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Consiglio Federale Spagnolo del Movimento Europeo

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Il Consiglio federale spagnolo del Movimento europeo (Consejo federal español del Movimiento europeo, CFEME) fu creato nel 1949 per accordo delle principali forze dell’opposizione spagnola in esilio, con l’eccezione del Partito comunista, molto distante in questo periodo, come del resto i suoi corrispettivi europei, dall’idea di un’Europa unita, che si integrerà solo nel 1977.

L’iniziativa di creare il CFEME fu presa da Salvador de Madariaga e dal presidente del governo Basco in esilio José Antonio Aguirre nel febbraio 1949, allorché fu raggiunto il consenso minimo sufficiente a convocare una riunione dei gruppi antifranchisti spagnoli, assai divisi tra loro. Sebbene vi fosse accordo sulla necessità di creare un “Consiglio spagnolo per l’Europa unita” con rappresentanze di tutte le forze democratiche, si presentavano due alternative: quella di costituire un “Consiglio nazionale” organizzato intorno ai gruppi politici, scelta difesa da Salvador de Madariaga, dai socialisti e in parte dai gruppi liberali repubblicani, e quella di lottare per la costituzione di un “Consiglio federale” il quale avrebbe riconosciuto in modo esplicito l’apporto differenziale catalano e basco, scelta difesa dai partiti nazionalisti. Alla fine si decise di rappresentare tutti i gruppi democratici e di riconoscere la “personalità dei paesi peninsulari”.

Su questo principio d’accordo, José Maria Lasarte presentò un progetto per la costituzione del Consiglio federale del Movimento europeo. Il CFEME avrebbe adottato una struttura federale integrando da un lato «tante sezioni quanti i paesi che formano lo Stato spagnolo», dall’altro, avrebbe avuto «tanti vicepresidenti quanti i settori dell’opinione pubblica democratica» – repubblicani, socialisti, monarchici, nazionalisti catalani e nazionalisti baschi. Come sezione spagnola del Movimento europeo internazionale, il CFEME integrò, insieme ai partiti politici antifranchisti sia in esilio che in patria, altre entità specifiche come il Consiglio basco e il Consiglio catalano del Movimento europeo.

L’europeismo dell’opposizione spagnola in esilio fu innanzitutto un semplice strumento per cercare di ravvivare o mantenere le illusioni sulla solidarietà democratica, un riflesso più che altro del desiderio di ottenere l’appoggio occidentale approfittando delle inerzie antifasciste del dopoguerra. Tuttavia, l’idea di “Europa” univa in sé una serie di elementi capaci di esercitare una grande attrattiva, non solo di tipo puramente emotivo, ma anche di ordine teorico e intellettuale. Per spiegare la natura di questo europeismo è necessario considerare almeno tre fattori. In primo luogo, l’idea di Europa era strettamente legata allo spirito comune di resistenza antifascista forgiato nel periodo della Resistenza durante la Seconda guerra mondiale e alla certezza, o alla convinzione profonda, che i problemi nazionali si sarebbero risolti unicamente in una dimensione europea. In secondo luogo, vi erano le aspettative suscitate dai primi esiti del modello d’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della) che, nonostante le diverse posizioni politiche tra i differenti gruppi dell’opposizione, aprivano la possibilità di intraprendere azioni comuni nell’ambito europeo. Infine, vi era il consolidamento – in ogni Stato e in generale nell’Europa occidentale – dei risultati politici conseguiti in termini di recupero economico, stabilità politica su basi democratico-liberali e clima di relativa pace sociale.

Conformemente a questa percezione del progetto europeo, il CFEME lottò per sviluppare, dall’esilio, una politica alternativa che vedeva nell’unità europea la strada per porre fine alla dittatura, reinstaurare la democrazia in Spagna e avviare lo sviluppo economico e sociale. Di conseguenza il Consiglio stabilì contatti con i gruppi europeisti e con le organizzazioni politiche esistenti durante la dittatura nazionale, rendendo possibile la riunione di Monaco nel giugno 1961 fra le forze di opposizione interne ed esterne. Contro i partecipanti della c.d. “cospirazione” si scatenò una spirale di repressioni che ebbe importanti ripercussioni sia internazionali che nazionali, e aprì la strada al recupero delle libertà democratiche.

L’Europa fu, quindi, un referente obbligato nelle politiche di presenza internazionale attiva dell’opposizione in esilio e in molte delle azioni dirette intraprese dall’interno del paese. Il programma del CFEME si articolava su tre piani. La prima linea d’azione prevedeva l’organizzazione di riunioni pubbliche, tra cui in particolare le “Giornate europee”, celebrate con cadenza biennale. La prima di queste giornate, nell’aprile del 1950, doveva rappresentare «il primo contatto fra la Spagna dei vincitori e la Spagna dei vinti, pubblicamente», e diede origine a una commissione di lavoro incaricata di preparare un progetto di transizione pacifica verso la democrazia, esaminato dal Consiglio d’Europa del 1953. La seconda linea d’azione prevedeva la partecipazione alle conferenze e ai congressi del Movimento europeo internazionale e di altre organizzazione transnazionali non governative. Il risultato più importante del CFEME fu la riunione dei rappresentanti delle principali organizzazioni di opposizione al franchismo in esilio e in patria nel IV Congresso del Movimento europeo internazionale, tenuto a Monaco nel 1962, etichettato dal regime come «la cospirazione di Monaco». Infine, vi erano le iniziative prese di fronte alle istituzioni europee. Nel 1951 il CFEME ottenne lo status di informatore sulle questioni relative alla Spagna nella Commissione dei paesi non rappresentati dell’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa. Queste informazioni costituirono la base dei lavori per il Rapporto sulla situazione politica in Spagna (c.d. “Rapporto Renger”) effettuati tra il 1959 ed il 1962 e che furono ampliamente diffusi dall’opposizione all’interno del paese. Per quanto riguarda il Parlamento europeo, il CFEME fu particolarmente combattivo nei negoziati che condussero all’accordo commerciale preferenziale del 1970, ed ebbe un ruolo importante già durante la pre-transizione spagnola nella preparazione del Rapporto Faure sulla Spagna (1976) (v. Faure, Edgar).

