L’idea di un congresso europeo
Il Congresso dell’Europa, tenutosi all’Aia dal 7 al 10 maggio 1948, fu il prodotto di una lunga serie di sforzi preparatori e di una complessa miscela di riflessi interni e internazionali, pulsioni ideali, discussioni politiche e iniziative organizzative.
Durante la Seconda guerra mondiale, la tensione verso un’unificazione del continente europeo aveva ripreso forza fra i gruppi della Resistenza di ispirazione cristiana, socialista e liberaldemocratica. I nazionalismi esasperati, i razzismi etnici e culturali e le scelte autarchiche degli Stati nazionali avevano prodotto guerre, una completa rottura dell’ordine internazionale e drammatici dissesti economici e sociali, oltre a mettere a nudo l’inconsistenza di classi dirigenti e assetti politici e istituzionali prebellici. La scelta dell’unità europea sembrava offrire una risposta efficace a queste contraddizioni e a questi guasti.
La fine della guerra parve invece raffreddare queste speranze. Le crisi economiche, sociali e politiche interne ai principali attori nazionali, il problema dei negoziati sui trattati di pace, le occupazioni militari e la questione dei profughi e dei rifugiati contribuivano a creare fratture piuttosto che convergenze tra gli Stati nazionali europei. La prospettiva di un processo di ricostruzione unitaria del continente sembrava allontanarsi. Tuttavia, l’emergere di una nuova contrapposizione internazionale tra Est e Ovest fornì presto un decisivo stimolo alla necessità storica di mettere in atto un processo di integrazione europea, pur ridefinendone ragioni, caratteristiche, fini e confini.
L’ex primo ministro britannico Winston Churchill fu la prima personalità politica a farsi interprete di questa urgenza e della sua nuova declinazione in un quadro internazionale profondamente modificato. In un discorso pronunciato a Fulton nel marzo 1946, e ripreso a Metz nel luglio dello stesso anno, Churchill fece infatti per la prima volta accenno ai motivi, alle priorità e agli obiettivi di una nuova Europa unita, anticipando tutti i temi che avrebbe compiutamente sviluppato a Zurigo in settembre. Il continente europeo stava sperimentando i tragici portati della sua divisione. Un drammatico bilancio economico e un altrettanto difficile quadro politico lasciavano come unica possibile via di salvezza la ricostruzione di una “famiglia europea”. Partendo dalla riconciliazione tra Francia e Germania, e potendo contare sul sostegno determinante del Regno Unito e Stati Uniti, questa nuova creatura politica avrebbe rappresentato un modello per l’articolazione in blocchi regionali delle Nazioni Unite, e uno strumento capace di porre le premesse per una pace, una sicurezza e una libertà durature nel continente. Era arrivato il momento di agire. La formazione di un Consiglio d’Europa sarebbe stato il primo passo verso la futura realizzazione degli Stati uniti d’Europa.
Pur continuando a tenere formalmente aperto un canale con l’Unione Sovietica, Churchill proponeva nei fatti un’unificazione limitata alla porzione occidentale del continente, posta sotto la guida morale della Francia ma effettivamente garantita da Gran Bretagna e Stati Uniti, diretta a restituire voce agli europei ma soprattutto capace di opporsi validamente ai rischi di una minaccia sovietica. Alle parole seguirono presto i fatti. In coincidenza con l’aggravarsi delle tensioni tra blocco occidentale e blocco orientale, Churchill, in collaborazione con il genero Duncan Sandys, dette vita a una nuova organizzazione, United Europe (v. anche Comitato americano per un’Europa unita), esplicitamente concepita come centro di propulsione delle idee europeiste e come luogo di incontro e di raccordo tra personalità e Movimenti europeistici.
Fu proprio durante l’atto costitutivo di United Europe, nel febbraio 1947, che si affacciò per la prima volta l’ipotesi di convocare un grande Congresso europeo come momento culminante di articolazione, aggregazione e irradiazione delle istanze europeiste sparse nel continente. Gli interventi, le iniziative e le proposte di Churchill rappresentarono l’elemento catalizzatore e la spinta decisiva per molte forze e per numerosi movimenti che si erano attivati nell’immediato dopoguerra. Dopo la fase dello spontaneismo, i responsabili dei soggetti europeisti cominciarono a realizzare che era ormai necessario passare a uno stadio successivo in cui il coordinamento e l’organizzazione dei mezzi avrebbero reso finalmente possibili azioni concrete.
