Consiglio d’Europa
Scopi e caratteri del Consiglio d’Europa
Il Consiglio d’Europa, istituito sulla base dello Statuto di Londra del 5 maggio 1949, è un’organizzazione internazionale a carattere regionale che comprende attualmente i seguenti 47 Stati membri, elencati di seguito in ordine alfabetico e con la data di adesione: Albania (13/7/1995), Andorra (10/11/1994), Armenia (25/1/2001), Austria (16/4/1956), Azerbaijan (25/1/2001), Belgio (5/5/1949), Bosnia Erzegovina (24/4/2002), Bulgaria (7/5/1992), Cipro (24/5/1961), Croazia (6-11-1996), Danimarca (5/5/1949), Estonia (14/5/1993), ex Repubblica iugoslava di Macedonia (9/11/1995), Federazione di Russia (28/2/1996), Finlandia (5/5/1949), Francia (5/5/1949), Georgia (27/4/1999), Germania (5/5/1949), Grecia (9/8/1949), Irlanda (5/5/1949), Islanda (9/3/1950), Italia (5/5/1949), Lettonia (10/2/1995), Liechtenstein (23/11/1978), Lituania (14/5/1993), Lussemburgo (5/5/1949), Malta (29/4/1965), Moldavia (13/7/1995), Monaco (5/10/2004), Montenegro (11/5/2007), Norvegia (5/5/1949), Olanda (v. Paesi Bassi) (5/5/1949), Polonia (29/11/1991), Portogallo (22/9/1976), Regno Unito (5/5/1949), Repubblica Ceca (30/6/1993), Romania (7/10/1993), San Marino (16/11/1988), Serbia (3/4/2003), Slovacchia (30/6/1993), Slovenia (14/5/1993), Spagna (24/11/1977), Svezia (5/5/1949), Svizzera (6/5/1965) Turchia (9/8/1949), Ungheria (6/11/1990), Ucraina (9/11/1995) (v. anche Congresso dell’Aia).
Il preambolo dello Statuto definisce i principi ispiratori nel punto in cui richiama «l’attaccamento ai valori spirituali e morali, che sono il patrimonio comune dei loro popoli e la vera fonte dei principi di libertà individuale, di libertà politica e di preminenza del diritto, sui quali si fonda ogni vera democrazia». L’obiettivo del Consiglio d’Europa è quello di «conseguire una più stretta unione tra i suoi membri per salvaguardare e promuovere gli ideali ed i principi che costituiscono il loro comune patrimonio e di favorire il progresso economico e sociale». Per quanto riguarda gli strumenti, le forme nelle quali si esprime l’azione sono gli “accordi” e le “azioni comuni”. L’ambito di attività è molto ampio e si estende ai settori economico, sociale, culturale, scientifico, giuridico ed amministrativo. Sono escluse espressamente dalla competenza del Consiglio d’Europa soltanto le questioni «relative alla difesa nazionale», affidate alla competenza dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (North Atlantic treaty organization, NATO), istituita il 4 aprile 1949.
L’organizzazione interna
Per quanto riguarda l’organizzazione interna, il Comitato dei ministri è l’organo «competente ad agire in nome del Consiglio d’Europa» (art. 13). Esso è composto dai ministri degli Affari esteri degli Stati membri e si riunisce due volte all’anno a livello ministeriale in occasione del cambio di presidenza, che si verifica ogni sei mesi. Per tutte le attività statutarie il Comitato si riunisce, in base a una prassi affermatasi a partire dal 1951, almeno una volta alla settimana a livello di rappresentanti permanenti (i c.d. “rappresentanti dei ministri”). Si tratta di diplomatici di alto livello aventi il rango di ambasciatori o di incaricati d’affari.
