Cot, Jean-Pierre
C. (Chêne-Bougeries 1937) sceglie la carriera giuridica. Dopo la laurea in legge e il dottorato in diritto pubblico, nel 1966 supera il concorso per l’agrégation nelle Facoltà di legge e di scienze economiche. È l’esordio di una carriera come docente di diritto pubblico e di diritto internazionale iniziata nell’Università di Amiens (1966-1969), in cui C. diventa decano, e proseguita all’Università Panthéon-Sorbonne a Parigi dal 1969 al 1998, dove insegna diritto e sociologia. Mentre il padre era entrato presto in politica, C. aderisce al Partito socialista (PS) solo a 32 anni, dopo gli eventi del 1968. Questo impegno tardivo non avviene però nel solco del padre, che fra le due guerre si era schierato nelle fila dei radicali, prima di aderire dal 1946 e fino alla fine dei suoi giorni al Partito comunista francese. Tuttavia, C. subentra al padre nei suoi mandati elettorali.
Quindi, dopo il padre e il nonno, nel 1971 è eletto sindaco di Coise-Saint-Jean-Pied-Gauthier, comune di 800 abitanti che costituisce il dominio familiare. Nel 1973 diventa consigliere generale del cantone di Chamoux-sur-Gelon, in Savoia, poi deputato della terza circoscrizione nello stesso dipartimento. Nello stesso anno entra nel comitato direttivo del PS, dove si distingue come politico in ascesa. Uomo discreto, si fa notare per il suo straordinario talento oratorio. Nel 1968 pubblica un saggio sulla conciliazione internazionale, quindi si impone come esperto di questioni estere. All’Assemblea nazionale, dove siede senza interruzione dal 1973 al 1981, è membro della Commissione affari esteri e, in modo più transitorio, della Commissione finanze. Molto vicino a François Mitterrand, C. mette le sue competenze al servizio del Partito socialista e del suo primo segretario, svolgendo su loro incarico numerose missioni segrete presso Yasser Arafat o il presidente egiziano El-Sadat. Nel 1978 è il rappresentante del PS nella delegazione francese che accompagna il presidente Valéry Giscard d’Estaing all’Assemblea generale straordinaria delle Nazioni Unite dedicata al problema del disarmo. Dopo essere diventato membro supplente dell’ufficio esecutivo del PS nel 1977, due anni più tardi prende le distanze da Mitterrand, scegliendo di sostenere Michel Rocard al congresso del Partito socialista a Metz nel 1979.
Appassionato di relazioni Est-Ovest, C. si interessa anche alla costruzione europea. Dopo essere stato delegato nazionale del PS per le Comunità europee, diventa membro dell’Assemblea delle Comunità europee dal maggio 1978 al luglio 1979. La vittoria di Mitterrand nelle elezioni presidenziali del maggio 1981 gli offre l’opportunità di assumere responsabilità governative: è nominato viceministro di Claude Cheysson, ministro delle Relazioni esterne, e incaricato della Cooperazione e dello sviluppo. Richiede che nella definizione del suo portafoglio sia menzionato esplicitamente il termine «sviluppo», perché aspira a rompere con la politica del passato, «decolonizzando la cooperazione» e integrandola negli affari esteri, per centrarla di nuovo sullo sviluppo in un’ottica internazionale. In perfetto accordo con la filosofia terzomondista del discorso pronunciato dal Presidente della Repubblica a Cancun, nell’ottobre 1981, C. intende «normalizzare» le relazioni della Francia con l’Africa, affinché obbediscano a logiche più razionali e meno personalistiche. Desidera anche che la Francia garantisca più efficacemente, in special modo nel continente nero, la difesa dei diritti dell’uomo e della democrazia. Ma i suoi sforzi di moralizzazione e di rinnovamento si scontrano rapidamente con la volontà di Mitterrand, fedele a una visione tradizionale dell’Africa e fautore di una Realpolitik in quella che deve restare in primo luogo un territorio d’influenza francese.
