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Carandini, Nicolò

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C. (Como 1895-Roma 1972), proveniente da una nobile famiglia modenese trasferitasi in Piemonte nell’Ottocento, dopo la laurea in giurisprudenza prende parte alla Prima guerra mondiale come ufficiale degli alpini. Trasferitosi a Roma nel 1962, si occupa della bonifica del latifondo di Torre in Pietra, nell’Agro romano, che trasforma in un’azienda agricola all’avanguardia sia come livello e diversificazione produttivi che come organizzazione del lavoro. Le tendenze liberali sue e della famiglia lo avvicinano all’antifascismo e lo scoppio della Seconda guerra mondiale e il progressivo deteriorarsi della presa sociale del fascismo lo spingono a un’azione politica più incisiva. Stringe contatti sempre più stretti con esponenti dell’antifascismo liberale tra cui Benedetto Croce, Francesco Ruffini e Luigi Einaudi. Nel 1942 è tra i fondatori del giornale clandestino “Ricostruzione”. Nel 1943 vedono la luce, in forma di opuscoli, le sue prime pubblicazioni clandestine: Primi Chiarimenti e Realtà.

Dopo il colpo di Stato del 25 luglio 1943, è tra i fondatori del nuovo Partito liberale italiano (PLI) e, dopo l’8 settembre, rappresenta il PLI nel Comitato di Liberazione nazionale romano. L’autorevolezza che acquista grazie alla sua partecipazione alla redazione di “Risorgimento liberale”, il nuovo organo di stampa del PLI, fa sì che Benedetto Croce gli chiede di succedergli nel posto di ministro senza portafoglio nel primo governo Bonomi, carica che C. tiene per pochi mesi, dal luglio al novembre 1944, quando accetta di andare a Londra come “rappresentante politico italiano” con il rango di ambasciatore, missione che si protrae sino al settembre 1947.

Stretto collaboratore di Alcide De Gasperi in tutte le fasi del Trattato di pace, C. svolge un ruolo di primo piano nella preparazione dell’accordo De Gasperi-Gruber (Parigi, 5 settemre1946) che risolve la spinosa questione dell’Alto Adige tra Italia e Austria.

C. non pensò mai alla politica come motivo di prestigio, ma come un “servizio”. La sua innata ritrosia a occupare posti di potere lo porta a rifiutare il prestigioso incarico di ministro degli Esteri offertogli da De Gasperi nel suo terzo gabinetto e a rinunciare al suo seggio all’Assemblea costituente per proseguire la missione a Londra, pregiudicando in tal modo il suo futuro politico nell’Italia repubblicana.

Dopo il congresso del PLI, nel dicembre 1947, che sancisce l’involuzione conservatrice della linea politica del partito, C. – che nel frattempo ne era diventato vicepresidente – fonda, insieme a Mario Ferrara e ai liberali di sinistra, il Movimento liberale indipendente (MLI), esigua formazione d’ispirazione terzaforzista, volta a garantire la sopravvivenza del liberalismo inquadrato in una forza politica progressista. Nel 1951 il MLI si ricongiungerà con il PLI, dopo l’affermazione di una linea centrista con la segreteria di Bruno Villabruna.

Il 1948 segna l’inizio di alcune esperienze politiche e professionali che contrassegnano tutta la sua vita. C. è nominato presidente dell’Alitalia, che sotto la sua presidenza diventa l’unica linea nazionale e acquista prestigio internazionale, e dell’Istituto di credito fondiario, cariche che mantiene fino al 1968. Il 1948 è, inoltre, l’anno che segna l’inizio del suo impegno europeista e federalista tra le file del Movimento federalista europeo (MFE).

Sin dai suoi primi opuscoli clandestini dell’agosto 1943 C. aveva mostrato di apprezzare il pensiero dei federalisti. Al fianco di Ernesto Rossi e Altiero Spinelli C. diventa ora uno dei maggiori protagonisti della lotta del MFE, di cui è anche uno dei maggiori finanziatori, e del Consiglio italiano del Movimento europeo (CIME), coinvolto con responsabilità di primo piano in tutte le iniziative che i federalisti conducono tra la fine degli anni Quaranta e la prima metà degli anni Cinquanta, per spingere i governi alla convocazione di un’Assemblea costituente europea.

