Bourlanges, Jean-Louis
B. (Neuilly 1946) ha una duplice formazione: quella letteraria (con l’ammissione al concorso per l’agrégation in lettere moderne) e quella classica dei futuri membri dell’alta amministrazione pubblica (Institut d’études politiques di Parigi, École nationale d’administration, di cui è allievo dal 1976 al 1979). Uditore, poi consigliere referendario (1983) alla Corte dei conti, continua tuttavia a dare la priorità a quello che è sempre stato al centro delle sue preoccupazioni, ossia la riflessione, la scrittura e l’azione nell’ambito politico. In modo per certi versi inatteso, la sua elezione al Parlamento europeo nel 1989 e la partecipazione ai lavori dell’assemblea gli permettono di realizzare queste ambizioni.
Dal gollismo leggermente orientato a sinistra al centrismo puro e duro dell’UDF (Union pour la démocratie française) di François Bayrou, il percorso di B. appare atipico. I suoi primi passi politici, sorprendentemente precoci, risalgono agli anni 1966-1967 e all’Union des jeunes pour le progrès (UJP, movimento dei giovani gollisti), dove è ammesso rapidamente alla dirigenza e diviene per qualche mese il presidente ad interim, nell’estate 1967. Aderisce al Club Nouvelle Frontière, creato nell’inverno 1967-1968 per iniziativa di Jean Charbonnel, che era stato segretario di Stato agli Esteri e alla Cooperazione, e presieduto da Paul-Marie de La Gorce. In quest’occasione stringe amicizia, sul piano sia politico che personale, con Charbonnel, che lo chiama al suo fianco come segretario generale quando assume la direzione di Nouvelle frontière nel 1972. Dopo la sconfitta di Jacques Chaban-Delmas alle elezioni presidenziali del 1974 e un periodo di esitazioni, B. entra nelle fila del RPR (Rassemblement pour la République), è eletto nel comitato centrale del nuovo Rassemblement (1984) e cerca di fare carriera, con modesti successi, nel suo dipartimento di Seine-Maritime: fa parte del consiglio municipale di Dieppe (1983-1989) e del consiglio regionale di Haute-Normandie (1986-1998). Deluso da Jacques Chirac, si avvicina agli ambienti legati a Barre; nell’autunno 1988 pubblica un saggio estremamente critico nei confronti del primo ministro nel periodo della prima coabitazione (1986-1988), Droite, Année Zéro, e partecipa all’avventura dei cosiddetti “rinnovatori”. Finalmente nel 1989 si candida – pare grazie all’intervento di amici barristi – alle elezioni europee nella lista di centro di Simone Veil (Centre pour l’Europe). B. si unisce quindi all’UDF tramite la componente degli “aderenti diretti” (dove occupa funzioni di vice delegato generale incaricato delle relazioni internazionali) e resta fedele a questa organizzazione al momento della creazione dell’UMP (Union pour un Mouvement populaire) e della decisione, presa da François Bayrou, di continuare a far vivere una forza centrista indipendente dall’UMP. Vicepresidente dell’UDF, B. sostiene Bayrou nella campagna per le elezioni presidenziali del 2007, non senza avanzare qualche riserva sulla strategia adottata dal candidato.
Il saggio Droite, Année Zéro, che ha fondato la reputazione di scrittore politico di B., aveva passato completamente sotto silenzio le questioni europee. Quindi è molto difficile capire se tali questioni abbiano svolto o meno un ruolo nell’evoluzione che è stata delineata finora. L’importante è che, una volta presa la decisione del 1989, il nuovo eletto europeo si assumerà pienamente le sue responsabilità, perorando con entusiasmo la causa della costruzione europea e dedicando un’attività considerevole al suo servizio. Nel quadro dei lavori dell’Assemblea di Strasburgo, B. è un parlamentare modello: redige rapporti, presiede commissioni (l’influente commissione per il controllo del bilancio nel 1993-1994, la commissione delle libertà pubbliche, della giustizia e degli affari interni nel 2004-2005), fa parte di diverse “delegazioni” del Parlamento (la delegazione per le relazioni con gli Stati Uniti, la delegazione per le relazioni con gli Stati del Golfo). Questa intensa attività consente a B. di essere rieletto senza difficoltà nel 1994, 1999 e 2004 (come capolista, di orientamento centrista, nel quadro di una grande circoscrizione interregionale creata in virtù delle nuove modalità di elezione dei deputati europei, circostanza che avrà come conseguenza l’abbandono del gruppo del Partito popolare europeo – PPE, da parte di B., per il gruppo dell’Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa). Questo impegno gli procura anche la presidenza della sezione francese del Movimento europeo, un’organizzazione che aveva dato qualche segno di debolezza al momento della campagna referendaria del 1992. B. svolge queste funzioni dal 1995 al 1998. Attualmente è membro del consiglio d’amministrazione del think tank Notre Europe.
L’assiduità, il lavoro sui dossier e la presenza in numerosi posti di responsabilità rendono rapidamente B. uno dei parlamentari francesi più ascoltati, se non il più influente dell’Assemblea di Strasburgo. Raro privilegio che B. condivide con un manipolo di colleghi altrettanto impegnati sul fronte europeo, tra cui Olivier Duhamel per i socialisti, Nicole Fontaine e Alain Lamassoure nel centrodestra. La peculiarità di B. consiste nell’acutezza della sua riflessione sui problemi di fondo e nella libertà di tono piuttosto inconsueta in quella che viene chiamata la “società degli Europei”. Al contrario di molti dei suoi amici politici, B. è solito considerare con sguardo critico le insufficienze, perfino i difetti costituitivi, dell’impresa europea, con un’inclinazione a formulare moniti e raccomandazioni. Un’eccellente testimonianza di questo approccio è il discorso pronunciato nell’autunno 1996 in occasione di un convegno franco-tedesco organizzato da Joseph Rovan: il testo del discorso è pubblicato in un numero speciale della rivista “Documents” con il titolo La question institutionnelle commande l’avenir de l’Union européenne. Per lo storico, è forte la tentazione di individuare in questo scritto una sorta di eco delle sue vecchie convinzioni golliste in materia di politica internazionale.
Nel corso degli anni, B. diventa uno degli specialisti più accreditati degli affari europei. Oltre a questa crescente reputazione, la facilità di scrittura, il dono del dibattito e notevoli entrature nel mondo della stampa, gli permettono di esprimersi con regolarità, attraverso le “libere tribune” nei giornali e la partecipazione a dibattuti organizzati alla radio. Parallelamente, il deputato del Parlamento europeo diserta gradualmente la scena elettorale francese, abbandonando i suoi mandati locali e rinunciando al progetto (ufficialmente per ragioni di salute), un tempo accarezzato, di conquistare la poltrona di sindaco di Rouen. Così facendo, affronta il rischio di essere confinato nel ruolo di esperto, di apparire talvolta più come un commentatore che come un attore nel senso pieno del termine, giocando la carta dell’influenza piuttosto che quella del potere effettivo. Ma si deve riconoscere che questo tipo di atteggiamento è stato spesso, con molteplici varianti, quello di molti campioni di grande esperienza della causa europea. Forse in questo va cercata una delle ragioni della difficoltà del partito detto “europeo” di coinvolgere l’opinione pubblica quando si profilano all’orizzonte il dubbio e il disincanto.
Gilles Le Béguec (2007)