La locuzione “Giustizia e affari interni” (GAI) viene codificata, nel linguaggio giuridico e istituzionale europeo, dal Trattato istitutivo della Unione europea (UE), firmato a Maastricht nel febbraio 1992 (v. Trattato di Maastricht). L’espressione viene coniata per designare un policy field creato ex novo, che ha per oggetto appunto la «cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni», secondo la dicitura contenuta nella rubrica del titolo VI del trattato istitutivo dell’Unione europea. La scelta terminologica fatta allora dalla Conferenza intergovernativa (v. Conferenze intergovernative) si spiega in termini squisitamente politico-istituzionali: le materie individuate come «questioni di interesse comune» nel lungo elenco riportato all’articolo K.1 TUE erano accomunate dal fatto di essere quasi tutte (con le parziali eccezioni della cooperazione doganale e dell’immigrazione, ma solo nei pochi paesi dotati di un dicastero specializzato) di competenza di due articolazioni specifiche degli esecutivi nazionali degli Stati membri: i ministeri della Giustizia e quelli dell’Interno. Data la natura sostanzialmente intergovernativa (v. anche Cooperazione intergovernativa) del “terzo pilastro” (v. Pilastri dell’Unione europea), fu tutto sommato naturale che esso venisse battezzato a partire dalla denominazione ufficiale dei ministri che in esso erano destinati ad assumere un ruolo assolutamente centrale. Il settore “Giustizia e affari interni” (per cui si stabilisce presto nell’uso l’acronimo GAI) nasce quindi, molto semplicemente, come l’arena politica in cui le decisioni sono assunte dai ministri nazionali della Giustizia e dell’Interno, riuniti in seno al Consiglio dei ministri. La conferma di questa, peraltro piuttosto ovvia, etimologia viene dalla versione inglese della stessa espressione – Justice and Home affairs – dove la seconda parte è un calco evidente della denominazione britannica del dicastero competente per l’ordine pubblico e l’attività delle forze di polizia, cioè l’Home Office.
Senza soffermarci qui sui contenuti specifici delle politiche europee in materia di Giustizia e affari interni, tracceremo invece una brevissima storia dell’evoluzione istituzionale e politica del settore GAI. Condannato inizialmente a una condizione di marginalità politica e scarsa produttività normativa dalla sua fragile e rigida struttura istituzionale, e dalla agguerritissima concorrenza del Comitato esecutivo Schengen, l’ambito “Giustizia e affari interni” conosce una vera e propria rinascita con l’approvazione del Trattato di Amsterdam. Va sottolineata in particolare l’importanza di tre scelte di portata strategica: la “comunitarizzazione” (seppure parziale e graduale) delle politiche in materia di immigrazione, asilo e Cooperazione giudiziaria in materia civile; la incorporazione dell’acquis di Schengen all’interno dell’ordinamento giuridico della Comunità economica europea e dell’Unione europea; la profonda riforma del “terzo pilastro”, il cui ambito da allora è circoscritto alla Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. In seguito a queste innovazioni strutturali, il settore GAI ha cambiato fisionomia, acquistando maggior dinamismo decisionale e peso politico, e inaugurando una più chiara distinzione tra le sue due “anime” tradizionali: la lotta al crimine e all’illegalità (v. anche Lotta contro la criminalità internazionale e contro la droga), da un lato, che viene concentrata nel “terzo pilastro” rinnovato, e la politica migratoria dall’altro lato (v. anche Politica dell’immigrazione e dell’asilo). Il grande “calderone” del “terzo pilastro” originario, dove la complessa questione delle migrazioni internazionali rischiava costantemente di essere ridotta a una “minaccia” al pari della criminalità organizzata transnazionale, viene ora suddiviso in due panieri distinti, per quanto entrambi ancora soggetti alla competenza quasi esclusiva dei ministri dell’interno e della giustizia. Malgrado i progressi compiuti, infatti, persiste anche dopo Amsterdam, sul terreno delle politiche migratorie europee, una sostanziale e sempre più anacronistica marginalizzazione dei dicasteri sociali ed economici degli Stati membri.
Dopo l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, il settore “Giustizia e affari interni” ha conosciuto una fase di spettacolare espansione. In termini quantitativi, si tratta ormai di uno degli ambiti di elaborazione politica, tecnica e normativa più prolifici dell’intera UE; ma, soprattutto, il settore GAI è cresciuto fortemente in termini di visibilità e rilevanza politica. Il Consiglio europeo straordinario di Tampere (15-16 ottobre 1999) ha rappresentato, da questo punto di vista, una tappa fondamentale; ma tale dinamica si è ulteriormente intensificata in seguito agli attentati dell’11 settembre 2001, che hanno impresso una decisa accelerazione al processo decisionale in questo campo, inducendo nel contempo una selezione delle priorità a beneficio delle misure di controllo e repressive e a scapito di temi quali l’ammissione e l’integrazione dei migranti regolari.
La crescente centralità politica ha anche prodotto riflessi sul piano delle prassi istituzionali: il Consiglio GAI si riunisce oggi con frequenza assai maggiore che in passato, in certi periodi con cadenza addirittura mensile; inoltre, è ormai consueto che queste tematiche trovino spazio, spesso preminente, nell’agenda dei Consigli europei (v. Consiglio europeo). È cresciuta anche, sebbene in misura assai inferiore alle esigenze e alle ambizioni programmatiche, la dotazione finanziaria specifica delle politiche GAI, e questa crescita è probabilmente destinata a subire una ulteriore impennata nell’ambito delle prospettive finanziarie 2007-2013 (v. anche Bilancio dell’Unione europea).
Infine, controllo migratorio e lotta al crimine sono temi che hanno ormai acquisito un ruolo di spicco anche nel quadro della azione esterna dell’UE, dal processo di Allargamento alla Politica estera e di sicurezza comune (PESC). L’importanza crescente della dimensione esterna degli affari interni è un fenomeno fortemente sintomatico della evoluzione del contesto internazionale, così come della obsolescenza delle nostre strutture linguistiche e istituzionali, ed è destinata a rappresentare uno dei compiti centrali per l’Unione del futuro.
Ferruccio Pastore (2004)