Erhard, Ludwig Wilhelm
E. (Fürth 1897-Bonn 1977) era il secondo dei quattro figli di Wilhelm Philipp Erhard, un commerciante tessile appartenente alla piccola borghesia. Benché il padre fosse cattolico, E. fu battezzato ed educato secondo la confessione evangelica dalla madre.
Dal 1913 al 1916 E. fu apprendista di commercio al dettaglio. Nel 1916 fu chiamato alle armi presso l’artiglieria bavarese reale e partecipò alla Prima guerra mondiale. La grave ferita che gli fu inferta nell’autunno del 1918 gli impedì di entrare nell’impresa familiare. Per tale ragione E. proseguì la sua formazione presso l’Istituto superiore di commercio a Norimberga, dove conseguì nel 1922 il diploma di commercialista. Fu il talento di E. a convincere il rettore dell’Istituto, Wilhelm Rieger, a sostenerlo nella carriera universitaria. Grazie all’intervento di Rieger, E. riuscì ad iscriversi nell’autunno del 1922 all’Università di Francoforte.
L’inflazione che colpì fortemente la giovane Repubblica di Weimar distrusse anche gran parte del patrimonio familiare di E. Tale esperienza devastante ebbe un influsso determinante sulla formazione e sull’elaborazione del pensiero di E., che approfondì i suoi interessi scientifici orientati verso temi di economia, di politica e di sociologia.
E. fu allievo del celebre Franz Oppenheimer, rappresentante del cosiddetto “socialismo liberale”. Sia l’utopia elaborata da Oppenheimer di una società mondiale libera senza guerra e violenza, in cui i popoli competono economicamente secondo le regole del libero mercato, sia la sua stessa personalità, influenzarono profondamente E. I due rimasero in contatto fino all’emigrazione di Oppenheimer nel 1938. Questi fu, inoltre, nel 1925 il relatore della tesi di dottorato di E. dal titolo L’essenza e il contenuto dell’unità di valore, concernente la teoria del valore-lavoro elaborata dallo stesso Oppenheimer.
E. fu assunto nel 1928 come assistente scientifico nell’Institut für Wirtschaftsbeobachtung der deutschen Fertigware. Werner Vershofen fu un altro mentore di E. Lo appoggiò nella sua promozione a membro del consiglio di amministrazione e di vicedirettore nel 1933.
Contrariamente a ciò che sostenne più tardi, E. non fece mai parte della resistenza contro il regime nazionalsocialista. La sua carriera non fu impedita dall’avvento al potere del nazionalsocialismo, benché egli non si fosse mai iscritto al partito. Non riuscì a conseguire l’abilitazione per la libera docenza universitaria esclusivamente per motivi scientifici e non politici.
Nel 1942 lasciò l’Institut für Wirtschaftsbeobachtung der deutschen Fertigware, deluso dalla decisione di escluderlo come successore di Vershofen e fondò, nell’estate del 1942, l’Institut für Industrieforschung (finanziato dalla Reichsgruppe Industrie), il cui direttore, Karl Guth, era suo cognato.
E. sviluppò un piano di spostamenti industriali per le forze d’occupazione tedesche, per il quale ricevette nel 1943 addirittura una onorificenza. Inoltre, lavorò per la Reichsgruppe Industrie a un programma di ristrutturazione industriale postbellica e scrisse a questo proposito nel 1944 un memorandum, Finanziamento della guerra e consolidamento del debito, nel quale svolgeva le sue tesi sulla base della premessa che la Germania perdesse la guerra, un’ipotesi mai discussa nell’opinione pubblica tedesca durante il nazismo e perfino passibile di persecuzione politica. I problemi economici del dopoguerra richiedevano, secondo E., uno Stato forte, il quale però doveva rispettare la proprietà privata dei mezzi di produzione.
Poco prima degli attentati del 20 luglio 1944, E. inviò il suo memorandum anche a Carl Goerdeler, una figura rilevante dell’opposizione civile contro il nazionalsocialismo, che a sua volta si espresse molto favorevolmente sullo scritto e propose E. come consigliere economico di un eventuale nuovo governo. L’ondata di arresti che iniziò dopo l’attentato fallito a Hitler, non arrivò mai fino a E.
