Centro comune di ricerca
Caratteristiche e funzioni
Il Centro comune di ricerca (CCR) ha il compito di condurre le “azioni dirette” di ricerca scientifica e tecnologica finanziate dal bilancio dell’Unione europea (UE). Funzione essenziale del CCR è anche la fornitura di consulenza scientifica e tecnica a sostegno delle politiche dell’Unione (v. Politica della ricerca scientifica e tecnologica); la sua natura di servizio della Commissione europea ne garantisce l’indipendenza da interessi privati o nazionali. Il lavoro del CCR si suddivide tra le attività di ricerca istituzionali, a sostegno delle politiche dell’UE o in supporto diretto al lavoro di altre Direzioni generali della Commissione, e le attività svolte in relazione strategica con altre comunità scientifiche ed economiche: sempre al fine di fornire, nello spirito di “servizio al cliente”, valore aggiunto al lavoro di queste, e non di competere con istituzioni o industrie degli Stati membri dell’UE.
Dal punto di vista istituzionale il CCR svolge attualmente due programmi di ricerca, uno per conto della Comunità economica europea, in base alle disposizioni del Trattato di Maastricht, e uno per la Comunità europea dell’energia atomica (CEEA o Euratom). Tutto il lavoro del CCR si colloca nell’ambito dei Programmi quadro (Framework programmes – FP) quinquennali di ricerca e sviluppo dell’UE. Il Sesto programma quadro (FP6) andava dal 2002 al 2006.
I Programmi quadro pluriennali sono la base decisionale di tutte le attività di ricerca dell’Unione europea. Vengono approvati ogni 5 anni dal Consiglio dei ministri secondo la Procedura di codecisione con il Parlamento europeo, sentito il Comitato economico e sociale, e ne stabiliscono gli obbiettivi, le priorità e gli stanziamenti complessivi. Essi forniscono le indicazioni necessarie per l’elaborazione di “programmi specifici” nei diversi settori, decisi successivamente anch’essi dal Consiglio a maggioranza qualificata e dopo aver consultato il PE e il CES.
Il Sesto programma quadro ha la finalità essenziale di promuovere lo spazio europeo della ricerca e dell’innovazione (European research area, ERA). Esso è stato deciso dal Consiglio il 27 giugno 2002 (decisione 1513/2002/CE: “Gazzetta ufficiale delle Comunità europee” – L 232 del 29/8/2002) ed è dotato di stanziamenti complessivi per 16,27 miliardi di Euro, cui vanno aggiunti 1,23 miliardi del programma quadro dell’Euratom, deciso dal Consiglio il 3 giugno 2002 (decisione 2002/668/Euratom, GUCE L 232 del 29/8/2002).
La distinzione tra “azioni dirette” e “indirette” di ricerca è basata sul principio di sussidiarietà. Le azioni dirette, di carattere più fondamentale, richiedono investimenti importanti e ricercatori altamente specializzati; d’altra parte i risultati della ricerca non possono essere attesi in tempi brevi: è quindi conveniente concentrare i mezzi disponibili in uno sforzo comune a livello europeo. Le azioni indirette promuovono il coordinamento delle ricerche degli Stati membri, la ristrutturazione transnazionale dei progetti, la cooperazione nei settori dei servizi pubblici, delle telecomunicazioni, dei trasporti, ecc. Esse assorbono oltre l’80% delle risorse riservate dall’Unione alla ricerca e si svolgono, in base a regole stabilite all’interno di ogni programma, nelle università, negli istituti di ricerca e nei laboratori delle imprese, con la partecipazione di associati provenienti da almeno due Stati membri. In generale il contributo dell’UE copre il 50% dei costi delle ricerche indirette.
La struttura del CCR
Con decisione del 16 gennaio 1996 la Commissione europea ha fatto del CCR una Direzione generale autonoma, al fine di «conferirgli l’autonomia di gestione necessaria», con sede a Bruxelles. I suoi organi sono il direttore generale, il Consiglio d’amministrazione e il Comitato scientifico. Il Consiglio di amministrazione è composto da un rappresentante “ad alto livello” di ogni Stato membro e da un presidente eletto dai rappresentanti stessi; assiste il direttore generale, esprime pareri indirizzati alla Commissione e cura tra l’altro i rapporti del CCR con altri servizi della Commissione e con i terzi; attraverso la Commissione, può formulare pareri al Consiglio e al Parlamento europei.
