Chevènement, Jean-Pierre
Uomo politico singolare persino nel variegato panorama della sinistra francese; difensore delle prerogative sovrane dello Stato nazione, da lui considerato «il quadro privilegiato della democrazia» e, pertanto, diffidente nei confronti dell’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della); critico verso gli Stati Uniti d’America; contrario alla devolution interna; assertore dell’intervento dello Stato nell’economia; deputato all’Assemblea nazionale dal 1973 al 2002 (escludendo le interruzioni tra il 1981 e il 2000 dovute agli incarichi ministeriali); candidato alle elezioni presidenziali del 2002 e dal 2000 sindaco di Belfort dopo esserlo stato senza interruzioni dal 1983 al 1993, C. nasce a Belfort, in Franca-Contea, il 9 marzo 1939. Figlio di insegnanti, frequenta a Besançon il liceo Victor Hugo e a Parigi i corsi dell’Institut d’études politiques prima di laurearsi in diritto. Entra poi all’École nationale d’administration (ENA) e fino al 1969 svolge le funzioni di consigliere commerciale al ministero dell’Economia e delle finanze.
La carriera politica di C. comincia nel 1964. allorché si iscrive alla Section française de l’Internationale socialiste (SFIO). Fonda poco dopo, assieme a Georges Sarre, a Didier Motchane e ad Alain Gomez, il Centre d’ètudes, de recherches et d’education socialistes (CERES), che diventerà, all’epoca del Congresso di Epinay-sur Seine (giugno 1971), una corrente del nuovo partito socialista. Alleatosi a François Mitterrand ne appoggia la candidatura a primo segretario del partito e, diventato segretario nazionale, ispira l’elaborazione del programma “Changer la vie’’ che propugna la pianificazione economica e le nazionalizzazioni. Convinto che soltanto l’unione delle componenti della sinistra (socialisti, comunisti e radicali) consentirà la sconfitta della destra, C. partecipa, nella prospettiva delle elezioni presidenziali del 1974, alla stesura del programma comune di governo con i comunisti firmato il 27 giugno 1972. Dopo la vittoria di Valéry Giscard d’Estaing e la sconfitta di François Mitterrand, C. si adopera per l’aggiornamento del programma comune, aggiornamento che fallirà nel 1977 a causa delle crescenti diffidenze dei comunisti di Georges Marchais. In questa cornice si colloca la presa di distanza di Mitterrand da C., la cui visione di un socialismo alla francese che rappresenti il superamento dello stalinismo e della socialdemocrazia preoccupa il primo segretario: nella prospettiva di diventare forza di governo Mitterrand, infatti, dà prova di moderazione, mettendo l’accento anziché sul socialismo sull’ammodernamento della Francia. Il CERES passa all’opposizione al Congresso di Pau del 1975 e C. accentua la singolarità della sua posizione lanciando un appello ai gollisti perché si uniscano alla sinistra per combattere il filoamericanismo imperante e sostengano la forza di dissuasione. Tuttavia, al Congresso di Metz dell’aprile 1979, pur di battere le correnti riformiste di Pierre Mauroy e di Michel Rocard, egli appoggia Mitterrand e, tornato alla direzione del partito, si adopera per imporre un’ortodossia caratterizzata, oltre che dalla riaffermazione del programma comune, dal ruolo dello Stato, dal volontarismo economico e dall’indipendenza nazionale.
