Difensore civico
Il difensore civico negli Stati dell’Unione europea: uno sguardo d’insieme
L’istituto del difensore civico, meglio conosciuto come Ombudsman, nasce all’inizio dell’Ottocento in Svezia quale organo ausiliario del Parlamento deputato al controllo della legalità e della regolarità dell’azione amministrativa. Istituito dapprima come organo indipendente, affrancato dall’esecutivo nella penisola scandinava e, poi, in tutto il territorio dell’Unione europea, esso si presenta, ora e ovunque, come organo promotore della buona amministrazione e garante degli interessi individuali del cittadino e delle formazioni sociali di fronte all’amministrazione. L’evoluzione e la crescente importanza dell’istituto è strettamente correlata alle sempre più pressanti esigenze di nuove forme di partecipazione democratica nonché di rimedi sostanzialmente alternativi a quelli giurisdizionali e amministrativi per la tutela dei diritti fondamentali. Il compito di esaminare le doglianze sollevate dai cittadini contro la maladministration e di risolvere le controversie in modo rapido, economico e facilmente accessibile, attraverso l’impiego di poteri istruttori, di informazione, di stimolo, di raccomandazione nonché sanzionatori, completano il quadro generale entro il quale si configura l’organo in esame.
La circolarità e/o l’imitazione di tale istituto tra le realtà ordinamentali nazionali europee non deve tuttavia trarre in inganno. Come rilevato dalla maggior parte della dottrina comparatistica, il risultato del trapianto di tale organo da un ordinamento all’altro è stato tale da avere dato luogo a una pluralità di modelli. Dalle discipline degli ordinamenti giuridici è, infatti, possibile individuare, per le disparate competenze settoriali, difensori civici che operano nel tradizionale campo del diritto pubblico così come difensori civici che operano anche nel settore privato; per i diversi ambiti territoriali di sindacato, difensori civici nazionali, difensori civici subnazionali e difensori civici locali; per le differenti strutture organizzative, difensori civici monocratici e difensori civici collegiali. Ancora, per la natura dei rapporti stretti con gli altri organi istituzionali, si profilano difensori civici parlamentari, difensori civici parlamentari-governativi, difensori civici governativi e difensori civici spontanei (o di organizzazione del terzo settore); per le funzioni loro attribuite, si rinvengono difensori civici deputati alla difesa civica, al controllo di legalità dell’azione amministrativa, alla composizione dei conflitti, alle riforme, nonché alla rappresentanza politico-democratica.
Il difensore civico regionale in Italia
Alla luce dei modelli sopra illustrati, il difensore civico italiano rientra tra quelli di tipo pubblicistico, locale, monocratico ed assembleare. Sotto il profilo delle sue competenze il discorso, come vedremo, non è semplice.
A differenza di tutti gli altri paesi dell’Unione europea, in Italia manca ancora un difensore civico nazionale, nonostante le diverse proposte presentate. Il difensore civico possiede esclusivamente una competenza territoriale circoscritta a livello locale. Ma se sul terreno regionale tale istituto è ormai previsto da tutte le legislazioni, alcune basate su disposizioni statutarie, non può dirsi altrettanto per gli altri enti territoriali. La facoltà lasciata ai comuni e alle province dal legislatore nazionale di prevedere, nei rispettivi statuti, tale organo non ha impedito la sua perdurante assenza in numerose realtà istituzionali, soprattutto in quelle meno popolose. Peraltro, in difetto di difensore civico locale, o in ragione di un maggiore coordinamento tra le difese civiche competenti nei diversi livelli territoriali, vi è la possibilità per i comuni e le province, attraverso apposite convenzioni con la regione, di avvalersi del difensore civico regionale o di istituire una difesa civica unica.
