Benvenuti, Lodovico
B. (Verona 1899-Casorate Sempione, Varese 1966) ebbe a sperimentare, sul Piave, gli orrori della Prima guerra mondiale, le conseguenze dell’anarchia internazionale che caratterizzò il declino del sistema europeo degli Stati, e maturò già da questa esperienza l’intima vocazione europeistica. Cattolico convinto, membro dal 1919 del Partito popolare di quel don Luigi Sturzo di cui sono note le prospettive internazionalistiche e federalistiche (v. Federalismo), aderì, nel periodo tra le due guerre, al Piano Briand.
Il fattore decisivo della scelta europeista e federalista di B. è però da cercare, durante il secondo conflitto mondiale, nella sua partecipazione alla Resistenza, che affinò in lui la coscienza di un destino comune dei popoli europei, nel momento in cui la lotta contro la tirannide non conosceva barriere. «“Italia libera nel mondo liberato”, stava scritto sul masso del Grappa; Italia libera in un’Europa unita e liberata da tutte le tirannidi: ecco la meta cui dobbiamo tendere come italiani, come democratici e come cristiani», scriveva B. su un giornale cremasco nel dicembre del 1946. Tra i fondatori del Comitato di liberazione nazionale (CLN) nel cremasco, membro del CLN lombardo per la Democrazia cristiana (cui aderì dal momento della sua fondazione in clandestinità), B. fu collaboratore del “Ribelle” di Teresio Olivelli, per il quale scrisse con lo pseudonimo di “Renzo”.
B. era mosso da forti ideali libertari, che appaiono ben evidenti già nella sua azione per la Costituente, dove fu eletto deputato, nel 1946, per il collegio di Mantova e Cremona. Avvalendosi della sua vasta preparazione in campo giuridico, partecipò attivamente all’elaborazione del testo costituzionale. Convinto giusnaturalista, «un fanatico», «un romantico dei diritti dell’uomo», come egli stesso ebbe a definirsi, si batté a favore degli inalienabili diritti di libertà, propugnando, da cattolico liberale, la creazione di uno Stato di diritto capace di garantirli contro ogni minaccia totalitaria.
B. ebbe un ruolo fondamentale anche nell’elaborazione della Dichiarazione europea dei diritti dell’uomo e del cittadino (v. Convenzione europea dei diritti dell’uomo), ultimata nel 1950, impegnandosi a fondo nelle discussioni preparatorie alla Convenzione di Roma che avrebbe costituito la Corte europea dei diritti dell’uomo, nella convinzione che la difesa dei diritti originari, intangibili, dell’uomo non potesse più essere demandata ai parlamenti nazionali.
Nell’immediato dopoguerra, B. si accostò con naturalezza all’europeismo e al federalismo. Entrò a far parte del gruppo parlamentare italiano per l’Unione europea – cui si dovette l’affermazione nel Parlamento italiano di una linea favorevole all’unificazione europea su base federale – dapprima all’interno della Costituente, poi, dopo le elezioni del 1948, alla Camera. Nel settembre del 1947 fu un rappresentante attivo della delegazione italiana al primo congresso organizzato, a Gstaad, dall’Unione parlamentare europea (UPE), nella quale occupò ruoli direttivi.
Dopo un primo colloquio con Altiero Spinelli, a casa di Ernesto Rossi nel giugno del 1948, B. aderì al Movimento federalista europeo (MFE), assumendovi presto cariche di rilievo. Eletto nel Comitato centrale del Movimento e poi nella Direzione nazionale, membro nel contempo dell’Union européenne des fédéralistes (UEF) (v. Unione europea dei federalisti), partecipò direttamente alla formazione della politica federalista. Entrò a far parte anche del Consiglio italiano del Movimento europeo, dal momento della sua costituzione nel dicembre del 1948, e delle Nouvelles équipes internationales (NEI), l’organizzazione internazionale democratico-cristiana che rappresentò una tribuna europea per i grandi leader del centro cattolico.
Rappresentante dell’Italia all’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa sin dalla sua prima sessione (fu eletto presidente della Commissione speciale Agricoltura nel novembre del 1950) B, riaffermò in tale consesso l’ideale di Stato federale europeo che sempre più andava precisando nel contatto quasi quotidiano con gli europeisti più impegnati. Durante la seconda sessione, presentò assieme ad alcuni colleghi una proposta di risoluzione che mirava alla creazione di una Commissione speciale incaricata di elaborare una Costituzione europea. Si batté costantemente a favore della convocazione di un’Assemblea costituente europea, affiancando Richard Nicolaus Coudenhove-Kalergi, prima, e Spinelli, poi, in tutte le loro battaglie.
