Blair, Tony
B. (Edimburgo 1953) è stato primo ministro britannico dal 2 maggio 1997 al 27 giugno 2007. Talvolta si sostiene che la maggior parte delle carriere politiche in qualsiasi paese finisca con un fallimento. È forse troppo presto per giungere a una qualsiasi conclusione definitiva su B. e sul suo decennio come primo ministro. Il percorso della sua carriera e in particolare le sue posizioni riguardo all’integrazione europea sembrerebbero corrispondere al succitato stereotipo.
Prima di diventare primo ministro nel maggio del 1997, il coinvolgimento di B. nelle questioni europee era stato minimo. Fu il primo premier a essere nato dopo la fine della Seconda guerra mondiale e il primo a considerare la Comunità economica europea una “realtà di fatto”. Nei primi anni Ottanta, quando il Partito laburista assunse una posizione di aperta ostilità riguardo all’adesione britannica alla Comunità europea, B. si tenne alla larga da tale controversia verso cui sembrò mostrare per lo più indifferenza, posizione che mantenne nei suoi primi anni da deputato a partire dal 1983. Il suo atteggiamento si era probabilmente modificato già prima della quarta sconfitta consecutiva dei laburisti alle elezioni politiche del 1992. Prima di diventare leader del partito dopo l’improvvisa morte di John Smith, B. dichiarò che non aveva alcun dubbio sul fatto che «il futuro della Gran Bretagna [fosse] in Europa». Da leader si circondò ben presto di consiglieri che erano anch’stessi fortemente europeisti; nella corsa alle elezioni politiche del 1997, fu soprattutto il governo conservatore a dividersi su tale questione. Il manifesto con cui i laburisti concorsero alle elezioni fu il più europeista nella storia del partito. Il coinvolgimento in Europa avrebbe effettivamente fatto parte della “vita di tutti i giorni” e il governo inglese di conseguenza avrebbe cercato di avere un ruolo di “protagonista” nel decision-making dell’UE. In particolare, la Gran Bretagna (v. Regno Unito) avrebbe sottoscritto il Capitolo sociale del Trattato di Maastricht. B. sembrò anche sostenere l’adesione all’Euro che tuttavia sarebbe diventata effettiva soltanto dopo essere stata approvata con un referendum.
Nel 1997, in seguito alla schiacciante vittoria elettorale dei laburisti, il nuovo governo corrispose alle aspettative e immediatamente aderì al Capitolo sociale, svolgendo un ruolo importante e costruttivo nei negoziati che portarono al Trattato di Amsterdam. Sul piano personale, B. stesso ebbe un impatto notevole, in quanto entrambi i concetti di new labour e di middle way sembrarono suggerire una nuova direzione per i partiti europei di centrosinistra (v. Partiti politici europei). Sia nello stile che nei contenuti, B. determinò un fondamentale riorientamento della posizione britannica riguardo all’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). La Gran Bretagna era ormai uno dei “protagonisti” e l’aspirazione di B. era di far leva su questo.
Considerando il suo primo mandato, dal 1997 al 2001, e il suo decennio complessivo di governo, B. raggiunse il culmine del suo coinvolgimento nelle questioni europee e del suo prestigio come statista europeo verso la fine della presidenza britannica, nel secondo semestre del 1998. Nel dicembre dello stesso anno, un vertice con il presidente Chirac (v. Chirac, Jacques) produsse la dichiarazione anglo-francese di Saint Malo. Fin troppo spesso Gran Bretagna e Francia erano state rivali nella CE e nell’UE (v. Unione europea) e in quella occasione forse per la prima volta i due paesi stavano avviando una nuova e importante iniziativa volta a promuovere l’approfondimento dell’integrazione nei settori chiave della difesa e della sicurezza. Tale dichiarazione esprimeva la necessità che l’UE esercitasse un ruolo autonomo nella scena internazionale e fu completata dall’affermazione netta che tale capacità di azione indipendente richiedeva «forze militari credibili, i mezzi per decidere di utilizzarle e la disponibilità a farlo al fine di rispondere alle crisi internazionali». Fu quasi certamente B. in realtà a proporre di aggiungere la necessità di «agire in accordo con la NATO» (v. Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico), cosa che indicava il suo doppio impegno verso l’Europa e verso l’Alleanza Atlantica. Aver ottenuto il consenso francese su tale espressione lascia intendere quale fosse la forza persuasiva di B.
La dichiarazione di Saint Malo, inconcepibile durante i lunghi anni di governo conservatore in Gran Bretagna, rimarrà il notevole contributo di B. all’integrazione europea. Il concetto di “forza di reazione rapida” fu un fattore significativo e positivo per lo sviluppo della Politica estera e di sicurezza comune dell’UE, ma vi era anche un aspetto negativo: le preoccupazioni americane riguardo alle implicazioni per la NATO e i sospetti francesi sulla sincerità britannica. Ciò nonostante, subito dopo il vertice di Saint Malo, il prestigio europeo di B. raggiunse l’apice. Egli era riuscito come nessun altro primo ministro a porre la Gran Bretagna al centro del policy-making dell’UE in direzione dello sviluppo dell’integrazione.
