Dinkelspiel, Ulf
D. (Stoccolma 1939) dopo aver compiuto studi all’Università dell’Arkansas, USA, nel 1956-57, seguiti qualche anno più tardi da una laurea in Economia e commercio presso la Scuola di economia di Stoccolma, lavorò come addetto presso il ministero degli Affari esteri, nel 1962.
Durante tale incarico, D. lavorò dapprima nell’ambasciata svedese di Tokyo dal 1963 al 1965 e poi nella delegazione svedese dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) a Parigi, dal 1965 al 1967. Tuttavia, in un periodo nel quale la Svezia stava per iniziare le trattative con la Comunità economica europea (CEE), egli si rivelò un collaboratore prezioso al ministero degli Esteri. Il governo nominò l’ambasciatore Sverker Ǻström come capo della delegazione svedese per i negoziati. Ǻström si dimostrò un abile ed esperto diplomatico. Ma come ex capo della sezione politica del ministero degli Esteri e successivamente ambasciatore presso le Nazioni Unite, Ǻström si era distinto principalmente nel settore della politica per la sicurezza, e tra i maggiori interpreti della politica svedese di neutralità.
La nomina di Ǻström a capo negoziatore rifletteva le priorità del governo svedese nelle trattative con la CEE. Mentre il raggiungimento di un accordo era ritenuto un obiettivo di massima importanza, in nessun modo la Svezia avrebbe accettato che i vincoli autoimposti alla politica di neutralità fossero pregiudicate. Per rimediare alla propria limitata esperienza in materia economica, Ǻström scelse D. come segretario personale con vasta esperienza in questo settore. Durante l’intero periodo delle trattative, D. ebbe funzioni di assistente del capo negoziatore, illustrando la logica economica delle differenti soluzioni ed elaborando le implicazioni pratiche di una materia sovente molto tecnica. Nelle proprie memorie, Ǻström elogia il proprio gruppo di collaboratori, in particolare indicando D. come la persona chiave nelle trattative.
Grazie al proprio ruolo nei negoziati sull’accordo relativo all’Associazione europea di libero scambio (EFTA) tra la Svezia e la CEE, D. sviluppò una vasta conoscenza del processo di integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). Tuttavia, sarebbero occorsi altri 14 anni prima che egli avesse la possibilità di farla fruttare appieno. Dopo la conclusione delle trattative, fu offerto a D. un interessante incarico all’ambasciata di Washington D.C., nella quale operò dal 1975 al 1979. In seguito dovette fare ritorno a Stoccolma dove venne nominato assistente del sottosegretario di Stato, ovvero secondo soltanto al più alto funzionario del ministero, l’ambasciatore Leif Leifland. Nel 1983, D. stesso ricevette la nomina ad ambasciatore.
Allorché i rapporti con la CEE assunsero il primo posto nell’agenda politica nella seconda metà degli anni Ottanta, era ovvio che D. vi avrebbe svolto un ruolo fondamentale. Poiché era chiaro che la Svezia si trovava ancora una volta dinnanzi a negoziati complessi sia all’interno dell’Associazione di libero scambio europeo, sia con la CEE, la scelta di D. come capo negoziatore sembrò la più naturale. Egli lavorò con il ministro del Commercio, Anita Gradin e con il sottosegretario di Stato, Michael Sohlman, definendo priorità e strategie, guidò e coordinò un nutrito gruppo di funzionari svedesi impegnati nei negoziati. Con il progredire delle trattative, D. partecipò alle riunioni di gabinetto, anche se limitatamente al ruolo di funzionario pubblico che illustrava i problemi tecnici o gli sviluppi negoziali.
