Fraga Iribarne, Manuel
Nato a Villalba (Lugo) in Galizia il 23 novembre 1922 da una famiglia di emigranti a Cuba, F.I. vive da bambino alcuni anni nell’isola caraibica. Compie gli studi universitari in diritto dapprima a Santiago de Compostela poi a Madrid, dove si laurea nel 1944 e dove, nel 1947, consegue anche la laurea in scienze politiche ed economiche. Dottore in diritto con una tesi su Luis de Molina e la guerra, membro dal 1945 del Cuerpos de letrados de las Cortes españolas, F.I è dal 1948 professore di diritto politico all’Università di Valencia, poi dal 1953 di teoria dello Stato e diritto costituzionale nella facoltà di Scienze politiche ed economiche dell’Università di Madrid, dove mantiene l’insegnamento fino alla messa fuori ruolo nel 1987. Iscritto fin da giovane alla Falange, il partito unico del regime, si avvicina poi al gruppo di Joaquín Ruiz-Giménez Cortés che, divenuto ministro dell’Educazione, nel 1951 lo nomina dapprima segretario generale dell’Istituto de Cultura Hispánica e poi, nel 1953, segretario generale del Consiglio nazionale del ministero dell’Educazione.Dal 1958 al 1962 F.I è segretario della Commissione degli Affari esteri delle Corti, mentre dal 1961 è anche direttore dell’Istituto di studi politici, del quale era già vicepresidente. Nel frattempo è diventato deputato alle Cortes (1958). Nel luglio del 1962 è chiamato da Franco a occupare il ministero dell’Informazione e turismo. Vi giunge animato di buone intenzioni, e si applica al nuovo incarico con grande dinamismo. In effetti dà nuovo impulso al turismo facendolo diventare la prima industria del paese, istituisce la rete dei Paradores nacionales, e riesce a varare una nuova legge sulla stampa che il 18 marzo 1966 abolisce la censura preventiva e introduce la possibilità di un limitato confronto tra opinioni diverse. Quando, nel luglio del 1969, scoppia il caso Matesa (Maquinaria Textil del Norte de España S.A.), F.I. viene destituito per aver permesso che lo scandalo arrivasse alla stampa. Fu a partire da questo episodio e momento che, secondo alcuni analisti e storici, F.I. comincia a prendere le distanze dal franchismo, distanza che sarebbe aumentata nel 1971 quando inizia a manifestare pubblicamente l’idea di un’apertura verso il centro politico, verso i ceti medi beneficiati dal regime, per incorporare nel sistema politico vigente le correnti democratico-cristiane, liberali e socialdemocratiche emerse negli ultimi anni e, in particolare, con la prodigiosa crescita economica degli anni Sessanta. Una presa di distanze, comunque, assai relativa, se si considera che dal settembre del 1973 al dicembre 1975 F.I. è a Londra come ambasciatore spagnolo presso il Regno Unito e l’Irlanda del Nord.
Nei primi mesi del 1975 F.I. rientra per qualche tempo nella capitale spagnola per lanciare, attraverso un fitto giro di incontri con vari esponenti del governo e del regime, un suo progetto di cambiamento nella continuità che. per quanto cauto, viene giudicato troppo avanzato dai suoi interlocutori. Per sostenere l’iniziativa e aggregare sostenitori promuove e utilizza il Gabinete de orientación y documentación, SA (GODSA) che pubblica una bozza del progetto che ha per titolo Llamamento para una reforma democrática e che prevede il riconoscimento di alcuni diritti civili e l’elezione a suffragio universale di una Camera. In luglio da una riunione che si tiene a Londra attorno a F.I. sorge il gruppo di Reforma democrática.