Da Montreux all’Aia (1947-1948)
Nel luglio 1947, subito dopo il rifiuto sovietico di partecipare al Piano Marshall, si tennero a Parigi i primi contatti tra i principali movimenti europeisti, United Europe, il Conseil français pour l’Europe unie, l’Unione europea dei federalisti, l’Unione parlamentare europea (v. Union parlamentaire européenne), la Lega indipendente di cooperazione europea, il Movimento socialista per gli Stati uniti d’Europa e le Nouvelles équipes internationales. Con la sola eccezione dell’Unione parlamentare europea di Richard Coudenhove-Kalergi, che preferì conservare la propria autonomia, tutti i soggetti partecipanti decisero di costituire tra loro un Comitato di collegamento.
Su proposta di Sandys, il Comitato di collegamento nacque come un organismo di coordinamento che avrebbe avuto il compito di raggruppare personalità europeiste in tutti i paesi, organizzare appuntamenti politici di carattere internazionale e, soprattutto, sviluppare un’intensa attività unitaria di propaganda. Inizialmente l’ipotesi di convocazione di un Congresso europeo restò piuttosto ai margini della discussione, ma fu lo stesso Sandys a rilanciarla con forza, prima durante il Congresso dell’Unione europea dei federalisti di Hendrik Brugmans tenutosi a Montreux nell’agosto 1947, e poi durante un incontro con la Lega indipendente di cooperazione europea di Paul van Zeeland, tenutosi a Bruxelles nel settembre dello stesso anno.
L’idea era quella di organizzare una grande conferenza che avrebbe riunito all’Aia un ampio numero di personalità europeiste provenienti da tutti i paesi europei occidentali, ma su questa ipotesi emersero immediatamente le prime distinzioni tra chi era favorevole a un congresso di personalità e chi invece avrebbe preferito un congresso di associazioni e, soprattutto, tra chi aveva accettato la divisione dell’Europa in due sfere di influenza contrapposte e chi si ostinava a lavorare in un orizzonte di unificazione dell’intero continente (v. Movimenti a favore del “no”).
L’occasione per una prima definizione dei caratteri e degli obiettivi dell’intera operazione fu fornita dalla riunione del Comitato di collegamento tenutasi a Parigi nel novembre 1947. In particolare, il Comitato di collegamento, oltre a rafforzare la propria struttura trasformandosi in Comitato internazionale di coordinamento dei movimenti per l’unità europea, individuò nell’organizzazione di una campagna comune in favore dell’idea unitaria il proprio principale obiettivo, e nella preparazione a breve scadenza di un Congresso dell’Europa la propria priorità operativa. A questo proposito, Sandys, nominato ufficialmente presidente del Comitato esecutivo, tracciò chiaramente le linee di un congresso che avrebbe dovuto avere come compito principale quello di mobilitare energie e coscienze in favore di un processo di integrazione europea concepito in chiave antisovietica, e come esclusivo bacino di riferimento quello dell’Europa occidentale con l’aggiunta di Grecia e Turchia (v. anche Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della).
Sulla base di queste precise coordinate politiche, tra il dicembre del 1947 e il febbraio del 1948 il Comitato internazionale di coordinamento mise in atto le scelte e gli strumenti organizzativi necessari alla realizzazione della conferenza. In particolare, il Comitato internazionale di coordinamento, oltre a decidere che i lavori si sarebbero strutturati attraverso tre comitati dedicati rispettivamente alle questioni politiche, economiche e culturali, avocò a sé l’esclusiva nella scelta degli inviti, tanto ai delegati dei movimenti, quanto alle personalità e agli osservatori senza diritto di voto.
Il processo di strutturazione nazionale della platea congressuale non creò particolari problemi. Con l’eccezione della Spagna e del Portogallo, gli ambienti europeisti di tutti i paesi contattati risposero con entusiasmo all’appello. Un forte sostegno all’iniziativa venne infatti non solo da Gran Bretagna, Francia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo, dove l’idea era sostanzialmente nata e maturata, ma anche dai Paesi scandinavi, dall’Italia e, soprattutto, dal paese su cui maggiormente si erano concentrate le attenzioni degli organizzatori, la Germania.