Dal punto di vista del pensiero europeista, il CFEME cercò di adattare gli ideali europeisti alla situazione spagnola, insistendo su tre concetti chiave: la Spagna era Europa e aveva bisogno di esserlo, e viceversa l’Europa sarebbe stata imperfetta e mutilata senza la Spagna; l’Europa era una civiltà democratica e liberale; la Spagna avrebbe dovuto riorganizzarsi politicamente e territorialmente come una democrazia occidentale possa per potersi incorporare nell’Europa.

Le forze di opposizione in esilio portavano avanti un discorso comune che, in linea generale, avrebbe definito la scelta europea nella lotta contro il franchismo. Alla base di questo discorso comune vi erano tre postulati fondamentali: la caduta del regime di Franco non avrebbe significato automaticamente l’instaurazione di una dittatura comunista in Spagna; il regime spagnolo non si sarebbe mai potuto trasformare assumendo forme democratiche e, di conseguenza, sarebbe stato necessario sollecitare l’appoggio di quelle forze democratiche capaci di favorire un cambiamento; sarebbe stato necessario sollecitare i governi dell’Europa occidentale a intraprendere una politica comune rispetto alla “questione spagnola” che negasse ogni partecipazione della Spagna di Franco al sistema europeo di organizzazioni internazionali, in quanto qualunque collaborazione con la Spagna avrebbe unicamente favorito il mantenimento del regime e non avrebbe facilitato in alcun modo le legittime aspirazioni dell’opposizione democratica.

A questi tre argomenti si aggiungeva la convinzione che l’appoggio al processo di unificazione politica ed economica del vecchio continente avrebbe potuto dimostrare al popolo spagnolo che il sistema democratico era in grado di ottenere risultati, laddove ciò era impossibile per la dittatura di Franco. Tuttavia, non si andò più in là di queste formulazioni programmatiche. La frammentata opposizione in esilio in molte occasioni non fece altro che imitare le posizioni dei corrispettivi ideologici continentali che sostenevano l’integrazione europea (è il caso, ad esempio, del Partito socialista operaio spagnolo, socialista, del Partito nazionalista basco, democristiano e della Sinistra repubblicana, liberale).

Liberali, socialisti e democristiani in esilio cercarono soluzioni all’esterno e riposero le proprie speranze nell’idea di un Europa unita nata dalle alleanze internazionali del dopoguerra o nelle ideologie politiche dominanti dei governi europei, più che negli interessi economici e strategici occidentali. Sul piano della costruzione europea, il CFEM scelse deliberatamente di presentare Franco come l’unico ostacolo dell’integrazione spagnola nell’Organizzazione europea per la cooperazione economica (OECE), nell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), nel Consiglio d’Europa e nella Comunità economica europea (CEE).

Con il ripristino delle libertà democratiche in Spagna e la sua legalizzazione nel 1978, il CFEME ritornò dall’esilio e svolse un ruolo importante tanto negli sforzi per consolidare la democrazia quanto nell’integrazione spagnola nelle istituzioni comunitarie.

Attualmente fanno parte del CFEME i Consigli delle Comunità Autonome, partiti politici, organizzazioni socio-economiche e municipali, organizzazioni sindacali, categorie socio- professionali e associazioni formatesi nel mondo accademico o in quello della stampa, nonché numerose organizzazioni di ispirazione europeista che rappresentano la società civile.

Negli ultimi anni il CFEME ha intrapreso varie iniziative mirate da un lato a incoraggiare lo sviluppo di una identità europea e di valori comuni nella società spagnola, dall’altra a far sì che tra le istituzioni, le forze politiche e le organizzazioni socio-economiche, la Spagna abbia un ruolo propulsore nel processo di costruzione europea, partecipando ai programmi del Movimento europeo internazionale, alle azioni promosse dalle istituzioni dell’Unione europea, nonché a tutte le iniziative intraprese dalla società civile. Ciò nonostante, il CFEME attraversa oggi una grave crisi di identità dovuta al peso delle formazioni politiche nella sua direzione e alla inversione di tendenza nella politica europea verificatasi nel Partito popolare europeo particolarmente evidente dopo il 2001.

Tra i presidenti del CFEME spiccano personalità di rilievo come Salvador de Madariaga (liberale), Rodolfo Llopis (socialista), Manuel de Irujo (democristiano) e, dopo il rientro dall’esilio, Miquel Coll i Alentorn (democristiano), Fernando Alvarez de Miranda (democristiano), Carlos Maria Bru Puron (socialista), José Maria Gil-Robles y Gil Delgado (democristiano). Non meno importante è stato il contributo di Enrique Adroher I PascualGironella” (socialista), segretario generale del CFEME dall’inizio degli anni Cinquanta fino al suo ritorno in Spagna in piena transizione democratica.

Antonio Moreno Juste (2009)