Dopo la duplice vittoria dei socialisti alle elezioni legislative e presidenziali della primavera 1981, C. entra a fare parte del governo Mauroy, prima come ministro della Ricerca e della tecnologia e, poi, nel 1982, come ministro dell’Industria. Il disegno di creare un dicastero interventista non viene però apprezzato da Mitterrand che, dopo due anni di governo della sinistra e di fronte al dissesto finanziario causato dalle nazionalizzazioni, imprime, sotto l’influenza di Jacques Delors, ministro dell’Economia e delle finanze, un’impronta liberista ed europea alla politica generale del governo. C. dichiara di non riconoscersi più nella nuova linea e dà le dimissioni, che vengono accettate nel 1983. Nel 1984 entra a fare parte del governo Fabius come ministro dell’Educazione nazionale in un periodo particolarmente delicato a seguito del ritiro, su impulso dello stesso Mitterrand, del progetto Savary, istitutivo di un servizio pubblico unificato considerato dai sostenitori della scuola privata un attentato alla libertà dell’insegnamento. Nell’aprile 1986 il CERES si trasforma in “Socialismo e repubblica” e nel suo programma accentua il tema della difesa dell’indipendenza nazionale. Quando, poi, Mitterrand viene rieletto nel 1988, C. diventa ministro della Difesa nel governo Rocard, incarico che abbandonerà nel 1991 perché contrario, all’epoca della guerra del Golfo, al coinvolgimento militare diretto dei francesi sul territorio iracheno accanto agli americani.
Durante la campagna referendaria del 1992 sul Trattato di Mastricht C. si dichiara contrario alla ratifica del Trattato (v. anche Trattati) stesso e critica aspramente il Patto di stabilità e crescita. Entrato in collisione con gli orientamenti proeuropei dei socialisti, esce dal partito e fonda nel 1993 il Movimento dei cittadini (MDC). Nel 1994 si presenta alle elezioni europee con una lista, “L’altra politica”, composta di comunisti, socialisti, radicali e gollisti, che raccoglie il 2,54 per cento devoti. Nel 1997 la sua nomina a ministro dell’Interno nel governo Jospin (v. Jospin, Lionel) rappresenta una sorpresa (alle elezioni legislative di quell’anno il suo movimento raccoglie soltanto l’1,07 per cento dei suffragi espressi). Presto, però, C. entra in conflitto con il primo ministro fautore dello statuto che dovrà dare nel 2004 un’autonomia parziale alla Corsica. Nell’agosto 2000 si dimette. Nel settembre 2001 annuncia di voler “correre” per le presidenziali della primavera 2002 e interpreta i sentimenti e le paure di quel ceto medio che, credendo nelle virtù dello Stato nazione, male sopporta, in un momento critico per l’economia, sia la globalizzazione sia l’integrazione europea. Si tratta di un movimento trasversale che unisce nel “Polo repubblicano”, oltre al MDC, radicali, repubblicani di sinistra, gollisti e partigiani della sovranità nazionale. La campagna di C. è centrata sull’antiamericanismo e sull’idea di un’Europa estesa alla Russia, in grado di risolvere da sola i suoi problemi, segnatamente quelli della sicurezza e del rafforzamento dell’euro quale contrappeso allo strapotere del dollaro.
Nella lotta che oppone Jacques Chirac a Lionel Jospin per la conquista dell’Eliseo, C. è considerato – almeno per un momento – l’uomo del destino entro un quadro politico caratterizzato, a destra, da vicende di corruzione e, a sinistra, da malumori diffusi presso l’elettorato verso la politica socialista di rigore finanziario. Al primo turno in aprile delle elezioni presidenziali egli ottiene il 5,33% dei voti, quanto basta, secondo i suoi critici, per impedire che Jospin rimanga in corsa al secondo turno e per far sì che nel duello finale del maggio successivo Chirac si confronti con Jean-Marie Le Pen, presidente del Front national. Alle elezioni legislative del giugno dello stesso anno nessuno dei candidati della lista del Polo repubblicano, compreso C., viene eletto. Il Congresso di Saint-Pol sur Mer del gennaio 2003 segna la fondazione del Movimento repubblicano e cittadino, del quale C. diventa presidente onorario. Il movimento, in cui confluiscono, oltre al MDC, anche i comitati che avevano sostenuto la sua candidatura a Presidente della Repubblica, ha tra i suoi fini quello di un’evoluzione in senso democratico della costruzione europea, essenzialmente verso una confederazione, attraverso la rivalutazione del ruolo delle nazioni che ne fanno parte e l’attuazione di progetti comuni suscettibili di capovolgere la tendenza attuale verso politiche liberiste improntate al monetarismo e alla “dittatura della finanza” a scapito del mondo del lavoro.
Guidobono Cavalchini Garofoli (2008)