Capotorti, Francesco
C. (Napoli 1925-ivi 2002) conseguì a Napoli nel 1945 la laurea in Giurisprudenza. Nominato assistente presso la cattedra di Diritto internazionale, seguì l’abituale cursus honoris della carriera universitaria ottenendo la titolarità della cattedra di Istituzioni di diritto pubblico nel 1954. Docente presso le università di Cagliari, di Bari e successivamente di Napoli, si trasferì finalmente a Roma nel 1974 come professore di Diritto internazionale privato rimanendo in ruolo sino al 1994. La versatilità della sua formazione è testimoniata anche dai suoi impegni didattici, che oltre alle discipline del diritto internazionale hanno spaziato sui versanti del diritto pubblico, costituzionale, della storia dei trattati e della politica internazionale, della dottrina dello Stato.
L’attenzione verso uno spettro non unilaterale di problematiche giuridiche si rifletteva sulla sua produzione scientifica. Se i primi lavori, condensati nel volume L’occupazione nel diritto di guerra (1949), erano rivolti allo studio del diritto bellico, l’interesse si spostava subito dopo sul diritto statale e comunitario, al quale C. avrebbe rivolto col passare del tempo la maggior parte del suo impegno non accademico. Dopo aver licenziato un volume su La nazionalità delle società (1953), egli si dedicava a circoscrivere il campo d’azione del diritto internazionale privato (Premesse e funzioni del diritto internazionale privato, del 1961), per poi approfondire singoli aspetti ed organismi del diritto internazionale (si consideri per esempio Le prospettive d’azione delle Nazioni Unite in materia di libertà di informazione, del 1964). Ma l’impegno scientifico si intersecava sin dai primi anni cinquanta con la contingenza politica, che sollecitava gli studiosi del diritto internazionale a rivolgere l’attenzione ai problemi della nascente comunità europea (v. Comunità europea del carbone e dell’acciaio). C. fu tra i primi a inoltrarsi nel terreno del diritto comunitario, con una serie di studi descrittivi su istituzioni e fonti giuridiche, ma anche analitici in merito a problematiche specifiche, dalla concorrenza al diritto delle società.
La pur ragguardevole produzione giuspubblicistica era tuttavia posta in ombra dal ruolo di consulente ricoperto da C. per conto del governo italiano presso i principali organismi internazionali, che ne fecero uno dei più attivi protagonisti dell’integrazione comunitaria (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). Fu tra il 1960 e il 1973 il rappresentante italiano all’Assemblea generale delle Nazioni Unite e successivamente membro del Comitato speciale delle Nazioni Unite per la questione della definizione dell’aggressione e componente della sottocommissione delle Nazioni Unite per la lotta contro le misure discriminatorie e la protezione delle minoranze. Ma soprattutto ricoprì dal febbraio 1976 la funzione di giudice presso la Corte di giustizia delle Comunità europee (v. Corte di giustizia dell’Unione europea) e dall’ottobre dello stesso anno, e sino al 1982, di avvocato generale presso la medesima Corte.
Apprezzato per l’equilibrio dei suoi giudizi e la competenza dell’impostazione dottrinaria, in Lussemburgo C. avuto ebbe modo di lavorare a stretto contatto con gli artefici del progetto di integrazione europea, in particolare con il presidente della Commissione istituzionale Altiero Spinelli, del quale divenne uno dei più assidui collaboratori. Nel 1983 curò, insieme ai giuristi Meinhard Hilf, Francis Jacobs e Jean-Paul Jacqué, la stesura definitiva del progetto di trattato di Unione europea portato all’approvazione del Parlamento europeo dallo stesso Spinelli. In quella circostanza, che rappresentò un passaggio fondamentale nella costruzione dell’edificio politico-costituzionale dell’Unione europea, il suo contributo fu apprezzato come decisivo da Spinelli, che ne auspicò la candidatura per le successive elezioni al parlamento europeo (v. anche Elezioni dirette del Parlamento europeo) in qualità di indipendente per la lista del partito comunista. C., da sempre vicino al partito socialista, preferì proprio in quel momento allontanarsi dalla ribalta politica, tornando a occupare la postazione a lui più consona e defilata dello studioso.
Paolo Varvaro (2010)