A Bruxelles si trova anche la Direzione per le Relazioni istituzionali e scientifiche (Institutional and scientific relations, ISR). La Direzione per il Programma e la gestione delle risorse (Programme and resource management, PRM) è suddivisa tra Bruxelles e Ispra, in Italia. Il lavoro di ricerca si svolge essenzialmente in cinque siti, il principale dei quali è quello di Ispra. Gli altri sono Geel, in Belgio, Petten, in Olanda (v. Paesi Bassi), Karlsruhe, in Germania, e Siviglia, in Spagna. Nei cinque siti operano i seguenti sette Istituti specializzati: l’Istituto per la protezione e la sicurezza del cittadino (Institute for the protection and the security of the citizen, IPSC), Ispra; l’Istituto per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile (Institute for environment and sustainability, IES), Ispra; Istituto per la salute e la protezione del consumatore (Institute for health and consumer protection, IHCP), Ispra; l’Istituto dei materiali e misure di riferimento (Institute for reference materials and measurements, IRMM), Geel; Istituto dei transuranici (Institute for transuranium elements, ITU), Karlsruhe; l’Istituto per l’energia (Institute for energy, IE), Petten; l’Istituto di prospettiva tecnologica (Institute for prospective technological studies, IPTS), Siviglia.
Il coordinamento degli Istituti tra loro è assicurato dalla Direzione ISR, che serve anche da collegamento tra gli Istituti e i centri decisionali della Commissione, e promuove l’interazione con la comunità scientifica internazionale e l’industria, per favorire il trasferimento tecnologico dei risultati della ricerca e massimizzare il contributo del CCR agli obiettivi dello Spazio europeo della ricerca (ERA). Tale contributo è particolarmente rilevante nel campo del coordinamento dei sistemi comuni di misura e dello sviluppo di collegamenti in rete, addestramento e assistenza a sostegno del processo di allargamento dell’UE, nell’ambito del Sesto programma quadro (v. Allargamento).
Il personale del CCR conta circa 2000 elementi; il bilancio annuale è di oltre 300 milioni di euro provenienti dal bilancio per la ricerca della Commissione europea e da altre entrate (v. Bilancio dell’Unione europea). Altri 10,2 milioni di euro sono stati stanziati per un programma di riduzione ed eliminazione di passività nucleari derivanti da attività non direttamente collegate alla ricerca, svolte dal CCR dal tempo della sua istituzione. Il programma copre la definitiva chiusura di impianti già fuori uso e l’eliminazione dei residui prodotti da tali impianti.
Altri finanziamenti sono venuti dai contributi dei paesi associati dell’Europa centrale e orientale (i cosiddetti PECO), oltre che da Cipro e Malta e dai paesi della European free trade area) (v. Associazione europea di libero scambio, EFTA), la zona europea di libero scambio: nel 2002 tali contributi si sono elevati a 15,3 milioni di euro.
Il Sesto programma quadro (FP6) della Comunità europea
Il Sesto programma quadro (FP6) della Comunità europea suddivideva il lavoro in tre sezioni: “Concentrare e integrare la ricerca della Comunità”; “Strutturare lo Spazio europeo della ricerca” e “Rafforzare le basi dello Spazio europeo della ricerca”. La prima sezione rappresentava la parte più consistente delle azioni e degli stanziamenti.
Per il periodo 2002-2006, con il titolo generale “Integrare e rafforzare lo spazio europeo della ricerca” era previsto un “programma specifico” che concentrava la maggior parte delle risorse. Tale programma specifico stabiliva per la ricerca sette temi prioritari: scienze della vita, genomica e biotecnologia; tecnologie per la società dell’informazione; nanoscienze e nanotecnologie, materiali multifunzionali, nuovi procedimenti e mezzi di produzione; aeronautica e spazio; qualità e sicurezza alimentare; sviluppo sostenibile, cambiamenti globali ed ecosistemi; cittadini e governance nella società basata sulla conoscenza.
Erano previste inoltre «ulteriori misure specifiche in un ambito di ricerca scientifica e tecnologica più ampio».
Per il CCR, le attività previste dall’FP6 si articolavano su sei temi principali, che comprendevano sia le attività nucleari che quelle non nucleari: sicurezza alimentare, con la creazione di un nuovo polo per la metrologia e la scienza dell’alimentazione, al fine di garantire la qualità nella catena alimentare; biotecnologia, con particolare attenzione al rilevamento, alle misurazioni e ai problemi della sicurezza degli organismi geneticamente modificati (OGM); prodotti chimici, specialmente attraverso il Centro europeo per la convalida di metodi alternativi e l’Ufficio chimico europeo (European chemical bureau, ECB); sanità, con particolare attenzione per la sicurezza, la qualità e l’affidabilità delle apparecchiature mediche e dei sistemi biologici (v. anche Politica della salute pubblica); ambiente, compresi i cambiamenti climatici, la sostenibilità ambientale e la biodiversità (v. anche Politica ambientale); nucleare, settore che comprende la sicurezza degli impianti nucleari, i residui nucleari, le salvaguardie nucleari e le tecniche di controllo della non proliferazione delle armi nucleari (v. anche Politica dell’energia; Comunità europea dell’energia atomica).
