E. (Ulm, Baviera 1926) consegue la maturità nel 1946 e intraprende gli studi in germanistica, storia e lingua inglese prima a Francoforte, poi a Berna e a Tubinga. Li conclude nel 1951 conseguendo il dottorato in filosofia. Fino al 1961 insegna presso un Liceo di Schwenningen/Neckar.
Nel 1952 E. fonda insieme a Gustav Heinemann e Helene Wessel la Gesamtdeutsche Volkspartei (GVP, Partito popolare per la Germania unita), da cui però esce nel 1956, come la maggior parte dei militanti di questa piccola formazione politica, per entrare nella Sozialdemokratische Partei Deutschlands (SPD). Nel 1961 viene eletto al Bundestag, dove prende parte alla Commissione finanziaria e a quella Affari esteri.
Il 1° ottobre 1968 è chiamato a ricoprire l’incarico di ministro per la Cooperazione e lo sviluppo, sostituendo Hans-Jürgen Wischnewski, nel governo guidato da Kurt Georg Kiesinger, prima grande coalizione Christlich demokratische Union Deutschlands (CDU)/SPD della storia della Germania. Secondo gli osservatori dell’epoca E. dà al proprio mandato ministeriale un taglio fortemente idealistico. Egli si oppone ripetutamente a una relazione troppo stretta tra aiuti ai paesi in via di sviluppo e politica estera e, questa sua linea politica, suscita le critiche di Herbert Wehner (SPD) che chiama polemicamente il ministro “pietcong”. E. mantiene l’incarico anche durante il cancellierato di Willy Brandt e, dopo le dimissioni di quest’ultimo nel maggio del 1974, per un breve periodo, anche nel governo del cancelliere Helmut Schmidt (SPD). Si dimetterà, infatti, l’8 luglio dello stesso anno in seguito ai tagli di bilancio al suo ministero. Gli succederà Egon Bahr.
A partire dal 1970 E. ricopre incarichi diversi e di prestigio all’interno della SPD: fa parte della presidenza del partito (Pateivorstand) e del presidium, è chiamato a presiedere la commissione valori (Grundwerte Kommission 1975-1991) e quella per la riforma fiscale. Dal 1973 al 1981 ricopre l’incarico di presidente del partito per la regione del Baden-Württemberg.
In questi anni E. cerca di fare della SPD un partito attento alle politiche ambientali, tema che insieme al pacifismo caratterizza una parte importante del suo impegno politico. Dopo la sconfitta elettorale subita dalla SPD in occasione delle elezioni regionali del 4 aprile 1976 che lo vedono, peraltro, candidato di punta per la carica di presidente della regione del Baden-Württemberg (contro l’allora presidente in carica Hans Filbinger), E. subisce un importante ridimensionamento all’interno del partito. Nel 1979, tuttavia, riesce a imporre la sua linea in merito all’abbandono dell’energia nucleare. Ma, quando nel marzo 1980, nuovamente candidato alla presidenza del Baden-Württemberg, non riesce a scalzare il suo avversario Lothar Späth, E. rinuncia ai suoi incarichi pubblici. Negli anni successivi si impegna sempre di più nel movimento ambientalista e pacifista e in occasione della grande dimostrazione pacifista del 10 ottobre 1981 di Bonn, è uno dei principali relatori assumendo, in questo modo, un importante ruolo di mediazione tra la SPD e il movimento pacifista.
Nel 1984 riacquista un ruolo di primo piano all’interno del partito ed è rieletto nel suo presidium, evento valutato dagli osservatori dell’epoca come primo momento di rottura con l’era Schmidt e l’inizio di un nuovo orientamento della SPD. Tra il 1984 e il 1986 E. riveste un ruolo fondamentale nella elaborazione della piattaforma programmatica della SPD: nei 110 punti del programma (Irseer Entwurf 30/06/1986, diventato in seguito Berliner Programm, primo programma comune ai socialdemocratici dell’est e dell’ovest e presentato alcuni mesi prima della caduta del Muro) trovano spazio molte delle sue idee politiche che fino ad allora non avevano avuto margini di realizzazione, come l’abbandono dell’energia nucleare, il “no” alla lavorazione del plutonio e la definizione di una nuova economia ecocompatibile. E. assume anche il difficile ruolo di mediatore fra la SPD e il Partito socialista unitario (Sozialistische Einheitspartei Deutschlands, SED) della Repubblica Democratica Tedesca. Nell’agosto del 1987 presenta, insieme a Otto Reinhold, di Berlino Est, il primo programma comune a socialdemocratici e comunisti (“Lo scontro delle ideologie e la sicurezza comune”).
