Raggiunto durante una riunione informale dei ministri degli Affari esteri svoltasi in Grecia il 26 e 27 marzo 1994, modificato dalla decisione del Consiglio (v. Consiglio dei ministri) del 1° gennaio 1995 in seguito alla mancata adesione della Norvegia e abolito dal Trattato di Nizza entrato in vigore il 1º febbraio 2003, il compromesso di Ioannina stabiliva il criterio di votazione a Maggioranza qualificata in seno al Consiglio europeo Consiglio dell’Unione europea (UE).
In vista dell’imminente allargamento dell’UE a Svezia, Finlandia, Norvegia e Austria, oggetto del compromesso diventava non tanto una nuova riponderazione dei voti (si era già deciso di assegnare 4 voti ad Austria e Svezia e 3 a Finlandia e Norvegia), quanto piuttosto la ridefinizione dell’entità della minoranza di blocco, cioè del numero di voti necessari per impedire l’adozione di un atto da parte del Consiglio.
Precedentemente questa minoranza era costituita da 23 voti sui complessivi 76 voti ottenuti dalla somma dei voti ponderati: il sistema della maggioranza qualificata, infatti, assegnava 10 voti a Germania, Gran Bretagna (v. Regno Unito), Francia e Italia; 8 alla Spagna; 5 a Belgio, Grecia, Paesi Bassi e Portogallo; 3 a Danimarca e Irlanda; 2 al Lussemburgo. Questo si traduceva nella possibilità per due soli grandi Stati, insieme a uno piccolo (Lussemburgo escluso), di bloccare qualunque decisione (v. Ponderazione dei voti nel Consiglio).
La presidenza greca propose che nell’Europa a Sedici – presupponendo che i quattro candidati entrassero contemporaneamente – il Consiglio avrebbe potuto procedere con una maggioranza di 64 voti sul nuovo totale di 90, elevando la minoranza di blocco da 23 a 27 voti, pur mantenendo più o meno intatta la percentuale di voti necessaria a impedire un accordo.
La proposta incontrò l’opposizione del governo britannico, preoccupato dell’indebolimento della posizione dei paesi più grandi. Nell’avanzare l’ipotesi di mantenere la minoranza di blocco a 23 voti, Londra fu sostenuta dall’Italia e dalla Spagna, che temevano una perdita di potere in seno al Consiglio e ritenevano la soluzione britannica capace di garantire ai paesi mediterranei la possibilità di ostacolare misure volute dagli Stati membri settentrionali, il cui fronte stava per essere rafforzato dall’incipiente ampliamento.
La disputa, faticosa e complessa, venne affrontata e risolta in una riunione informale dei ministri degli Esteri a Ioannina, nella cui dichiarazione finale i Dodici concordavano sul fatto che «se un gruppo di membri del Consiglio rappresentanti un totale di 23 voti su 26 manifesta l’intenzione di opporsi all’adozione di una decisione a maggioranza qualificata da parte del Consiglio, quest’ultimo farà tutto ciò che è in suo potere per raggiungere in un tempo ragionevole e senza pregiudicare i termini stabiliti dal Trattato e dal diritto derivato, come fissati negli artt. 189b e 189c del Trattato istitutivo della Comunità europea, una soluzione soddisfacente che possa essere approvata con almeno 68 voti» (Dichiarazione degli Stati membri e Dichiarazione dei quattro paesi candidati, in “Bulletin of the European Union”, n. 3, marzo 1994, p. 64).
Nonostante la mancata adesione della Norvegia, il compromesso rimase valido, confermato da una risoluzione del Consiglio del 1° gennaio 1995, che tuttavia ridusse il totale da 90 a 87 voti e la minoranza di blocco da 27 a 25.
Il compromesso di Ioannina è stato abrogato dal Trattato di Nizza, che ha ridisegnato l’intero sistema della maggioranza qualificata tenendo conto dell’ampliamento dell’UE ai nuovi dieci membri.
Lara Piccardo (2009)