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Churchill, Winston Leonard Spencer

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C. (Blenheim Palace 1874-Londra 1965) era figlio di Lord Randolph Churchill, primogenito del settimo Duca di Marlborough. A sette anni frequentò il collegio di Ascot e dopo due anni fu mandato a Brighton, per poi essere ammesso a Harrow, una delle principali scuole private. Durante gli anni scolastici, non si distinse né per rendimento né per condotta. Alla fine degli studi a Harrow, sostenne l’esame di ammissione per Sandhurst, l’accademia militare per gli ufficiali. Una carriera militare era un percorso comune per figli di nobili con risultati accademici non brillanti.

Sebbene il padre fosse stato una figura distante durante l’infanzia, influenzò profondamente la visione di C. e i suoi primi passi in politica. Lord Randolph Churchill era stato eletto al Parlamento nel gennaio del 1874, come deputato per Woodstock, nel distretto di Marlborough, nei pressi di Blenheim Palace. Nel 1880, quando Lord Randolph rientrò a Londra, dopo la sconfitta dei conservatori alle elezioni di quell’anno, si affermò ben presto come figura politica di spicco. A trent’anni, divenne l’oratore più efficace del partito conservatore sia dentro che fuori dal Parlamento, l’unico in grado di competere con Gladstone, il primo ministro liberale. Divenne la figura centrale di un piccolo gruppo di dissidenti conservatori, che, con i loro attacchi incessanti ai liberali e a Gladstone stesso superavano addirittura i portavoce ufficiali dell’opposizione. Nel giugno del 1885, quando Lord Salisbury formò un governo conservatore, Lord Randolph divenne segretario di Stato per l’India. L’anno dopo, nel secondo governo di Salisbury, divenne cancelliere dello Scacchiere. Come molti ministri delle finanze, però, Lord Randolph si scontrò con i principali ministeri di spesa, l’Ammiragliato e il ministero della Guerra. Si riteneva così indispensabile che pensò di averla vinta minacciando di dimettersi. Salisbury lo prese in parola e Lord Randolph lasciò il governo nel dicembre del 1886, dopo soli sei mesi e in modo definitivo. Morì nel 1885, a quarantacinque anni. Una delle origini della smoderata ambizione che animò Winston fu la necessità di dimostrare il proprio valore, considerato che il padre si era così spesso lamentato dei suoi fallimenti scolastici e della sua cattiva condotta. Dopo la morte di Lord Randolph, Winston fu spinto a emulare la sensazionale carriera politica del padre e a compensare la sua caduta finale. I due volumi della biografia del padre, che Winston pubblicò nel 1906, restano una delle sue più celebri opere letterarie. Rappresentano inoltre una apologia del suo esordio politico, in particolare della sua scelta di abbandonare il Partito conservatore per quello Liberale.

Nei primi anni dopo aver ricevuto la nomina ad ufficiale dell’esercito nel 1895, C. si dedicò alla carriera militare e al giornalismo. Nel 1898 combatté nella battaglia di Omdurman, nella quale l’esercito comandato da Kitchener sconfisse il grande esercito dei dervisci assicurando il controllo britannico dell’Alto Nilo. Prese parte alla guerra boera in qualità di ufficiale e corrispondente di guerra. La fuga dalla prigionia boera gli portò una fama nazionale. La sua esperienza di guerra diretta gli diede un grande vantaggio su altri politici in un periodo dominato dalle due guerre mondiali, ma gli valse anche la reputazione di bellicoso e avventurista. Nel 1900, quando entrò in politica, aveva accumulato un’ingente fortuna con i suoi scritti. Per tutta la vita, il giornalismo e la scrittura rimasero le sue principali fonti di reddito. Ciò gli rese possibile la carriera politica permettendogli di mantenere il suo stile di vita dispendioso. L’attenzione di C. fu sempre rivolta alla politica. Dopo essersi candidato senza successo alle elezioni supplementari del 1899 come conservatore per il collegio di Oldham, una cittadina del Lancashire, conquistò il seggio alle elezioni politiche del 1900. Salvo un’interruzione dal 1922 al 1924, rimase membro della Camera dei Comuni fino al 1964. Sebbene eletto come conservatore, non fu mai un tory ortodosso e si considerò un erede della democrazia conservatrice di suo padre. Nel 1903, il Partito conservatore e Unionista cominciò a dividersi sulla questione della riforma delle tariffe doganali. C. fu sempre un sostenitore del libero scambio e nel 1904 recise i legami con il Partito conservatore diventando liberale. Fu il primo dei due cambiamenti di partito nella sua carriera politica mentre il secondo avvenne nel 1924, quando ritornò al Partito conservatore. Fu grazie alla sua eccezionale statura che riuscì a cambiare partito per ben due volte rimanendo sempre in auge. I suoi cambiamenti di partito rifletterono, tuttavia, anche i mutamenti all’interno dei partiti stessi, nel primo caso la divisione tra i conservatori sulla riforma delle tariffe doganali e nel secondo la divisione tra i liberali sull’adesione alla Coalizione di Lloyd George del 1916.