Il Consiglio dei ministri della Ricerca, accogliendo la proposta del Parlamento europeo, approvava quindi per il CCR, nel dicembre 2001, un bilancio preventivo di 1050 milioni di euro, suddivisi in 760 milioni per le attività non nucleari e 290 milioni per le attività nucleari, che facevano parte naturalmente del Sesto programma quadro Euratom. Si trattava di due “programmi specifici”, ambedue da attuarsi mediante azioni dirette del CCR e approvati il 30 settembre 2002, il primo dal Consiglio della Comunità europea (CE) e il secondo da quello Euratom. Per quanto riguarda il primo, da attuarsi dal 30 settembre 2002 al 31 dicembre 2006, le azioni dirette previste per il CCR si collocavano all’interno della prima sezione del Programma quadro (“Concentrare e integrare la ricerca della Comunità”), anche se, avvertiva la Decisione del Consiglio, avrebbero dovuto anche «contribuire in parte agli obbiettivi degli altri due blocchi». La spesa per tale programma (per un totale di 760 milioni di euro) era ripartita tra le seguenti voci: prodotti alimentari, prodotti chimici e salute (212 milioni di euro); per ambiente e sostenibilità (286 milioni di euro); attività orizzontali: prospettive tecnologiche; materiali e misure di riferimento; sicurezza pubblica e misure antifrode; formazione e accesso alle infrastrutture (262 milioni di euro).
Successivamente, il 20 marzo 2003, la Commissione approvava per il CCR il Programma di lavoro pluriennale 2003-2006, centrato su quattro temi principali: alimenti, prodotti chimici e salute; ambiente e sviluppo sostenibile; sicurezza e protezione nucleare; attività orizzontali nei settori di competenza specifica del CCR: previsioni e valutazioni sull’evoluzione tecnologica, misure e materiali di riferimento, sicurezza pubblica e lotta alle frodi.
Per quanto riguarda le altre due sezioni dell’FP6, esse riguardavano le azioni seguenti. Nell’ambito della seconda sezione, “Strutturare lo Spazio europeo della ricerca”: ricerca e innovazione; risorse umane e mobilità; infrastrutture di ricerca; scienza e società. Si trattava essenzialmente di azioni complementari a quelle per l’innovazione previste dalla prima sezione. Nell’ambito della terza sezione, “Rafforzare lo Spazio europeo della ricerca”: azioni intese a rafforzare il coordinamento e sostenere lo sviluppo coerente delle politiche di ricerca e sviluppo in Europa, anche fornendo sostegno finanziario a misure quali l’apertura dei programmi nazionali. Si trattava di attività di coordinamento nel campo della salute, della biotecnologia, dell’ambiente e dell’energia: in quest’ultimo campo, si sarebbero seguiti gli sviluppi delle centrali nucleari dell’ultima generazione (con emissioni “prossime allo zero”) e i problemi relativi all’immagazzinamento, trasporto e distribuzione dell’energia. Queste azioni avrebbero beneficiato di sostegno finanziario anche per attività amministrative e di coordinamento della ricerca, nel quadro di Cooperazione europea scientifica e tecnica (COST) (v. Cooperazione scientifica e tecnica) e di EUREKA (rete per la promozione della ricerca nelle imprese). Era prevista anche la collaborazione con altri quadri di cooperazione europea, come la Fondazione europea della scienza (European science foundation, ESF), l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare (CERN), il Laboratorio europeo di biologia molecolare (European molecular biology laboratori, EMBL), l’Organizzazione europea per le ricerche astronomiche nell’emisfero australe (European Southern observatory, ESO) e l’Agenzia spaziale europea (European space agency, ESA).
Il Sesto programma quadro (FP6) dell’Euratom
Il Sesto programma quadro dell’Euratom prevedeva per il periodo 2002-2006 azioni di ricerca e di formazione nei seguenti settori: fusione termonucleare controllata; gestione dei residui radioattivi; radioprotezione; altre attività nel campo delle tecnologie e della sicurezza nucleari; attività nucleari del CCR. L’importo globale massimo di riferimento finanziario era di 1.230 milioni di euro, suddiviso come segue: aree tematiche di ricerca prioritarie (890 milioni); fusione termonucleare controllata (750 milioni); gestione dei residui radioattivi (90 milioni); radioprotezione (50 milioni); altre attività nel campo delle tecnologie e della sicurezza nucleari (50 milioni); attività nucleari del CCR (290 milioni).
La ripartizione dei 290 milioni di euro affidati al CCR per le sue attività nucleari in base al secondo programma specifico, che copriva lo stesso periodo del primo, era la seguente: gestione dei residui radioattivi e controlli di sicurezza delle materie nucleari (186 milioni); sicurezza dei diversi tipi di reattore, monitoraggio e metrologia nel settore delle radiazioni ionizzanti (89 milioni); personale necessario per il monitoraggio della disattivazione degli impianti obsoleti del CCR (15 milioni).
Quanto alle tre aree prioritarie dell’FP6-Euratom, nel settore delle ricerche sulla fusione termonucleare si prevedeva il passaggio allo sviluppo della macchina “Next Step” (in grado di generare reazioni di fusione in condizioni paragonabili a quelle di un reattore di potenza), nel quadro del progetto internazionale International thermonuclear experimental reactor (ITER), sottoscritto nel 1988 tra Comunità europea, Stati Uniti, URSS e Giappone, e rinnovato nel 1992, con la Russia al posto dell’URSS. Era previsto inoltre che continuasse a operare l’organizzazione esistente attorno alla macchina Joint European Torus (JET) a Culham, nel Regno Unito, nel quadro dell’accordo europeo European fusion development agreement, EFDA.