Capo della delegazione italiana al Congresso dell’Aia nel maggio 1948 – congresso che porterà alla costituzione del Movimento europeo – membro del Comitato esecutivo del CIME, della direzione del MFE e dell’Unione europea dei federalisti (UEF), di cui è delegato nel Comitato di coordinamento del Movimento europeo internazionale, C. è anche uno dei quattro vicepresidenti del Conseil des peuples d’Europe, un organismo creato, all’indomani della sessione d’agosto del 1950 dell’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa, da alcuni rappresentanti dell’Assemblea di cui si presenta come l’espressione politicamente più significativa e il cui obiettivo è quello di elaborare un trattato internazionale per la convocazione di una Costituente europea. Tra i protagonisti del vertice franco-italiano di Santa Margherita Ligure del febbraio 1951, teso a discutere in particolare il Piano Pleven (v. Pleven, René), membro della delegazione italiana al secondo Congresso dell’Europa, tenuto all’Aia nell’ottobre 1953, C. sostiene l’azione dei federalisti anche attraverso numerose conferenze che tiene in diverse città italiane e scritti pubblicati su giornali e riviste. Un ruolo di primo piano riveste in questo senso il settimanale “Il Mondo” – di cui C. è tra i fondatori, nel 1949, e, dal 1956, anche comproprietario – che diviene la tribuna privilegiata da cui egli commenta i principali avvenimenti di politica interna e internazionale.

L’intesa tra C. e De Gasperi, nonostante le differenti appartenenze politiche, ha un ruolo importante nel contrassegnare la politica estera italiana del secondo dopoguerra. C. è tra i più stretti collaboratori di cultura federalista (insieme a Ivan Matteo Lombardo, Luigi Einaudi, Carlo Sforza, Enzo Giacchero, Lodovico Benvenuti) di De Gasperi, il cui europeismo si va precisandosi negli anni della Comunità europea di difesa (CED) anche grazie a questi contatti quotidiani e attraverso i legami che il Presidente del Consiglio stabilisce con Altiero Spinelli e il MFE, soprattutto per mezzo di Ernesto Rossi e C. Un impegno militante quello all’interno del MFE che C. abbandona dopo la caduta della CED e l’avvio del “nuovo corso” federalista – la linea politica voluta da Spinelli che determina la rottura tra i federalisti e il mondo politico italiano – anche se continuerà fino alla fine dei suoi giorni a sostenere la necessità di un’Europa politicamente unita.

Nel 1955 esce anche dal PLI – che ha preso una direzione diversa da quella auspicata da C. in seguito all’ascesa di Giovanni Malagodi alla guida del partito – per fondare, insieme all’ex segretario del PLI Bruno Villabruna, al gruppo che si raccoglie intorno a “Il Mondo”, e a esponenti dell’antifascismo democratico quali Leo Valiani ed Ernesto Rossi, il Partito radicale, estremo tentativo di dare vita a una forza politica che riesca a realizzare quel liberalismo moderno e riformatore che, da sempre, era stato il suo obiettivo. E quando, nel 1962 il Partito radicale si scinde, C. lascia definitivamente la scena politica. Gli ultimi anni della sua vita sono caratterizzati – oltre che dall’ininterrotta attività di agricoltore – dalla collaborazione a “Il Mondo”, fino al termine della direzione di Pannunzio, nel 1966, e dalla traduzione di una scelta delle Lettere a Lucillo di Seneca, pubblicate nel 1971.

Cinzia Rognoni Vercelli (2012)

Bibliografia

Carandini Albertini E., Passata la stagione. Diari 1944-1947, con prefazione di S. Romano, Passigli, Firenze 1989.

Carandini Albertini E., Dal terrazzo. Diario 1943-1944, il Mulino, Bologna 1997.

Carandini Albertini E., Le case, le cose, le carte. Diari 1948-1950, a cura di O. Longo, Poligrafo, Padova, 2007.

Carandini N., Il lungo ritorno: lettere della Grande guerra, a cura di O. Longo, E. Majnoni, Gaspari, Udine 2005.

Dotti Messori G., I Carandini: la storia e i documenti di una famiglia plurisecolare, Aedes Muratoriana, Modena 1997.

Riccardi L. (a cura di), Nicolò Carandini il liberale e la nuova Italia 1943-1953, con prefazione di G. Spadolini, Le Monnier, Firenze 1993.