Immediatamente dopo la guerra, E. assunse i primi incarichi ufficiali. Fu consigliere degli americani per la ristrutturazione economica della città di Fürth e, nell’ottobre del 1945, fu nominato ministro dell’Economia nel gabinetto del socialdemocratico Wilhelm Hoegner in Baviera. E. non riscosse consenso nel corso dell’espletamento del suo incarico e dovette dimettersi nel dicembre del 1946. Le autorità americane lo nominarono, nell’ottobre del 1947, presidente dell’Ufficio speciale per i fondi e crediti della zona d’occupazione britannico-americana, dove a E. furono affidate le funzioni per la preparazione dell’economia alla riforma monetaria.
Nel novembre dello stesso anno, E. divenne professore incaricato di Scienze politiche ed economiche presso l’Università di Monaco, dove ebbe, a partire dal dopoguerra, diversi incarichi d’insegnamento.
La sua reputazione d’esperto in materie economiche convinse il consiglio di economia della zona d’occupazione britannico-americana, nel marzo del 1948, a designarlo direttore dell’amministrazione economica. Nel corso del suo incarico, E. fu molto abile nel realizzare le sue visioni economiche, le quali furono fortemente influenzate dall’economista neoliberale Wilhelm Röpke. Già nell’aprile del 1948 pronunciò un discorso inaugurale in cui prospettò l’abbandono del modello di un’economia guidata, e si espresse a favore di un’economia di mercato e del rafforzamento dell’industria dei beni di consumo.
Senza il permesso degli americani, E. impose al consiglio economico la cosiddetta “legge direttiva”, la quale abolì la regolamentazione di più di 400 tipi di prodotti e deregolamentò i loro prezzi. Questa legge, che entrò in vigore nel giugno del 1948 contemporaneamente alla riforma monetaria, ebbe conseguenze gravose sulle condizioni della popolazione. I socialdemocratici chiesero inutilmente per due volte le dimissioni di E. I primi effetti dell’European recovery program (ERP), il cosiddetto “Piano Marshall”, resero la situazione meno drammatica.
L’impopolarità di E. durò a lungo, finché le sue leggi non sortirono i primi effetti positivi. Successivamente, E. elaborò la teoria dell’economia sociale di mercato. Nell’economia sociale di mercato spettano allo Stato i compiti di proteggere con la sua Ordnungspolitik il funzionamento del mercato libero e allo stesso tempo di attenuarne gli effetti sociali indesiderati, in modo da contemperare la libertà economica con le richieste di giustizia sociale e con l’esigenza della solidarietà sociale. Il concetto dell’economia sociale di mercato, nel quale si intrecciano alcuni elementi del neoliberismo insieme ad altri che provengono dalla dottrina sociale cristiana, ebbe origine dagli economisti Wilhelm Röpke, Walter Eucken e Alfred Müller-Armack. Fu quest’ultimo, tra l’altro, a coniare nel 1946 l’espressione “economia sociale di mercato”, ma fu E. ad avviarla come progetto politico.
Konrad Adenauer pose l’economia sociale di mercato nel luglio 1949 a fondamento dell’orientamento economico del suo partito, l’Unione democratica cristiana (Christlich- demokratische Union, CDU). Benché E. per le sue convinzioni fosse più vicino al partito liberale democratico (Freie demokratische Partei, FDP), egli si lasciò convincere da Adenauer a presentarsi come candidato della CDU alle prime elezioni della Camera dei deputati della Repubblica Federale Tedesca (RFT) nel 1949. Pur non aderendo al partito, E. fu uno degli uomini politici più illustri nella campagna elettorale e fece sì che la CDU vincesse sorprendentemente, sia pure di stretta misura.
Nel settembre del 1949 E. entrò nel primo gabinetto di Adenauer come ministro dell’Economia, incarico che gli fu riconfermato in tutti e quattro i governi di Adenauer, fino al 1963. La relazione fra Adenauer, seguace della linea della Realpolitik, e il suo ministro, indipendente e fedele ai propri principi, fu, però, fin dall’inizio molto problematica.