L’ennesima testimonianza dell’eccezionale reputazione che aveva acquisito fu la sua nomina, a soli trentuno anni, a sottosegretario nel governo liberale che si formò nel dicembre del 1905, sebbene la sua adesione al partito fosse avvenuta solo di recente. Divenne sottosegretario alle Colonie, incarico prestigioso, poiché essendo il ministro un Pari, C. fu quindi il portavoce del Dipartimento coloniale alla Camera dei Comuni. Nell’aprile del 1908, quando il primo ministro Campbell-Bannerman morì e a lui successe Asquith, C. entrò nel Gabinetto come ministro del Commercio. Fu il più giovane ministro per più di quarant’anni.

Insieme a Lloyd George, C. fu il principale responsabile delle misure con cui il governo liberale gettò le basi per il moderno welfare state. L’esperienza bellica gli ritornò utile quando nell’ottobre del 1911 divenne primo Lord dell’Ammiragliato. Prima di trasferirsi all’Ammiragliato, non aveva mai condiviso l’apprensione generale per la corsa agli armamenti navali con la Germania. Come principale promotore del programma sociale liberale, il suo principale interesse era quello di ridurre le spese della difesa. Il programma tedesco di costruzione navale indusse C. a concentrarsi nella preparazione della marina militare a un’eventuale guerra. Realizzò allora che la Germania avrebbe potuto rappresentare il principale elemento disturbatore dell’equilibrio di potere; così quando sopraggiunse la guerra nell’agosto 1914, aveva già fatto molto per preparare la marina militare al conflitto. Fu uno dei primi a capire i vantaggi del potenziale aereo e dei carri armati in guerra. Nel 1914 valutò vari piani per superare l’impasse sul fronte occidentale. Fu per sua iniziativa che nel 1915 si arrivò alla campagna di Gallipoli, un tentativo di conquistare i Dardanelli e Costantinopoli e di soccorrere la Russia. Fu un fallimento che costò caro, anche se C. non ne fu affatto il principale responsabile. Ciò nonostante, dovette dimettersi e il marchio del fallimento di Gallipoli rimase su di lui per molto tempo. Era diventato molto impopolare tra i conservatori perché ritenuto voltagabbana, tra i radicali perché aveva abbandonato il welfare per dare il proprio sostegno ai preparativi di guerra e tra i colleghi perché avevano finito col considerarlo pericolosamente imprevedibile. Nel maggio 1915, quando venne formato un governo di coalizione, ne rimase escluso perché i conservatori si rifiutarono di entrare nel governo di Asquith se ci fosse stato anche lui. C. lasciò il governo nel novembre 1915 e andò a combattere col grado di maggiore nelle trincee del fronte occidentale.

Nel dicembre 1916, Asquith fu costretto a dimettersi e Lloyd George divenne primo ministro e nel luglio 1917 poté far tornare C. al governo, come ministro per le Munizioni, una carica esclusa dal Gabinetto di guerra. Alla fine della guerra, Lloyd George decise di indire le elezioni politiche, nelle quali si presentò in coalizione con i conservatori e con quei liberali, come C., che lo avevano sostenuto. Fu un passo ulteriore verso un riallineamento del sistema partitico, da cui alla fine emersero i conservatori e i laburisti come i due partiti principali e al terzo posto il Partito liberale in declino. Dopo la vittoria elettorale della coalizione di Lloyd George, C. venne nominato segretario di Stato per la Guerra e l’Aeronautica. Ebbe il compito di smobilitare l’esercito e svolse un ruolo importante nella creazione della forza aerea. La strategia politica con cui venne allora associato in modo più rilevante fu il tentativo di intervenire in Russia per sconfiggere il regime bolscevico. All’epoca non era una politica realistica, poiché gli inglesi e gli altri alleati erano troppo sfiancati dalla guerra per poter intraprendere un’altra campagna e la sinistra considerava il sistema sovietico come uno Stato di lavoratori a cui non intendeva opporsi. Il forte antibolscevismo di C. lo rese inviso ai laburisti e ai sindacati, ma gli facilitò il ritorno definitivo al Partito conservatore. C. esercitò una scarsa influenza sul negoziato del Trattato di Versailles, ma considerò un errore che le condizioni venissero imposte alla Germania invece di concordarle e ritenne che le clausole del trattato sui risarcimenti fossero insensate. Aveva già puntato sul ripristino di qualche forma di equilibrio e coesione in Europa.