Nel 1991 E. si congeda dai suoi colleghi di partito durante il congresso nazionale tenutosi in maggio abbandonando definitivamente tutti gli incarichi politici.
Dopo il ritiro dalla politica nazionale, si dedica in misura maggiore al suo lavoro per la Chiesa evangelica tedesca, del cui sinodo resta membro fino al 1997.
E.continua a essere un attento osservatore della politica tedesca e a far parte dell’ala sinistra della SPD. Durante il governo Schröder (v. Schröder, Gerhard) (SPD) si schiera pubblicamente contro la proposta di “un nuovo centro” e di una “terza via”, avanzate da Schröder e dal primo ministro britannico Tony Blair nel 1999, nella prospettiva di un rinnovamento della socialdemocrazia. Ma questo non significa che E. non approvi la politica del governo Schröder; egli appoggia infatti, nonostante le sue posizioni pacifiste, l’intervento dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (North Atlantic treaty organization, NATO) in Kosovo e sostiene, inoltre, la politica di riforme del cancelliere, così come la cosiddetta “Agenda 2010”.
Con la sua lunga carriera politica E. conquista un’eccezionale credibilità che gli permette d’influenzare tutt’ora in modo decisivo, non solo le linee guida del programma del suo partito, ma anche i temi e le tendenze delle discussioni di pubblico interesse, sia all’interno che all’esterno dei confini nazionali. Le sue idee “guida” riguardano il ruolo dell’Europa nello scacchiere internazionale. Egli mette in risalto l’importanza della costruzione di un’identità europea sempre più forte e definita, attraverso la quale la “vecchia Europa” potrà meritare il ruolo tanto ambito di pilastro della pace mondiale. E. rifugge l’idea di considerare l’uomo solo come homo economicus e auspica la realizzazione di un’Europa unita non solo dal mercato ma soprattutto dalla politica.
Il 27 settembre 2005 prende parte alla Conferenza dell’Unione europea a Strasburgo in merito al “no” francese (v. Francia) alla Costituzione europea. Nel suo intervento pone l’accento sull’instabilità e l’incertezza economica che in questi anni hanno investito i paesi europei, sottolineando la necessità di fare chiarezza su quelle che sono le possibilità e gli obiettivi attuali e futuri dell’Unione. E. sostiene che tale mancanza di chiarezza rischia di causare un’incontrollabile perdita di fiducia da parte dei cittadini nei confronti dello Stato Europa e di bloccarne ogni progresso sociale, economico o politico.
Agata Marchetti (2009)
Bibliografia
Eppler E., Liberale oder Soziale Demokratie? – Zum politischen Erbe Friedrich Wilhelm Naumanns, Ring Verlag, Stuttgart 1961.
Eppler E., Ende oder Wende – Von der Machbarkeit des Notwendigen, Kohlhammer, Stuttgart 1975.
Eppler E., Wege aus der Gefahr, Rowohlt-Reinbek, Hamburg 1981.
Eppler E., Die tödliche Utopie der Sicherheit, Rowohlt-Reinbek, Hamburg 1983.
Eppler E., Plattform für eine neue Mehrheit, Dietz, Bonn 1990.
Eppler E., Kavalleriepferde beim Hornsignal. Die Krise der Politik im Spiegel der Sprache, Suhrkamp, Frankfurt-am-Main 1992.
Eppler E., Als Wahrheit verordnet wurde. Briefe an meine Enkelin, Insel, Frankfurt-am-Main 1994.
Eppler E., Die Wiederkehr der Politik, Insel, Frankfurt-am-Main 1998.
Eppler E., Privatisierung der politischen Moral?, Suhrkamp, Frankfurt-am-Main 2000.
Eppler E., Vom Gewaltmonopol zum Gewaltmarkt, Suhrkamp, Frankfurt-am-Main 2002.
Eppler E., Auslaufmodell Staat?, Suhrkamp, Frankfurt-am-Main 2005.