Europa “a geometria variabile”

Con l’espressione “Europa a geometria variabile” si designa un modo di Integrazione differenziata che implica il permanere di asimmetrie nella struttura integrativa, e di conseguenza la realizzazione di una separazione permanente tra gruppi di Stati membri basata su differenti livelli di integrazione. A differenza, quindi, del concetto di Europa “a più velocità”, in questo caso non si prevede un obiettivo finale comune agli Stati “in” e a quelli “out” (v. anche Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della).

L’idea della geometria variabile, come tutte le altre appartenenti alla categoria dell’integrazione differenziata, è figlia di due sviluppi della costruzione europea prodottisi nel corso degli anni Settanta: la crisi economica e l’ingresso nella Comunità economica europea (CEE) del Regno Unito. Quando a Roma, nel maggio 1980, in un convegno organizzato da “Mondo Operaio”, Jacques Delors, a quell’epoca presidente della Commissione economica e monetaria del Parlamento europeo, introdusse l’idea di geometria variabile, non a caso fece riferimento al problema inglese, dichiarando che era preferibile la costruzione di un’Europa con differenti gradi di integrazione, piuttosto che assistere al prodursi di una frattura insanabile tra il Regno Unito e il resto del continente. Nello stesso senso si espresse poche settimane dopo Raymond Barre, a quell’epoca primo ministro, chiedendo sulle colonne di “Le Monde”: «Se noi auspichiamo una comunità organizzata, bisogna obbligare tutti gli Stati membri a fare tutto nello stesso tempo e nello stesso modo? All’interno dell’enorme entità della Comunità a dodici, è forse concepibile che possano esistere differenti raggruppamenti funzionali come lo SME [Sistema monetario europeo]?».

La fine dell’età dell’oro del sistema di produzione fordista e l’inizio di quella che è stata definita “la frana”, posero la Comunità economica europea di fronte ad una sfida inedita. I Sei individuarono ben presto la minaccia che il collasso del sistema dei cambi fissi e il ritorno alla fluttuazione (e in potenza alle svalutazioni competitive) comportava per il neonato mercato comune (v. Comunità economica europea) e per la PAC (Politica agricola comune), ma, a causa delle divergenti politiche di risposta alla crisi economica, non riuscirono ad organizzare un’efficace risposta comune. Vi fu così un fiorire in campo monetario di assetti a geometria variabile, a cominciare dal “Serpente monetario”, nato nel 1972 con l’obiettivo di mantenere bande più ristrette di oscillazione delle monete europee tra di loro rispetto a quelle in vigore relativamente al dollaro, che vide una membership sempre mutevole, con l’abbandono da parte dei paesi che soffrivano di una forte inflazione interna, come il Regno Unito, l’Italia, la Francia, mentre in contemporanea entravano nel sistema paesi che non erano neanche membri della CEE, come la Norvegia e la Svezia. Alla fine della sua esistenza, il “serpente” era ridotto in pratica alle monete facenti parte dell’area del marco. Anche lo SME, che pure nacque sul finire del decennio, in un periodo in cui si consolidava il consensus deflazionista predicato dalla Bundesbank, fu un esempio di sistema a geometria variabile: basti pensare al rifiuto, reiterato fino al 1990, da parte del Regno Unito di aderirvi. I negoziati di Maastricht (v. Trattato di Maastricht) hanno segnato il punto di maggior sviluppo della pratica della geometria variabile, con il rifiuto di aderire all’Unione economica e monetaria (UEM) da parte di chi non voleva perdere il proprio simulacro di sovranità monetaria (Regno Unito, Svezia, Danimarca) e la concessione al Regno Unito della clausola dell’opting-out anche per quanto riguardava il protocollo sociale (v. Protocollo sulla politica sociale) che il governo conservatore di John Major si rifiutava di firmare. Nel Trattato di Amsterdam, firmato nell’ottobre 1997, l’Europa a geometria variabile fatto faceva il suo ingresso ufficiale nel diritto comunitario, attraverso l’istituzione delle “cooperazioni rafforzate”, che saranno poi oggetto di revisione nel Trattato di Nizza firmato nel dicembre 2000.

Francesco Petrini (2007)