Nel febbraio del 1920 C. fu trasferito al ministero delle Colonie, dove si occupò principalmente di riorganizzare gli affari del Medio Oriente, un’area dove ormai il Regno Unito era la potenza dominante. Nell’ottobre del 1922, i conservatori uscirono dalla coalizione di Lloyd George formando un governo indipendente guidato da Bonar Law. Alle elezioni politiche svoltesi subito dopo lo scioglimento della coalizione nel 1922, C. perse il seggio che aveva tenuto a Dundee sin dal 1908. Nel novembre 1923, Baldwin indisse nuove elezioni sostenendo una battaglia elettorale sulle riforme delle tariffe doganali. C. si presentò per Leicester, ma non venne eletto.

Le elezioni politiche del 1923 confermarono i conservatori come il partito principale, pur senza una maggioranza assoluta. I laburisti si piazzarono al secondo posto e i liberali riuniti, guidati ancora una volta da Asquith, al terzo. Asquith decise di sostenere i laburisti senza però far parte di una coalizione. Ciò permise a Ramsay MacDonald di formare il primo governo laburista nel gennaio 1924. C. non condivise la decisione di permettere ai laburisti di salire al potere e partecipò come candidato antisocialista alle elezioni suppletive di marzo, che perse di misura contro il candidato conservatore ufficiale. Ottenne molto sostegno dalla stampa conservatrice compreso “The Times”. Baldwin aveva nel frattempo rinunciato a battersi per le riforme doganali e non scoraggiò alcuni dei suoi eminenti colleghi, compreso Balfour, dal sostenere C. Tutto ciò facilitò il ritorno di C. al Partito conservatore. Nell’ottobre 1924, quando cadde il governo laburista, furono indette altre elezioni politiche per la terza volta in due anni. C. si presentò nel collegio di Woodford, nell’Essex, in qualità di candidato dell’Associazione conservatrice locale e vinse. Mantenne questo seggio per i successivi quarant’anni. Fu, tuttavia, una sorpresa la sua nomina a cancelliere dello Scacchiere nel governo conservatore che Baldwin aveva formato. C. aveva portato ai conservatori molti voti in precedenza liberali e Baldwin avvertiva che era meglio averlo nel governo che permettergli di attaccarlo da fuori.

La prima decisione importante presa dal nuovo cancelliere fu il ripristino del gold standard. C., seppur liberista e sostenitore dell’economia di mercato, aveva qualche dubbio che un ritorno al gold standard fosse la misura giusta in un periodo di alta disoccupazione. Molte delle vecchie industrie di base britanniche, come quella carbonifera, stavano lottando per riguadagnare la loro quota sui mercati internazionali del mondo postbellico. Il ritorno all’oro era stato già deciso prima ancora che C. diventasse cancelliere e sarebbe stato difficile da contrastare. In privato C. riconobbe ben presto che il ritorno al gold standard, alla parità prebellica, era stato un errore e i suoi rapporti con Montagu Norman, il potente governatore della Banca d’Inghilterra, divennero tesi.

Nel 1929 Baldwin indisse nuove elezioni politiche, che i conservatori persero. I laburisti divennero il partito maggioritario senza però una maggioranza assoluta. Il sostegno dei liberali, guidati in quel momento da Lloyd George, rese possibile a Ramsay MacDonald la formazione di un secondo governo laburista. Per C. fu l’inizio del più lungo periodo senza incarichi politici sin dalla prima elezione alla Camera dei Comuni nel 1900. Il governo laburista ebbe in realtà vita breve a causa della Grande depressione che seguì al crollo di Wall Street del 1929. Quando MacDonald non riuscì a mettere d’accordo il suo Gabinetto sui tagli delle spese, richiesti dalle banche americane come prezzo per sostenere la sterlina tramite prestiti, si dimise nell’agosto 1931. Insieme ad alcuni altri leader laburisti, entrò allora in una coalizione con i conservatori, coalizione che le elezioni politiche confermarono al governo con una larga maggioranza, mentre il Partito laburista ormai diviso veniva decimato. In tutti questi sconvolgimenti, C. rimase senza alcun incarico politico, principalmente perché in disaccordo con Baldwin sui passi verso l’autogoverno dell’India. C. fu spesso visto come un leader conservatore alternativo a Baldwin, a cui mancavano visibilmente l’energia e il dinamismo che invece contraddistinguevano C. In fondo egli rimase sempre un imperialista vittoriano, posizione che divenne sempre più anacronistica. Ciò era tuttavia in linea con la sua opposizione alla strategia di appeasement verso Hitler e il nazismo che avrebbe adottato nel decennio successivo e sulla quale poggia la sua grandezza storica. In entrambi i casi il suo obiettivo era mantenere la potenza e la missione della Gran Bretagna come uno dei pilastri dell’ordine mondiale.

