come membro a pieno a titolo.
B. conosceva l’atteggiamento reticente di Italia e Francia verso l’adesione spagnola e per arginare eventuali dichiarazioni contrarie all’apertura del negoziato a causa della temuta concorrenza del suo paese nel settore agricolo, punta il suo intervento sull’importanza politica che l’avvio del negoziato avrebbe assunto “al di là delle prevedibili difficoltà tecniche” che inevitabilmente si sarebbero presentate.
I temi principali che affronta nel corso del suo mandato sono: l’adesione, la pesca e l’adeguamento dell’accordo del 1970 ai nuovi membri.
Soprattutto nella primissima fase del rapporto con la CEE B. mette in evidenza i principali problemi che il suo paese avrebbe incontrato al momento dell’adesione alla luce dell’inferiore livello di sviluppo economico rispetto ai paesi già membri.
L’ambasciatore insiste molto sul significato politico dell’adesione, anche se non trascura le ragioni politiche e sociali per cui l’integrazione costituisce il principale obiettivo della politica estera del paese. La CEE rappresenta un ancoraggio per la democrazia spagnola, il simbolo della fine della stagione di isolamento che il paese ha vissuto sin dall’avvento del regime franchista, costituisce altresì una garanzia esterna e allo stesso tempo un modello da seguire per un corretto sviluppo dei principi democratici e delle garanzie del rispetto dei diritti politici e civili imperanti in Europa occidentale (v. anche Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della).
Affrontando il tema in un’ottica economica, l’ambasciatore sostiene che l’alta percentuale dell’export spagnolo verso l’Europa comunitaria (48%) e dell’import (30%), nonché la percentuale degli investimenti esteri in Spagna (41%) fa sì che nessuno dei problemi economici tra la Spagna e la CEE possa trovare una soluzione definitiva a margine della richiesta d’adesione.
Anche da un punto di vista sociale l’integrazione servirebbe all’equiparazione dei 900.000 spagnoli emigrati nei paesi comunitari ai cittadini degli stati già membri con cui da tempo condividono oneri e responsabilità dello sviluppo dei rispettivi settori industriali.
All’inizio del 1977 viene nominata una nuova commissione presieduta dal britannico Roy Jenkins. I nuovi commissari oltre a Jenkins, sono gli italiani Lorenzo Natali e Antonio Giolitti.
Natali è nominato da Jenkins commissario ad hoc per coordinare e dirigere l’ampliamento all’Europa meridionale. Varie sono le occasioni in cui B. si confronterà con il commissario italiano. Principalmente le tematiche affrontate riguarderanno il rapporto tra l’ampliamento e la struttura istituzionale della CEE (v. Istituzioni comunitarie), le conseguenze sulle zone meno sviluppate dei paesi già membri, analisi della situazione economica dei paesi candidati, esame delle ripercussioni sulla politica della CEE in relazione ai paesi terzi, ai paesi mediterranei non candidati e a quelli in via di sviluppo e infine le ripercussioni nel quadro dell’Accordo generale sulle tariffe e il commercio (GATT).
Interessante risulta, per cogliere l’ampio significato che B. attribuiva all’europeismo dell’epoca, il contenuto di una lettera da questi inviata al ministro degli Esteri spagnolo Marcelino Oreja Aguirre alla vigilia delle elezioni fissate per il giugno 1977. Secondo l’ambasciatore quelle elezioni, le prime libere e democratiche dopo la morte di Franco, avrebbero costituito un punto di non ritorno nella storia spagnola, non solo nell’ottica della transizione politica interna, ma anche in funzione dell’adesione del paese alla CEE. Si sarebbe finalmente chiuso quel cerchio apertosi nel 1962 con la richiesta di apertura di un negoziato, i rappresentanti dei paesi membri avrebbero dato, nelle sue previsioni, un convinto sostegno a favore dell’adesione comunitaria del paese, nell’ottica di un supporto esterno alla transizione politica interna.
All’indomani delle elezioni B. raccomanda al nuovo ministro degli Esteri Oreja di ripetere l’esperienza del suo predecessore Areilza organizzando un giro presso le capitali dei nove paesi membri CEE per ribadire la volontà del suo paese di entrare in seno all’organizzazione il prima possibile e per aggiornare i suoi omologhi dei risultati positivi della transizione politica spagnola. Tale strategia avrebbe rafforzato, secondo l’ambasciatore, il sostegno dei paesi membri all’Allargamento alla Spagna accelerandone la realizzazione e vincolandone l’adesione a quella di Grecia e Portogallo che avevano presentato le loro richieste in precedenza.