La soluzione su scala industriale dei problemi di gestione dei residui radioattivi delle centrali elettronucleari, specialmente di quelli a vita lunga, è di fondamentale importanza: il 35% dell’elettricità prodotta nell’UE è di origine nucleare, ed è elemento centrale nel dibattito intorno al cambiamento climatico e per la riduzione della dipendenza energetica europea. Le ricerche riguardano i processi di stoccaggio a lungo termine in strati geologici profondi e il collegamento in rete delle attività nei siti dei tre grandi tipi previsti di formazione geologica, nonché la riduzione dell’impatto dei residui, attraverso le tecniche di suddivisione e trasmutazione. Anche se il Programma quadro Euratom non affidava specificamente al CCR queste ricerche, il Centro era da lunghi anni attivo in questi campi, e lo stesso vale anche per le ricerche sulla radioprotezione.
La trasformazione del CCR
Il CCR attuale è il punto di arrivo di una vicenda complessa e non indolore, che lo ha radicalmente trasformato rispetto alla struttura e alla ragion d’essere originarie.
Il Centro comune di ricerche nucleari fu creato dall’articolo 8 del Trattato istitutivo della Comunità europea dell’energia atomica (CEEA o Euratom), firmato a Roma il 25 marzo 1957, insieme al Trattato istitutivo della Comunità economica europea (CEE) (v. Trattati di Roma). «La Commissione istituisce un Centro comune di ricerche nucleari con le seguenti funzioni: a) assicurare l’esecuzione dei programmi di ricerche assegnatigli dalla Commissione; b) stabilire una terminologia nucleare comune e degli standard nucleari; c) organizzare un ufficio centrale di misure nucleari. Le attività del Centro possono essere svolte in stabilimenti distinti». Era inoltre stabilito che il Centro avrebbe operato nel quadro di «un primo programma quinquennale Euratom 1958-1962» e di un «secondo programma quinquennale 1963-1967».
Se la crisi del CCR si manifestò formalmente alla fine del secondo programma quinquennale, con la mancata approvazione di un terzo programma, i primi segni di malessere di alcuni Stati membri si avvertirono fin dall’inizio degli anni Sessanta. È utile ricordare che in Francia Charles de Gaulle ritornò al potere nel maggio 1958 (solo cinque mesi dopo l’entrata in vigore dei Trattati di Roma) e che, se il suo atteggiamento francamente negativo nei confronti di tutta la costruzione europea era dichiarato fin da molto prima di quella data, nello specifico settore nucleare il nuovo presidente era fermamente deciso a dotare la Francia di una sua autonoma “forza di dissuasione” (o force de frappe) nucleare: il che comportava inevitabilmente non solo uno sforzo autonomo e importante nel campo della ricerca, ma anche l’avvio di una altrettanto importante e indipendente struttura industriale. Una tale presa di posizione francese era evidentemente in contrasto con l’idea di una ricerca nucleare europea unificata e a fini pacifici.
Contemporaneamente, le tendenze nazionalistiche si manifestavano anche in altri paesi della Comunità. In quel periodo i paesi europei avevano già fatto nel complesso investimenti in campo nucleare di poco inferiori a quelli americani, e persisteva la determinazione a spendere nei programmi nazionali, anche se spesso rappresentavano, a livello europeo, doppi impieghi e costosi sprechi. Dal punto di vista di questi programmi nazionali, il lavoro del CCR veniva sentito come quello di un imprevisto concorrente, che inoltre assorbiva una quota non indifferente di stanziamenti pubblici e la preziosa opera di scienziati altamente qualificati.
Nell’intenzione dei padri fondatori, certamente venata di utopia, l’Euratom avrebbe dovuto promuovere un’industria nucleare europea, unificata attorno alla ricerca e sviluppo di reattori di potenza e di un sistema di separazione isotopica dell’uranio. In un Libro bianco Euratom dell’ottobre 1968 (cioè già a crisi del CCR iniziata) si leggeva: «Mentre le 87 centrali americane saranno costruite da quattro o cinque imprese, le 16 europee impegneranno una dozzina di società, buona parte delle quali lavoreranno su licenza americana».