Il Comitato ha funzioni normative ed esecutive. A questo titolo ha adottato diverse risoluzioni a carattere “statutario”, destinate a integrare lo Statuto di Londra del 1949. Il Comitato ha inoltre il compito di decidere in merito all’adesione, alla sospensione e all’esclusione di un membro. Può adottare misure di carattere politico, prive in quanto tali di carattere vincolante, ed è altresì chiamato a esaminare, su raccomandazione dell’Assemblea parlamentare o di propria iniziativa, le misure atte a realizzare gli scopi del Consiglio d’Europa. In particolare, può favorire la conclusione di accordi e convenzioni da sottoporre alla firma da parte degli Stati membri e può promuovere l’adozione di una politica comune in relazione a determinate questioni (art. 15 lett. a). Le maggioranze richieste per l’adozione delle convenzioni sono definite dalla risoluzione statutaria (93) 27. Il Comitato svolge inoltre importanti funzioni di controllo nell’ambito del sistema di protezione giudiziaria previsto dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Quanto all’Assemblea parlamentare, essa è composta da 630 membri, fra titolari e supplenti, ai quali si aggiungono gli invitati speciali per i paesi europei non ancora membri e rappresentanti di Stati che hanno acquisito lo status di osservatori (Canada, Israele, Messico). I rappresentanti sono eletti o nominati dai parlamenti nazionali fra i loro membri. Il numero dei seggi attribuiti a ciascuno Stato varia da un minimo di due a un massimo di diciotto, individuati sulla base di diversi fattori (popolazione, dimensioni, quota di contribuzione al bilancio del Consiglio d’Europa). L’Assemblea si riunisce almeno quattro volte all’anno in sessione plenaria. È costituita da cinque gruppi politici: Gruppo socialista (SOC) Gruppo del partito popolare europeo-Democrazia cristiana (PPE/DC), Gruppo dei democratici europei (GDE), Gruppo liberale democratico e riformatore (LDR), Gruppo per la sinistra unitaria europea (GUE). I lavori dell’Assemblea sono preparati dalle commissioni specializzate (ad esempio, la Commissione politica e la Commissione delle questioni giuridiche e dei diritti dell’uomo). All’Assemblea spetta il compito di discutere e di formulare raccomandazioni sulle questioni che rientrino fra gli scopi del Consiglio d’Europa, nonché sulle problematiche sottoposte dal Comitato dei ministri (art. 23 lett. a). Ad essa va riconosciuto un ruolo essenziale nel processo di affermazione e di protezione dei diritti dell’uomo che si è tradotto essenzialmente nella proposizione di progetti fondamentali di accordi e di convenzioni. In questo senso, l’Assemblea rappresenta un importante foro di discussione politica, adottato come punto di riferimento anche da altre organizzazioni internazionali: ad esempio l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), l’Agenzia spaziale europea (ASE).
Ai sensi dell’art. 10 dello Statuto il Comitato dei ministri e l’Assemblea sono assistiti dal segretario generale. Quest’ultimo è responsabile dell’attività del Segretariato dinanzi al Comitato dei ministri e fornisce, nel rispetto delle condizioni finanziarie fissate dall’art. 38, i servizi amministrativi e ogni altra assistenza richiesta dall’Assemblea parlamentare (art. 37). È il depositario degli strumenti giuridici elaborati nell’ambito dell’Organizzazione. Può presentare proposte in materia di politica di cooperazione e di bilancio. Il segretario generale svolge inoltre un compito fondamentale anche nel sistema di protezione previsto dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), dal momento che dispone del potere di chiedere spiegazioni agli Stati membri sul modo in cui assicurano l’effettiva applicazione della Convenzione (art. 52 CEDU).
Nel corso degli anni si sono affermate figure sussidiarie rispetto agli organi previsti dallo Statuto. In particolare, il Comitato dei ministri ha istituito con la risoluzione (99)50 l’ufficio del Commissario dei diritti dell’uomo con il compito di promuovere l’educazione ai Diritti dell’uomo riconosciuti nel sistema del Consiglio d’Europa e di favorirne la tutela (v. anche Diritti dell’uomo). Il Commissario è tenuto a rispettare la competenza degli organi di controllo posti in essere nel quadro della Convenzione europea o nell’ambito degli altri strumenti di garanzia previsti in seno al Consiglio.
Il Congresso dei poteri locali e regionali d’Europa è un organo consultivo istituito nel 1994. Come stabilito dalla risoluzione statutaria (2000) 1, Il Congresso ha il compito di aiutare i nuovi Stati membri nella definizione delle misure necessarie per rendere effettiva la partecipazione delle autorità locali e regionali nel sistema del Consiglio d’Europa. A tale fine, il Congresso può fornire pareri al Comitato dei ministri su tutti gli aspetti di politica locale e regionale, promuove il coinvolgimento delle autorità locali e regionali, agisce in stretta cooperazione con le organizzazioni nazionali e internazionali che rappresentano i poteri locali. Come stabilito dall’appendice alla risoluzione (2000) 1, art. 2 della Carta del Congresso dei poteri locali e regionali d’Europa, la composizione delle delegazioni nazionali del Congresso deve assicurare la rappresentatività delle varie autorità locali e regionali, delle forze politiche e la parità tra donne e uomini, anche tenendo conto del criterio di distribuzione geografica. Gli Stati membri hanno diritto ad un numero di rappresentanti pari a quello riconosciuto nell’Assemblea parlamentare.