La morte di Franco, il 20 novembre 1975, modifica il quadro e accelera gli avvenimenti. F.I. è vicepresidente del governo e ministro degli Interni nel primo governo della monarchia che, come l’ultimo della dittatura, è guidato da Arias Navarro. È quindi responsabile delle forze di polizia quando queste intervengono uccidendo alcuni lavoratori in sciopero a Elda, Vitoria, Basauri nei primi mesi del 1976 o manifestanti come a Montejurra in maggio. In questo frangente, propone e riesce a far approvare dalle Cortes, il 25 maggio 1976, il progetto di legge relativo al diritto di riunione, mentre la legge sul diritto di associazione ha un cammino più tortuoso. Elaborata da F.I., tale legge viene presentata da Adolfo Suárez (v. Suárez González, Adolfo) alle Cortes, che alla fine l’approvano, ma l’11 giugno votano contro la riforma degli articoli 172 e 173 del Codice penale, senza la quale riforma la legge sulle associazioni resta priva di conseguenze sul piano democratico. In questo modo i propositi di cauta liberalizzazione del regime sul piano politico subiscono un brusco colpo d’arresto. Quando, nel luglio del 1976, Arias Navarro presenta le proprie dimissioni al re che in vario modo le ha sollecitate, contrariamente alle aspettative sue e della stragrande maggioranza degli osservatori, F.I. non viene chiamato a succedergli. A questo punto, nell’ottobre del 1976, assieme ad altri sei ex ministri di Franco F.I. fonda Alianza popular (AP) dove si raccoglie quanto di ancora presentabile resta del vecchio regime. Il partito ottiene 16 seggi nelle prime elezioni democratiche del giugno 1977, F.I. viene eletto e diventa uno dei sette incaricati di redigere il testo costituzionale tra l’agosto e il dicembre del 1977. Nelle elezioni del 1979 guida l’alleanza elettorale formata da AP e alcuni partiti minori, Coalición democrática, che ottiene soltanto 9 seggi. Un risultato che gli suggerisce le dimissioni da segretario generale di AP. Ritorna in sella l’anno dopo e nelle elezioni del 1982, questa volta alla testa di una coalizione denominata Coalición popular, riesce a calamitare una parte dei voti della disciolta Unión de centro democrático (UCD) di Adolfo Suárez, divenendo la seconda forza parlamentare, dietro al PSOE di Felipe Màrquez González.
Nel referendum sull’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) del 1986, sia per distinguersi dal PSOE che ha nel frattempo maturato la scelta filoatlantica, sia per capitalizzare il tradizionale antiamericanismo della destra spagnola, F.I. dà indicazione di voto per l’astensione, provocando lo sconforto degli ambienti conservatori europei – specie di Margaret Thatcher, che non glielo perdonerà mai. Nelle elezioni che si svolgono nello stesso anno tornano a vincere i socialisti. F.I. si dimette dalla presidenza di AP chiamando a succedergli Antonio Hernández Mancha, una sbiadita figura destinata a sparire ben presto dalla scena politica del paese. L’anno successivo F.I. viene eletto al Parlamento europeo, seggio che occuperà fino al giugno del 1989.
Nel 1989, durante il IX congresso del partito, si produce la rifondazione di AP che da questo momento prende il nome di Partido popular (PP) chiamando F.I. alla presidenza. Nel frattempo, nel dicembre 1989, F.I. si è presentato e ha vinto le elezioni autonome nella Comunità autonoma della Galizia con maggioranza assoluta – impresa che ripeterà nelle competizioni elettorali successive: 1993, 1997, 2001. Dai primi di febbraio del 1990 F.I. è dunque presidente de la Xunta de Galizia. Quasi a conferma della svolta che il nuovo incarico segna sul piano biografico non meno che su quello politico, dichiara che tutta la sua vita è stata come una lunga preparazione a quel momento. Infatti, nel X congresso del PP che si celebra a Siviglia tra il marzo e l’aprile del 1990, F.I. cede la presidenza a José María Aznar, e viene nominato presidente onorario del partito.