Convinto anticomunista e attivo sostenitore del pieno inserimento dell’Italia nel contesto delle democrazie occidentali, B. combatté la battaglia per l’adesione all’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), mantenendo ferma la distinzione fra atlantismo ed europeismo. Fece parte del gruppo ristretto di forte ortodossia degasperiana, affiancando Alcide De Gasperi nella svolta federalistica che questi impresse alla politica estera del governo italiano all’inizio degli anni Cinquanta.
Dal giugno del 1951 al luglio del 1953, nel settimo gabinetto De Gasperi, B. fu sottosegretario di Stato al Commercio con l’estero. Alla nascita dell’Europa comunitaria, divenne membro dell’Assemblea comune della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), facendosi interprete in quell’aula degli annosi problemi italiani relativi all’eccedenza di mano d’opera. Fu favorevole alla creazione di Autorità specializzate a patto che fosse ben chiaro l’obiettivo finale: la federazione. Egli riteneva che il Piano Schuman fosse di interesse per l’Italia «sul piano politico», in quanto significava la pace tra gli Stati del continente e il primo passo verso l’unità politica dell’Europa.
Sostenne attivamente la Comunità europea di difesa (CED), vivendo da protagonista il primo tentativo di creare, a partire dall’esercito europeo, uno Stato federale europeo. Nel marzo del 1952 entrò a far parte del Comitato di studi per la Costituzione europea (CECE), creato da Paul Henri Charles Spaak (che ne sarà il presidente) e Spinelli. In settembre, avviati i lavori dell’Assemblea ad hoc – l’Assemblea allargata della CECA cui era stato affidato un compito costituente – B. fu eletto vicepresidente della Commissione costituzionale dell’Assemblea (presidente era Heinrich von Brentano) cui era affidato il compito di preparare un progetto di Statuto della Comunità politica europea da sottoporre all’Assemblea plenaria. Fece parte, in quel frangente, anche del “Groupe de travail”, un gruppo ristretto che preparò l’attività della Commissione, ma soprattutto venne designato relatore di una delle più importanti sottocommissioni, quella delle Attribuzioni, alla quale portò il prezioso contributo degli studi fatti nel CECE.
Dal 1953 al 1955, nei governi De Gasperi, Giuseppe Pella, Amintore Fanfani, Mario Scelba, B. fu sottosegretario agli Affari esteri. L’affossamento della CED a opera dell’Assemblea nazionale francese, il 30 agosto 1954, e l’archiviazione del progetto di Comunità politica, in cui tanto aveva creduto, lo delusero profondamente. Accettò tuttavia di esercitare le funzioni di vicepresidente dell’Assemblea dell’Unione europea occidentale (UEO), l’organismo nato sulle ceneri della CED.
Collaborò attivamente al rilancio dell’Europa comunitaria, venendo chiamato a dirigere la delegazione italiana alla Conferenza intergovernativa (v. Conferenze intergovernative) di Bruxelles per il Mercato comune (v. Comunità economica europea) e la Comunità europea dell’energia atomica (Euratom), convocata in base alle decisioni della Conferenza di Messina del 1955.
Dopo l’elezione di Giovanni Gronchi alla presidenza della Repubblica e i cambiamenti interni alla DC che essa contribuì a evidenziare, mentre la crisi del quadripartito si faceva sempre più profonda e si profilava sempre più insistentemente, soprattutto dopo l’avvio della politica di distensione, la possibilità di schieramenti alternativi, Lodovico B., entrato ormai in contrasto con i nuovi orientamenti di governo, lasciò la politica italiana. Fu eletto nel 1957 segretario generale del Consiglio d’Europa. Nel 1963 motivi di salute e circostanze familiari lo indussero a rimettere il proprio mandato e dal 1964 si ritirò nell’amata Ombriano, mantenendo la sola carica di direttore dell’Istituto per gli Studi europei presso l’Università Pro Deo.
«Cavaliere dell’ideale», lo definì Lodovico Montini. Ma forse, la definizione che più si attaglia e che maggiormente fa onore a B. è quella con cui volle ricordarlo Pierre Pflimlin: «costruttore dell’Europa comunitaria».
Daniela Preda (2010)