Gazzo, Emanuele
Dopo una serie di viaggi avventurosi compiuti in giovanissima età, G. (Genova1908-Bruxelles 1994) consegue la laurea in Scienze economiche all’Università di Genova. In seguito, assecondando una grande passione personale per la letteratura e la poesia, fonda una piccola casa editrice, la cui conduzione eccessivamente “liberale” gli procura però qualche problema con la censura del regime. Chiamato alle armi nel 1940 come ufficiale di Marina, nel 1943 G. entra nella Resistenza, aderendo agli ideali del socialismo liberale di Carlo Rosselli ma mostrando anche forte simpatia per le idee federaliste (v. Federalismo), allora in fase di diffusione crescente.
Nell’immediato dopoguerra, grazie a numerose esperienze di collaborazione con quotidiani e riviste, ottiene un posto da redattore presso l’agenzia di stampa ANSA, allora presieduta da Lodovico Riccardi. Quando, nel 1952, entra in vigore il trattato sulla Comunità europea del carbone e dell’acciaio, e a Lussemburgo le sue istituzioni entrano in funzione, Riccardi decide di fondare nel Granducato una nuova agenzia di stampa dedicata esclusivamente alle questioni comunitarie ed europee.
Nella nuova “Agence Europe”, il cui primo bollettino esce nel marzo 1953, G. ricopre inizialmente la carica di redattore capo, per divenire in seguito direttore generale e, più tardi, vicepresidente delegato. Dopo una prima fase caratterizzata da qualche difficoltà, in particolare per la generale diffidenza incontrata presso le Istituzioni comunitarie, l’agenzia comincia ad assumere un’autorevolezza crescente come organo d’informazione sulla politica europea. A ciò contribuisce notevolmente la figura di G., vera e propria “anima” dell’agenzia, che riesce a instaurare rapporti sempre più stretti con gli ambienti comunitari senza però rinunciare al proprio rigore professionale e alla necessaria obiettività di cronista. Questo insieme di caratteristiche, che gli varranno una lunga serie di riconoscimenti, faranno progressivamente di “Agence Europe” una fonte imprescindibile per chiunque si debba orientare nei sempre più intricati meandri della vita politica comunitaria.
È comunque negli editoriali, che scrive con assiduità (anche quattro volte per settimana) fino agli ultimi anni della sua vita, in modo rigorosamente separato dal suo ruolo di giornalista informatore, che G. dà spazio alle proprie convinzioni, espresse sempre in modo schietto e senza risparmio di critiche neanche agli aspetti più vistosi e popolari del processo di costruzione europea. Ne è un esempio l’energia con cui nel febbraio 1992 bolla l’“assurda struttura” a 3 pilastri (v. Pilastri dell’Unione europea) del trattato sull’Unione europea firmato a Maastricht (v. Trattato di Maastricht), che definisce come un vero e proprio «mostro giuridico e politico» (“Agence Europe”, 6 febbraio 1992); o, più in generale, l’intransigenza con cui difende costantemente i suoi ideali federalisti, il cui obiettivo non è la creazione di un super Stato centralizzato europeo, ma piuttosto la realizzazione dei principi democratici a un livello più alto e più solido rispetto a quanto avviene negli stati nazionali.
Per tutto il corso della sua vita G. riesce insomma a conciliare una grande passione politica (che peraltro non si limita alla militanza federalista, ma si esprime anche nella partecipazione a battaglie civili di diversa natura, come quella lanciata dal partito radicale nel 1991 per l’abolizione della pena di morte nell’URSS), con il più assoluto rigore professionale, fatto che alla sua morte spinge l’Associazione europea dei giornalisti (un’organizzazione fondata nel 1961 da giornalisti degli allora sei paesi membri della Comunità economica europea) a istituire un premio europeo di giornalismo intitolato a suo nome.
Lorenzo Mechi (2010)