Il Fondo europeo per gli investimenti (FEI), con sede in Lussemburgo, è un organismo di diritto comunitario istituito nel 1994, al quale partecipano la Banca europea per gli investimenti (BEI, socio di maggioranza), la Comunità economica europea (CEE, rappresentata dalla Commissione europea) e un certo numero di istituti bancari degli Stati membri. La natura comunitaria di questo organismo può essere desunta dai seguenti elementi. La sua costituzione è stata prevista dall’art. 30 dello statuto della BEI, ossia da una norma comunitaria di rango primario. Inoltre, esso beneficia delle immunità e dei privilegi concessi dal relativo Protocollo (n. 36) allegato al Trattato istitutivo della Comunità europea (v. Trattati di Roma) (in seguito denominato il Trattato). Infine, la Corte di giustizia delle Comunità europee (v. Corte di giustizia dell’Unione europea) è competente a giudicare in merito alle dispute relative alle misure adottate dagli organi del Fondo.
Il FEI è stato integrato nell’ordinamento giuridico comunitario (v. Diritto comunitario) per mezzo di un processo decisionale sui generis, costituito da tre successivi atti volitivi di natura diversa. In primo luogo, la previsione contenuta nel suddetto art. 30, che ha autorizzato la sua costituzione e che deve essere equiparata ad una norma del Trattato (v. anche Trattati). In secondo luogo, la deliberazione del consiglio dei governatori della BEI, che ha deciso la costituzione del Fondo e ha approvato il relativo statuto. Infine, l’atto formale di costituzione dell’organismo, rappresentato dall’accordo societario sottoscritto dai suoi membri.
Si tratta cioè di un complesso di atti che solo in parte rivestono il carattere di norma comunitaria, poiché il consiglio dei governatori della Banca non ha poteri legislativi. Pertanto, il processo di costituzione del FEI è il risultato di una commistione di aspetti istituzionali di natura pubblica e privata che impedisce di collocare con precisione l’organismo nel contesto degli ordinamenti degli Stati membri. In particolare, è difficile determinare l’ambito di applicabilità delle norme nazionali nei confronti dei limiti di responsabilità previsti dallo statuto del Fondo. Invece, è legittimo supporre che a questo siano applicabili i principi comuni ai diritti degli Stati membri.
In conclusione, in base al suddetto art. 30 il FEI è dotato di personalità giuridica sia di Diritto comunitario sia di diritto interno, anche se non è definito l’ambito di rispettiva competenza dei due sistemi normativi. Inoltre, lo stesso art. 30 riconosce al Fondo una piena autonomia finanziaria. Per contro, considerato che la compagine associativa non è composta da Stati, si deve ritenere che il Fondo non ha il carattere di organismo internazionale.
Lo statuto stabilisce i compiti, l’assetto patrimoniale, la struttura organizzativa e le regole di comportamento del Fondo, con una particolare attenzione alla sua relazione nei confronti della BEI. Poiché non si tratta di norme comunitarie, eventuali modifiche dello statuto non richiedono complesse procedure legislative. Tuttavia, non è del tutto chiaro se a tal fine vale la regola del menzionato art. 30, secondo la quale spetta al consiglio dei governatori della Banca di stabilire lo statuto del Fondo, oppure quella prevista dall’art. 34 dello statuto del FEI, che delega all’assemblea generale la competenza in materia di modifiche statutarie. Comunque, è interessante osservare che la versione aggiornata dello statuto è stata approvata dall’assemblea generale il 19 giugno 2000 (“Gazzetta ufficiale delle Comunità europee” del 10/8/2001 n. C 225/0).
Il FEI ha il compito di contribuire al perseguimento di obbiettivi comunitari negli Stati membri, nei paesi in attesa di aderire all’Unione europea e nei paesi limitrofi, attraverso la concessione di capitale di rischio o di garanzie intese a facilitare il ricorso al credito bancario. Per adempiere a questo compito, esso opera, con fine di lucro, sulla base di sani principi commerciali. I fondi all’uopo necessari sono forniti dal capitale versato oppure sono reperiti sul mercato. Il capitale non versato svolge invece una funzione di garanzia nei confronti delle obbligazioni vantate dai creditori del Fondo. Pertanto, il versamento del capitale sottoscritto e non ancora versato può avvenire solo nella misura necessaria per far fronte alle suddette obbligazioni. Inoltre, lo statuto avverte che i membri del FEI non rispondono di tali obbligazioni al di là del capitale non versato.
La qualità di membro del FEI dipende dalla partecipazione al suo capitale. La misura di tale partecipazione determina le prerogative spettanti a ciascun membro nella gestione dell’attività dell’organismo. In questo senso, la BEI svolge un ruolo centrale nella struttura sociale. In particolare, la sua posizione dominante è evidente nell’ambito dei poteri decisionali spettanti agli organi deliberativi del Fondo. L’influenza determinante che la Banca esercita su tale processo indica che essa è un membro necessario del FEI. Senza la BEI il Fondo non potrebbe più funzionare.
Il Fondo è amministrato da propri organi con diverso livello di competenza: l’Assemblea generale, il Consiglio di amministrazione e l’amministratore unico. Inoltre, un collegio sindacale composto di tre sindaci (ma il numero può essere portato ad un massimo di cinque) nominati dall’Assemblea generale, verifica ogni anno la contabilità del Fondo.
La giurisprudenza competente è costituita dalla Corte di giustizia delle Comunità europee e dai giudici degli Stati membri. Ai sensi dell’art. 30, par. 6, dello statuto della BEI, la prima istanza ha competenza esclusiva per le vertenze relative a misure adottate dagli organi del Fondo. La seconda è invece chiamata a dirimere le vertenze con i beneficiari dei suoi finanziamenti (art. 35, par. 1, dello statuto). Tenuto conto della natura comunitaria dell’organismo, si può inoltre ritenere che, pur nel silenzio di entrambi gli statuti, la Corte abbia giurisdizione esclusiva ai sensi del Trattato anche per altre materie, in particolare sia per i litigi riguardanti la responsabilità extracontrattuale del FEI (ex art. 235) e il suo personale (art. 236), sia per quelli dipendenti da una clausola compromissoria (art. 238).
Inoltre, poiché un vuoto giurisdizionale non è concepibile, si deve supporre che le istanze nazionali (anche di paesi extracomunitari) siano il giudice naturale, ai sensi del diritto internazionale privato e delle relative convenzioni, per tutte le situazioni contenziose che riguardano le altre controparti, a qualunque titolo, del FEI. Infine, lo statuto (art. 35, par. 2) prevede la possibilità di una procedura arbitrale. Tuttavia tale procedura può essere attuata nei limiti in cui è ammessa dalla giurisdizione nazionale competente a dirimere il contenzioso sottoposto all’arbitrato.
Luigi Marchegiani (2008)