Similmente a quanto previsto dagli altri Stati dell’Unione europea, il difensore civico si caratterizza per una posizione di indipendenza rispetto agli organi di governo regionale; al punto che alcuni testi statutari e legislativi lo qualificano come “autorità indipendente della Regione”. Al di là di queste definizioni giuridiche, la prassi contribuisce a confermare tale autonomia. Il rapporto con il Consiglio regionale, ad esempio, è di tipo fiduciario e ciò consente un’ampia autonomia operativa. Spetta a tale organo eleggere, in una rosa dei candidati e con maggioranze qualificate, il rispettivo difensore civico così come revocarlo, con le medesime maggioranze, per gravi motivi. Il significato delle norme è preciso: si auspica che il difensore civico sia una personalità ampiamente rappresentativa dell’ente, al di sopra della lotta politica contingente. Sempre in questa logica (di indipendenza), devono essere letti i requisiti relativi all’eleggibilità e le cause di incompatibilità previsti sia dalle normative regionali sia da regolamenti governativi, il sopravvenire dei quali determina la decadenza dall’incarico. Durante il mandato, fissato a 5 anni (in alcuni casi rinnovabile una volta sola, in altri vietato), il difensore civico ha l’obbligo annuale di presentare al Consiglio regionale una relazione sulla attività svolta, con eventuali proposte di modifiche normative o amministrative, anche in relazione alla struttura e al funzionamento degli uffici regionali, alla distribuzione delle competenze e all’assetto dei rapporti tra la Regione e gli enti locali e strumentali.
Con riferimento alle funzioni, si tratta, come ha affermato testualmente la Corte costituzionale, di un «soggetto essenzialmente preposto alla vigilanza sull’operato dell’amministrazione» (sent. n. 167/2005). Attivabile, sia d’ufficio sia su istanza di parte, per segnalare abusi, disfunzioni, carenze e ritardi dell’amministrazione nei confronti del cittadino, il difensore civico ha visto ampliare nel tempo la sua competenza col sovrapporsi di nuove disposizioni legislative e di molteplici prassi. A causa di ciò, il difensore civico oscilla tra l’esercizio di un controllo tecnico-giuridico di difesa del cittadino nei confronti dell’amministrazione e una mediazione tra gli interessi dei cittadini e dell’amministrazione stessa. E in effetti, se poniamo attenzione al tipo di controllo che spetta al difensore civico, esso non incide direttamente sull’atto, annullandolo o modificandolo, bensì sul comportamento dell’organo che ha dato origine alla irregolarità amministrativa sollecitando, se del caso, l’autorità a modificare il proprio comportamento.
Il difensore civico nell’Unione europea
Anche l’ordinamento europeo si è dotato, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, di un difensore civico, denominato “Mediatore dell’Unione europea” (v. Mediatore europeo).
In forza dell’art. 195 TCE il Mediatore dell’Unione europea si occupa delle denunce presentate dai cittadini europei o da qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia sede sociale in uno Stato membro contro casi di cattiva amministrazione nell’azione delle Istituzioni comunitarie e degli organi comunitari, fatta eccezione per gli atti compiuti dalla Corte di giustizia delle Comunità europee (v. Corte di giustizia dell’Unione europea) e dal Tribunale di primo grado nell’esercizio delle loro funzioni giurisdizionali. L’ambito dell’indagine del Mediatore è quindi costituito esclusivamente dall’amministrazione europea, intesa sia come apparato amministrativo sia come attività, essendo sottratti al suo sindacato casi riguardanti le amministrazioni nazionali, regionali o locali degli Stati membri, anche quando la loro attività conosca questioni inerenti all’Unione europea.
Scopo precipuo dell’organo è quello di «proteggere i diritti dei cittadini e di promuovere le relazioni tra le istituzioni della Comunità e i cittadini europei». A tal fine, il Mediatore si attiva, anche di propria iniziativa, per controllare le irregolarità amministrative, le discriminazioni, gli abusi di potere, la mancanza di trasparenza, il rifiuto di informazione, il mancato adempimento degli obblighi comunitari (v. anche Infrazione al diritto comunitario), l’errore giuridico e i ritardi ingiustificati dell’amministrazione europea nei confronti del cittadino, cercando, in prima battuta, di addivenire, attraverso un procedimento di conciliazione-mediazione, a una decisione che soddisfi sia il ricorrente sia l’istituzione contro cui è rivolta la denuncia. Qualora non si giunga a una soluzione amichevole, il Mediatore può archiviare il caso trasmettendo un’osservazione critica all’istituzione, così come può formulare un progetto di raccomandazione da trasmettere all’istituzione interessata. Se quest’ultima nei tre mesi successivi risponde con un parere circostanziato insoddisfacente, il Mediatore può presentare una relazione speciale al Parlamento europeo da inoltrare anche all’istituzione interessata. Sussiste, inoltre, in capo al Mediatore, l’obbligo di presentare annualmente al Parlamento europeo una relazione sui risultati delle proprie indagini.