Stati membri, “associati” e “osservatori”
I membri originari del Consiglio d’Europa sono i paesi che firmarono lo Statuto di Londra nel 1949 (Francia, Gran Bretagna, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Danimarca, Irlanda, Italia, Norvegia e Svezia). Ai sensi dell’art. 3 dello Statuto, per diventare membro del Consiglio d’Europa uno Stato deve accettare il principio della preminenza del diritto e quello in virtù del quale ogni persona, posta sotto la sua giurisdizione, deve godere dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e deve impegnarsi «a collaborare sinceramente e attivamente al conseguimento dello scopo del Consiglio». Soltanto gli Stati che siano in grado, e che abbiano la volontà, di conformarsi alle condizioni indicate possono essere invitati «dal Comitato dei ministri a divenire membro del Consiglio d’Europa» (art. 4). Dal 1951, in virtù della risoluzione statutaria (51) 30, si è affermata la prassi di chiedere all’Assemblea parlamentare il parere sulle questioni relative all’ammissione di nuovi membri.
Il Comitato dei ministri può, in circostanze particolari, invitare uno Stato ritenuto idoneo a conformarsi alle condizioni di adesione a divenire “membro associato”. I membri associati, a differenza di quelli ordinari, possono partecipare soltanto all’attività dell’Assemblea parlamentare (art. 5).
La risoluzione statuaria (93) 26 del 14 maggio 1993 ha introdotto lo status di “osservatore”. Qualsiasi Stato, anche non europeo, che rispetti i principi di democrazia, della preminenza del diritto e del rispetto dei diritti umani, può essere riconosciuto dal Comitato dei ministri come “osservatore” (nel Comitato dei ministri: Canada, Città del Vaticano, Giappone, Messico, Stati Uniti, nell’Assemblea: Canada, Israele e Messico).
Uno Stato può perdere la qualità di membro per recesso o per espulsione. Il recesso può verificarsi per effetto di una decisione notificata da parte dello Stato al Segretario generale (art. 7). L’espulsione può essere disposta, ai sensi dell’art. 8, dal Comitato dei ministri nei confronti di uno Stato che violi gravemente le condizioni fissate dall’art. 3, qualora quest’ultimo, già sospeso dal suo diritto di rappresentanza, non ottemperi alla richiesta di ritirarsi. Può essere ricordato a questo proposito il caso della Grecia, la quale, dopo aver notificato la decisione di recesso del 12 dicembre 1969, a seguito della risoluzione DH (70)1 del Comitato dei ministri è tornata a far parte del Consiglio d’Europa a decorrere dal 28 novembre 1974, successivamente al ristabilimento del sistema democratico.
L’apertura del Consiglio d’Europa e la tendenza a coinvolgere anche Stati non europei come osservatori nelle istituzioni e nelle stesse attività del Consiglio conferiscono all’organizzazione un carattere di originalità. A questo proposito vale la pena di ricordare che in base alla risoluzione statutaria (93) 28 concernente gli accordi parziali e allargati, anche Stati non membri (e non europei) possono essere invitati a partecipare alle attività del Consiglio d’Europa. La ragione del coinvolgimento è spiegata nei considerando della risoluzione, che fa riferimento, da un lato, alla dimensione dei problemi, difficile da confinare geograficamente nei limiti dei paesi membri e, dall’altro, alla necessità per il Consiglio di dotarsi di un quadro flessibile nell’ambito del quale tutti gli Stati – membri o meno – possano realizzare una cooperazione intergovernativa su un piede di parità.
Le attività del Consiglio d’Europa
Le principali convenzioni e i relativi meccanismi di controllo istituiti in seno al Consiglio d’Europa (circa 198) si possono distinguere in relazione ai vari settori di intervento.
In particolare, nel settore relativo alla protezione dei diritti dell’uomo va menzionata la nota Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo del 4 novembre 1950 (con i tredici Protocolli ormai in vigore). La Convenzione ha previsto un sistema giurisdizionale per la salvaguardia dei diritti che fa capo alla Corte europea dei diritti dell’uomo, davanti alla quale possono ricorrere gli Stati e anche i singoli che lamentino la violazione di un diritto riconosciuto dalla Convenzione. Si tratta di un meccanismo di controllo avanzato nel panorama dei sistemi internazionali di protezione dei diritti dell’uomo, che ha finito per rappresentare un modello anche per altre organizzazioni.