Nell’ottobre 1990, il governo svedese mutò la propria posizione in merito all’adesione alla CEE. Secondo il governo, la decisione fu determinata, tra l’altro, dallo scarso progresso nei negoziati per lo Spazio economico europeo (SEE) e dalla scarsa disponibilità mostrata dalla CEE in tema di poteri e procedure di decision-making, rispetto alle aspettative iniziali della Svezia e degli altri Stati EFTA. D. ha asserito che a un esame retrospettivo, non c’era da sorprendersi per la posizione assunta dalla CEE su tali questioni. Le trattative, dopo la presentazione della candidatura nell’estate 1991, con D. ancora alla guida, vennero intensificate in vista dell’adesione.
Quando nell’autunno 1991 il leader del Partito conservatore, Carl Bildt, formò una nuova coalizione governativa, D. venne promosso a un incarico di governo e nominato ministro degli Affari europei. Dopo aver fatto carriera come burocrate, al servizio dei governi socialdemocratici, D. era ora diventato un politico e un membro del Partito conservatore. In tale nuovo ruolo, egli ebbe maggiore visibilità che in precedenza. Appariva quasi ogni giorno sui media nazionali, assicurando che il governo avrebbe seguito una linea ferma su varie questioni vitali per i cittadini e che un trattato avrebbe rispecchiato l’interesse nazionale svedese. L’opinione pubblica svedese che, a quel punto, secondo i sondaggi di opinione, era in maggioranza contraria all’adesione all’UE, riteneva D. affidabile nel difendere prerogative nazionali come il principio del libero accesso agli archivi di Stato, il monopolio di Stato sulla vendita di alcolici, la produzione e il consumo di tabacco “senza fumo” (tabacco da fiuto svedese) nonché il contenimento del contributo svedese al bilancio comunitario (v. Bilancio dell’Unione europea) e ai fondi strutturali.
Infine, nella primavera del 1994, le trattative si conclusero con successo. D. accompagnò il primo ministro Bildt alla firma del Trattato d’adesione al Consiglio europeo di Corfù, in Grecia. Pochi mesi dopo, i partiti della coalizione di governo persero le elezioni nazionali, a favore dei socialdemocratici e Bildt insieme ai suoi ministri si dimise. Con il referendum per il Trattato d’adesione fissato a due mesi dalle elezioni, D., il quale era stato coinvolto in tutte le fasi del processo, si ritrovò senza incarichi.
Tuttavia, egli proseguì la campagna e fu tra le figure guida del partito del “sì” nel referendum. Nel corso delle sue numerose apparizioni in pubblico, D. sottolineò l’importanza dell’Unione europea (UE) e sostenne quanto fosse essenziale che la Svezia beneficiasse della possibilità di influire sul processo d’integrazione. Il fronte del No percepiva D. come un antagonista chiave, facendone oggetto di dure critiche nel corso di una campagna spesso caratterizzata da diffamazioni personali.
Quando fu certa una maggioranza in favore dell’adesione, D. aveva finalmente raggiunto il proprio obiettivo. Tuttavia, invece di continuare a dedicarsi alla politica, egli si cimentò in un terreno nuovo, benché a lui familiare. D. fu nominato amministratore delegato dello Swedish trade council, un’organizzazione di proprietà “mista”, con partecipazione pubblica e privata, la quale aveva il compito di assistere le piccole e medie imprese svedesi in cerca di mercati esteri. Con la propria esperienza diplomatica e commerciale, D. era particolarmente preparato per l’incarico dal quale si ritirò nell’autunno del 2004.
D. passerà alla storia come uno degli artefici chiave dell’ingresso svedese nell’UE. Per il governo socialdemocratico egli fu in quel periodo il perfetto alto burocrate: affidabile e stimato dalla comunità imprenditoriale, ma anche altamente professionale e leale nei confronti dei propri superiori politici. Come uomo politico, il profilo sociale di D., un conservatore facoltoso e con legami aristocratici, appariva alquanto insolito. Malgrado il suo atteggiamento compassato e la personalità gradevole, tale retroterra costituì probabilmente un ostacolo alla sua carriera personale, nonostante i ripetuti tentativi, sulla considerevole fetta di pubblico svedese mostratasi scettica riguardo all’UE.
Jakob Gustavsson (2012)