Un ulteriore elemento di perturbazione nella vita dell’Euratom, e in particolare del CCR, fu rappresentato da crisi interne di organismi nazionali: gravissima quella italiana del Comitato nazionale per l’energia nucleare (CNEN) nel 1963-1965 (crisi nella quale tra l’altro avrà un peso rilevantissimo il giudizio politico negativo – che diventerà giuridico – sulla cessione all’Euratom, da parte del CNEN, del Centro di Ispra, avvenuta con l’accordo del 22 luglio 1959 e approvata dal Parlamento il 1° agosto 1960, con legge 906); assai seria anche quella del Commissariat à l’energie atomique (CEA) francese nel 1965-1968; e va menzionata anche la ristrutturazione dell’United Kingdom atomic energy authority (UKAEA) in Gran Bretagna, che influenzò la situazione dell’Euratom pur non facendone parte. Vi erano poi gli accordi conclusi al di fuori dell’Euratom: quello franco-tedesco sul reattore ad alto flusso di Grenoble, il tedesco-belga-olandese sui reattori veloci, l’italo-francese sullo scambio tra plutonio e uranio 235, quello tedesco-olandese-britannico per le ricerche sull’arricchimento dell’uranio per centrifugazione.
In conseguenza dell’influenza di questi diversi fattori, le posizioni politiche nel Consiglio dell’Euratom si trovarono, alla fine del 1967, cioè del secondo programma quinquennale del CCR, in una situazione di stallo. L’8 dicembre 1967 il Consiglio approvò solo un bilancio transitorio per il 1968 (con metà degli stanziamenti chiesti dalla Commissione): ma la cosa più importante è che nella sua decisione il Consiglio introdusse esplicitamente l’eventualità, nella misura in cui ne esistesse la possibilità esista sul piano giuridico, che il programma comune prevedesse ricerche non nucleari.
Il periodo più o meno ufficialmente riconosciuto della “crisi del CCR” va dal 28 novembre 1968 al 5 febbraio 1973, data in cui il Consiglio diede vita al “nuovo” CCR, con l’approvazione di: un programma di quattro anni, con ricerche nucleari e non nucleari, e ricerche “comuni” e “complementari”, cioè finanziate solo dagli Stati interessati.
La decisione segnava l’abbandono ufficiale della concezione originaria contenuta nel Trattato Euratom, di una ricerca nucleare unificata a livello europeo, con l’obbiettivo di sviluppare in comune un tipo di reattore nucleare di potenza. A Ispra era stato concentrato il lavoro sul reattore moderato ad acqua pesante e raffreddato a liquido organico (denominato ORGEL, per ORGanique Eau Lourde), nel cui quadro si erano costruiti i reattori sperimentali Expérience Critique ORGEL (ECO) ed Essais ORGEL (ESSOR), da 30 MW termici. In seguito tale linea di ricerca – che aveva già trovato molte opposizioni nei paesi membri, spesso separatamente impegnati in ricerche su reattori organici e/o ad acqua pesante – venne abbandonata, prima negli Stati Uniti poi in Europa.
Al termine di un periodo di quasi cinque anni, segnato da dieci riunioni del Consiglio con esiti negative da uno stato di agitazione permanente del personale dei quattro Stabilimenti del Centro (ma specialmente di quello di Ispra, il più importante e il solo esclusivamente impegnato nella ricerca comunitaria, dato che gli altri tre, Geel, Petten e Karlsruhe, erano in primo luogo centri nazionali), e da scarsità di mezzi per la conduzione delle attività che venivano comunque portate avanti, nasceva così quello che sarebbe diventato successivamente il Centro comune di ricerca (non più “di ricerche nucleari”) attuale. A partire dalla decisione del 1973, il “nuovo” CCR era chiamato a concentrarsi sulle ricerche per la sicurezza nucleare, a esclusione quindi di quelle su nuovi reattori, e sulla diversificazione nelle ricerche non nucleari, indicate all’epoca nei settori di metallurgia, informatica, nuovi mezzi di trasporto, meteorologia, oceanografia, elementi nocivi, telecomunicazioni. Prima di passare brevemente in rassegna le attività di ciascuno dei sette Istituti del CCR, si deve menzionare la funzione della Direzione del sito di Ispra (Ispra site directorate, IS). Al fine di «fare del sito di Ispra un ambiente di lavoro sicuro e attraente», l’IS è titolare di notevoli responsabilità derivanti anche dall’eredità del lungo passato nucleare del Centro. Si tratta dei compiti seguenti: smantellamento nucleare e gestione dei residui radioattivi; sicurezza e protezione radiologica; attività sociali e servizi medici; servizi tecnici; informatica e biblioteca; sostegno alla gestione; logistica e inventario.
I sette Istituti del CCR: Ispra-Istituto per la protezione e la sicurezza del cittadino
L’Istituto per la protezione e la sicurezza del cittadino (IPSC) sostiene le politiche dell’UE per la protezione del cittadino contro i rischi economici e tecnologici. Esso continua inoltre, a supporto della sua missione, ad approfondire la propria esperienza nelle tecnologie dell’informazione, della comunicazione, spaziali e ingegneristiche, e nell’interazione tra le attività nucleari e non nucleari. I servizi tecnici e scientifici dell’Istituto coprono tutto il ciclo che va dalla concezione di una nuova politica, al sostegno alle fasi di sviluppo e di applicazione, fino al monitoraggio e alla valutazione dei risultati finali. Le competenze essenziali dell’IPSC sono: “cibersicurezza” e nuove tecnologie contro le frodi; monitoraggio dell’agricoltura con controllo a distanza; protezione umanitaria; valutazione dei rischi tecnologici ed economici; laboratorio europeo per la valutazione strutturale; non proliferazione e salvaguardie nucleari.
