G. (Francoforte sul Meno 1925) è l’uomo delle frontiere per eccellenza – frontiere geografiche, culturali e religiose. Il padre, professore di medicina, pediatra ed ex combattente decorato con la Croce di ferro, viene messo in disparte dal regime hitleriano perché ebreo e nel dicembre 1933 decide di abbandonare il suo paese per stabilirsi in Francia a Saint-Germain-en-Laye con la moglie e i due figli. Il giovane G. in breve tempo riesce a padroneggiare perfettamente il francese e si integra con risultati brillanti nella scuola che gli trasmette la cultura della sua nuova patria. Trova un altro potente fattore di integrazione e una fonte di durature amicizie negli Éclaireurs unionistes protestants, un’organizzazione di scout di cui diventa membro nel 1934 e che lo avvicina al cristianesimo. Nell’ottobre 1937 ottiene la cittadinanza francese e prosegue il suo percorso scolastico nell’atmosfera tesa degli anni 1938-1939, con la Conferenza di Monaco e la Notte dei cristalli nello sfondo.
Nel giugno 1940 lo scoppio della guerra lo spinge sulla via dell’esodo. Approdato a Saint-Raphaël G. continua i suoi studi con successo (si diploma, poi si iscrive all’Università di Aix-en-Provence). Nel frattempo insegna, prima a Saint-Raphaël, poi, munito di documenti falsi a partire dal 1943, a Marsiglia nel collegio Saint-Joseph de la rue Sainte-Victoire, tenuto dalla congregazione dei frati maristi che lo nascondono. Nel 1944 partecipa ai combattimenti per la liberazione di Marsiglia, poi prepara il suo diploma di laurea in germanistica nel clima agitato della fine della guerra. Solo nel 1945 riesce a tornare a Saint-Germain riprendendo studi regolari e concludendoli nel 1947.
Il 1947 è un anno di svolta per il giovane G.: a 22 anni il suo ingresso nella funzione pubblica come agrégé, dieci anni dopo la naturalizzazione, coincide con il ritorno in Germania per la prima volta dal 1933. L’occasione è un’inchiesta di sei settimane sulle condizioni di vita nelle tre zone di occupazione commissionata dal ministero della Guerra. Questo soggiorno, che lo sconvolge profondamente, gli consente di incontrare molti tedeschi e di ritrovare brevemente e senza alcun rimpianto la sua città natale. Inoltre lo rafforza nella sua decisione di aiutare i tedeschi a capire la Francia e i francesi a capire la Germania, e di incoraggiare i democratici di questo paese – una scelta fatta con un’intensità tanto maggiore in quanto coinvolge anche la sua identità personale. Le sue ricche osservazioni danno luogo, al rientro in Francia, a una serie di articoli pubblicati in ottobre nel giornale “Combat” sulla “Gioventù tedesca”.
È il punto di partenza di un impegno negli scambi culturali franco-tedeschi che è il fulcro di tutta la vita di G., concretizzatosi a partire dal 1948 attraverso la collaborazione alla sezione tedesca della radiodiffusione francese, il sostegno alla fondazione del Deutsch-Französisches Institut di Ludwigsburg, con Carlo Schmid, Theodor Heuss e Joseph Rovan, la partecipazione alla creazione del Comité français d’échanges con la nuova Germania, fondato nello stesso anno per iniziativa di Emmanuel Mounier, direttore della rivista “Esprit”. G. ne diventa segretario generale e dirige il bollettino “Allemagne”. Il carattere pionieristico di questa associazione, grazie alle conferenze e agli sforzi per incoraggiare gli scambi di giovani, viene riconosciuto quando G. nel 1965 è nominato, per conto del comitato, membro del consiglio d’amministrazione dell’Office franco-allemand pour la jeunesse (OFAJ), fondato l’anno precedente in applicazione del Trattato dell’Eliseo del 1963 e che prolunga l’azione del comitato sciolto nel 1967. Infine i numerosissimi viaggi e le conferenze fanno di G. un “traghettatore” culturale e un infaticabile mediatore franco-tedesco.