Partendo dalla premessa che l’Europa «è, probabilmente più di ogni altro continente, una terra di regioni, comarche, municipi», F.I. ne trae l’indicazione della necessità di regionalizzare l’Europa, nel senso di favorire il riconoscimento e l’integrazione delle regioni nelle Istituzioni comunitarie, la cooperazione interregionale e di creare una politica regionale europea (v. Politica di coesione). In un discorso del 2 dicembre 1990 F.I. precisava che per “regionalizzazione della Comunità europea” (v. Comunità economica europea) doveva intendersi il conseguimento di due obiettivi. Il primo era quello di garantire la diversità culturale, la pace, il benessere e la giustizia sociale del continente europeo in una Unione europea alla quale potessero aderire tutti gli Stati democratici. Il secondo consisteva nel fare in modo che la futura Unione europea poggiasse su una struttura istituzionale equilibrata a tre livelli – Unione, Stati e regioni – provvisti tutti di governi formati da rappresentanti del popolo regolarmente eletti. Per il raggiungimento di tali obbiettivi F.I. indicava altrettanti mezzi. In primo luogo occorreva rafforzare il ruolo delle regioni nell’ambito degli organismi comunitari chiamati a decidere sulla realizzazione dell’Unione europea, in riferimento soprattutto al desiderio di libertà e autodeterminazione dei paesi dell’Europa centrale e orientale. In secondo luogo occorreva preparare lo sviluppo futuro del quadro istituzionale della Comunità europea proponendo la modifica dei Trattati della Comunità stessa in vista di una più puntuale applicazione del principio di solidarietà e del Principio di sussidiarietà. A questo proposito, F.I. chiedeva che il principio di solidarietà e di sussidiarietà si applicasse non solo agli Stati, ma anche alle regioni, ai Länder e alle Comunità autonome (v. Fraga Iribarne, 1991)
Parallelamente, l’attività di F.I. acquista una dimensione internazionale con la fondazione, assieme a George Bush, Margaret Thatcher e Jacques Chirac, della conservatrice Unione democratica internazionale (IDU). Negli ultimi tempi F.I. si è avvicinato all’idea di una riforma del Senato e della partecipazione delle Comunità autonome al governo dell’Unione europea. Come presidente della Xunta della Galizia è stato attivamente presente nell’Assemblea delle regioni dell’Europa (ARE), nell’Associazione delle regioni di frontiera (ARPE), nella Conferenza delle regioni periferiche e marittime dell’Europa (CRPM) e del Comitato delle regioni creato dall’Unione europea per facilitare l’apporto delle regioni e degli enti locali al processo normativo comunitario.
F.I. rappresenta al meglio e al massimo livello l’itinerario dei tanti uomini politici e di governo che seppero passare dal regime franchista alla democrazia senza pagarne lo scotto, rendendo allo stesso tempo del tutto evidente la modalità del passaggio dalla Spagna di Franco a quella di Juan Carlos. Per un buon tratto degli anni Sessanta fu, all’interno del regime, uno dei politici più favorevoli a una riforma dello stesso in senso vagamente liberale, meritandosi la qualifica di “aperturista”, allo stesso modo in cui, morto Franco, fu uno dei più cauti nel prefigurare gli esiti democratici della transizione e tra i più conservatori all’interno di tale processo. Con tutto ciò sarebbe difficile negare il contributo fornito da F.I. alla democratizzazione della destra spagnola. Protagonista di gesti clamorosi e spettacolari, come quando il 10 marzo 1966 si fece fotografare assieme all’ambasciatore statunitense mentre faceva il bagno nella spiaggia di Palomares (Almería) per dimostrare che le acque non erano contaminate nonostante giacessero sui fondali gli ordigni nucleari che trasportava un B-52 statunitense precipitato il 17 gennaio precedente. Sul piano dei convincimenti e delle opinioni espresse, F.I. ha sempre ritenuto lecito e giusto il colpo di Stato militare che il 17-18 luglio 1936 scatenò la guerra civile, fu contrario, nel 1977, alla legalizzazione del PCE, si espresse contro la mozione votata dal Congresso dei deputati nel 1999 che condannava la sollevazione militare del 1936. Enorme il peso di F.I. all’interno del PP: sua la scelta di Aznar come successore, così come pare essere entrato nella scelta del successore di José María Aznar, Mariano Rajoy. La sottovalutazione da parte sua, della Xunta della Galizia e del governo centrale nonché delle conseguenze del naufragio del Prestige nel 2002, hanno inflitto un duro colpo alla sua credibilità nella regione
A. Botti (2009)