Per Cooperazione politica europea (CPE) si intende quel complesso di procedure e incontri periodici mirante ad armonizzare l’azione degli Stati membri in materia di politica estera che si formò progressivamente negli anni attraverso una serie di accordi informali tra i governi (v. anche Politica estera e di sicurezza comune).
Sebbene nei Trattati di Roma si evitasse di affrontare il tema della creazione di una politica estera comune, già nel gennaio 1959, su iniziativa del governo francese, venne istituito un sistema di consultazione fondato su incontri periodici (ogni 3 mesi) dei ministri degli Esteri dei Sei, sistema che poi abortì in seguito al veto francese all’ingresso del Regno Unito nella Comunità economica europea (CEE).
Nella prima metà degli anni Sessanta il fallimento del Piano Fouchet e del disegno gollista di un’Europa a guida francese indipendente dalle due superpotenze provocò un accantonamento del tema fino alla fine del decennio. Il Vertice dell’Aia del dicembre 1969 diede mandato ai ministri degli Esteri di studiare il modo per “realizzare progressi nell’unione politica”. Si costituì quindi una commissione presieduta da Étienne Davignon, direttore degli affari politici al ministero degli Esteri belga, che produsse un rapporto sulla CPE, adottato dal Consiglio il 27 ottobre 1970.
Con ciò si dava vita, nella forma di un gentlemen’s agreement tra i governi, a un sistema di cooperazione che riprendeva in gran parte l’impostazione dei piani Fouchet: riunioni due volte l’anno dei ministri degli Esteri, creazione di un Comitato politico formato dai direttori degli affari politici dei ministeri degli Esteri, che si riuniva quattro volte l’anno. Inoltre, si stabiliva che i ministri incontrassero due volte all’anno i membri della Commissione politica del Parlamento europeo e una volta l’anno il Presidente del Consiglio dei ministri di turno avrebbe dovuto riferire al Parlamento sullo stato dei lavori in ambito CPE, mentre la Commissione europea era invitata a presentare il proprio punto di vista ai ministri allorché questi si fossero occupati di materie concernenti le attività della Comunità.
In seguito al Vertice di Parigi dell’ottobre 1972 i ministri degli Esteri prepararono un secondo rapporto sulla CPE, approvato al vertice di Copenaghen del luglio 1973 (Rapporto di Copenaghen o II Rapporto Davignon). Ivi si prevedeva di raddoppiare gli incontri annuali dei ministri e di questi con la Commissione politica del CPE. Inoltre, ogni Stato membro si impegnava alla consultazione con gli altri, anche se in caso di urgenza la consultazione avrebbe potuto avere luogo anche dopo la decisione. Veniva altresì creato il Gruppo dei corrispondenti, gerarchicamente subordinato al Comitato politico, per preparare il lavoro di quest’ultimo, e si rafforzava la cooperazione tra le ambasciate nei paesi terzi.
Il Rapporto Tindemans del dicembre 1975 propose di trasformare l’impegno politico alla consultazione in obbligo giuridico, e di adottare il principio maggioritario per prendere decisioni comuni, ma la proposta venne respinta. Il Consiglio europeo dell’Aia del novembre 1976 ribadì anzi che la CPE non implicava alcuna cessione di sovranità.
Al Consiglio europeo di Londra del 13 ottobre 1981 fu approvato il terzo rapporto sulla CPE, che ne precisava le modalità di funzionamento e chiariva le responsabilità dei vari livelli coinvolti (ministeriale, Comitato politico, Corrispondenti, Gruppi di lavoro), codificava le procedure di cooperazione nei paesi terzi e rafforzava i legami con il Parlamento europeo e la Commissione, che veniva pienamente associata alla CPE.
L’Atto unico europeo, firmato nel febbraio del 1986 ed entrato in vigore il 1° luglio 1987, istituzionalizzò le pratiche in vigore in materia di CPE (consultazione prima di stabilire una posizione definitiva, nessun obbligo di arrivare a posizione comune, unanimità); in esso per la prima volta si fece cenno a un’estensione della cooperazione politica agli aspetti politici ed economici della sicurezza e, novità significativa, venne prevista l’istituzione di un Segretariato per la CPE in modo da garantirne la continuità e la coerenza.
Francesco Petrini (2008)