Governo e politica sono in balia degli eventi: il successivo orientamento della politica britannica fu influenzato, quasi quanto quello degli USA, dagli eventi dell’11 settembre. Nella sua reazione iniziale a tali eventi e nella condanna dei responsabili, B. non si discostò da altri leader europei. La divergenza si manifestò negli sviluppi successivi, in una certa misura riguardo all’Afghanistan, ma in modo ancor più significativo in relazione all’Iraq. Nonostante il sostegno da parte dei governi di centrodestra dell’Italia e della Spagna e di alcuni paesi dell’Europa orientale, la maggior parte dell’opinione pubblica nell’UE era contraria all’invasione guidata dagli americani. B., che in apparenza si confrontò con il tradizionale dilemma britannico su chi anteporre, l’Europa o l’Atlantico, aveva già compiuto la sua scelta. Pur tentando di negare che una propensione escludesse necessariamente l’altra, B., come tantissimi suoi predecessori, aveva scelto l’Atlantico e gli USA. Se l’invasione avesse avuto un successo militare immediato e avesse portato stabilità in Iraq con la conseguente fine dell’occupazione, B. avrebbe avuto l’occasione di riparare a quello che a breve si sarebbe rivelato un danno per la sua reputazione di statista europeo. Invece, B. non riuscì mai a recuperare del tutto il suo prestigio e la sua capacità di determinare gli eventi all’interno dell’UE.
In questo contesto, altre due questioni hanno rivestito una particolare importanza. Se B. fosse stato capace di cogliere il momento e indire un referendum sull’adesione all’euro nei primi mesi di premierato, il risultato probabilmente sarebbe stato una vittoria dei “sì”. L’opinione pubblica per la stragrande maggioranza sostenne il nuovo governo nel suo approccio generale e nelle sue principali strategie politiche, economiche e sociali. Nell’ambiente industriale e commerciale ci fu un sostegno molto forte all’adesione. Tuttavia, vi fu anche una notevole opposizione da parte del ministero del Tesoro, preoccupato che i cicli economici della Gran Bretagna e dell’Europa non fossero allineati. La maggiore priorità del governo laburista era di promuovere la prosperità economica e soprattutto di porre fine all’alternanza di stop-go che aveva caratterizzato la prestazione economica britannica nel corso degli ultimi cinquant’anni. B. dovette tener conto della effettiva paura, espressa in particolare dal suo cancelliere dello Scacchiere Gordon Brown, che l’ingresso prematuro nell’euro avrebbe compromesso gli obiettivi economici dei laburisti. L’occasione, se mai se ne presentò una, era persa. In seguito, non si presentò più il momento giusto per un possibile ingresso, l’opposizione aumentò e le opportunità di un referendum vincente diminuirono.
L’altra questione che minò l’europeismo di B. fu il progetto di Costituzione europea. A posteriori, si può affermare che B. e il governo britannico in generale realizzarono troppo tardi i potenziali pericoli insiti nell’avvio dei meccanismi della Convenzione europea e nelle relative conseguenze. La Gran Bretagna è quasi l’unico paese a non avere una costituzione scritta. Fu fin troppo facile opporsi all’idea che il paese dovesse essere vincolato in futuro a una costituzione europea scritta. Il processo di decision-making europeo a cui partecipò la Gran Bretagna, produsse un enorme trattato che “travolse” nel vero senso del termine il suo stesso fondamento costituzionale. Il governo stesso si ritrovò progressivamente sotto attacco da parte dei media ostili e B. non poté far altro che acconsentire a un referendum prima della ratifica britannica. I referendum francesi e olandesi offrirono alla Gran Bretagna la possibilità di temporeggiare; gli esiti negativi garantirono che il trattato costituzionale non sarebbe stato attuato. In alcuni ambienti, B. fu ritenuto personalmente responsabile di questo risultato poiché il suo impegno di indire un referendum in Gran Bretagna fece sì che i governi francese e olandese dovessero fare altrettanto. Non esistono prove fondate a sostegno di questa affermazione e occorre ricordare che diversi Stati membri indissero dei referendum ai tempi di Maastricht: in Francia si era ottenuto un risultato molto simile.
Sulla scia della mancata ratifica del trattato costituzionale, il prestigio di B. come statista europeo raggiunse il punto più basso. La Gran Bretagna aveva scelto di appoggiare gli Stati Uniti in una delle questioni più importanti e controverse della scena internazionale, in un momento in cui la maggior parte degli Stati membri dell’UE così come l’opinione pubblica europea avevano assunto una posizione differente; egli non era riuscito a realizzare l’ingresso nell’euro e fu ritenuto in gran parte responsabile per la mancata attuazione della Costituzione. Il suo ultimo atto in Europa, ovvero assicurare al Consiglio europeo del giugno 2007 il consenso sulle varie misure per codificare e aggiornare il decision-making in modo da rispondere all’aumento dei paesi membri, non servì a fargli recuperare prestigio e reputazione.
Dieci anni in carica sono un periodo lungo per un primo ministro britannico. Non è facile fare un bilancio equo e preciso dei successi e dei fallimenti. Per quanto concerne l’Europa, B. ha riportato alla normalità il coinvolgimento britannico. Ha messo fine alla reputazione della Gran Bretagna di “europeo riluttante”. In tal senso e malgrado i successivi problemi politici, è tuttora probabile che il suo mandato abbia segnato una svolta nelle relazioni della Gran Bretagna con l’Unione europea e nel suo coinvolgimento nella stessa.
Stanley Henig (2007)