La Carta sociale europea del 18 ottobre 1961 n. 35 completa la Convenzione europea dei diritti dell’uomo nell’ambito dei diritti economici e sociali (in vigore dal 26 febbraio 1965, integrata dalla Carta sociale riveduta del 3 maggio 1996 n. 163, in vigore dal 1° luglio 1999). Essa prevede un controllo sistematico, di natura non giurisdizionale, degli impegni presi dagli Stati membri. Per effetto del Protocollo addizionale alla Carta sociale europea sono consentiti anche reclami collettivi da parte delle organizzazioni di lavoratori e dei sindacati europei che partecipano ai lavori del Comitato intergovernativo, e da parte di altre organizzazioni internazionali non governative accreditate presso il Consiglio d’Europa.
La Convenzione europea contro la tortura del 26 novembre 1987 (in vigore dal 1° febbraio 1989) rappresenta un importante strumento di protezione non giurisdizionale. Il Comitato di esperti indipendenti, istituito nell’ambito della Convenzione, ha il compito di effettuare visite periodiche nei luoghi di detenzione situati sul territorio delle parti contraenti e quindi gestiti dalle autorità pubbliche.
In tema di tutela delle minoranze vanno ricordate la Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali del 1° febbraio 1995 n. 157 (in vigore dal 1° febbraio 1998) e la Carta europea delle lingue regionali e minoritarie del 5 novembre 1992 n. 148 (in vigore dal 1° marzo 1998).
Ancora in materia di diritti umani, la Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo e sulla biomedicina del 4 aprile 1997 n. 164 (in vigore dal 1° dicembre 1997) mira a tutelare l’essere umano e a garantire, senza discriminazioni, il rispetto della sua integrità e gli altri diritti fondamentali rispetto all’utilizzazione della biologia e della medicina (art. 1). Gli Stati si sono impegnati a garantire una tutela giurisdizionale idonea a impedire o a far cessare in breve tempo la violazione dei diritti o dei principi garantiti (art. 23); inoltre, gli Stati devono riconoscere a chi ha subito un danno ingiusto per violazione dei diritti previsti dalla Convenzione la possibilità di ottenere un equo risarcimento alle condizioni e secondo le modalità fissate dalla legge (art. 24). Sul piano del controllo, la Convenzione prevede la possibilità di richiedere pareri consultivi alla Corte europea dei diritti dell’uomo (art. 29). L’articolo 30 consente al segretario generale di domandare rapporti sul modo in cui il diritto interno assicura l’applicazione effettiva delle disposizioni della Convenzione, secondo il modello già previsto dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU, artt. 52 e 53). La Convenzione, conclusa tra gli Stati membri del Consiglio d’Europa, è aperta all’adesione degli Stati non membri (Australia, Canada, Città del Vaticano Giappone, Messico, Stati Uniti) e della Comunità economica europea. Si tratta del primo strumento internazionale adottato per quanto riguarda la bioetica, diretto a fissare norme comuni da rispettare in materia di ricerca scientifica.
Tra gli strumenti adottati dal Consiglio d’Europa in tema di cooperazione giuridica merita menzionare la Convenzione europea sul regolamento pacifico delle controversie del 29 aprile 1957 (in vigore dal 30 aprile 1958) in forza della quale le parti hanno accettato di sottoporre alla Corte internazionale di giustizia le questioni relative all’interpretazione dei trattati, alla violazione di obblighi internazionali e all’obbligo di riparazione conseguente.
Nel settore del diritto penale sono stati adottati diversi trattati, la cui attuazione è affidata al controllo del Comitato europeo per i problemi criminali (CDPC), che deve essere informato dell’interpretazione e dell’applicazione delle norme pattizie rilevanti. Tra gli altri, si segnalano la Convenzione europea per la repressione del terrorismo del 27 gennaio 1977 n. 90 (in vigore dal 4 agosto 1978) e l’Accordo relativo al traffico illecito per mare, in attuazione dell’art. 17 della Convenzione delle Nazioni unite contro il traffico illecito di stupefacenti e di sostanze psicotrope del 31 gennaio 1995 n. 156 (in vigore dal 1° maggio 2000).