Le difficoltà principali sorsero invece sul versante della composizione politica dell’assemblea. In questo senso fu particolarmente rilevante la posizione di ostilità sviluppata e espressa dal governo britannico, e dal partito laburista che lo sosteneva. La valutazione critica rispetto al progetto di conferenza e, più in generale, rispetto al tipo di europeismo che si stava perseguendo non riguardava l’accettazione della Guerra fredda, né la scelta di campo all’interno di questa. Le obiezioni riguardavano piuttosto la volontà di superare o compromettere le sovranità nazionali, l’opportunità di mettere a rischio i legami imperiali e transatlantici della Gran Bretagna, la disponibilità a concedere spazio agli interessi e alle visioni dei gruppi conservatori europei di cui Churchill era certamente espressione. La netta opposizione del partito laburista, e dello stesso governo di Clement Attlee, non era soltanto un limite alla rappresentatività della delegazione britannica, ma anche un ostacolo alle prospettive di partecipazione di tutto il movimento socialista europeo. Tuttavia, i partiti socialisti europei, dopo una prima fase in cui dichiararono di volersi allineare alla linea laburista e rifiutare l’adesione ai lavori della conferenza, scelsero infine di assumere un atteggiamento conciliante, e di prendere parte attiva al convegno.
L’inizio dei lavori e gli obiettivi del Congresso
Il Congresso dell’Europa, che si aprì all’Aia il 7 maggio 1948, vedeva uno spettro di adesioni amplissimo, sia in termini di rappresentanza nazionale, sia in termini di appartenenza politica. Con la sola eccezione degli esponenti dei partiti comunisti europei, parteciparono ai lavori rappresentanti di tutte le tendenze ideologiche provenienti da Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Svezia, Svizzera e Turchia, oltre che dal territorio della Saar. In aggiunta, erano presenti, in veste di osservatori, personalità illustri provenienti da Bulgaria, Canada, Cecoslovacchia (v. Repubblica Ceca; Slovacchia), Finlandia, Ungheria, Polonia, Romania, Spagna e Stati Uniti.
Oltre che rappresentativa, la platea del Congresso dell’Europa era eccezionalmente titolata tanto da meritarsi l’appellativo ironico di “Congrès des notabilités”. Tra i circa mille delegati spiccavano infatti parlamentari, ecclesiastici, sindacalisti, industriali, giuristi, economisti, docenti universitari, artisti e intellettuali, oltre a 40 ex ministri, 20 ministri in carica e 12 ex primi ministri e ministri degli Affari esteri.
Gli obiettivi dichiarati della conferenza erano quelli di dimostrare l’esistenza di un vasto movimento in favore dell’integrazione europea in tutti i paesi dell’Europa occidentale, di dare un nuovo impulso alla campagna internazionale per l’unità europea, di discutere i problemi derivanti dalla realizzazione pratica dell’unificazione europea e di proporre soluzioni concrete ai governi.
Come previsto, i lavori della conferenza si articolarono in tre commissioni incaricate di esaminare i rapporti presentati dal Comitato internazionale di coordinamento e di elaborare altrettante relazioni conclusive. La commissione culturale, sotto la presidenza di Salvador de Madariaga, produsse un documento, presentato da Denis de Rougemont, che proponeva soprattutto la realizzazione di due nuovi organismi permanenti su scala continentale. In particolare, si prevedeva la creazione di un Centro europeo dell’infanzia e della gioventù, che avrebbe avuto per missione quella di favorire gli scambi tra i giovani europei di tutte le condizioni sociali, e di un Centro europeo della cultura, che avrebbe avuto invece per compito quello di dare voce alla coscienza europea, propagandare gli ideali di unità, favorire la nascita di una federazione delle Università europee e offrire un punto di incontro a tutti gli studiosi di orientamento europeista.
Parallelamente, la commissione economica, presieduta da Paul Van Zeeland, elaborò un proprio testo illustrato in aula da Daniel Serruys e Lord Layton. L’esito dei lavori della commissione muoveva da una attenta e preoccupata valutazione delle condizioni di collasso economico, decadenza produttiva e paralisi commerciale in cui versavano i paesi europei a fronte della propria parcellizzazione politica, delle distruzioni di guerra e della completa rivoluzione verificatasi nei flussi commerciali internazionali. Una risposta efficace poteva venire solo dalla creazione di una Unione economica europea in grado di eliminare le barriere quantitative (v. anche Unione economica e monetaria), doganali e monetarie che ostacolavano la libera circolazione delle merci, di promuovere i presupposti sociali per garantire la libertà di movimento e di dislocamento della manodopera, di promuovere il coordinamento delle politiche economiche in vista di una politica di pieno impiego, di concertare uno sviluppo adeguato delle risorse e delle attrezzature agricole e di stabilire programmi comuni per le industrie chiave, a cominciare dai settori dell’energia e dei mezzi di comunicazione.
