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Consiglio dei Comuni d’Europa

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Il Consiglio dei Comuni d’Europa è un’organizzazione sovranazionale fondata a Ginevra (28-30 gennaio1951) con lo scopo di favorire la creazione di una Federazione europea, basata su autonomi ed efficienti enti locali (v. Federalismo). Costituita originariamente con il nome di Consiglio dei Comuni d’Europa (CCE), successivamente, il 15 ottobre 1984, ha assunto la denominazione attuale di Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa (CCRE), avendo associato, dopo la fondazione, anche entità regionali.

Il CCE fu progettato in una riunione tenuta a Seelisberg, in Svizzera, il 1° ottobre del 1950, alla quale parteciparono, accanto a sindaci e altri amministratori locali, studiosi di autonomie territoriali, di cooperazione e di economia, ed esponenti di movimenti federalisti. Alla riunione aveva aderito anche Adriano Olivetti, il fondatore del Movimento comunità.

L’Assemblea costitutiva contava la presenza di amministratori locali ed esperti di nove paesi europei: Austria, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Regno Unito, Svizzera. Al dicembre 2003 aderivano decine di migliaia di enti locali e regionali di 30 paesi. Presidente era Valéry Giscard D’Estaing. Essa si svolse nel clima di speranza per la realizzazione della Federazione europea suscitato dalla Dichiarazione di Robert Schuman (il 9 maggio 1950), che dava vita alla Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), e dalla successiva proposta di René Pleven di una Comunità europea di difesa (CED). Infatti, nel Preambolo dello statuto si legge: «I sindaci e i rappresentanti di collettività locali di diversi paesi dell’Europa […], affermano: che l’autonomia locale è il baluardo delle libertà personali […]; che la Federazione degli Stati europei, malgrado la volontà dei popoli, è ritardata dalle sempre risorgenti opposizioni degli Stati; che il sindaco e i rappresentanti delle collettività locali […] sono gli artefici di un’Europa libera, unita e rispettosa delle diversità».

Questi principi erano riaffermati negli scopi: «Ottenere e difendere l’autonomia comunale […]; sviluppare lo spirito europeo nei comuni e nelle collettività locali per promuovere una Federazione di Stati europei basata sull’autonomia delle collettività; […]integrare le future istituzioni europee con l’Assemblea rappresentativa dei comuni e delle collettività locali».

Il CCE si collocò, sin dall’inizio, nella corrente del federalismo europeo, legato alle espressioni della Resistenza europea e soprattutto al Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi. Sostenitori di questa linea furono, tra gli altri, Jean Bareth, tra i fondatori del CCE, e Umberto Serafini, fondatore e segretario generale della Sezione italiana Associazione italiana per il Consiglio dei comuni e delle regioni d’Europa (AICCE).

Tra i documenti più importanti del CCE figurano la Carta europea delle libertà locali (1953), che stabiliva: «Le comunità locali d’Europa, unite al di sopra delle frontiere nel Consiglio dei Comuni d’Europa, fermamente decise a creare nell’interesse dei loro cittadini un’Europa libera e pacifica, hanno stabilito che […] le comunità devono essere consapevoli di costituire il fondamento dello Stato. Esse devono […] creare i mezzi stabili perché ogni cittadino […] prenda parte attiva alla vita locale»; l’Appello di Esslingen (1955), in cui si dichiarava: «È necessario che ogni organismo locale divenga un centro di attiva propaganda federalista, in modo che al più presto le popolazioni costringano i governi nazionali a convocare l’Assemblea costituente. Nasceranno gli Stati Uniti d’Europa che, salvando la civiltà occidentale, assicureranno un avvenire migliore e il progresso sociale nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana», e infine la Carta federalista dei poteri locali (1962), in cui si afferma: «Dal Comune all’ordine internazionale, a ciascun livello […], devono corrispondere appropriate istituzioni dotate della libertà di decisione nell’ambito che le riguarda e dei mezzi e poteri indispensabili alla esecuzione di queste decisioni. […]. La federazione delle nazioni europee deve essere fondata sulla decisione irrevocabile delle stesse popolazioni».

Un momento qualificante della politica del CCE fu il giudizio dato, nel dicembre 1957, sulla nascente Comunità economica europea (CEE): diversamente sia dalle valutazioni trionfalistiche, sia da quelle fortemente critiche, il CCE, pur criticando i Trattati, «si impegnava per la realizzazione dei fini in essi stabiliti, realizzazione che avrebbe permesso di porre i problemi economici, politici e sociali, con le loro contraddizioni, al livello europeo, trasformando il processo di integrazione europea da un fatto eminentemente diplomatico in lotta popolare».

