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Codecisione

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La codecisione è diventata, con il Trattato di Nizza (“Gazzetta ufficiale delle Comunità europee” C80 del 10/03/2001), la procedura più importante per l’approvazione delle leggi (direttive e regolamenti) dell’Unione europea. Essa fu introdotta nel sistema comunitario (che fino ad allora non attribuiva poteri decisionali al Parlamento europeo, salvo in materia di bilancio) dal Trattato di Maastricht (ibid., C191 del 29/07/1992) e cominciò a essere operativa dal 1° novembre 2003.

La procedura

La Procedura di codecisione nella sua forma attuale, consacrata dal Trattato di Amsterdam (GUCE C340 del 10/11/1997), permette di adottare le norme comunitarie (v. Diritto comunitario) solo con il consenso su un medesimo testo del Parlamento europeo e del Consiglio europeo dell’Unione (colegislatori), attraverso un sistema complesso di “navette”. Schematicamente, la procedura si articola su due letture da parte di ciascuno dei colegislatori e, in caso di disaccordo, su una procedura di conciliazione (v. anche Comitato di conciliazione). La Commissione europea presenta una proposta legislativa (mantiene dunque il suo potere d’iniziativa) al Parlamento europeo e al Consiglio. Il Parlamento europeo approva in seguito un “parere” che, in realtà, si compone di un progetto emendato della proposta della Commissione e di una risoluzione legislativa, approvati entrambi a maggioranza semplice dal Parlamento europeo. Il Consiglio approva poi una “posizione” comune che, in realtà, è anch’essa la proposta della Commissione emendata. Se gli emendamenti del Parlamento europeo e del Consiglio coincidono, la decisione è approvata. Se, invece, vi è divergenza, visto un parere della Commissione, il Parlamento europeo ha di nuovo la parola; entro tre mesi può approvare la posizione comune (o tacere, e il silenzio vale assenso), respingerla a maggioranza dei membri dell’assemblea o, alla stessa maggioranza, proporre emendamenti.

Il Parlamento europeo ha deciso di restringere la propria possibilità di presentare emendamenti diversi da quelli che ha approvato in prima lettura o che servono ad attuare un compromesso con il Consiglio o, ancora, che rispecchiano una situazione di fatto nuova. Il Consiglio può, ancora una volta, accogliere o respingere gli emendamenti del Parlamento europeo. Nel primo caso il testo è approvato, mentre, nel secondo caso, il Presidente del Consiglio (v. Presidenza dell’Unione europea), d’accordo con quello del Parlamento europeo, deve convocare un comitato di conciliazione. Durante le due letture, la Commissione dispone del potere di accogliere o meno gli emendamenti del Parlamento europeo: se li accoglie, il Consiglio può votarli a maggioranza qualificata, altrimenti deve votarli all’unanimità (v. Voto all’unanimità).

Benché la grande maggioranza dei progetti sia adottata già in prima o in seconda lettura, la procedura di conciliazione è necessaria per le leggi più complesse. Il Consiglio invia una delegazione presieduta dal rappresentante dello Stato che ha la presidenza e composta da un rappresentante per ogni Stato membro. Il Parlamento europeo nomina una delegazione composta da un egual numero di deputati. La Commissione non fa parte del comitato, ma partecipa ai lavori per cercare di avvicinare le posizioni delle altre due istituzioni.

È interessante esaminare brevemente la composizione della delegazione parlamentare. Alla sua testa c’è sempre un vicepresidente del Parlamento europeo, scelto fra tre designati a ogni metà della legislatura parlamentare. Questo garantisce al Parlamento europeo una coerenza di comportamento nelle diverse procedure. Inoltre, fanno parte della delegazione il presidente della commissione parlamentare competente, il relatore della commissione e altri deputati, in maniera da rispettare l’equilibrio fra i Gruppi politici al Parlamento europeo. La delegazione prende le sue decisioni interne a maggioranza. Conviene ancora segnalare che il comitato di conciliazione lavora sulla posizione comune e sugli emendamenti proposti dal Parlamento europeo. Quando, nei termini stabiliti dal Trattato (sei settimane, eventualmente prorogabili di due) le due delegazioni si accordano su un testo preciso, quest’ultimo viene trasmesso al Parlamento europeo e al Consiglio per l’approvazione finale, che avviene con la maggioranza dei voti in Parlamento e con la maggioranza qualificata al Consiglio. Se il testo è approvato, i presidenti del Parlamento europeo e del Consiglio lo firmano prima della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.