Quindi C. preferisce dimettersi piuttosto che rinunciare ai suoi ideali e nel dicembre 1982 abbandona le funzioni ministeriali, rifiutando il posto di ambasciatore in Spagna che gli ha proposto il primo ministro Pierre Mauroy. Nel novembre 1983 è eletto nel consiglio esecutivo dell’United Nations educational, scientific and cultural organization (UNESCO), prima di essere candidato nel giugno 1984, nelle liste del PS, alle elezioni del Parlamento europeo. Comincia una nuova fase della carriera politica di C. dominata dagli affari europei. A Strasburgo e a Bruxelles, dove sceglie di stabilirsi, svolge un’attività intensa: in una quindicina d’anni sottopone al Parlamento 147 interrogazioni scritte, pronuncia 215 interventi orali e firma o è cofirmatario di 138 risoluzioni. È membro della Commissione politica (1978-1979), poi, a partire dal 1984, della Commissione giuridica e dei diritti di cittadini e di quella del bilancio comunitario (v. Bilancio dell’Unione europea), che presiede dal 1984 al 1989. Si mobilita a varie riprese a favore della difesa dei Diritti dell’uomo in Iran, a Cuba, in Cile, nel Sudafrica, in Libano, nell’URSS, in Congo. Avendo presieduto nel 1981 la prima conferenza sui paesi meno avanzati, e dopo aver tratto dalla sua esperienza di ministro un saggio pubblicato nel 1984 (A l’épreuve du pouvoir: le tiers-mondisme, pourquoi faire?), C. fa dell’aiuto ai paesi del Terzo mondo uno degli ambiti privilegiati di intervento, che si tratti di richiamare l’attenzione dei colleghi e della Commissione europea sulla questione del debito o sulla carestia in Etiopia nel 1984.
In generale, non c’è un tema della politica internazionale sul quale C. non faccia sentire la sua voce con slancio: Afghanistan, conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, guerra del Golfo, problema palestinese o crisi della Iugoslavia. Per diversi anni consecutivi è membro della delegazione del Parlamento europeo per le relazioni con gli Stati Uniti, un paese che conosce bene per averci vissuto una parte dell’infanzia (sua madre è americana).
Senza mai trascurare le questioni internazionali, da giurista si interessa anche a temi come la brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche, alla quale dedica un articolo del 1998, o ai servizi pubblici in Europa. Appassionato dell’istituzione parlamentare, in generale, e in particolare europea, ne esplora tuti gli ingranaggi, diventando presidente del gruppo socialista (1989-1994) (v. Gruppi politici al Parlamento europeo), poi vicepresidente del Parlamento europeo (1997-1999). Da militante convinto della causa europea, difende il principio di un «Parlamento che faccia politica», senza esitare a scontrarsi su questo terreno, nel 1990, con il suo compatriota socialista Jacques Delors, Presidente della Commissione europea. Sotto la sua presidenza, i socialisti privilegiano, per quanto è possibile, le alleanze a sinistra a discapito della tradizionale intesa con i democratico-cristiani. Essendo la maggioranza dei governi di destra, la congiuntura è propizia per realizzare questa divisione politica quando viene alla ribalta il dibattito sulla carta sociale, giudicata troppo poco vincolante dai deputati di sinistra. Preoccupato di colmare il Deficit democratico della Comunità, C. dichiara a nome del gruppo socialista: «Vogliamo aumentare il nostro controllo sui commissari e sui loro funzionari; essere un Parlamento che chiede in qualsiasi momento di rendere conto».
Uomo di saldi principi, sa tuttavia dare prova di pragmatismo: «Non abbiamo voluto, contrariamente ai nostri predecessori, costruire uno schema ideale, ma rafforzare il nostro potere giorno per giorno» (“Le Monde”, 8-9 aprile 1990). Si dichiara «federalista per rassegnazione» (v. Federalismo), ritenendo che solo «un’Europa politica più integrata, più federalista (v. Cot e Abélès, 1991) possa consentire la realizzazione di politiche comuni, in particolare in campo sociale.
Nel febbraio 1999 decide di non candidarsi per il quarto mandato al Parlamento europeo e intraprende la carriera di avvocato e di consigliere alla Corte internazionale di giustizia, impegnandosi in diverse cause, come nelle controversie di frontiera fra il Burkina-Faso e la Repubblica del Mali o il Camerun e la Nigeria. Dal 2002 è giudice al Tribunale internazionale del mare ad Amburgo.
Sabine Jansen (2010)