De Clercq, Willy
Uomo politico belga, commissario e parlamentare europeo, D.C. (Gand 1927-ivi 2011) si è distinto soprattutto per il suo attivismo politico sia a livello nazionale sia europeo. Liberale ed europeista convinto, D.C. è sempre stato favorevole a una concezione federalista dell’assetto istituzionale dello Stato (v. Federalismo), sia in relazione alla riforma costituzionale in senso federale del Belgio, realizzata nel 1993, sia per ciò che concerne il processo d’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della) e la riforma istituzionale dell’Unione europea (UE).
Nel 1950, dopo essersi laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Gand (Rijksuniversiteit Gent, RUG) e dopo aver seguito un master di perfezionamento in scienze sociali negli Stati Uniti, alla Maxwell school for Citizenship and Public affairs della Syracuse University, D.C. intraprese la carriera legale, svolgendo l’attività notarile e lavorando come avvocato presso la Corte d’appello della sua città. Contemporaneamente si dedicò all’insegnamento, perseguendo la carriera universitaria. Negli anni Cinquanta divenne professore di diritto presso l’Università di Gand e successivamente ottenne la cattedra di Finanza pubblica all’Università fiamminga di Bruxelles (Vrije Universiteit Brussel, VUB).
Fin da giovane D.C. si distinse all’interno della gioventù liberale belga (Liberaal Vlaams Studentenverbond), interessandosi alla politica attiva. Per oltre quarant’anni partecipò alla vita del Liberale Partij, seguendo le difficili vicissitudini che portarono alla scissione del partito negli anni Settanta e alla formazione di due nuove correnti distinte, una francofona e una fiamminga. Nel 1972, D. C., insieme a Frans Grootjans e Herman Vanderpoorten, diede vita al partito liberale fiammingo, il Partito della libertà e del progresso (Partij voor Vrijheid en Vooruitgang, PVV), di cui venne eletto presidente e, a distanza di vent’anni, nel 1992, prese parte alla nascita del Partito dei democratici e liberali fiamminghi (Vlaamse Liberalen en Democraten, VLD), fondato da Guy Verhofstadt, ex primo ministro belga (1999-2008).
Abbandonata la carriera legale, D.C. venne eletto prima consigliere comunale di Gand, poi membro del Parlamento nazionale. Nel corso della sua vita ricoprì numerosi incarichi istituzionali in diversi governi di coalizione: segretario di Stato per il Bilancio dal 1960 al 1961, vice primo ministro e ministro del Bilancio dal 1966 al 1968, vice primo ministro e ministro delle Finanze dal 1973 al 1974 e dal 1974 al 1977 e ancora vice primo ministro nel 1980. A coronamento della lunga carriera politica e amministrativa, D.C. venne, infine, nominato ministro di Stato (Minister van Staat) nel 1985 e insignito del titolo nobiliare di visconte nel 2006 per volontà del sovrano belga.
Negli anni Settanta, l’allora ministro delle Finanze belga assunse importanti cariche nell’ambito delle istituzioni finanziarie a livello europeo e internazionale. Di fronte alla crisi e al fallimento del Serpente monetario, i leader europei decisero di avviare la ricerca di un nuovo approccio al fine di garantire la stabilità monetaria. Fu così che nel gennaio 1976, a Kingston in Giamaica, D.C. presiedette un’importante seduta del comitato interinale del Fondo monetario internazionale (FMI), durante la quale venne stabilita una serie di accordi miranti all’adozione di una riforma del sistema monetario internazionale – noti anche come Jamaica agreements. Nel 1977, poi, fu chiamato alla presidenza del Consiglio dei governatori (Board of governors) della Banca europea per gli investimenti (BEI) e, sempre lo stesso anno, divenne anche membro del Board of governors della World bank, della Inter-American bank e della Asian bank.