Fu forse una fortuna che C. non ricoprisse alcun incarico governativo fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Nel 1933, quando Hitler salì al potere, avvertì subito il pericolo rappresentato dal nazismo. Non credeva, tuttavia, che la Gran Bretagna dovesse avere un maggiore coinvolgimento negli affari europei rispetto a quanto fosse obbligata a fare conformemente ai Trattati di Versailles e di Locarno. Mantenere sotto controllo la Germania sarebbe rimasto principalmente un compito dell’esercito francese. L’opinione pubblica britannica, soprattutto a sinistra, era a favore del disarmo, della sicurezza collettiva e della Società delle Nazioni. C. era consapevole dei limiti della sua strategia. Non riteneva che la Società delle Nazioni potesse intervenire a favore della Cina contro il Giappone. La sua preoccupazione principale era che la difesa aerea britannica tenesse il passo con l’espansione della potenza aerea tedesca, intrapresa dal regime di Hitler a dispetto del Trattato di Versailles. Su tale questione continuò a esercitare pressioni sul governo in Parlamento. In quel momento, però, i suoi avvertimenti su Hitler non vennero ascoltati, perché non era il messaggio che l’opinione pubblica britannica voleva sentire. La possibilità di un’altra guerra era troppo ripugnante per essere contemplata.

Nel 1935 vennero superati i due ostacoli al possibile ritorno al governo di C. MacDonald si ritirò dal governo e gli successe Baldwin. Sarebbe stato difficile per C. rientrare al governo sotto MacDonald. Baldwin, come leader della maggioranza conservatrice, era sempre stato il vero detentore del potere nel governo nazionale. Ciò nonostante, C. non ricevette alcun incarico da Baldwin, poiché il primo ministro e i suoi colleghi temevano che con la sua abitudine di interferire negli altri ministeri, in particolare in quello della difesa e degli esteri, avrebbe esercitato un’influenza destabilizzante all’interno del Gabinetto. Alle elezioni politiche del novembre del 1935 C. sostenne pienamente il governo Baldwin, che si trovò quasi subito in difficoltà per il manifesto ripudio della politica di sicurezza collettiva e di sostegno alla Società delle Nazioni su cui aveva incentrato la sua battaglia elettorale. Nel dicembre del 1935, il segretario per gli Affari esteri, Sir Samuel Hoare, firmò il patto Hoare-Laval che stabiliva la spartizione dell’Abissinia e la fine delle sanzioni contro l’Italia. L’opinione pubblica britannica si sentì talmente scandalizzata da tale abbandono dell’Abissinia e della Società delle Nazioni che Baldwin fu costretto a far dimettere Hoare, al quale succedette Anthony Eden. C. concordava con la linea di Hoare. Aveva un’alta opinione di Mussolini, da cui si era recato nel 1927 profondendosi in elogi. A suo avviso, per l’Abissinia non era fattibile uno Stato moderno ed era insensato spingere Mussolini tra le braccia di Hitler. Fu soltanto in seguito, quando Mussolini era ormai diventato un alleato di Hitler, che C. perse la fiducia che aveva risposto nel leader italiano.

I contributi di C. al dibattito sulla crescente minaccia della Germania furono ascoltati con attenzione e rispetto. Quando la minaccia divenne più evidente con la rimilitarizzazione della Renania da parte di Hitler, considerata spesso l’ultima possibilità per fermare il dittatore tedesco senza una guerra, C. si rese conto che si sarebbe potuto fare poco se i francesi non fossero stati pronti a entrare in azione. La sua attenzione era ancora concentrata sul miglioramento della difesa aerea britannica e non prevedeva un contributo importante a una guerra di terra nel continente. C. sperava ancora che si potesse mantenere un equilibrio di potere in Europa, soprattutto grazie ai francesi e ai suoi alleati. Continuò ad aver fiducia nell’esercito francese e nella Linea Maginot e sostenne la neutralità nella guerra civile spagnola.

