Blankenhorn, Herbert
B. (Mühlhausen 1904-Badenweiler 1991) è considerato uno dei più autorevoli e influenti diplomatici tedeschi del secondo dopoguerra. Iniziò la sua carriera al ministero degli Esteri nel 1929, all’età di 25 anni. Nel corso degli anni Trenta prestò servizio presso le sedi di Washington e di Ginevra, prima di rientrare a Berlino, dove rimase fino alla fine della Seconda guerra mondiale. Nei confronti del regime nazista B. assunse un atteggiamento che può essere riassunto in termini di «resistenza interiore e conformità esteriore» (v. Ramscheid, 2006, p. 47). Nel 1938 B. aderì alla Nationalsozialistische deutsche Arbeiterpartei (NSDAP), pur senza esserne un convinto sostenitore; d’altra parte, sul finire della guerra entrò in contatto con i cospiratori del 20 luglio, prima di venire arrestato dalle forze di occupazione americane. Nei primissimi anni del secondo dopoguerra, B. ricoprì incarichi politici di grande rilievo: nel 1946 fu eletto segretario generale della Christlich demokratische Union Deutschlands (CDU) nella zona di occupazione britannica e nel 1948 venne nominato referente personale di Konrad Adenauer, allora Presidente del Consiglio. In questi anni B. si guadagnò la fiducia del primo cancelliere della Repubblica federale (v. Germania), divenendo ben presto uno dei consiglieri più ascoltati sulle questioni di politica internazionale. Dopo aver contribuito alla riorganizzazione della cancelleria, nel 1951 gli fu affidata la direzione del servizio politico del ministero degli Esteri e, con questa, il compito di ristrutturare il neocostituito ministero. Nei primi anni Cinquanta B. svolse anche la funzione di emissario personale di Adenauer all’estero e, come tale, venne più volte inviato a Washington, Parigi e Londra per promuovere la politica di avvicinamento all’Occidente. Tale politica culminò nell’ottobre 1954 con la firma dei Trattati di Parigi, in virtù dei quali la Repubblica federale rientrò in possesso della sua sovranità e fu ammessa, attraverso l’istituzione dell’Unione europea occidentale (UEO) (v. Unione dell’Europa occidentale), all’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (North Atlantic treaty organization, NATO). Il primo rappresentante permanente della Repubblica federale presso la NATO sarebbe stato proprio B. Prima di trasferirsi a Bruxelles, B. ebbe, però, ancora il tempo di partecipare alla prima visita ufficiale del cancelliere Adenauer a Mosca nel settembre 1955, che portò al rilascio dei prigionieri tedeschi di guerra.
L’osservatorio NATO a Bruxelles si rivelò ben presto uno dei più importanti. Così nell’ottobre 1958 toccò a B. informare il cancelliere del famoso memorandum che Charles de Gaulle aveva inviato, all’insaputa del governo tedesco, al presidente degli Stati Uniti Eisenhower (v. Eisenhower, Dwight David) e al premier britannico Macmillan (v. Macmillan, Harold Maurice) solo tre giorni dopo lo storico incontro di Colombey-Les-Deux-Eglises. In questi anni, l’ambasciata a Parigi assunse per la diplomazia tedesca una funzione strategica fondamentale. In particolare, il cancelliere Adenauer temeva da un lato che i propositi revisionisti del Generale potessero irritare gli Stati Uniti al punto di far loro riconsiderare gli impegni in Europa, dall’altro lato che una mancata soddisfazione delle ambizioni francesi potesse spingere la Francia ad abbandonare gli schemi atlantici ed europei. Una lettera di Karl Carstens del novembre 1958 inviata a B., nominato nel frattempo ambasciatore a Parigi, ben riassume l’importanza di questa sua nuova missione diplomatica: «l’ambasciata a Parigi rappresenta la postazione più importante per il ministero degli Esteri. Da una parte le relazioni franco–tedesche sono di importanza vitale per entrambi i paesi, dall’altra esse offrono un’opportunità unica di reciproco condizionamento […] De Gaulle avrà un ruolo decisivo nei prossimi anni in Francia. Con grande acume ha capito su quali premesse si fonda la politica di unificazione dell’Europa occidentale promossa dal governo tedesco – la volontà di contrastare la minaccia che viene da Est e il desiderio di rafforzare il peso dell’Europa sulla scena internazionale. Tuttavia, da questa realtà non sembra trarre le giuste conseguenze […]. Occorre convincere il generale che la creazione di un’unione europea, con solide istituzioni, è l’unica alternativa che ci resta al cospetto di questa situazione internazionale» (v. Marcowitz, 1996, p. 35 e ss.).
Il compito assegnato a B. si rivelò particolarmente difficile, anche in virtù delle crescenti divisioni interne al governo tedesco e al partito della maggioranza. B. assunse una posizione intermedia, per molti aspetti più simile a quella del ministro degli Esteri Gerhard Schröder che a quella del cancelliere. Pur essendo un uomo di Adenauer, B. non rinunciò, infatti, a prendere le distanze da una politica che egli giudicò eccessivamente condiscendente nei confronti delle pretese golliste e soprattutto potenzialmente pericolosa nel contesto delle relazioni transatlantiche. B. sostenne la politica di riconciliazione con la Francia, ma fu fortemente contrario alla prospettiva di una partnership franco-tedesca dal carattere esclusivo che il Trattato dell’Eliseo, soprattutto dopo il veto di de Gaulle all’ingresso della Gran Bretagna (v. Regno Unito), sembrava destinato a incarnare.
Terminata la sua missione diplomatica in Francia nel 1963, a B. furono assegnate altre due ambasciate di grande prestigio: quella di Roma dal 1963 al 1965 e quella di Londra dal 1965 al 1970. In questi ultimi cinque anni B. fu per i britannici un importante interlocutore, soprattutto per quel che concerneva il loro desiderio di riavvicinarsi alla Comunità economica europea dopo l’uscita di scena di de Gaulle. Il suo compito fu, d’altra parte, favorito dalla sostanziale continuità espressa nella politica britannica dai tre cancellieri che si sarebbero succeduti dal 1965 al 1969, Erhard (v. Erhard, Ludwig Wilhelm), Kiesinger (v. Kiesinger, Kurt Georg) e Brandt (v. Brandt, Willy) (v. Macintyre, 2007). L’ultimo incarico della sua lunga carriera diplomatica vide B. impegnato dal 1970 al 1976 come membro del Consiglio esecutivo dell’United Nations educational, scientific and cultural organization (UNESCO).
Gabriele D’Ottavio (2010)