L’esperienza che portò alla prima grave rottura con Adenauer fu la crisi coreana, quando il commissario americano John McCloy chiese, nel marzo del 1951, al governo tedesco di sospendere le regole dell’economia di mercato per proteggere l’economia dai pericoli mondiali.
Mentre la stabilizzazione dell’economia tedesca e i primi grandi successi della economia sociale di mercato nel 1952 accrebbero notevolmente il prestigio e la popolarità di E., i suoi rapporti con A. si aggravavano costantemente. E. perseguì la sua politica economica di propria iniziativa e chiamò, nell’ottobre del 1952, Alfred Müller-Armack al ministero dell’Economia, eleggendolo nel 1958 segretario di Stato. Riuscì così, anche senza l’appoggio diretto di Adenauer, a realizzare importanti progetti come la libera convertibilità del marco tedesco, nel dicembre del 1958, e la sua rivalutazione.
Nell’agosto del 1952, la RFT aderì al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale, presso la quale E. fu il primo governatore tedesco.
Grazie all’appoggio di una parte della CDU, E. divenne vicecancelliere nel terzo gabinetto di Adenauer e, con grande disappunto di questi, fu designato come suo possibile successore. Molte tensioni si erano create fra i due uomini politici: Adenauer riteneva E. politicamente inadatto all’incarico del cancelliere e temeva che avrebbe congelato i rapporti diplomatici di collaborazione tra la Francia e la Germania, mettendo così in pericolo l’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). Le divergenze tra Adenauer e E. riguardavano la politica estera e in particolare quella europea. Benché entrambi fossero convinti della necessità di opporsi al comunismo e di avviare l’integrazione occidentale della Germania, E. opponeva molte critiche alla politica europea di Adenauer, riguardo alle modalità e agli obiettivi dell’integrazione. Adenauer mirava a realizzare un’integrazione politica istituzionale, conferendo priorità alle esigenze politiche. E., invece, insisteva sulla linea economica di collaborazione e preferiva completare l’integrazione funzionale dei mercati per poi creare istituzioni europee soprannazionali (v. Funzionalismo).
Già nel luglio del 1952, quando entrò in vigore la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) ed E. divenne membro del Consiglio dei ministri della nuova Comunità, egli espresse scetticismo circa gli effetti economici di questa scelta politica. L’Ordnungspolitik teorizzata da E. mirava all’integrazione mondiale dell’economia, di cui la CECA doveva solo essere una tappa. Benché E. accettasse la decisione politica che aveva dato origine alla CECA, egli richiamò l’attenzione sul pericolo che le eventuali decisioni inadeguate dell’Alta autorità potessero danneggiare gravemente il funzionamento del mercato, e pertanto il processo politico dell’integrazione.
Il fallimento dei primi progetti politici di integrazione come la Comunità europea di difesa (CED) e la Comunità politica europea nel 1954 fornirono a E. ulteriori argomenti per sollecitare un riorientamento delle linee dell’integrazione europea. E. propose a tal riguardo un rafforzamento dell’integrazione dei mercati sulla base di contratti trans e internazionali, con la funzione di autoregolare il sistema. Secondo E. questa integrazione funzionale, in base alla quale il funzionamento del mercato sarebbe stato garantito dall’insieme delle regole piuttosto che dall’opera di istituzioni soprannazionali (v. anche Federalismo), avrebbe costituito il primo passo per la futura integrazione politica. E. si affidava, a tal scopo, alla forza obbligatoria delle regole, le quali dovevano essere scelte liberamente dai popoli. Secondo l’idea di E., che si richiamava ai fondamenti dell’economia di mercato libero nonché alle idee del suo maestro Oppenheimer, i problemi mondiali si sarebbero potuti risolvere attraverso il libero commercio di tutti i paesi liberi.