Il 15 luglio 1977 B. incontra Jenkins per discutere la data, le modalità formali e il quadro all’interno del quale sarebbe dovuta avvenire la richiesta di adesione della Spagna. Il 26 luglio il ministro Oreja è ricevuto dal ministro degli esteri belga Henry Simonet, presidente di turno del Consiglio dei ministri della Comunità (v. anche Presidenza dell’Unione europea) e sottolinea il carattere “autenticamente nazionale” dell’adesione, in quanto condiviso non solo da tutte le forze politiche in campo ma anche dal mondo industriale e dai sindacati.
La richiesta d’adesione è finalmente presentata dal governo spagnolo il 28 luglio 1977. La Commissione esprime apprezzamento al ministro Oreja per il passo compiuto, e i giudizi dei portavoce dei governi di Regno Unito, Germania e Paesi Bassi sono positivi. Lo stesso non può dirsi della Francia.
Immediatamente dopo la presentazione della richiesta d’apertura di negoziato B. incontra Natali, Wilhelm Haferkamp e Kergolay.
Nel corso di quell’incontro B. vincola l’adeguamento dell’accordo commerciale preferenziale ai paesi dell’Europa settentrionale, protagonisti del primo allargamento comunitario, all’immediata apertura del negoziato per l’adesione del suo paese.
Il mese successivo il Presidente del Consiglio Suarez (v. Suárez González) organizza il tanto atteso giro presso le capitali europee. I primi 4 paesi visitati sono Olanda, Danimarca, Francia e Italia. I quattro rappresentanti di questi paesi: rispettivamente den Uyl, Joergensen, Raymond Barre, Giulio Andreotti sono favorevoli a discutere il tema dell’adesione spagnola nel corso del successivo Consiglio dei ministri in programma per il 20 settembre. I punti centrali sottolineati dalla delegazione spagnola sono i seguenti: apertura di negoziato senza condizioni pregiudiziali (per evitare quanto era emerso nella riunione della Commissione celebrata a la Roche-en-Ardenne, secondo cui prima dell’adesione i paesi candidati avrebbero dovuto raggiungere lo stesso sviluppo economico dei paesi membri), necessità dell’acquisizione della membership immediatamente a partire dal momento della firma del trattato d’adesione (e non dalla fine del periodo transitorio), accettazione di un periodo transitorio, anche ampio per l’agricoltura ma rifiuto totale di una fase di preadesione o di una formula volta a sottoporre il paese ad esami periodici prima dell’adesione definitiva.
Il 20 settembre la richiesta spagnola è accettata senza condizioni di adeguamento del mercato interno, così come aveva chiesto la delegazione spagnola.
Sebbene il presidente della Commissione europea Jenkins riferisse al ministro Oreja che la Commissione si apprestava a terminare quanto prima la procedura di rito che prevedeva la redazione di un rapporto favorevole all’apertura del negoziato da inviare al Consiglio dei ministri, dai resoconti che periodicamente da Bruxelles B. invia al ministero degli Esteri del suo paese, emerge quanto sin dal settembre del 1977 la Francia cercasse di subordinare l’approvazione del Consiglio dei ministri della CEE all’adesione spagnola al completamento delle riforme istituzionali e della Politica agricola comune che la Comunità affrontava in quello stesso torno di tempo.
L’atteggiamento adottato dalla Francia appare all’ambasciatore foriero di ostacoli futuri. La necessità di chiudere la partita fa sì che il 10 febbraio 1978, seguendo l’esempio inglese e greco, anche la Spagna decida di creare un ministero ad hoc per le relazioni con la CEE e viene chiamato Calvo Sotelo (v. Calvo Sotelo, Leopoldo) a guidarlo.
Il 19 aprile del 1978 la Commissione presenta un documento che raccoglie una serie di dubbi originati dai problemi economici e istituzionali che l’ampliamento comporta.
L’Europa degli anni Settanta, infatti, nonostante le dichiarazioni di principio, vive senza convinzione l’idea dei successivi ampliamenti e ritiene questi ultimi obbligati, ma teme di non essere in grado di affrontarne le conseguenze economiche.
Il documento presentato dalla Commissione fa un’analisi a grande spettro delle difficoltà nei settori di politica economica, agricola, energetica, sociale e regionale senza scendere nei dettagli, ma offrendo una impressione complessiva.
Sul versante della politica estera il monito della Commissione è quello di prestare attenzione a non rompere gli equilibri con i paesi mediterranei né con quelli in via di sviluppo soprattutto gli Stati dell’Africa sub sahariana, Caraibi e Pacifico (ACP). In conclusione il documento della Commissione può essere interpretato come un sì politico all’ampliamento e un incentivo a proseguire il cammino verso l’Unione economica e monetaria e politica, ma allo stesso tempo come una avvertenza sui rischi soprattutto in campo economico che l’ampliamento avrebbe potuto generare.