Nel maggio del 1937 Neville Chamberlain prese il posto di Baldwin, che si occupò degli affari esteri, la questione chiave del momento, con maggiore energia rispetto al suo predecessore, ma è ormai ampiamente riconosciuto che la sua analisi della situazione era fondamentalmente viziata. Egli avvertiva che il programma di riarmo non poteva essere spinto oltre senza mettere in pericolo l’economia britannica. Era quindi fondamentale giungere a un accordo con i dittatori, soprattutto con Hitler. Se ciò significava soddisfare alcune delle mire tedesche sull’Europa dell’Est, la Gran Bretagna non aveva interessi in quell’area così importanti tali da ostacolarle, a patto che i cambiamenti avvenissero in modo pacifico e concordati. Purtroppo per Chamberlain, simili intese con Hitler non erano possibili. C. sosteneva che la mobilitazione di una Grande alleanza, che includesse la Russia, potesse scoraggiare Hitler o portare al suo rovesciamento dall’interno. Un ragionamento che col senno di poi non sembra inoppugnabile. Dopo le purghe di Stalin, nessuno aveva molta fiducia nelle capacità militari della Russia. Era improbabile che Hitler sarebbe stato dissuaso dalla partecipazione russa a una alleanza ostile. Nessun paese dell’Europa dell’Est era disposto a far entrare le truppe russe nel proprio territorio ed è difficile immaginare come la Russia avrebbe potuto aiutare la Cecoslovacchia. In merito a un colpo militare interno contro Hitler, ci fu un complotto poco prima della Conferenza di Monaco del 1938, ma rimane incerto se avesse mai potuto decollare. Fortunatamente per C., i suoi suggerimenti sull’opposizione alla Germania non furono messi alla prova.

La politica di Chamberlain, d’altro lato, fu brutalmente smentita dalla fallacia delle sue basi. Egli sostenne di aver garantito “la pace con onore” con l’accordo di Monaco nel settembre 1938, che lasciò la Cecoslovacchia spezzata. Nel marzo 1939, Hitler stracciò l’accordo smembrando i resti della Cecoslovacchia. Il termine appeasement aveva avuto fino a quel momento una connotazione positiva. In seguito significò giungere a compromessi con una forza bruta, in modo disonorevole e a spese altrui, e senza nemmeno giungere a un risultato. Chamberlain fu costretto dall’opinione pubblica a dal suo stesso Gabinetto, in particolare dal segretario per gli Affari esteri Lord Halifax, a invertire la rotta della sua politica.

Per gran parte del 1938 C. era stato politicamente isolato. Persino il piccolo gruppo dei seguaci di Anthony Eden, che si era dimesso nel febbraio 1938 a causa dell’avvicinamento di Chamberlain a Mussolini, non cercò di stringere alcun rapporto con lui. Le critiche di C. all’accordo di Monaco, considerato una resa, lo misero in difficoltà con l’Associazione dei conservatori nel suo collegio a Woodford. Dal marzo del 1939, però, la sua reputazione mutò completamente e nella stampa si levarono sempre più voci affinché gli venisse affidato un incarico governativo. Chamberlain si aggrappò alla speranza che la guerra potesse essere evitata fino all’ultimo e fu soltanto alla dichiarazione di guerra del 3 settembre che a C. venne offerta la carica di primo Lord dell’Ammiragliato.

I primi otto mesi di guerra segnarono pochi successi per gli Alleati e alcune nette battute d’arresto, soprattutto nella guerra per mare. Nell’aprile del 1940, gli Alleati subirono una pesante sconfitta quando i tedeschi occuparono rapidamente la Norvegia. C. fu direttamente coinvolto nella campagna norvegese e toccò a lui difendere l’operato del governo alla Camera dei Comuni. Lo fece con molta lealtà, ma quando la maggioranza di governo di oltre duecento voti si ridusse a ottantuno, Chamberlain non poté continuare. Era necessaria una coalizione di tutti i partiti che poteva formarsi soltanto con un nuovo primo ministro. La scelta cadde su C., che si insediò il 10 maggio 1940, giorno in cui la Germania aveva avviato l’offensiva in Occidente conclusasi sei settimane dopo con il crollo della Francia. Il nuovo primo ministro riuscì a sbarazzarsi senza tanti complimenti di tutte le tendenze, da parte di Halifax e altri, a esplorare la possibilità di una pace negoziata con Hitler. Aveva ora il leale supporto di Chamberlain, che rimase membro del suo Gabinetto. Dopo la sua morte nel novembre del 1940, C. gli successe come leader del Partito conservatore.