Infine, la commissione politica, presieduta dall’ex primo ministro francese socialista Paul Ramadier, fu l’istanza in cui emersero le principali linee di frattura politica, e su cui si concentrarono le maggiori attenzioni dell’assemblea. Nonostante l’intensa dialettica tra le tesi dei c.d. unionisti, dei federalisti internazionali e dei federalisti integrali (v. Federalismo), la commissione fu in grado di raggiungere un accordo su una soluzione di compromesso che raccolse l’unanime consenso dell’assemblea.
La risoluzione, presentata da René Courtin e da Ronald William Gordon Mackay, partiva da una comune analisi delle cause e delle condizioni della drammatica crisi europea per giungere a un’articolata proposta di ridefinizione degli assetti economici, politici e istituzionali del continente. La guerra aveva lasciato i frutti avvelenati dei suoi immani disastri materiali e morali. La produzione alimentare stagnava pericolosamente, mentre la distruzione del potenziale industriale allontanava le prospettive di ripresa. Le chiusure e i rancori nazionalisti stentavano a esaurirsi, mentre le spese militari continuavano a essere sproporzionate rispetto ai veri bisogni dei popoli. L’Europa si trovava stretta tra il suo declino economico e la sua irrilevanza politica, mentre gli sforzi delle Nazioni Unite sembravano insufficienti a garantire un ordine tra gli Stati. Le nazioni europee dovevano creare una Unione economica e politica come unica strada per poter garantire sicurezza e progresso sociale agli europei, e come elemento essenziale per aprire la via a un’unità mondiale. In particolare, gli europei dovevano rendersi indipendenti per rispondere alla minaccia sovietica senza costituire a loro volta una minaccia per le altre potenze, predisporre strumenti comuni per contribuire allo sviluppo dei territori associati, integrare la Germania per riuscire a dare una soluzione alla questione tedesca sia in termini economici sia in termini politici, mettere in comune una parte della loro sovranità per coordinare e sviluppare le proprie risorse, realizzare progressivamente una democrazia sociale per liberare l’uomo sia dall’arbitrio del potere sia dall’insicurezza economica.
Conclusione e risultati conseguiti
La prima, imprescindibile tappa di questo ambizioso cammino, che si sarebbe dovuto concludere con la nascita di una Europa unita, era la formulazione di un nuovo quadro istituzionale imperniato su una Corte suprema posta a garanzia di una apposita Carta dei diritti dell’uomo e, soprattutto, su una Assemblea europea. Scartata la proposta di Paul Reynaud che preconizzava l’elezione di una Assemblea costituente a suffragio universale, venne adottata la più moderata soluzione di una Assemblea europea eletta e composta dai membri dei parlamenti delle nazioni partecipanti, e diretta a creare i presupposti di stimolo, consenso e direzione al processo di integrazione europea.
I lavori del Congresso dell’Europa, terminati il 10 maggio 1948, oltre a suscitare una vasta e immediata eco negli ambienti economici, politici e culturali europei, e oltre a influenzare certi successivi sviluppi della stessa integrazione comunitaria, furono alla base della nascita del Collegio d’Europa di Bruges, del Centro europeo della cultura di Ginevra e, soprattutto, del Consiglio d’Europa, creato a Strasburgo il 5 maggio 1949.
Simone Paoli (2009)
Bibliografia
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Gilbert M., Surpassing realism, The politics of European integration since 1945, Rowman & Littlefield, Lanham 2003.
Leone U., Le origini diplomatiche del Consiglio d’Europa, Giuffrè, Milano 1965.
Levi L., Morelli U., L’unificazione europea, Cinquant’anni di storia, CELID, Torino 1994.
Varsori A., Il Congresso dell’Europa dell’Aia (7-10 maggio 1948), in S. Pistone (a cura di), I movimenti per l’unità europea, 1945-1954, Jaca Book, Milano 1992.