Le linee politiche del CCE furono approvate non solo nelle riunioni degli organi statutari, ma anche negli Stati generali, manifestazioni legate all’attualità politica, alle quali parteciparono migliaia di sindaci e altri amministratori locali e regionali ed esponenti del mondo politico, economico, sociale e culturale.

La prima edizione degli Stati generali si tenne a Versailles, dal 16 al 18 ottobre 1953. Le successive a Venezia (1954); Francoforte (1956); Liegi (1958); Cannes (1960); Vienna (1962); Roma (1964); Berlino (1967); Londra (1970); Nizza (1972); Vienna (1975); Losanna (1977); L’Aia (1979); Madrid (1981); Torino (1984); Berlino (1986); Glasgow (1988); Lisbona (1990); Strasburgo (1993); Salonicco (1996); Oulu (2000); Potsdam (2003).

Alcune sessioni degli Stati generali segnarono momenti importanti per il processo di integrazione europea. In particolare, a Venezia, a poche settimane dal fallimento della CED, il CCE fu la prima organizzazione a riproporre iniziative politiche per la realizzazione della Federazione europea, dichiarando che: «il primo scopo della sua azione è l’istituzione di una Comunità politica, con poteri limitati, ma reali, sui piani politico, economico e sociale, sottoposta a un controllo democratico emanante dal suffragio universale».

Nella sessione di Roma (ottobre 1964) fu lanciato il “Fronte democratico europeo”: «La costruzione europea è bloccata. […]. Coscienti della gravità della situazione, i VII Stati generali del Consiglio dei Comuni d’Europa fanno appello a tutti i cittadini europei, a tutti i poteri locali, agli organismi politici, economici, sociali e culturali e ai movimenti della gioventù, affinché sia costituito un Fronte democratico per un’Europa federale». La sessione di Vienna, dell’aprile 1975, si incentrò sul problema delle elezioni europee da legare al metodo costituente (v. anche Elezioni dirette del Parlamento europeo). La sessione di Torino, aprile 1984, confermava il sostegno popolare al progetto di Trattato di Unione europea realizzato da Altiero Spinelli, approvato poche settimane prima dal Parlamento europeo.

Manifestazioni di impatto popolare sono stati le migliaia di gemellaggi, ideati dal CCE come strumento per contribuire alla realizzazione della Federazione europea. Essi uniscono due o più comuni e le loro popolazioni, secondo la formula del “giuramento”: «Noi sindaci […] in questo giorno prendiamo solenne impegno di mantenere legami permanenti tra le municipalità delle nostre città […] per aiutare, nella piena misura dei nostri mezzi, il successo di questa impresa necessaria di pace e di prosperità: la fondazione dell’unità europea».

L’attività del CCE si esplica anche attraverso una serie di azioni settoriali: pianificazione del territorio e politica regionale europea; politica agricola comunitaria; fondi comunitari e loro utilizzazione; federalismo fiscale; Politica ambientale. Tali azioni sono state coordinate inizialmente da alcuni Istituti a livello europeo: la Comunità europea di credito comunale, per la cooperazione creditizia fra i comuni europei; l’Istituto europeo di studi e relazioni intercomunali, al fine di raccogliere informazioni e studi sulle autonomie locali e regionali; e, più recentemente, l’intergruppo dei poteri locali al Parlamento europeo, con l’obiettivo di collegare più strettamente l’attività tra le due istituzioni.

L’apertura del CCRE ad altri paesi ha attenuato il suo impegno politico federalista, ampliando quello più legato ai problemi strettamente locali e regionali, in particolare con l’azione nell’ambito del Comitato delle Regioni, creato con il Trattato di Maastricht (disciplinato dagli artt. 198 A e 198 C). Tale tendenza è rafforzata nel nuovo statuto, approvato a Praga il 1° ottobre 1992, nel quale, ferme restando sostanzialmente le linee fissate dal precedente Preambolo, era deciso, nell’art. 1, che: «Il CCRE costituisce la Sezione europea dell’Unione internazionale delle città e dei poteri locali (IULA) […]. I membri del CCRE si impegnano a sostenere l’attività mondiale della IULA nell’ambito del suo statuto».

Edmondo Paolini (2009)

Bibliografia

AA.VV., I movimenti per l’unità europea, 1945-1954, a cura di E. Paolini, Ed. Universitarie Jaca, Milano 1992.

AA.VV., I movimenti per l’unità europea, 1954-1969, a cura di E. Paolini, Università di Pavia, Pavia 1996.

AA.VV., I movimenti per l’unità europea, 1970-1986, a cura di F. Zucca, il Mulino, Bologna 2000.

AICCRE, Breve storia del Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa, nel quadro di due secoli di lotta federalista, Salemi, Roma 1995.     

Zucca F., Autonomie locali e federazione sovranazionale. La battaglia del Conseil des Communes et Régions d’Europe per l’unità europea, il Mulino, Bologna 2001.