Comitato di studi per la Costituzione europea
Sorto, sulla base delle prospettive costituenti aperte dall’inserimento nel progetto di trattato della Comunità europea di difesa (CED) dell’articolo 38, da un’intesa tra Paul-Henri Charles Spaak e Altiero Spinelli – che in quel momento erano alla guida dei due maggiori movimenti per l’unità europea a livello continentale (v. Movimenti europeistici), come presidente del Movimento europeo (Mouvement européen) il primo e come delegato generale della campagna per la Costituente dell’Union européenne des fédéralistes (v. Unione europea dei federalisti) il secondo –, il Comité d’études pour la constitution européenne nasceva a Parigi il 6 marzo 1952. Ne facevano parte un ristretto numero di giuristi e federalisti – Spaak (presidente), Fernand Dehousse (segretario), Max Becker, Lodovico Benvenuti, Piero Calamandrei, Arthur Calteux, Pierre de Félice, Henri Frenay, Hans Nawiasky, Hermann Pünder, Altiero Spinelli, Cornelius van Rij – cui si affiancavano, a titolo consultivo, i professori americani Robert R. Bowie e Carl J. Friedrich, mentre l’olandese Jan H. Verzijl prestava un contributo tecnico. Obiettivo del Comitato era quello di studiare i problemi giuridici posti dall’unificazione politica dell’Europa e redigere un progetto di Costituzione europea che avrebbe potuto rappresentare un importante supporto ai lavori costituenti dell’Assemblea previsti dall’art. 38 e che sarebbero stati di fatto avviati in settembre con la convocazione dell’Assemblea ad hoc. Il ruolo del gruppo americano sarebbe stato quello di fornire materiale comparativo e analisi sul funzionamento dei sistemi federali nel mondo (v. Bowie, Friedrich, 1959).
Il Comitato, omogeneo e ben amalgamato, animato da profondi ideali, volutamente ristretto per evitare che gli studi venissero inficiati da logoranti diatribe di carattere declamatorio o metodologico, era destinato a lavorare rapidamente e in buona armonia. I risultati raggiunti – nove risoluzioni, suscettibili di essere tradotte in articoli costituzionali, approvate nel settembre del 1952 – costituivano il primo studio veramente approfondito sui problemi costituzionali posti dall’unificazione europea. Le risoluzioni, così come i verbali delle riunioni, venivano pubblicati dal CECE in un lasso di tempo molto breve. Nel novembre dello stesso anno vedevano la luce, a cura del Movimento europeo, sia la brochure n. 1 del Comité d’études, contenente le risoluzioni e i relativi commenti a piè di pagina (v. Lucatello, 1954) sia i lavori preparatori (v. Movimento europeo – CECE, 1952).
Spinelli, la cheville ouvrière del Comitato secondo la testimonianza del segretario Jean-Marie Romiée, e Dehousse spingevano per l’elaborazione di un progetto di Statuto decisamente federale (v. anche Federalismo). Furono loro a dare l’impostazione dei lavori. Al primo è in gran parte da imputare la stesura iniziale delle risoluzioni, al secondo la loro revisione tecnico-giuridica.
Nel preambolo era proclamata l’indissolubilità della Comunità, la sua natura popolare e i fini da perseguire: il benessere comune dei popoli, la sicurezza esterna degli Stati membri, la salvaguardia dell’ordine costituzionale, delle istituzioni democratiche e delle libertà fondamentali. Le disposizioni generali contenute nella prima risoluzione sancivano la personalità giuridica della Comunità e i limiti delle sue competenze (v. anche Personalità giuridica dell’Unione europea), così come il diritto dei cittadini degli Stati europei alla Cittadinanza europea, e ponevano come condizione fondamentale per la partecipazione alla Comunità il rispetto dei Diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, stabilendo il dovere per la Comunità di assistere lo Stato membro minacciato da una rivolta antidemocratica e quello di proteggere i cittadini contro eventuali abusi di potere degli organi degli Stati membri. L’entrata in vigore dello Statuto presupponeva la ratifica di tutti gli Stati firmatari, mentre l’adesione di nuovi membri era accettata dal Parlamento europeo a maggioranza qualificata. Il Comitato strutturava i suoi lavori principalmente sulle istituzioni federali e sui loro poteri minimi.
La gestione degli affari comunitari era affidata a un governo collegiale, eletto dal Parlamento per 4 anni, comprendente da 6 a 12 membri. Il Consiglio dei ministri veniva abolito. Il presidente, eletto tra i membri dell’esecutivo, coordinava i lavori del governo ed era il capo supremo delle forze armate. Il Parlamento, bicamerale, comprendeva una Camera dei deputati eletta ogni 4 anni a suffragio universale diretto, secondo una legge elettorale fissata dal Parlamento federale, e un Senato, eletto anch’esso ogni 4 anni dal Parlamento di ogni Stato membro, secondo una procedura fissata dalla legislazione nazionale. Ad esso era affidata la funzione di discutere e votare le leggi e le imposte della Comunità, proclamare, in caso di aggressione, lo stato di guerra, approvare i trattati di pace e nominare il governo. Ai membri delle due Camere spettava inoltre, come al governo, l’iniziativa delle leggi. Il potere giudiziario era affidato a una Corte suprema, avente nel contempo funzioni di Corte costituzionale e Corte di cassazione. Quanto alle competenze, la V e la VI risoluzione stabilivano il trasferimento alla Comunità delle funzioni già affidate alla Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) e alla CED, la VII e l’VIII delineavano i poteri di politica estera e fiscale indispensabili alla loro corretta gestione. La IX risoluzione, infine, affrontava il problema della revisione dello Statuto.
L’influenza che le risoluzioni del Comitato esercitarono sul progetto di Statuto approvato dall’Assemblea ad hoc può dirsi importante, sia per i legami personali che si stabilirono tra i due organismi (Spaak fu eletto presidente dell’Assemblea ad hoc; Benvenuti vicepresidente della Commissione costituzionale dell’Assemblea e relatore nella sottocommissione delle “Attribuzioni”; Dehousse membro del Groupe de travail e relatore nella sottocommissione delle “Istituzioni”; Becker membro della sottocommissione delle “Istituzioni”) sia per l’azione costante d’indirizzo dei lavori dell’Assemblea promossa dall’“esterno” da alcuni membri del CECE – che avrebbe continuato la propria attività per tutta la durata dei lavori dell’Assemblea ad hoc, in modo da potersi affiancare ai dibattiti di questa, intervenendo col peso della propria esperienza nelle questioni più controverse –, in particolare da Spinelli, e risulta evidente se si considerano le numerose analogie tra i due progetti.
Daniela Preda (2008)