Gli storici revisionisti hanno sottolineato come C. non avrebbe potuto impedire nel lungo termine il declino della Gran Bretagna come grande potenza e la disintegrazione dell’impero. Non avrebbe potuto mutare i profondi corsi storici né tanto meno, in un contesto di lotta per la sopravvivenza, guardare oltre al conseguimento della vittoria finale. Tutto ciò non sminuisce il fatto che C. riuscisse a riunire la nazione intorno a ciò che sembrava una posizione disperata e in un modo che solo un uomo con il suo talento avrebbe potuto fare. Così facendo, mantenne in piedi una coalizione che avrebbe alla fine sconfitto il Terzo reich, salvando il paese dal trauma della sconfitta e dell’occupazione che fu il destino di molti altri paesi europei. Finché ciò che egli chiamò in seguito la Grande Alleanza non fu completa con l’entrata in guerra degli Stati Uniti, le opzioni strategiche di C. furono limitate, ma egli non si accontentò di rimanere semplicemente sulla difensiva. Nonostante il pericolo di un’invasione delle isole britanniche, inviò truppe nel Medio Oriente mantenendo aperta nel Mediterraneo una linea di comunicazione vitale. Nonostante le numerose battute d’arresto nei Balcani e nel Deserto occidentale, il Medio Oriente non cadde mai in mano alle potenze dell’Asse e all’invasione tedesca della Russia venne imposto un ritardo che risultò vitale. Il 22 giugno 1941, quando l’invasione ebbe inizio, C. offrì immediata assistenza all’Unione Sovietica, ribadendo al suo segretario: «Se Hitler invadesse l’Inferno, come minimo spenderei una buona parola alla Camera dei Comuni per il Diavolo». Nel frattempo fece tutto il possibile per sviluppare la relazione anglo-americana e al suo ritorno all’Ammiragliato nel 1939 intraprese una corrispondenza diretta con il Presidente Franklin Delano Roosevelt. Nell’agosto del 1941 i due leader si incontrarono al largo delle coste di Terranova, stabilendo una serie di principi, noti come la “Carta atlantica”. Fu un enorme sollievo per C. Quando, nel dicembre del 1941, gli Stati Uniti entrarono in guerra a seguito dell’attacco di Pearl Harbour e quando l’amministrazione Roosevelt decise di dare la precedenza alla guerra in Europa. Ciò nonostante, le prime sconfitte britanniche in Estremo Oriente, l’affondamento delle corazzate Prince of Wales e Repulse e la caduta di Singapore provocarono inquietudine nell’opinione pubblica e parlamentare britannica riguardo alla condotta della guerra da parte di C.

In Europa egli si preoccupò di evitare un’invasione prematura del continente da occidente, il cosiddetto “secondo fronte”, temendo che ne scaturisse una situazione di stallo o un fallimento. Nel frattempo insistette a puntare contro ciò che definì “il ventre molle dell’Asse” nel Mediterraneo. Il Nord Africa venne liberato dal nemico e la Sicilia e l’Italia furono invase, ma non si arrivò mai a un’invasione della penisola balcanica, altra cosa auspicata da C. La concentrazione angloamericana sul teatro di guerra mediterraneo produsse l’armistizio con l’Italia, ma fino al 1944 non sempre portò ai rapidi risultati militari sperati. D’altro canto ciò causò un dirottamento di risorse nemiche dal fronte russo che forse fu decisivo. La campagna di bombardamenti contro la Germania fu allora l’unico modo in cui poter colpire il cuore del nemico. Fu anche un modo per far sentire al popolo britannico, pesantemente danneggiato dai bombardamenti tedeschi, che quella loro situazione difficile non sarebbe rimasta invendicata. Negli anni Trenta la preoccupazione britannica per lo sviluppo del potenziale aereo, condivisa anche da C., permise che venissero gettate le basi per la produzione di grandi bombardieri e che a tal fine si destinassero ingenti risorse. Alcuni consiglieri continuarono a ribadire che una campagna di bombardamenti avrebbe potuto decidere la guerra. Dal momento che con le incursioni aeree non era possibile colpire con precisione obiettivi militari, essi sostennero il bombardamento a tappeto ritenendo che avrebbe fermato la produzione bellica e distrutto il morale dei civili. C. ben presto si rese conto che la campagna di bombardamenti di per sé non avrebbe portato alla vittoria e sul finire del conflitto dubitò che fosse ormai giustificata. Accettò che alla fine fosse necessario organizzare un’invasione su vasta scala del continente da occidente. Un’altra preoccupazione era la guerra nell’Atlantico, che minacciava la linea di comunicazione vitale tra America e Gran Bretagna, ma che nel 1943 si era sul punto di essere vinta.

