Sin dall’indomani della Seconda guerra mondiale i primi passi del processo d’integrazione europea (v. Integrazione, metodo della) hanno una forte ripercussione nella Spagna franchista. La formazione di un nuovo esecutivo nel febbraio 1945 e il peso esercitato dalla famiglia cattolica del regime nella nuova compagine costituiscono un chiaro esempio di come Franco cercasse di creare un canale di comunicazione e di dialogo con i partiti democristiani europei, protagonisti della fase ricostruttiva postbellica e principali sostenitori del progetto d’unificazione del vecchio continente.
Attraverso il ministero degli Esteri, guidato da Alberto Martín Artajo, il regime investe molte risorse nella sezione Relazioni culturali del ministero, diffonde una serie di direttive e incentiva varie associazioni europeiste sorte a livello locale a partecipare, seppure da una posizione marginale, al dibattito politico istituzionale sul futuro dell’Europa.
La famiglia democristiana internazionale non cede ai tentativi di avvicinamento realizzati da un regime retto da “democrazia organica” e rimane ostile al franchismo; tuttavia quest’ultimo, facendo leva sui condivisi principi di anticomunismo e atlantismo, non abbandona mai l’obiettivo di stabilire un contatto con i rappresentanti del cattolicesimo politico europeo. Il Centro europeo de documentación y información (CEDI) costituisce il più ambizioso tentativo del regime per raggiungere tale scopo.
Le origini di tale associazione risalgono al 1952, anno in cui l’Istituto di cultura hispánica – organo di coordinamento della politica latino-americana del ministero degli Esteri – sotto la direzione di Alfredo Sanchez Bella, organizza nel Palacio de la Magdalena di Santander una conferenza dedicata allo studio della situazione politica, culturale, economica e sociale dell’Europa. In conseguenza dell’intenso dibattito suscitato nel corso di questo incontro si decide di istituire un organismo ad hoc per analizzare in modo più sistematico il significato generale dell’integrazione europea e in particolare il suo impatto sulle diverse realtà nazionali.
L’associazione si pone come obiettivo quello di creare una rete di coordinamento a livello internazionale dei movimenti europeisti di stampo cattolico e di stabilire relazioni con altri gruppi anticomunisti loro affini, come protestanti, ortodossi e cristiani di altre confessioni presenti sul territorio europeo. Per tutta la durata della sua attività i capisaldi del CEDI sono il primato dell’elemento spirituale come fondamento della politica nazionale e internazionale e il principio dell’autodeterminazione dei popoli.
Il CEDI non riconosce il valore dei principi democratici come requisito fondamentale per la partecipazione di un paese alle istituzioni europee (v. Istituzioni comunitarie). Tali richieste, secondo l’associazione, sono in contraddizione con lo Statuto delle Nazioni unite che, al contrario, contempla l’autodeterminazione dei popoli, il divieto di intervenire negli affari e nella giurisdizione interna degli Stati membri, oltre che il diritto di ogni popolo di scegliere liberamente la propria forma di governo. Rispetto al modello istituzionale dell’Europa, il CEDI, attraverso l’esaltazione dell’Europa delle patrie, promuove la formula confederale (v. Integrazione, teorie della).
Il primo presidente della sezione internazionale dell’organizzazione è l’arciduca austriaco Otto d’Asburgo, la duplice carica di segretario generale internazionale e di presidente della sezione spagnola è ricoperta da uno spagnolo, il marchese di Valdeiglesias. L’associazione è formata da quattro organi: la direzione generale, il segretariato generale, i centri nazionali e il centro congressi. Il fulcro dell’organizzazione ruota intorno al segretariato generale, il cui compito principale è quello di coordinare e collegare il lavoro delle diverse sedi. Esso raccoglie e favorisce lo scambio d’informazioni e di notizie sul modo in cui il processo d’integrazione è percepito dalle diverse realtà locali. La più importante attività del CEDI è l’organizzazione del congresso annuale. L’analisi dei temi generali trattati nel corso di quest’incontro testimonia la volontà dell’associazione di trovare un punto di contatto con il contemporaneo dibattito europeo. Emblematici in tal senso sono gli argomenti affrontati nel 1955 e 1956, rispettivamente “L’Europa e i problemi della coesistenza pacifica” e “L’Europa e l’era atomica”.
Sin dalla sua nascita il CEDI ottiene i finanziamenti del ministero degli Esteri, ma è solo dal 1955 che il mantenimento della sua attività è inserito nelle voci di spesa del ministero sopracitato. Da allora in poi il CEDI segue il processo di reinserimento del paese nella sfera occidentale, affiancando l’attività diplomatica del regime.