Le incompatibilità delle concezioni europee di E. e di Adenauer furono chiare anche alla vigilia della fondazione della Comunità economica europea (CEE) e della Comunità europea per l’energia atomica (CEEA o Euratom) nel 1957. E. perseguiva l’integrazione economica nel senso di una progressiva liberalizzazione nello scambio delle merci, dei servizi e dei capitali (v. anche Libera circolazione delle merci; Libera circolazione dei servizi; Libera circolazione dei capitali) secondo i criteri dell’Organizzazione europea per la cooperazione economica (OECE). Temeva che la CEE divenisse un’isola della “disintegrazione”, nella quale il protezionismo, il dirigismo e le altre irregolarità economiche potessero sopravvivere, mentre a livello mondiale i mercati si stavano liberando dagli ostacoli.
Nel settembre del 1956, E. spiegò ad Adenauer i rischi di un’adesione della Germania alla CEE. Secondo E., la disponibilità a collaborare con la politica protezionista francese avrebbe significato una restrizione degli interessi economici mondiali, che erano d’importanza vitale per l’economia tedesca. Durante la Conferenza di Parigi dei ministri degli Affari esteri nell’ottobre del 1956, alla quale partecipò anche E., fu proprio la sua posizione rigida contro l’armonizzazione sociale, e in particolare contro la richiesta francese di ridurre l’orario di lavoro settimanale nella zona della CEE da 48 a 40 ore, a far fallire le trattative. E. fu soddisfatto del suo successo in quella sede e sperò di condurre la Germania, insieme al governo britannico, a costituire una zona europea di libero scambio.
Benché fosse all’inizio poco entusiasta riguardo all’idea della CEE, Adenauer cambiò la sua opinione nel 1956. Dopo le crisi di Suez e di Budapest, la fondazione della CEE divenne la priorità della sua politica estera. Dopo aver inutilmente cercato l’appoggio del governo americano contro il progetto, E. si dovette un’altra volta piegare al volere del cancelliere. Benché alcuni aspetti della teoria dell’Ordnungspolitik di E. fossero accolti nei Trattati di Roma nel 1957, E. criticò quella che lui definiva una versione limitata e ridotta dell’idea di mercato comune (v. Comunità economica europea).
L’entrata in vigore della CEE nel 1958 e la fondazione della Associazione europea di libero scambio (European free trade association, EFTA) nel 1960, alla quale parteciparono il Regno Unito, la Svizzera, l’Austria la Svezia, la Norvegia, la Danimarca e il Portogallo, confermarono la preoccupazione di E. circa la possibilità di una scissione europea nell’ambito della Politica commerciale comune. E. sperò che la partecipazione della CEE all’Accordo generale sulle tariffe e il commercio (GATT) (v. Organizzazione mondiale del commercio) fosse un mezzo per impedire ogni forma di protezionismo e isolazionismo dei paesi europei.
La sua idea di Europa era vasta e andava ben oltre la concezione diffusa in quel periodo di un’Europa dei sei paesi membri: E. prospettava un’unica zona di libero scambio allargata a tutti i 18 paesi europei non comunisti (oltre i paesi membri della CEE e dell’EFTA, anche la Grecia, la Spagna, l’Irlanda, l’Islanda e la Turchia). Negli anni Sessanta, le divergenze sulla direzione che avrebbe dovuto prendere l’integrazione occidentale della RFT divisero anche il partito democratico cristiano del cancelliere Adenauer: da un lato, si schierava il campo dei cosiddetti “gollisti” attorno ad Adenauer e a Franz Josef Strauss, i quali favorivano il rafforzamento del rapporto tra la Germania e la Francia, al fine di consolidare il peso politico tedesco contro gli Stati Uniti; l’altro campo, e cioè il partito di parlamentari cosiddetti “atlantici”, si raccoglieva attorno a E. (che però non era ancora membro della CDU) e a Gerhard Schröder della CDU. Questi puntavano innanzitutto sull’alleanza con gli Stati Uniti come garanti della sicurezza della RFT e consideravano con diffidenza le ambizioni egemoniche della Francia. Per E. e gli altri “atlantici” includere il Regno Unito nella CEE come anello di congiunzione con gli Stati Uniti era di importanza vitale per la sorte della RFT.
