Fontaine, Nicole
Dopo essersi diplomata all’Istitut d’Etudes di Parigi, F. (Grainville-Ymauville, Normandia 1942) consegue un dottorato in Giurisprudenza e diventa avvocato. Dal 1965 al 1984 è prima consigliere giuridico, poi vicesegretario generale, infine delegato generale presso il Secrétariat général de l’enseignement catholique, con l’incarico di gestire i rapporti tra la scuola privata ed i poteri pubblici. Tra il 1975 ed il 1981 è membro del Conseil supérieur de l’éducation nationale; a questo incarico dal 1980 al 1984 si aggiunge quello di membro del Conseil économique et social.
F. si impegna politicamente prima nel Centre des démocrates sociaux (CDS), poi nell’Union pour la Démocratie française (UDF), il partito fondato nel 1978 per iniziativa del Presidente della Repubblica Valéry Giscard d’Estaing, al quale il CDS aderisce.
Nel 1984 anima le manifestazioni per la difesa della “scuola libera” contro i progetti di legge del governo socialista; in giugno entra al Parlamento europeo (PE) sotto le insegne dell’UDF. È rieletta successivamente nel 1989, nella lista di Simone Veil. Quell’anno grazie all’appoggio del Partito popolare europeo (PPE) diventa vicepresidente del Parlamento europeo, carica che ritrova nel 1994, quando torna per la terza volta all’assemblea di Strasburgo. Durante questo mandato F. è membro permanente del Comitato di conciliazione per la risoluzione delle vertenze tra gli Stati membri riguardanti l’interpretazione delle direttive europee (v. Direttiva; Diritto comunitario).
Alle elezioni europee del 1999 (v. Elezioni dirette del Parlamento europeo) F. è seconda nella lista dell’UDF capeggiata da François Bayrou. Nel luglio di quell’anno un accordo tra il PPE, il cui risultato complessivo in termini di seggi sopravanza nettamente il Partito socialista europeo (PSE), e il gruppo dei liberali le permette di essere eletta al primo scrutinio presidente del PE, seconda donna ad accedere alla poltrona dopo la connazionale Veil. La sua elezione segna una rottura delle pratiche consensuali seguite da PPE e PSE per le votazioni importanti, pratiche che implicherebbero in quel momento l’elezione di un socialista alla carica di presidente.
La cifra fondamentale della presidenza di F., come il suo discorso di investitura annuncia, è la sua volontà di “ridare senso all’Unione”, ossia di riconquistare l’adesione dei cittadini all’ideale del progetto europeo. Secondo F., l’Unione europea (UE) deve farsi portatrice di un progetto che superi la mera costruzione di uno spazio economico e monetario, pur arricchito della dimensione sociale ed ambientale: l’UE deve rendere tangibile per i suoi cittadini lo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia nei tempi previsti dal Trattato di Amsterdam, in particolare nell’ambito del diritto della famiglia, della Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. A tal fine, l’europeista F. non solo intende affinare la strategia di comunicazione del PE, la cui azione è a suo avviso non sufficientemente conosciuta dalle opinioni pubbliche europee, ma soprattutto rivendica le nuove responsabilità di quest’organo riconosciute dal TA. In particolare, il Parlamento deve pesare con tutta la sua autorità per far progredire l’equilibrio istituzionale in più direzioni: l’ambito della Codecisione deve essere esteso a tutti gli atti legislativi dell’Unione e il PE deve essere associato alla Politica estera e di sicurezza comune.
In seguito, favorita nel suo progetto dall’indebolimento della figura della Commissione europea dovuta alle dimissioni della compagine di Jacques Santer, F. reclama un più stretto rapporto con la Commissione presieduta all’epoca da Romano Prodi. Il presidente del PE ascrive tra i poteri del Parlamento una sorta di “controllo politico” sulla Commissione, che a sua volta deve essere “trasparente”, rispettare gli equilibri politici e democratici voluti dagli elettori e lavorare in stretta sinergia con il PE. L’operato di quest’ultimo deve estendersi anche in altre direzioni secondo F.: nei confronti della politica interna dei paesi aderenti dell’UE, come dimostra il voto (3 febbraio 2000) di una risoluzione da parte del PE sulla necessità del rispetto delle regole comunitarie anche nell’ambito delle politiche interne (l’occasione è fornita dall’accesso al governo in Austria del partito di estrema destra di Jörg Haider); nell’affermazione dei Diritti dell’uomo e nel regolamento della crisi dei Balcani, al quale F. intende associare il PE; nei lavori preparatori della Conferenza intergovernativa (v. Conferenze intergovernative) incaricata di riformare le Istituzioni comunitarie, nei quali il presidente del PE chiede un ampio coinvolgimento dell’Assemblea di Strasburgo.
Nel gennaio 2002 le succede sulla poltrona di presidente del PE l’irlandese Pat Cox. In quell’anno F., che nel 1995 ha sostenuto la candidatura di Jacques Chirac alla presidenza della Repubblica francese (v. Francia), è chiamata a un incarico nazionale come ministro delegato all’industria nel governo di Jean-Pierre Raffarin; nel 2004 è sostituita da Patrick Devedjian.
Tra le altre opere, Nicole F. ha pubblicato una presentazione dei parlamentari europei e una guida agli aiuti comunitari; nel 2002 ha raccolto in un volume le sue memorie sulla sua presidenza del PE, Mes combats à la présidence du Parlement européen.
Lucia Bonfreschi (2009)