In campo internazionale, l’evoluzione delle relazioni tra le due superpotenze, simboleggiata dal passaggio dal primato del conflitto a quello del compromesso, e l’apertura della dialettica della coesistenza competitiva favoriscono il ridimensionamento del peso geostrategico della Spagna sullo scenario internazionale, spingendo così il regime a cambiare strategia e a concentrare i suoi sforzi sul rafforzamento di relazioni bilaterali. Il CEDI svolge in quel momento un’azione fondamentale per l’instaurazione di rapporti tra il governo spagnolo e la Germania federale.
Nel 1957 l’associazione subisce una prima fase di rallentamento della sua attività. Da un lato i prodromi della distensione anticipano il fallimento dell’associazione per quanto attiene alla perpetuazione di un messaggio di contrapposizione tra l’Occidente e l’Unione Sovietica – consolidatosi in seguito allo scoppio della Guerra fredda –, dall’altro la nomina di Fernando María Castiella agli Esteri e il passaggio della politica europea da una sfera ufficiosa a una ufficiale limita il campo d’azione del CEDI. Sempre nel 1957, quest’ultimo modifica il proprio statuto, si costituisce come entità giuridica internazionale e stabilisce la sua sede legale a Monaco di Baviera.
Se fino a quel momento l’associazione ha cercato strategicamente di insistere sulla necessità che gli organismi europei contemplino un pluralismo istituzionale interno (al fine di ottenere una legittimazione internazionale del regime), dal 1957 in poi sottolinea la convenienza della Spagna a entrare nella Comunità economica europea (CEE) e la necessità di investire nella formazione di una classe dirigente europeista.
Nel corso degli anni Sessanta il CEDI, attraverso i contatti diplomatici spagnoli con le istituzioni europee, entra in concorrenza con l’europeismo sviluppato dalle piattaforme d’opposizione come la Asociación española de cooperación europea (AECE) e in seguito alla adesione della Spagna alla Convenzione culturale europea (1958), intensifica, soprattutto attraverso la sua organizzazione giovanile, i contatti con il Consiglio d’Europa. Il messaggio diffuso continua a ruotare intorno alla centralità delle origini culturali, della concezione cristiana e della condivisione di valori morali come base fondante del processo di costruzione europea.
La riflessione dell’epoca si arricchisce anche della consapevolezza dei benefici che la Spagna trarrebbe dalla messa in comune e dal coordinamento di una politica europea non solo nella sfera economica. ma anche in quella della difesa, sempre all’interno di un quadro di riferimento euroatlantico (v. Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, NATO).
Negli anni Settanta il CEDI riduce ancora di più i suoi margini d’influenza. Abbandona sia l’obiettivo di stringere legami a livello internazionale, sia quello di riflettere sull’essenza dell’integrazione, per concentrarsi sull’impatto sociale che l’ingresso della Spagna in Europa avrebbe sugli equilibri interni. L’associazione presenta la CEE quale simbolo e sinonimo di produttività e di miglioramento dello standard di vita, e crea agli occhi dell’opinione pubblica un legame tra l’europeizzazione e il benessere.
Un relativo rilancio del ruolo del CEDI avviene nel 1972. La sua sede giuridica internazionale viene riportata a Madrid, si istituisce una succursale della segreteria generale a Bruxelles e aumentano i tentativi dell’associazione di influire sull’instaurazione di contatti bilaterali tra il paese e la Francia, la Gran Bretagna (v. Regno Unito) e il Belgio. Nonostante questa ripresa, i finanziamenti vengono dimezzati e le riunioni internazionali si riducono al consueto incontro annuale presso il monastero de El Escorial.
Pur rafforzando i propri contatti con gruppi analoghi europei come l’Office international di Losanna, il gruppo Lerins e Le Voisine in Francia, gli Amici di Wilton Park in Gran Bretagna e l’Accademia di diritto internazionale di Bruxelles, il CEDI conclude la sua parabola discendente nella fase finale della dittatura. L’associazione non riesce a fare accettare la Spagna franchista in seno alle istituzioni europee. ma promuove comunque un interessamento della classe politica alle dinamiche del processo d’integrazione, ed è inoltre l’unica organizzazioni ad aver influenzato le scelte di politica estera dei governi della dittatura franchista.
Maria Elena Cavallaro (2008)
Bibliografia
Gaupp-Berghausen G., 20 años Cedi, Editoría Nacional, Madrid 1971.
Ministero degli Affari esteri, Archivio rinnovato(Amae-R) Fondo Cedi, Madrid.
Moreno Juste A., El Cedi. Un intento fallido de aproximación a Europa, 1952-1962, in J. Tusell, J.M. Marin (a cura di), El Régimen De Franco (1936-1975), Uned, Madrid, 1993, pp. 459-474.