La costruzione del Muro di Berlino (v. Germania) nell’agosto del 1961 fu per E. un’altra occasione per sostenere la necessità di conciliare l’integrazione europea con l’Alleanza atlantica. Sottolineò, nella sua veste di Presidente del Consiglio dei Ministri della CEE, durante le consultazioni a Parigi, il 10 ottobre 1961, la necessità di un parere favorevole alla richiesta d’ammissione del Regno Unito, non riuscendo però a imporsi a fronte della resistenza ostinata della Francia.
Lo stato di impotenza che dimostrò il governo della RFT, nonché i suoi alleati, riguardo alla costruzione del Muro provocò nelle elezioni nazionali del 14 novembre 1961 la perdita della maggioranza assoluta della CDU e, di conseguenza, la nascita del governo di coalizione con il partito democratico liberale. E. divenne per la quarta volta ministro dell’Economia e per la seconda volta vice-cancelliere. Benché nella coalizione di governo gli “atlantici” fossero la maggioranza, Adenauer proseguì la sua politica europea. Nonostante i tentativi falliti della commissione Fouchet (v. Piano Fouchet) e la bocciatura improvvisa, il 14 gennaio 1963, dell’adesione britannica da parte di Charles de Gaulle, che non lo aveva comunicato al governo tedesco, Adenauer firmò insieme al generale il Trattato tedesco-francese (v. Trattato dell’Eliseo), il quale regolava la collaborazione negli ambiti della politica estera, della difesa e dell’educazione dei giovani. Il Trattato non ebbe solo lo scopo di approfondire l’amicizia franco-tedesca: esso pose anche le basi per la fondazione di una futura unione politica europea. I rapporti particolari con la Francia, dichiarati nel Trattato, suscitarono reazioni molto fredde negli altri paesi europei, nonché negli Stati Uniti. Anche la ratifica del Trattato alla Camera dei deputati della RFT, in cui gli “atlantici” ottennero una stragrande maggioranza, fu difficile. Dopo aspre critiche nei confronti di Adenauer, il Parlamento lo costrinse a inserire un preambolo in cui furono esplicitamente dichiarati gli scopi fondamentali della politica estera della RFT, così formulati: la stretta intesa con gli Stati Uniti, il proseguimento del processo di integrazione della Comunità europea con l’inclusione del Regno Unito e, inoltre, l’integrazione delle forze armate nell’ Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO).
Questa vittoria degli “atlantici” attorno a E. provocò forte irritazioni da parte di Charles de Gaulle. Fu l’inizio di un peggioramento nei rapporti tedesco-francesi. Nell’aprile del 1963, la frazione della CDU e dell’Unione sociale cristiana (Christlich-soziale Union, CSU) nominò E. candidato alla carica di cancelliere. Nell’ottobre, dopo la dimissione di Adenauer, E. fu eletto dalla Camera dei deputati cancelliere della RFT.
Nella sua dichiarazione delle linee di governo, E. rivelò subito il nuovo stile politico: a differenza del suo predecessore, promise una politica centrista e di mediazione. Nel suo tentativo di conciliare gli atlantici e i gollisti, progettava una politica estera che avrebbe continuato sulla strada del rafforzamento dell’integrazione dell’Europa secondo i Trattati di Roma insieme alla Francia, senza, però, mettere a rischio l’Alleanza atlantica. Ancora prima di andare in visita presso il presidente americano Lyndon B. Johnson a fine dicembre, E. incontrò nel novembre de Gaulle, presentandogli la sua nuova iniziativa di un’unione politica dei paesi europei.