Ministro della Difesa oltre che primo ministro, C. esercitò il controllo dell’intero sforzo bellico britannico e delle relazioni con gli alleati con energia e inventiva implacabili e uno stile inimitabile. Fu lui a insistere sulla costruzione di porti artificiali, i cosiddetti mulberry, che si rivelarono fondamentali per il successo dello sbarco del D-Day nel giugno 1944, prima della conquista di un porto preesistente. Le tensioni tra politici e generali che avevano tormentato la condotta britannica della Prima guerra mondiale vennero evitate. Nella seconda parte della guerra la sua influenza sulla strategia diminuì essendosi ridotto anche il contributo britannico allo sforzo bellico rispetto a quello degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica. C. riconobbe più realisticamente di Roosevelt le difficoltà che avrebbero potuto sorgere nelle relazioni tra Unione Sovietica e Alleati occidentali, evidenziate dalle differenze in merito al destino della Polonia, sebbene non abbandonasse la speranza di poter raggiungere un accordo con Stalin. A livello personale, il suo rapporto con il dittatore russo era diventato di reciproco rispetto. Lo stesso dicasi di un altro difficile alleato, il generale Charles de Gaulle, che C. aveva subito riconosciuto come il legittimo rappresentante della Francia. Nel 1945, nelle ultime conferenze tra le tre potenze, Yalta e Potsdam, la capacità di C. di modificare l’esito fu ridotta. Né la Gran Bretagna né l’America potevano cambiare il fatto che la maggior parte dell’Europa orientale sarebbe finita sotto il controllo dell’Armata rossa alla fine della guerra. Egli avrebbe preferito, tuttavia, che Eisenhower, comandante supremo delle Forze alleate, avesse dato una priorità maggiore alla conquista di capitali quali Berlino, Praga e Vienna prima che l’Armata rossa vi potesse arrivare. Prima ancora che si concludesse la Conferenza di Potsdam nel luglio del 1945, C. fu estromesso dal potere dagli elettori britannici alle elezioni politiche e a prendere il suo posto al tavolo della conferenza fu il primo ministro laburista Clement Attlee. C. continuò a godere di un’altissima reputazione tra l’opinione pubblica britannica a differenza del suo partito. I conservatori erano stati al potere per quasi quindici anni e in particolare i sei anni di guerra avevano mutato radicalmente lo scenario politico e sociale britannico. Alcune iniziative dello stesso governo di C., quali la pubblicazione del Rapporto Beveridge sull’istituzione di un nuovo sistema di sicurezza sociale, avevano alimentato le speranze di un nuovo approccio all’ingiustizia sociale, sulla cui realizzazione gli elettori confidavano in un governo laburista.

Alcuni, compresa la moglie, consigliarono a C., ormai settantenne, di ritirarsi, ma il suo grande prestigio internazionale e le sue ineguagliabili doti retoriche gli permisero di svolgere ancora un ruolo fondamentale nell’assetto mondiale postbellico. Fu proprio allora che rese un importante contributo alla causa dell’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). Durante la guerra aveva parlato talvolta di un consiglio europeo, che avrebbe compreso le grandi potenze quali Francia, Italia, Spagna e anche diverse confederazioni, quali quella del Danubio, quella scandinava e così via escludendo però l’Inghilterra e la Russia. Dell’Europa centrale avrebbe potuto farne parte la “Prussia”, una delle grandi potenze europee, mentre la gran parte della Germania meridionale sarebbe stata inclusa nella federazione del Danubio. L’idea che la Prussia aveva esercitato una cattiva influenza sul resto della Germania era una delle idées fixes di C. Le sue riflessioni in tempo di guerra sull’ordine mondiale postbellico non erano ancora del tutto definite e si rivelarono molto distanti dalla realtà emersa alla fine del conflitto. In un discorso a Bruxelles nel novembre del 1945 C. parlò per la prima volta di Stati Uniti d’Europa. Sviluppò questo argomento in due discorsi che tenne in Svizzera nel settembre del 1946, di cui il secondo, pronunciato a Zurigo il 19 settembre 1946, è spesso considerato come un passo fondamentale nel movimento verso l’integrazione europea. In quest’ultimo discorso C. invocò la necessità di una alleanza tra Francia e Germania, affermando: «Dobbiamo ricostruire la famiglia europea in una struttura regionale con il nome, forse, di Stati Uniti d’Europa. Il primo passo è formare un Consiglio d’Europa». Nel marzo del 1946 si recò in compagnia del successore di Roosevelt, il presidente Harry Spencer Truman, a Fulton, nel Missouri, e pronunciò un discorso in cui affermò: «Da Stettino nel Baltico a Trieste nell’Adriatico, una cortina di ferro è scesa sul Continente». Queste due immagini, che ben presto divennero complementari, ovvero una federazione europea che si costituiva dietro una cortina di ferro e contro un ulteriore avanzamento del comunismo sovietico rimasero profondamente impresse nella coscienza postbellica del mondo. Il concetto di cortina di ferro fu dapprima controverso, ma a partire dal 1947 la politica di contenimento dell’Unione Sovietica era diventata il principale obiettivo degli Stati Uniti e di altre nazioni occidentali, compresa la Gran Bretagna. Da qui nacquero iniziative quali il Piano Marshall e l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) che segnarono il mondo postbellico per molti anni a venire. Da più fonti erano stati compiuti vari passi verso l’integrazione europea, a cui C. offrì il suo influente sostegno. D’altra parte, l’appello lanciato nel discorso di Zurigo affinché Francia e Germania stringessero un’alleanza non ricevette all’epoca il consenso di de Gaulle, che si oppose alla restaurazione di una Germania unita. Vi erano naturalmente alcune ambiguità in ciò che C. intendeva esattamente con Europa unita e fino a che punto fosse disposto ad arrivare prospettando una fusione di sovranità. Nel momento più terribile della guerra, quando la Francia era sul punto di firmare un armistizio nel giugno del 1940, aveva proposto un’unione tra Francia e Gran Bretagna. Il 5 maggio 1949 venne firmato lo statuto del Consiglio d’Europa, uno sviluppo a cui C. aveva contribuito in modo decisivo. Nel maggio 1948 pronunciò un discorso al Congresso dell’Aia del Movimento europeo, dove parlò di politica di unità e della necessità di «qualche sacrificio o fusione di sovranità nazionale. Ma è anche possibile e non meno opportuno considerarla come la graduale assunzione da parte di tutte le nazioni coinvolte di una sovranità più ampia, che possa anche salvaguardare le tradizioni e le caratteristiche diverse e proprie di ciascuna di loro, che nei sistemi totalitari, siano essi nazisti, fascisti o comunisti verrebbero certamente cancellati per sempre». È improbabile, tuttavia, che dopo il 1945 C. pensasse alla Gran Bretagna come membro a pieno titolo degli Stati Uniti d’Europa. Il suo pensiero era dominato dall’idea dei tre cerchi, il Commonwealth britannico, la relazione angloamericana e l’Europa, in ognuna delle quali la Gran Bretagna avrebbe dovuto continuare ad avere un ruolo. C. diede il suo principale contributo al Movimento europeo quando non era al governo, non dovendo essere troppo preciso in ciò che sosteneva.