Ispra – Istituto per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile
L’Istituto per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile (Institute for environment and sustainability, IES) ha come compito essenziale quello di fornire sostegno scientifico e tecnico alle politiche della UE per la protezione dell’ambiente e la promozione di uno sviluppo sostenibile in Europa. L’Istituto opera in stretta collaborazione con enti associati negli Stati membri dell’Unione, compresi, fin dal periodo precedente all’adesione, i nuovi membri. Obbiettivo primario dello IES è l’accertamento dei livelli e dell’evoluzione degli agenti contaminanti nell’aria, nell’acqua e nel suolo, la valutazione dei loro effetti sull’ambiente e gli esseri umani, e infine la ricerca sui mezzi per la produzione sostenibile di energia e per la loro promozione. Anche l’azione dello IES, con la sua esperienza nel campo delle scienze sperimentali, dei modelli, della geomatica e dei controlli a distanza, si colloca nella prospettiva dell’Area europea di ricerca (ERA) e del conseguimento dello sviluppo sostenibile per l’ambiente. I temi dell’attività di ricerca dello IES sono:
– Il cambiamento globale. L’Istituto fornisce informazioni approfondite sui cambiamenti della composizione chimica dell’atmosfera, che a loro volta influenzano i cambiamenti climatici e la distribuzione mondiale della vegetazione, e sui relativi effetti sull’ambiente regionale e globale.
– Emissioni, qualità dell’aria e salute. Le ricerche riguardano le emissioni da fonti mobili e stazionarie; la qualità dell’aria; l’esposizione a fattori inquinanti e gli studi sugli effetti per la salute; e il monitoraggio della radioattività.
– Risorse naturali e terrestri. In questo campo lo IES sostiene le politiche dell’UE per la regolamentazione della caratterizzazione spaziale del territorio europeo, delle risorse della terra e della biodiversità, dei pericoli naturali, dell’impatto ambientale delle strategie del trattamento dei rifiuti, e della protezione delle risorse del suolo.
– Acqua. La ricerca fornisce sostegno scientifico e tecnico alle strategie dell’UE per la protezione delle acque interne, costiere e marine e della loro disponibilità futura. Particolare attenzione è riservata alla qualità delle acque ecologiche; alla gestione delle zone integrate tra i bacini fluviali e le zone costiere; all’impatto delle sostanze chimiche nelle acque di superficie, potabili e residue; e agli strumenti a base molecolare impiegati per ottenere reazioni chimiche e rivelare microbi e agenti patogeni.
– Energie rinnovabili. Le ricerche forniscono la base di riferimento scientifico e tecnologico per le fonti rinnovabili di energia e perseguono lo sviluppo tecnologico quando sia necessaria l’armonizzazione, specialmente nel campo dell’elettricità solare fotovoltaica, dell’efficienza nell’impiego dell’energia elettrica e dei problemi di immagazzinamento dell’elettricità da fonti rinnovabili
L’Istituto per la salute e la protezione del consumatore
L’Istituto per la salute e la protezione del consumatore (Institute for health and consumer protection, IHCP) è stato creato dopo la riorganizzazione delle esperienze già operanti in diverse strutture europee per la salute e la protezione dei consumatori. Esso fornisce sostegno scientifico alle politiche dell’UE, per ottimizzare il potenziale scientifico e tecnologico nei settori della ricerca sui rischi potenziali originati da sostanze chimiche, organismi geneticamente modificati, e agenti contaminanti derivati da materiali in contatto coi cibi e da prodotti di consumo.
I settori di attività coperti comprendono: sicurezza e qualità dei cibi (comprese le norme per l’etichettatura e gli imballaggi); alternative alla sperimentazione sugli animali; sistemi di informazione farmaceutica, chimica e tossicologica; creazione di competenze scientifico-tecniche in medicina nucleare; materiali e apparecchiature biocompatibili; strumenti di protezione degli interessi economici dei consumatori, specialmente in relazione al commercio elettronico.
Il programma di lavoro dell’IHCP viene elaborato in base alle domande che provengono dalla società. In generale, la sua finalità è quella di generare delle linee-guida, che forniscano al legislatore la base e gli strumenti scientifici per la redazione della normativa negli Stati membri dell’Unione. Esso intende anche contribuire all’efficienza economica, stabilendo per le industrie operanti nei diversi settori regole prevedibili ed efficaci.
L’Istituto si avvale di un corpo pluridisciplinare di scienziati e tecnici, esperti in molti settori diversi: chimica analitica e biochimica, biofisica, ingegneria, scienza dell’informazione, materiali, medicina e biologia molecolare, fisica, radiochimica, tossicologia, e altri ancora.
