Chaban-Delmas, Jacques
C.-D. (Parigi 1915-ivi 2000), dopo il diploma all’École libre des sciences politiques, la laurea in diritto e il diploma di studi superiori in Economia politica e diritto pubblico, nel 1933 muove i suoi primi passi professionali nel giornalismo. La Resistenza orienta profondamente e in modo duraturo la sua vita. Gli procura un nuovo nome – con l’aggiunta del suo pseudonimo di combattente “Chaban” – e soprattutto la gloria di entrare nella storia a ventinove anni, fregiandosi del grado di “generale Chaban”, delegato militare nazionale nel maggio 1944, protagonista della liberazione di Parigi e combattente della Liberazione.
Dal 1943 C.-D. è ispettore delle Finanze, nel 1946 entra in politica ed è eletto deputato della Gironda il 10 novembre 1946, guidando una lista presentata dal Rassemblement des gauches républicaines (RGR), dove rappresenta il Partito radical-socialista.
A trentun anni C.-D. comincia una carriera eccezionalmente lunga nella storia della Repubblica francese, dato che è rieletto deputato della Gironda sotto la IV e la V Repubblica fino al ritiro nel 1997. Membro del gruppo del partito radicale all’Assemblea dal 1946 al 1951, pur aderendo anche al Rassemblement du peuple français (RPF) fondato da Charles de Gaulle nel 1947, C.-D. sceglie il partito gollista quando la doppia appartenenza non è più autorizzata da Herriot nel 1951. Quindi si iscrive ai vari partiti gollisti succedutisi nel tempo, dal RPF al RPR, passando per il Centre national des républicains sociaux di cui è presidente dal 1954 al 1958.
Al mandato di deputato C.-D. aggiunge nel 1947 quello di sindaco di Bordeaux e, come nel caso dell’Assemblea nazionale, i bordolesi si dimostrano fedeli rieleggendolo fino al 1995, data in cui non si ripresenta più, dopo aver esercitato il potere municipale per quasi mezzo secolo.
L’“incontro” di C.-D. con l’Europa è precoce. Il deputato sindaco di Bordeaux fa parte della folta delegazione francese al Congresso dell’Aia, nel maggio 1948. Fin dalle prime iniziative europee C.D. entra in contatto con le nuove istituzioni: è designato come rappresentante della Francia all’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa (1951-1956), poi rappresentante supplente (1956-1958). Dal principio degli anni Cinquanta, si fa una reputazione di europeista e appare come il più favorevole all’Europa tra i deputati gollisti. Questa circostanza spiega come sia in prima linea, nella prima metà degli anni Sessanta, sulle questioni europee, sia all’Assemblea nazionale che all’Assemblea di Strasburgo e nel governo. La sua azione, tuttavia, può apparire contraddittoria, essendo al tempo stesso quella di un militante che si adopera per istituzionalizzare la rappresentanza delle collettività locali e, dall’altro lato, quella di un gollista che rifiuta con fermezza le grandi realizzazioni europee come la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) e la Comunità europea di difesa CED).
Al Consiglio d’Europa, il deputato-sindaco di Bordeaux presiede dal 1951 la commissione Affari comunali e regionali, dopo essersi adoperato per creare il Consiglio dei Comuni d’Europa. Nel settembre 1954, come ministro dei Lavori pubblici del governo di Pierre Mendès France, C.-D., favorevole alla “Grande Europa”, si pronuncia a favore della costruzione di un tunnel sotto la Manica. A Bordeaux, fonda nel 1956 una Maison de l’Europe, destinata a sviluppare l’ideale europeo. Nel 1957 la Conferenza europea dei poteri locali, presieduta da C.-D. (fino al 1961) tiene la sua prima seduta a Strasburgo nell’emiciclo del Consiglio d’Europa.
