Il Trattato istitutivo della Comunità europea (v. Trattati di Roma) ha previsto una serie di disposizioni miranti a permettere la deroga alle regole del Trattato stesso (v. anche Trattati), temporaneamente e sotto il controllo delle autorità comunitarie. Le disposizioni in oggetto sono defìnite “clausole di salvaguardia”, ed è possibile ritrovarle nella disciplina della Libera circolazione di merci e della Libera circolazione dei capitali, della concorrenza (v. Politica europea di concorrenza), delle politiche agricole (v. Politica agricola comune), ambientale (v. Politica ambientale) e commerciale (v. Politica commerciale comune). Inoltre, clausole di salvaguardia figurano tra le disposizioni generali e finali del Trattato, nei trattati di adesione nonché in tutta la produzione di normativa comunitaria derivata (v. Diritto comunitario), come gli accordi preferenziali in materia commerciale o i regolamenti di applicazione. Tali norme, inizialmente contemplate in previsione delle difficoltà collegate alla creazione di un’Unione doganale e del mercato comune (v. Comunità economica europea), si sono rivelate nel tempo un fenomeno in costante evoluzione. Se molte di esse si sono di fatto dimostrate inapplicabili, allo stesso tempo c’è stato un vero e proprio proliferare di queste clausole nell’ambito del diritto comunitario secondario.
Nell’ambito del processo d’integrazione europea, le clausole di salvaguardia hanno svolto una funzione sia di regolazione che di incentivo. Da un lato, infatti, si è provveduto ad assicurare il buon funzionamento della Comunità, prevedendo meccanismi concordati e limitati che, in presenza di determinate circostanze, sospendono la validità di norme generali al fine di evitare pericoli maggiori per il sistema nel suo complesso. Dall’altro, le clausole di salvaguardia hanno contribuito, nel tempo, ad aiutare gli Stati a superare difficoltà conseguenti al processo di integrazione, incoraggiandoli ad impegnarsi maggiormente su quella strada. Si tratta, quindi, di uno strumento che favorisce il funzionamento della norma cui si riferisce in quanto limita la sua non applicazione a casi di effettiva necessità e, al contempo, garantisce la sopravvivenza di meccanismi già acquisiti anche in momenti di crisi. In sostanza, grazie ad una nuova configurazione di quella che nel diritto internazionale classico veniva definita la clausola rebus sic stantibus, una circostanza eccezionale o il venir meno dei presupposti di un accordo non comportano la cessazione dell’accordo stesso, bensì solo la sospensione temporanea di una sua parte.
La principale caratteristica delle clausole di salvaguardia è l’impossibilità che uno Stato possa applicarle in maniera diretta ed esclusiva: è sempre previsto l’intervento delle autorità comunitarie, sia esso preventivo o successivo. Di regola è la Commissione europea, nell’ambito dei suoi poteri di vigilanza, ad autorizzare, tramite decisione, l’applicazione da parte degli Stati di clausole di salvaguardia, comunicando contestualmente ogni provvedimento al Consiglio dei ministri e agli Stati membri. In ogni caso le deroghe, in quanto debitamente autorizzate dalle istituzioni preposte, dovranno tener conto non solo delle esigenze dello Stato in difficoltà, ma anche dell’interesse superiore dell’Unione europea. Inoltre, i due parametri di legalità fondamentali per ottenere il ricorso ad una clausola di salvaguardia sono la necessità e la proporzionalità, entrambi criteri che vengono di regola interpretati in maniera restrittiva in modo da garantire il minor turbamento possibile del sistema comunitario e l’adozione di misure strettamente proporzionate, appunto, alle difficoltà da superare. Infine, l’ultimo tratto distintivo di tali clausole è, come già detto, la temporaneità delle misure: a differenza dello strumento dell’opting-out, caratterizzato da effetti permanenti, la clausola di salvaguardia è intrinsecamente finalizzata alla ricostituzione dei presupposti necessari alla piana attuazione del diritto comunitario. Di conseguenza, portando all’instaurazione di regimi speciali transitori non possono che avere carattere temporaneo.
In particolare, nel caso dei Trattati di adesione (v. Criteri di adesione) le clausole di salvaguardia hanno lo scopo di mitigare il principio dell’acquis communautaire (v. Acquis comunitario), secondo il quale al momento dell’entrata in vigore del Trattato di adesione tutto l’insieme del diritto comunitario diviene immediatamente applicabile al nuovo Stato membro alle condizioni previste dai Trattati istitutivi e dall’Atto di adesione stesso. L’inserimento di alcune deroghe, a carattere strettamente transitorio, mira a facilitare l’adattamento del nuovo paese alle regole in vigore in seno all’Unione. Il controllo della corretta applicazione del sistema di clausole previste può spettare sia alla Commissione che al Consiglio, su proposta della Commissione stessa, a seconda di quanto stabilito dagli atti in questione.
Per quanto riguarda la politica commerciale, invece, simili clausole nei trattati commerciali internazionali autorizzano uno Stato contraente ad adottare un regime tariffario più oneroso o limitazioni quantitative nei confronti di quei prodotti di altri paesi la cui importazione potrebbe avere effetti negativi sulla produzione nazionale di merci similari. Un’analoga deroga è prevista dall’articolo 134 del Trattato CE, previo ottenimento della necessaria autorizzazione da parte dei competenti organi comunitari. In tutti i casi è generalmente richiesto un presupposto di urgenza, definito in relazione a particolari difficoltà incontrate dal paese per quanto riguarda i movimenti di merci o di capitali o persistenti deficit della bilancia dei pagamenti. L’autorizzazione ad adottare una clausola di salvaguardia è normalmente richiesta per relazioni economiche con paesi terzi e, comunque, in quelle materie in cui non esista una politica comune da parte della Comunità europea.
Roberto Santaniello (2007)