Geel – Istituto dei materiali e misure di riferimento
Nel sito di Geel, in Belgio, l’Istituto dei materiali e misure di riferimento (Institute for reference materials and measurements, IRMM) ha attualmente il compito di promuovere un sistema comune europeo di misure, a sostegno delle politiche dell’UE, specialmente per i settori della sanità, della protezione dei consumatori, dell’ambiente, dell’agricoltura, del mercato interno e degli standard industriali. Il centro di Geel ha cominciato a operare nel 1960 con il nome di Ufficio centrale per le misure nucleari (UCMN). In prosecuzione di un’attività quarantennale, l’attuale IRMM compie specifiche misure di riferimento, produce materiali di riferimento certificati, organizza programmi internazionali di valutazione delle misure, fornisce dati di riferimento a basi transnazionali di dati, conduce ricerche esplorative e sviluppa metodi avanzati di prova. Le cinque principali linee di ricerca dell’IRMM sono: qualità e sicurezza dei cibi; materiali di riferimento; misure chimiche di riferimento; fisica neutronica; metrologia dei radionuclidi.
L’Istituto dispone di un acceleratore lineare da 150 MeV e di un acceleratore Van de Graaf da 7 MV, oltre ad un laboratorio sotterraneo per misure di radioattività di basso livello. Misure isotopiche primarie vengono condotte a fini di certificazione e calibrazione. L’IRMM fornisce dati precisi di sezioni d’urto neutroniche per definire e valutare problemi relativi alla sicurezza dei reattori nucleari, ad applicazioni tecnologiche e agli studi sulla trasmutazione dei residui radioattivi; esegue accurate misure di radioattività e sviluppa nuove tecniche di misurazione della radioattività, dai livelli più bassi ai più elevati, in materiali destinati ad applicazioni sanitarie, all’alimentazione e alla protezione ambientale.
Infine, l’IRMM rappresenta la Commissione europea in organismi internazionali come il Bureau international des poids et mesures (BIPM) e l’European collaboration in measurement standards (EUROMET). Nel 2003 l’Istituto è anche diventato il Centro del CCR per il cibo e l’alimentazione, e coordina tutte le ricerche relative a tali settori. La collaborazione con i più importanti produttori nazionali di materiali di riferimento ha condotto al lancio della iniziativa “European reference materials”.
Petten – Istituto per l’energia
A Petten, in Olanda, l’Istituto per l’energia (IE) opera in sostegno di tutte le politiche dell’UE connesse all’energia, fornendo assistenza scientifica e tecnica in tutte le fasi, dalla concezione all’attuazione e al monitoraggio. Speciale attenzione è riservata alla sicurezza delle forniture energetiche, alle tecniche sicure e sostenibili di produzione energetica e all’osservanza delle norme di protezione ambientale.
Le linee di ricerca essenziali dell’IE sono: il collegamento in rete (networking) delle conoscenze scientifiche; la sicurezza nucleare; lo sviluppo di nuovi concetti di impianti nucleari; il sostegno alle azioni nucleari in Technical assistance for the commonwealth of independent states (l’ex URSS) (v. Assistenza tecnica ai nuovi Stati indipendenti, TACIS) e in Poland, Hungary aid for the reconstruction of the economy (aiuti economici a Polonia e Ungheria) (v. Programma di aiuto comunitario ai paesi dell’Europa centrale e orientale, PHARE); diagnostica e terapia della medicina nucleare; supporto alla ricerca sulle apparecchiature a pressione e valutazione della loro integrità, specialmente ai fini della conservazione e della conversione dell’energia; politica e supporto tecnico per il trattamento termico della biomassa e per gli impianti di trasformazione dei rifiuti in energia.
La ricerca viene condotta sulla produzione di energia sia di origine nucleare che di altra origine. Di particolare rilievo sono le attività intese a rafforzare la sicurezza nucleare, oltre che nel quadro di TACIS e di PHARE, anche nei nuovi Stati membri dell’UE. Va ricordato ancora il lavoro per la riduzione delle emissioni e sulle fonti pulite di energia. Tutte le attività sono collegate alle grandi azioni di messa in rete in corso nel quadro dello Spazio europeo della ricerca.
Quanto a TACIS e a PHARE, si deve ricordare che nei NSI (nuovi Stati indipendenti, ex URSS) e nei paesi dell’Est europeo funzionano 61 impianti elettronucleari di concezione sovietica, con una potenza installata complessiva di 47.000 MW elettrici. Nel 2007 il 75% degli attuali impianti di concezione sovietica aveva più di 20 anni. Il CCR conduce studi sull’invecchiamento degli impianti nucleari e sui metodi di valutazione dei danni a meccanismi essenziali alla sicurezza in tutti i tipi di reattori nucleari, occidentali e orientali, nel quadro del progetto SAFELIFE. Vengono compiute analisi dei dati disponibili sui vessel dei reattori ad acqua in pressione e ricerche su nuovi materiali, sulla corrosione di materiali irradiati all’interno del nocciolo dei reattori, ed altre ancora. Il 12 novembre 2004 ha segnato il decimo anniversario del sostegno fornito dal CCR al controllo del materiale nucleare in Russia. Il Comitato direttivo per la sicurezza degli impianti nucleari dell’Est europeo ha concluso un accordo di cooperazione con nove organismi, di cui sette tra i NSI e nell’Europa orientale.