A metà degli anni Ottanta, D. C. volse la propria attenzione alla politica europea, intraprendendo una nuova carriera nel quadro delle Istituzioni comunitarie. Nel 1985 fu nominato commissario europeo, entrando a far parte della prima Commissione Delors (1985-1989) (v. Delors, Jacques), al posto di Étienne Davignon, occupandosi della politica commerciale e delle relazioni esterne congiuntamente al francese Claude Cheysson. Nel 1989, scaduto il mandato e sostituito all’interno della Commissione europea da Karel van Miert, D.C. si candidò alle elezioni europee nelle liste del Partito dei liberali e democratici fiamminghi, inserito nel Gruppo europeo dei liberali (v. Gruppi politici al Parlamento europeo), dei democratici e dei riformatori e aderente alla coalizione liberale europea dell’Alleanza dei liberaldemocratici europei (ALDE). La sua posizione all’interno del liberalismo europeo lo portò ad assumere più volte la presidenza della federazione dei partiti liberali europei (European liberal democrat and reform party, ELDR), dal 1979 al 1981 e dal 1990 al 1995.
Nel corso di quasi vent’anni, D.C. associò all’esercizio del mandato di europarlamentare una convinta militanza federalista, infondendo nella propria attività al Parlamento europeo un indirizzo europeista e favorevole a una maggiore coesione politica dell’UE. D.C. fu membro del Mouvement européen belgique, (MEB) e presidente dell’Union des fédéralistes européens (UEF) del Belgio, partecipando alle iniziative da loro organizzate in favore di un’evoluzione in senso federale del processo d’integrazione europea. Nel 1992, in seguito alla crisi europea innescata dall’esito negativo del referendum danese e dall’esigua maggioranza (51%) conseguita da quello francese sul Trattato di Maastricht, D.C., insieme ad altri esponenti politici, cercò di rianimare il Movimento europeo belga, rilanciando l’idea di un’Europa federale in opposizione alle proteste degli “euroscettici” (v. Euroscetticismo). L’europarlamentare belga, infatti, considerava assolutamente necessaria e urgente una campagna di propaganda europeista per ridurre il divario crescente tra il processo d’integrazione europea e l’opinione pubblica sempre più distaccata e indifferente.
Il federalismo di D.C. emerse nuovamente nel 2004, in occasione dell’allargamento della UE verso i paesi dell’Europa centro orientale, quando non riuscì a nascondere le proprie perplessità e le profonde preoccupazioni di fronte a un tale processo. Convinto, come molti altri esponenti federalisti, della necessità di realizzare un primo nucleo federale (v. anche Nucleo duro) al fine di guidare il processo d’integrazione verso la realizzazione di una grande federazione europea, D.C. riteneva che la prospettiva dell’allargamento costituisse un pericolo, poiché avrebbe comportato una diluizione della capacità decisionale in seno alle istituzioni dell’UE (v. anche Processo decisionale), compromettendone la governabilità e la capacità di pervenire a scelte politiche condivise. D.C., pensando che gli Stati membri non fossero riusciti a rafforzare le istituzioni dell’Unione tanto da garantirne la funzionalità qualora si fosse compiuto l’allargamento, considerava urgente la realizzazione di un’unione federale tra i sei Stati fondatori (sixism), in modo da preservare il processo d’integrazione politica dell’UE e sopportare le pressioni dovute all’espansione. In occasione del Vertice di Amsterdam (1997) (v. Trattato di Amsterdam), D.C. si dimostrò favorevole a una riforma urgente e radicale delle istituzioni europee, volta a realizzare una maggiore coerenza politica, una più forte coesione e una più stretta condivisione dei poteri a livello europeo; l’Allargamento, infatti, avrebbe innescato un processo senza ritorno verso l’ingovernabilità dell’Unione. Di fronte a questo pericolo, lo statista belga credeva nell’autonomia del Parlamento europeo e nella contrapposizione tra le sue potenziali virtù federali e gli interessi nazionali espressi in sede di Consiglio europeo. In qualità di europarlamentare, D.C. si dimostrò sempre favorevole all’idea di attribuire maggiori poteri alle istituzioni comunitarie allo scopo di trasformare progressivamente l’UE in una grande federazione di Stati.
Ancora, in occasione del risultato negativo del referendum francese e olandese sul Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa (2005), D.C., insieme agli ex commissari europei Davignon e van Miert, si è reso protagonista di un dibattito pubblico in seno al Parlamento europeo sulle strategie necessarie al superamento della crisi (v. Costituzione europea).
Negli ultimi anni, anche a causa di un incidente, D.C. ha deciso di ritirarsi dalla vita politica, concludendo una lunga carriera svolta all’interno delle istituzioni nazionali ed europee.
Filippo Maria Giordano (2012)