Il Consiglio d’Europa è attivo anche nella lotta contro la corruzione. Ha difatti favorito con la risoluzione (98) 7 la conclusione di un accordo parziale allargato per l’istituzione di un “Gruppo di Stati del Consiglio d’Europa contro la corruzione” (GRECO). In virtù della risoluzione (97) 24 questo gruppo, operativo dal 1° maggio 1999, ha l’obiettivo di migliorare la capacità dei suoi membri nella lotta contro la corruzione, vigilando sull’applicazione dei principi guida e delle convenzioni adottate in materia nel quadro del Consiglio d’Europa, quali in particolare, la Convenzione penale sulla corruzione del 27 gennaio 1999, in vigore dal 1° luglio 2002, e la Convenzione civile sulla corruzione del 4 novembre 1999, in vigore dal 1° novembre 2003.
Nell’area del diritto di famiglia, la Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dell’infanzia del 25 gennaio 1996 (in vigore dal 1° luglio 2000) ha istituito un comitato permanente con il compito di seguire le problematiche concernenti l’applicazione della Convenzione medesima. Va ancora menzionata la Convenzione sulle relazioni personali riguardanti i fanciulli del 15 maggio 2003 (in vigore dal 1° settembre 2005, soltanto per Albania, Portogallo e Repubblica Ceca).
Il Consiglio d’Europa ha promosso una serie di attività allo scopo di sviluppare la democrazia locale e regionale in Europa. In questo contesto va menzionata la Carta europea dell’autonomia locale del 15 ottobre 1985, in vigore dal 1° settembre 1988, in relazione alla quale il ruolo di sorveglianza è affidato al Congresso per i poteri locali e regionali. Va segnalata altresì la Convenzione quadro sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività e delle autorità territoriali del 21 maggio 1980 n. 106 (in vigore il 22 dicembre 1981, integrata dal Protocollo addizionale del 9 novembre 1995 n. 159, entrato in vigore il 1° dicembre 1998 e dal Protocollo n. 2 alla Convenzione quadro del 5 maggio 1998, in vigore dal 1 febbraio 2001).
In materia di affari sociali e sanità si possono ricordare la Convenzione europea di sicurezza sociale del 14 dicembre 1972, in vigore dal 1° marzo 1977 e il Codice europeo di sicurezza sociale del 16 aprile 1964, in vigore dal 17 marzo 1968.
Nel settore dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile, la Convenzione relativa alla conservazione della vita selvaggia e dell’ambiente naturale in Europa del 19 settembre 1979 n. 104 (in vigore dal 1° giugno 1982) ha previsto l’istituzione di un comitato permanente incaricato di vigilare sul rispetto da parte degli Stati membri.
In materia di educazione, cultura, gioventù e sport, si ricordano la Convenzione del Consiglio d’Europa e dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (UNESCO) sul riconoscimento delle qualifiche relative all’insegnamento superiore in Europa dell’11 aprile 1997 n. 165 (in vigore dal 1° febbraio 1999), la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio artistico dell’Europa del 3 ottobre 1985 n. 121 (in vigore dal 1 dicembre 1987), la Convenzione sulla violenza nelle manifestazioni sportive e in particolare dei tifosi di calcio del 19 agosto 1985 (in vigore dal 1° novembre 1985) e la Convenzione contro il doping del 16 novembre 1989 n. 135 (in vigore dal 1° marzo 1990).
Il quadro fin qui descritto consente di mettere in risalto un rapporto di complementarietà tra i vari strumenti ora politici ora giuridici, ora preventivi ora successivi. In particolare, le misure preventive svolgono una funzione essenziale nella misura in cui sono destinate a colmare i limiti dello strumento ex post rappresentato dal meccanismo giudiziario, il quale ha sicuramente conosciuto una importante evoluzione nel sistema della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il carattere complementare può essere affermato anche in relazione all’attività che gli Stati membri sono chiamati a porre in essere al fine di perseguire l’obiettivo comune della valorizzazione della democrazia, dei diritti dell’uomo e della supremazia del diritto.
In conclusione, occorre sottolineare il ruolo che il Consiglio d’Europa ha svolto e svolge tuttora nei rapporti con le altre organizzazioni europee, in particolare con l’Unione europea. A questo proposito si può ricordare la missione compiuta ai fini della integrazione dei paesi dell’Europa centrale e orientale, che è riuscita in un certo senso a favorire il processo di allargamento dell’Unione europea (Trattato di Atene del 16 aprile 2003, entrato in vigore il 1° maggio 2004, relativo all’adesione di Malta, Cipro, Slovenia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Estonia, e successivamente, Trattato di Lussemburgo del 25 aprile 2005, relativo all’adesione di Bulgaria e Romania).
Ornella Porchia (2008)