E. iniziò, nel gennaio del 1964, un viaggio nei paesi membri della CEE e nel Regno Unito per diffondere le sue idee di un’unione europea dei paesi liberi con pari diritti. La proposta di E. di un’unione confederale sulla base dell’uguaglianza e della libertà dei paesi membri fu accolta senza entusiasmo e la Francia rifiutò categoricamente un’eventuale partecipazione britannica. Il fallimento dell’iniziativa di E. chiamò di nuovo in campo i gollisti della CDU. Sia il capo della CSU, Strauss, sia Adenauer, che in questo momento era presidente della CDU, temevano l’influsso negativo che il ministro degli Esteri Schröder avrebbe esercitato sulla politica di E. Essi gli chiesero di abbandonare il suo atteggiamento nei confronti della politica europea e di riavviare la politica filo-francese. La visita di de Gaulle nel luglio del 1964 a Bonn fu però un fiasco. Dopo un appassionato discorso di de Gaulle sulla collaborazione tedesco-francese e la proposta di un’unione politica tra la Francia e la Germania, E. non intervenne. In seguito, la relazione tra la Francia e la RFT fu incrinata più significativamente e il conflitto con i gollisti della CDU/CSU si aggravò quando E. insistette nel proporre la sua linea politica dell’Europa degli Stati liberi e uguali. Nel novembre dello stesso anno, il governo tedesco ripropose l’idea di un’unione politica dell’Europa nell’ambito della difesa, della politica estera e della cultura sulla base di collaborazioni intergovernative (v. Cooperazione intergovernativa) e consigli ministeriali che si sarebbero dovuti svolgere regolarmente.
Per evitare un conflitto con la Francia, E. acconsentì, nel dicembre, all’armonizzazione dei prezzi dei cereali nella CEE, nonostante le forti critiche della FDP e di alcune parti della CDU. Egli restò però sorpreso di fronte al crescente atteggiamento di rifiuto della Francia, il quale condusse al fallimento le trattative sul finanziamento del mercato agricolo a fine marzo del 1965 (v. anche Politica agricola comune), alla rinuncia di convocare il vertice dei capi di governo e, infine, a partire dal 1° luglio 1965, al boicottaggio francese delle Istituzioni comunitarie – la cosiddetta “politica della sedia vuota”. Schröder, ministro degli Esteri, prese in considerazione a questo proposito l’ipotesi di un allontanamento diplomatico della RFT dalla Francia. Al contrario, Adenauer e Strauss chiesero insistentemente a E. di riavviare le trattative con la Francia, mentre E., che non retrocedeva dalla sua posizione, riuscì sempre meno a imporre il suo potere. Una difficoltà di E. era la mancanza del sostegno della CDU, in cui E. entrò ufficialmente solo nel 1965.
Neanche dopo la vittoria alle elezioni nazionali dell’autunno 1965, nelle quali sfiorò la maggioranza assoluta, E. riuscì a rafforzare la propria posizione all’interno del governo e del suo partito. Le aspre polemiche riguardanti la rinomina di Schröder a ministro degli Esteri gettarono un’ombra sulla formazione del gabinetto. Inoltre, malgrado il Compromesso di Lussemburgo, il 27 gennaio 1966, il quale garantì agli Stati membri il diritto di veto (v. Voto all’unanimità) nelle decisioni di interesse vitale, segnasse il rientro della Francia nelle istituzioni della CEE, i rapporti tedesco-francesi rimasero instabili e la politica europea di E. fallì definitivamente.
E., che aveva sempre respinto le offerte francesi di stretta collaborazione militare e aveva sostenuto, dal dicembre del 1962, l’idea americana di costituire una forza atomica multilaterale (Multilateral force, MLF), dovette assistere non solo al fallimento della MLF, ma anche all’uscita della Francia dalla NATO nel luglio del 1966. Nel novembre 1966, la CDU nominò Kurt Georg Kiesinger candidato alla carica di cancelliere e costrinse E. a dimettersi il 1° dicembre. Nello stesso giorno, Kiesinger fu eletto al cancellierato della RFT a capo di un governo di coalizione CDU/CSU. Nel 1967, Kiesinger seguì a E. nella presidenza del partito, mentre E. veniva nominato presidente onorario. Benché fosse stato eletto ancora tre volte alla Camera dei deputati, e fosse stato due volte presidente per anzianità, E., da quel momento, ebbe un ruolo minore.
Christian Wehlte (2010)