Convenzione Nazionale sul futuro europeo della Slovacchia
Istituita a seguito dell’accordo raggiunto dal Consiglio europeo di Nizza nel dicembre 2000 (v. anche Trattato di Nizza), la Convenzione nazionale sul futuro europeo della Slovacchia mirava a facilitare l’introduzione di un dibattito pubblico sulle questioni inerenti all’avvenire dell’Unione europea (UE). La dichiarazione di Nizza delineava quattro questioni centrali che riguardavano la semplificazione dei trattati, lo status della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il ruolo dei parlamenti nazionali e le delimitazioni delle competenze tra Unione europea e Stati membri. Subito dopo il summit di Nizza, il capo negoziatore e viceministro degli Esteri della Slovacchia, Ján Figel’, mise in evidenza l’importanza di un forum in cui gli slovacchi potessero discutere non soltanto del futuro dell’UE, ma anche del futuro europeo della Slovacchia.
L’obiettivo della Convenzione nazionale, riunitasi per la prima volta nel maggio 2001, era quello di avviare un dibattito che coinvolgesse tutta la nazione. Per raggiungere tale scopo, fu posta particolare enfasi sulla composizione dell’Assemblea, nel tentativo di rispecchiare la pluralità del paese. Furono inclusi rappresentanti dei partiti politici parlamentari, del mondo accademico, delle chiese, dei gruppi d’interesse, dei sindacati, dei comuni, delle regioni nonché di organizzazioni non governative. Tra i partecipanti vi erano leader di partiti politici come Mikuláš Dzurinda, Béla Bugár, Pavol Hrušovský, Robert Fico e Vladimir Mečiar. I due fronti del mondo industriale, sindacati e organizzazioni padronali, erano rappresentati dai rispettivi leader (Ivan Saktor e Michal Ľach) insieme a vescovi, magistrati, rappresentanti dei principali think tank, quali l’Istituto per gli affari pubblici, l’Associazione slovacca per la politica estera, e accademici. Il ministro degli Esteri Eduard Kukan aprì l’incontro inaugurale, seguirono poi i discorsi di Dzurinda, Mečiar e Peter Weiss, presidente della Commissione parlamentare per gli Affari esteri.
La Convenzione si rivelò un forum importante per il dibattito. Un aspetto particolarmente significativo fu che diversamente da altre istituzioni come il parlamento o il consiglio dei ministri, dove i politici di diverso schieramento erano incentivati a essere in disaccordo, gli esponenti slovacchi di tutto lo spettro politico giunsero a larghe intese su molteplici questioni. Ad esempio, la seconda sessione tenutasi nell’ottobre 2001, portò a un rafforzamento del consenso politico generale sulla necessità di lanciare un dibattito pubblico più ampio e profondo sul ruolo e sulle posizioni della Slovacchia nell’Unione europea allargata. Inoltre, in quella sessione, la convenzione concordò sul rafforzamento del principio comunitario nell’attività delle istituzioni europee (v. anche Istituzioni comunitarie), e sostenne la necessità di una maggiore trasparenza della riforma istituzionale, avvicinando così l’UE ai propri cittadini, rafforzandone la legittimità ed eliminando il deficit democratico.
Sebbene anche gruppi di cittadini fossero presenti ai dibattiti della Convenzione, alcune riunioni furono dominate dai leader politici. Ad esempio nella terza riunione, avvenuta nel marzo 2002, il presidente slovacco Rudolf Schuster fece un discorso fondamentale, in cui delineò la sua visione dell’UE, sostenendo che essa sarebbe dovuta diventare un attore globale. Ispirandosi agli scritti di Milan Hodža, primo ministro cecoslovacco tra le due guerre, Schuster auspicò un’Europa veramente federale. Consapevole dei passi che la Slovacchia doveva ancora compiere, il presidente invitò la Slovacchia a proporre idee positive rispetto all’integrazione (v. anche Integrazione, teorie della), mettendola in guardia sull’impatto potenzialmente deleterio di tentativi volti a definire negativamente la Slovacchia in relazione all’UE (v. Bilčík, 2003).
La quarta riunione della Convenzione ebbe luogo nel luglio 2002 dopo il primo incontro di un gruppo di lavoro più piccolo. La dichiarazione finale del Convegno mise in rilievo che una serie di diritti e libertà fondamentali dell’UE sarebbero dovuti essere parte integrante di ogni documento costituzionale, ma fece anche notare che, per quanto la Carta dei diritti fondamentali concordata a Nizza fosse un buon punto di partenza, sarebbe stato necessario incorporare nel testo le tradizioni costituzionali dei futuri Stati membri. Inoltre, la Convenzione, su richiesta soprattutto dei Cristiano-democratici, ma con l’ampio sostegno di tutti i delegati, invitò a includere nella Carta il riconoscimento dei valori morali e spirituali del cristianesimo. Ciò nonostante, sempre consapevole che l’adesione della Slovacchia non era ancora certa (v. anche Paesi candidati all’adesione), la Convenzione frenò ogni aperta critica nei confronti dell’Unione europea. Tutte le critiche rimasero nascoste dietro un linguaggio moderato e furono inserite in un contesto di plauso per i successi dell’Unione e per i vantaggi dell’adesione slovacca, per il paese stesso, ma anche per l’UE.
Dopo il Consiglio europeo di Copenaghen del 2002 (v. Criteri di adesione), nel quale la Slovacchia fu invitata ad aderire all’UE, ebbe luogo la quinta e ultima riunione della Convenzione. Considerato che l’adesione ormai dipendeva solo dalla ratifica del trattato, l’assemblea cominciò a rivolgere critiche molto più aspre verso l’Unione europea e alcune sue proposte. L’idea di un presidente del Consiglio europeo eletto, ad esempio, fu ritenuta inadeguata, pur riconoscendo la necessità di apportare delle modifiche della presidenza dell’Unione europea. Inoltre, per mantenere l’equilibrio tra piccoli e grandi Stati membri dell’UE, la Convenzione invitò l’Unione ad adottare un sistema tale da non alterare l’equilibrio nel quadro istituzionale. Inoltre, la Convenzione si appellò all’UE affinché prestasse maggiore attenzione alla comunicazione con i cittadini. Tuttavia, la Convenzione apprezzò molti aspetti della bozza del trattato, compreso l’articolo che si riferiva alla necessità di creare relazioni privilegiate con i paesi che si stavano avvicinando all’Unione.
La Convenzione nazionale costituì un importante strumento istituzionale nella politica interna, ma rimase poco utilizzato (v. Bilčík, 2003). L’adesione della Slovacchia all’UE si concentrò soprattutto sugli aspetti tecnici delle trattative e della trasposizione dell’acquis comunitario. Sebbene il soddisfacimento dei criteri tecnici fosse la condizione sine qua non per l’adesione, era importante che i politici slovacchi si impegnassero nel processo e che tutti i cittadini si rendessero conto delle implicazioni dell’adesione slovacca. Sebbene la Convenzione avesse contribuito a far emergere le idee dei comuni cittadini attraverso gruppi della società civile e i loro leader politici, l’adesione rimase una questione essenzialmente d’élite.
Tim Haughton (2010)