Discussa in dottrina è la possibilità di ricorrere contro i provvedimenti del Mediatore, essendo gli stessi non giuridicamente vincolanti. Ciò non toglie, tuttavia, la possibilità di agire, in forza dell’art. 288 TCE, contro il Mediatore per risarcimento dei danni a seguito di una pronuncia di trattamento inadeguato.
Il Mediatore, al pari degli altri difensori civici, è un organo indipendente e imparziale che opera nell’interesse generale della Comunità e dei cittadini dell’Unione, senza chiedere né accettare istruzioni da alcun governo o organismo. Tra gli elementi strutturali che costituiscono i sintomi rivelatori della sua autonomia ricordiamo che spetta al Parlamento europeo, all’inizio e per la durata di ciascuna legislatura, nominare il Mediatore, così come porlo in stato di accusa innanzi alla Corte di giustizia per colpa grave, e che si tratta di un organo sottratto, per motivi funzionali, a rapporti di gerarchia.
Conclusioni
Al di là dell’efficacia pratica che alcuni ordinamenti riscontrano nell’utilizzo di tale figura, e con un massimo di generalizzazione, è possibile affermare che il difensore civico, quale soggetto estraneo all’amministrazione, ma capace di incidere sul suo agire, svolge, all’interno di ciascun ordinamento, un ruolo chiave per la tutela di diritti e interessi, relativamente “nuovi”, che altrimenti non troverebbero adeguata protezione di fronte al giudice.
Tuttavia, non deve essere nascosto il rischio che tale figura, così innovativa nel panorama delle soluzioni tese ad avvicinare l’amministrazione al cittadino e viceversa, possa perdere di incisività nella dimensione europea. La proliferazione dei modelli derivati dall’originario istituto, e quindi le differenti tutele attivabili, nonché la ristrettezza territoriale della sua sfera di azione a fronte di una sempre più avvertita esigenza di ridefinire il patrimonio dei diritti individuali e collettivi del cittadino europeo (v. anche Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea), nonché dell’uomo in generale (v. anche Diritti dell’uomo), sono alcuni dei fattori che rivelano tale problematica. In un simile contesto, tra le soluzioni auspicabili si profila quella di una maggiore collaborazione sia tra i difensori civici competenti nei rispettivi ordinamenti sia tra gli stessi e gli organi giurisdizionali attraverso un processo assimilabile all’open method of coordination.
Sotto il primo aspetto, ad esempio, il già esistente sistema integrato dei difensori civici nazionali, regionali e locali, concretizzatosi nella c.d. rete europea dei difensori civici, potrebbe tra-sformarsi in uno strumento adeguato per affrontare in maniera tempestiva e informale le denunce dei cittadini se fosse potenziato sia il meccanismo di scambio di informazioni relative all’applicazione del diritto comunitario, alle rispettive esperienze nonché best practices, sia il meccanismo di trasferimento dei reclami al difensore civico nazionale o regionale competente o a un organo simile. In questo modo si offrirebbe una garanzia più efficace affinché i diritti dei cittadini europei e dei residenti, sanciti dalla normativa comunitaria, ivi compresi i diritti fondamentali, divengano una realtà sostanziale.
Quanto al secondo aspetto, si potrebbero sollecitare entrambi gli organi a utilizzare reciprocamente, nell’esercizio delle proprie funzioni, le rispettive decisioni. Così come il difensore civico si avvale della giurisprudenza per la risoluzione dei suoi casi, altrettanto il giudice può trarre ispirazione dalle relazioni dei difensori civici per assumere le proprie decisioni. La costante evoluzione sia dei principi giurisprudenzialmente posti sia di quelli enucleati dai difensori civici, nonché la loro ormai stretta interdipendenza, costituiscono buone ragioni per sviluppare ulteriormente tale tipo di rapporto.
Silvia Sassi (2010)