Nonostante l’attesa per questo documento e una complessiva valutazione positiva che ne viene data dalla delegazione spagnola, in particolare l’ambasciatore B. ne rimane sostanzialmente deluso, poiché lo interpreta come un ulteriore tentativo politically correct di posporre il reale inizio del negoziato per l’adesione del suo paese. L’apertura formale del negoziato avviene il 5 febbraio 1979 e la prima riunione, presieduta da B., si celebra il 15 giugno di quell’anno. Nel corso di questa riunione preliminare viene fissato il numero delle sessioni necessarie, le sedi presso cui si sarebbe svolto il negoziato e l’ordine dei capitoli da trattare.
I lavori investono a pieno ritmo la delegazione spagnola, ma questi subiscono un grave momento di arresto quando trapela la notizia delle dichiarazioni rilasciate dal Presidente della Repubblica francese Valéry Giscard D’Estaing il 5 giugno 1980, proprio alla vigilia dell’incontro tra la delegazione spagnola e comunitaria. Secondo Giscard, prima di entrare nelle trattative del secondo allargamento, la Comunità aveva l’obbligo di chiudere le questioni rimaste ancora irrisolte in conseguenza del primo.
Nonostante il portavoce del presidente della Commissione (v. Presidente della Commissione europea), il segretario generale del Consiglio dei ministri e il presidente del Comitato dei rappresentati permanenti (COREPER) si dissocino dalle dichiarazioni francesi, sottolineando il carattere meramente nazionale delle affermazioni di Giscard, B. rimane fortemente scosso dalle dichiarazioni francesi poiché teme che essendo il processo d’adesione della Grecia già in dirittura d’arrivo e creando il Portogallo meno problemi alla Francia sul versante agricolo, indirettamente le dichiarazioni di Giscard avrebbero avuto una ricaduta negativa relativa al processo d’adesione solo del suo paese. Le relazioni tra Spagna e Francia rimangono tese.
L’ambasciatore B., d’accordo con il nuovo ministro per le relazioni con la CEE Eduardo Punset Casals, che assume l’incarico all’inizio del settembre del 1980 in conseguenza di un rimpasto del governo, continua a sostenere che l’adesione spagnola alla CEE è una “questione di Stato” sostenuta all’unanimità dalle forze politiche con rappresentanza parlamentare; è pertanto necessario non fare arenare del tutto il negoziato, nonostante l’indisponibilità comunitaria ad affrontare le questioni relative alla politica agricola e al finanziamento delle risorse comunitarie per non spegnere del tutto l’impulso politico sottostante all’intera procedura negoziale e per non fare venire meno il consenso dimostrato fino ad allora dall’intera classe politica spagnola.
Paradossalmente è il tentato golpe del 23 febbraio 1981 a contribuire alla ripresa del negoziato. Il primo incontro tra le due delegazioni avviene il mese successivo al tentato golpe e varie sono le dichiarazioni degli organismi comunitari a sostegno della giovane democrazia spagnola. Tuttavia da un punto di vista sostanziale la reticenza francese termina solo dopo le elezioni presidenziali del maggio 1981 che si concludono con l’ingresso di François Mitterrand all’Eliseo.
Solo dopo l’elezione del presidente francese si assiste a una accelerazione del negoziato. B. svolge in tal senso un ruolo centrale. Egli propone infatti alla CEE un pacchetto che presuppone l’applicazione dell’IVA da parte della Spagna sin dal momento dell’adesione in cambio di uno sblocco graduale del negoziato nel settore agricolo, in quello doganale e nei capitoli ad essi collegati. Il Consiglio dei ministri del 14 settembre del 1981 accetta la proposta della delegazione spagnola, superando in tal modo l’ultima impasse.
B. visita tutte le capitali europee per ottenere un ulteriore placet per concludere il negoziato il prima possibile. Non riesce a ottenere la fissazione di una data certa, ma può rendersi conto che nonostante la mancanza di quest’ultima lo sblocco è realmente effettivo.
Con la vittoria di Felipe Márquez González alle elezioni del 28 ottobre 1982 il negoziato entra nella sua fase finale e anche l’appartenenza del giovane leader spagnolo alla stessa famiglia politica di Mitterrand gioca a favore di una accelerazione dello stesso. La vittoria dei socialisti comporta non solo la formazione di un nuovo governo, ma anche un ricambio ai vertici del funzionariato internazionale. Gabriel Ferran prende il posto di B. e guiderà la delegazione spagnola fino alla firma del trattato d’adesione nel giugno 1985.
Maria Elena Cavallaro (2012)