L’IE gestisce il reattore europeo ad alto flusso (High flux reactor, HFR) per gli studi sulla sicurezza degli impianti nucleari, per la produzione di radioisotopi per usi medici e per ricerche di medicina nucleare. Si tratta di uno strumento scientifico unico, accessibile a tutti i centri di ricerca associati, finanziato da un programma supplementare cui partecipano l’Olanda, la Francia e la Germania.
Karlsruhe – Istituto dei transuranici
La missione fondamentale dell’Istituto dei transuranici (ITU) è la protezione contro i rischi della manipolazione e della conservazione di elementi altamente radioattivi. L’Istituto rappresenta un centro di riferimento per la ricerca fondamentale sugli attinidi, contribuisce allo sviluppo di un sistema efficiente di sicurezza e di salvaguardie (contro la diversione degli impieghi a fini militari) per il ciclo del combustibile nucleare, e allo studio delle applicazioni tecnologiche e mediche degli elementi transuranici: in campo medico vengono studiate anche le applicazioni potenziali degli attinidi altamente radioattivi. In sintesi, l’ITU conduce ricerche nei campi seguenti: immunoterapia alfa; ricerca fondamentale sugli attinidi; sicurezza del combustibile nucleare; caratterizzazione del combustibile irradiato; suddivisione e trasmutazione; misure di radioattività nell’ambiente; salvaguardie nucleari.
L’ITU è il solo laboratorio civile a svolgere ricerche sugli attinidi, compreso l’uranio e un certo numero di elementi artificiali. Esso opera anche per la protezione dell’ambiente e la promozione economica dell’industria nucleare, soprattutto per quanto riguarda il ciclo del combustibile, con la valutazione di metodi per prolungare la vita del combustibile e della migliore gestione dei depositi dei rifiuti nucleari e del combustibile irradiato, per periodi di tempo molto lunghi.
Il corpo dei ricercatori dell’ITU comprende esperti in chimica nucleare, ingegneria, fisica, scienza dei materiali, modelli matematici, robotica e protezione dalle radiazioni. Gli attinidi rappresentano la specialità dell’Istituto, che offre anche a utilizzatori esterni una gamma unica di attrezzature: 24 celle calde; lo “Actinide user lab”, laboratorio per la manipolazione degli attinidi (aperto, per studi altamente specializzati, a università, enti pubblici degli Stati membri, organismi di ricerca e industriali); il “Minor actinide lab”, laboratorio per la preparazione di bersagli per irraggiamento contenenti importanti quantità di attinidi, per esperimenti di trasmutazione; e il “Radioisotope lab”, laboratorio radioisotopi, per ricerche sulle applicazioni mediche.
Siviglia – Istituto di prospettiva tecnologica
Il sito di Siviglia è l’ultimo ad essere entrato a far parte del CCR, quando nel 1994, nel quadro del quarto Programma quadro, l’Istituto di prospettiva tecnologica (IPTS) vi è stato trasferito da Ispra. L’IPTS è chiamato a promuovere le connessioni tra tecnologia, economia e società, e consentirne una migliore comprensione. L’Istituto conduce analisi tecnoeconomiche sugli sviluppi della scienza e della tecnologia e le loro reciproche influenze, le relazioni con il contesto socioeconomico e le relative implicazioni per le politiche future.
Le competenze essenziali dell’Istituto si possono sintetizzare come segue: analisi dell’impatto combinato delle diverse tecnologie, al fine di anticiparne l’evoluzione; valutazione e previsione delle opportunità offerte dal mercato, delle potenziali nuove prospettive e delle sfide sociali prevedibili nelle tendenze e negli sviluppi della tecnologia; studio e analisi del ruolo che scienza, tecnologia e innovazione svolgono nella promozione delle capacità concorrenziali, di crescita economica e nell’evoluzione del mercato del lavoro in Europa.
Gli studi dell’Istituto riguardano in particolare i settori dell’energia, dei trasporti, dell’informazione e comunicazione, l’evoluzione delle tecnologie industriali e “pulite”, le loro possibili applicazioni e le loro interazioni con la società. Oltre alle risorse proprie, l’IPTS utilizza gruppi di consulenti esterni, come per esempio il comitato di economisti presieduto dal Premio Nobel Bob Solow, e gestisce una serie di reti di contatto, come l’Osservatorio europeo per la scienza e la tecnologia (European science and technology observatory, ESTO), di cui fanno parte 35 istituzioni, la Rete di analisi tecnoeconomiche per il Mediterraneo (Technoeconomic analysis network for the Mediterranean, TEAM) e una rete di collegamento tra i nuovi Stati membri, dal periodo precedente all’entrata nell’UE.
Mariano Maggiore (2008)