La codecisione e la democrazia del sistema istituzionale

Il sistema della codecisione è conosciuto, con modalità diverse, in tutti i sistemi bicamerali negli Stati federali o con forte decentralizzazione. Nel quadro delle Istituzioni comunitarie, esso fu preconizzato dal Rapporto Vedel (“Bollettino CE”, supplemento 4/1972) e poi dal Rapporto Tindemans (“Bollettino CE”, supplemento 9/75), entrambi inviati ai capi di Stato e di governo, ma è stato codificato con precisione nel Progetto di trattato sull’Unione europea (Progetto Spinelli) (v. anche Altiero Spinelli; Club del Coccodrillo) adottato dal Parlamento europeo il 14 febbraio 1984 (GUCE C077 del 19/03/1984, p. 53). A partire da quel modello, i Trattati comunitari, dall’Atto unico europeo (ibid., L169 del 29/06/1987) in poi, hanno rafforzato la presenza del Parlamento nel Processo decisionale, fino alla versione odierna della procedura di codecisione. La codecisione rafforza certamente la democrazia e la trasparenza del sistema decisionale. Quanto alla democrazia, è evidente che l’ingresso del Parlamento direttamente eletto nel processo decisionale con un ruolo determinante e non subordinato a quello dei ministri garantisce il rispetto della regola tipica della democrazia, secondo la quale le leggi sono adottate sempre da un organo eletto.

Quanto alla trasparenza, bisogna sottolineare che tutti i dibattiti e i voti parlamentari, in commissione e in seduta plenaria, sono pubblici, mentre la maggior parte dei dibattiti in seno al Consiglio – compresi tutti quelli preparatori nel Comitato dei rappresentanti permanenti (COREPER) o nei Comitati e gruppi di lavoro – non è pubblica. L’introduzione della codecisione permette dunque, almeno teoricamente, al cittadino di rendersi conto degli interessi che si contrappongono e dei differenti punti di vista durante il dibattito legislativo.

La procedura di codecisione presenta, dal punto di vista della democrazia e della trasparenza, due limiti. Il primo riguarda il campo d’applicazione: per il momento, la procedura lascia fuori alcune materie per le quali il ruolo del Consiglio resta determinante, ma si tratta di casi particolari e, spesso, di casi nei quali la decisione si situa alla frontiera fra legislativo ed esecutivo. Il secondo limite riguarda il fatto che nel momento chiave della seconda lettura, il Parlamento europeo deve votare con una maggioranza che, in ragione della composizione e della dinamica politica del Parlamento stesso, comporta quasi sempre l’accordo dei due principali gruppi – e spesso anche del gruppo Alleanza dei liberali e dei democratici europei (ALDE) (v. Liberaldemocratici europei) –, Partito popolare europeo (PPE) e Partito socialista europeo (PSE), le cui componenti, salvo eccezioni, negli Stati membri si trovano in formale contrapposizione. Questo comporta una considerevole difficoltà di spiegare il dibattito ai cittadini e, per ciò stesso, un certo grado d’opacità. La soluzione di questo problema non è facile, perché l’accordo fra i due grandi gruppi è da sempre alla base del sistema e rispecchia anche il fatto che, in seno al Consiglio, sono presenti governi con diverse maggioranze e la decisione in quella sede esige, essa stessa, un compromesso. Il progetto di costituzione approvato nel 2004 (GUCE C310 del 16/12/ 2004) e non ancora ratificato non prevede modifiche alla procedura, ma amplia il suo campo di applicazione (v. Costituzione europea).

Andrea Pierucci (2006)

Bibliografia

Ponzano P., Les lois européennes: le défi, in “Revue du droit de l'Union européenne”, n. 3, 2005.