Nell’ottobre del 1951, i conservatori vinsero di misura le elezioni politiche e C. ritornò al governo come primo ministro. In quel momento uomini come Jean Monnet, Robert Schuman e Konrad Adenauer stavano dando vita alle istituzioni della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), a cui nel 1957 si sarebbe aggiunta la Comunità economica europea (CEE). La Gran Bretagna rimase lontana da questi sviluppi. Questa era stata la politica del governo laburista ripresa da C. e dal suo ministro degli Esteri e suo futuro successore Anthony Eden, anche se ci sarebbero voluti ancora altri tre anni prima che Eden entrasse in possesso di tale eredità. Il ministro degli Affari esteri e i suoi consiglieri si opposero alla partecipazione britannica ai progetti d’integrazione economica europea. Furono tutti a favore della proposta poi fallita di una Comunità europea di difesa (CED), di un esercito europeo, escludendone però l’adesione britannica. Dopo il fallimento della CED, il governo C. ebbe un ruolo di primo piano nello spianare la strada all’adesione tedesca alla NATO, rendendo in tal modo possibile il riarmo della Germania. Le principali preoccupazioni di C. nel suo ultimo premierato furono le relazioni tra Est e Ovest e i pericoli di una guerra nucleare. Malgrado la relativa distensione con l’Unione Sovietica dopo la morte di Stalin e i suoi ottimi rapporti con Eisenhower, eletto presidente nel 1952, C. non riuscì a organizzare un vertice Est-Ovest. Nei suoi discorsi del tempo presagì la dottrina della deterrenza, sulla quale nell’era nucleare finirono per basarsi le relazioni tra Est e Ovest, ma nel breve tempo rimastogli non riuscì a rendere la coesistenza così pacifica e sicura come sperava. Nel giugno 1953 fu colpito da un grave ictus che venne celato al pubblico. Le sue energie e le sue capacità lavorative ne furono ridotte, ma C. si riprese abbastanza da continuare fino al ritiro definitivo dal governo nell’aprile 1955. Mantenne il seggio alla Camera dei Comuni, dove fece la sua ultima apparizione nel luglio 1964. Morì il 24 gennaio 1965 a novant’anni. Clement Attlee, che lo conosceva molto da vicino come avversario e collega, ne riassunse così la figura: «Sotto ogni profilo, Winston C. è stato uno degli uomini più grandi che la storia abbia mai avuto […]. L’energia […] era la sua dote suprema […]. Tuttavia, non si tratta solo di tutto ciò che fece per vincere la guerra. Vi era anche la poesia di C. […]. Energia e poesia […] lo riassumono. Fu certo un mortale straordinariamente fortunato […]. E forse la cosa più bella era che non smetteva mai di dirlo». Come amava dire lo stesso C.: «Siamo tutti insetti, ma io credo di essere una lucciola».

Edgar Feuchtwanger (2010)

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