Al Palais-Bourbon, C.-D. si oppone, il 13 dicembre 1951, a nome del gruppo gollista, alla ratifica del Trattato di Parigi che istituisce la CECA, dichiarando: «L’Europa che sogniamo non può essere costruita su uno squilibrio iniziale». Ritiene che il Piano Schuman rischi di rafforzare la Germania e che la comunità del carbone e dell’acciaio non si fondi su nessuna base politica. Nel 1953 diventa membro del Comité d’action pour l’indépendance nationale (CAIN), a fianco del socialista Lacoste, del gollista Michel Debré, del democratico-cristiano Buron e dell’Union démocratique et socialiste de la Résistance (UDSR) di François Mitterrand. Questo comitato è definito un «piccolo gruppo anti-CED» dallo stesso C.-D., che diventa uno dei maggiori artefici del fallimento della CED in Francia. Nel gennaio 1953 negozia i voti gollisti con René Mayer, perché quest’ultimo, nel caso diventasse Presidente del Consiglio, non faccia ratificare il trattato che istituisce la CED. Poi, il 14 agosto 1954, si dimette con altri due gollisti abbandonando l’incarico di ministro del governo Mendès France. Infine, grazie al CAIN, riesce a persuadere i deputati a votare contro la CED e soprattutto a mobilitare Herriot per farlo decidere a intervenire contro la CED, un’iniziativa che secondo Debré è stata «uno degli elementi del successo ottenuto». Come la stragrande maggioranza degli eletti gollisti – 67 su 73 – C.-D. vota contro la CED il 30 agosto 1954. In Mémoires pour demain, spiega di nuovo le ragioni della sua battaglia contro la CED: «Non ho mai dubitato che l’Europa sia una necessità, sull’esempio del generale de Gaulle che fu uno dei primi ad esporne il concetto. Ma non quell’Europa, dove i suoi fautori professavano la costruzione di una difesa comune prima di mettersi d’accordo su che cosa si dovesse difendere. Non questo mostro freddo. Non queste tecnostrutture applicate su un tessuto di vecchie nazioni. E soprattutto non quest’esercito costituito da una fusione dalla quale non poteva che scaturire confusione».
L’atteggiamento complesso di C.-D. nei confronti dell’Europa in costruzione continua a emergere anche nel 1956-1957. Il presidente dei repubblicani sociali, divenuto ministro nel governo di Guy Alcide Mollet, non approva il trattato che fonda la Comunità europea dell’energia atomica, di cui critica il carattere troppo sovranazionale, tuttavia lo vota. È molto reticente anche a proposito del principio del Mercato comune (v. Comunità economica europea), ma si astiene al momento della ratifica dei Trattati di Roma il 10 luglio 1957.
Nel 1958, quando torna al potere il generale de Gaulle, C.-D. è incaricato dal generale di rassicurare i partner europei della Francia. Nel 1969 la nomina di C.-D. a Matignon contribuisce a tranquillizzare gli europei. Il primo ministro e molti membri del suo governo – Maurice Schumann agli Esteri, Valéry Giscard d’Estaing all’Economia e alle Finanze, Jacques Duhamel alla Cultura, Joseph Fontanet al Lavoro e René Pleven alla Giustizia – aderiscono alla causa europea. C.-D. si mostra risoluto sul completamento del mercato comune agricolo (v. Politica agricola comune), premessa indispensabile per qualsiasi Allargamento. Appare favorevole anche all’approfondimento, approvando il progetto di Unione economica e monetaria, di cui sono state già poste le basi. È più scettico sull’uso del referendum per ratificare l’ingresso del Regno Unito, dell’Irlanda, della Danimarca e della Norvegia nella CEE, ma si allinea. Il mezzo fallimento del referendum del 23 aprile 1972 (67,7% di sì, ma il 39,5% d’astensioni e il 32,3% di no) contribuisce a deteriorare i suoi rapporti con il Presidente della Repubblica Georges Pompidou, circostanza che lo costringe a lasciare Matignon il 5 luglio.
Da allora le posizioni di C.-D. non smettono di avvicinarlo agli europeisti più convinti. L’ex primo ministro si mostra favorevole alle Elezioni dirette del Parlamento europeo a suffragio universale, a un “esecutivo europeo”, a una “difesa autonoma” su scala europea. Nel 1987 diventa presidente del Comitato d’azione per l’Europa (Comité d’action pour l’Europe), creato dieci anni dopo lo scioglimento del Comitato d’azione per gli Stati Uniti d’Europa di Jean Monnet. Accetta l’incarico, ma solo dopo aver ottenuto la modifica del nome del comitato, perché la locuzione “Stati Uniti d’Europa” evocavano un Federalismo che non gli pareva auspicabile.
Infine, si impegna molto attivamente a favore della ratifica del Trattato di Maastricht mediante referendum il 20 settembre 1992. All’interno della famiglia gollista, molto divisa ma largamente ostile, si adopera per la creazione dell’Unione europea. Il risultato del referendum lo rallegra, e negli anni Novanta continua a pronunciarsi a favore di un’“Europa potenza”, che non sia solo economica ma politica, diplomatica e militare.
Bernard Lachaise (2013)