Questo ruolo risulta tanto più efficace in quanto nel frattempo G. ha conquistato una posizione di spicco all’interno dell’università. Dopo un periodo alla Fondation Thiers fra 1947 e 1950 e una breve incursione nella diplomazia culturale in un istituto dell’UNESCO nella Repubblica Federale Tedesca, dal 1951 è assistente alla Sorbona per quattro anni del grande germanista Edmond Vermeil. Desiderando fornire un’informazione seria sulla Germania contemporanea a coloro che influenzano l’opinione pubblica in Francia, nel 1953 pubblica L’Allemagne en Occident, 1945-1952, che viene recepito come un lavoro esterno rispetto alla disciplina che insegna, la germanistica, e troppo contemporaneo. Inoltre nel 1953 approfitta dell’occasione di organizzare un seminario sulla politica tedesca all’Institut d’études politiques di Parigi (IEP). Qui incontra lo storico Jean-Baptiste Duroselle, fondatore del Centre d’études des relations internationales (CERI), al quale è rapidamente associato diventando responsabile della sezione Germania. Inoltre Duroselle, coinvolto all’epoca nella creazione del centro aperto a Bologna dalla School of advanced international studies (SAIS) dell’università americana Johns Hopkins, lo raccomanda come docente. G. si stabilisce a Bologna nel 1955-1956 e nei successivi 14 anni insegna regolarmente la politica comparata dei partiti e sindacati in Francia e nella Repubblica Federale Tedesca.
Quindi è associato al piccolo gruppo (J.-B. Duroselle, Maurice Duverger, F. Goguel, J.-M. Jeanneney) che alla Fondation nationale des sciences politiques e per iniziativa di Jean Touchard istituisce il primo ciclo superiore di studi politici. Insieme a René Rémond occupa uno dei primi posti per questa disciplina creati dal ministero nel 1956. Ha inizio così una collaborazione di 36 anni, nutrita da relazioni di amicizia e da una grande libertà intellettuale, con una istituzione alla quale resta sempre profondamente legato. Direttore del ciclo superiore di studi politici dal 1966 al 1980, poi docente nel 1971, è ormai professore emerito all’IEP, dove nel 1993 viene creata una cattedra Alfred G. in suo onore.
Nelle sue pubblicazioni scientifiche, sempre composte in uno stile accessibile al grande pubblico, G. porta avanti il suo lavoro esplicativo su Francia e Germania: La démocratie de Bonn (1958), La IVe République et sa politique extérieure (1961), La politique extérieure de la Ve République (1965), L’Allemagne de notre temps (1970) e Les Occidentaux (1978) diventano dei classici che formano generazioni di studenti. L’ambizione di «sostituire i pregiudizi passionali con conoscenze ponderate» (v. Grosser, 1997, pp. 79-80) è alla base della sua lunga collaborazione con grandi giornali: “L’Express” ai suoi esordi, “La Croix” fra 1955 e 1965 e dal 1984, “Le Monde”, dal 1965 al 1994, “Ouest-France” dal 1973 e “L’Expansion” dal 1979 al 1989. Sempre nel ruolo di mediatore franco-tedesco, dirige il Centre d’information et de recherche sur l’Allemagne contemporaine fondato nel 1982 su iniziativa di Parigi e Bonn. Europeista convinto (con l’eccezione della Comunità europea di difesa, che avversa, nel 1950-1954), dagli anni Novanta svolge anche un ruolo di stimolo nei confronti delle due metà della Germania riunificata e da ateo che dialoga con i cristiani continua a essere attivo negli scambi tra credenti e non credenti (v. Grosser, 2001). Viene altresì insignito di due premi prestigiosi, il premio della Pace degli editori tedeschi nel 1975 e il premio della Wartburg nel 1994. Da cinquant’anni la sua azione si fonda su quello che lui stesso definisce “il doppio linguaggio”, un modo di parlare della stessa realtà da angolazioni differenti agli uni e agli altri, senza esitare a scandalizzare, per spostare lo sguardo e stimolare la riflessione. È raro che un obiettivo sia stato perseguito con tanta coerenza. Lo stesso spirito anticonformista e lo stesso gioco di specchi critici informa le sue ultime opere (L’Allemagne de Berlin, différente et semblable, 2002 e La France semblable et différente, 2005) e guida i lettori nella riflessione sull’attualità europea: è critico verso l’“arroganza” del no francese di sinistra al referendum sul trattato costituzionale europeo (v. Costituzione europea), esorta gli uni e gli altri a ricorrere alla “ragione calorosa” e alle “conoscenze precise” (Les 8 et 9 mai, pour les “oui” français, in “La Croix”, 27 aprile 2005), fustiga dopo la bocciatura del testo il 29 maggio 2005 sia la paralisi tedesca che la cecità francese (L’aveugle et le paralytique, in “La Croix”, 8 giugno 2005) e, senza perdere l’ottimismo, guarda all’«infaticabile lavoro esplicativo […] per evitare che il fallimento si trasformi in un tracollo» (L’œuvre européenne n’est pas détruite, in “La Croix”, 22 giugno 2005). Con il collega Joseph Rovan, scomparso nel 2004 – come lui francese nato in Germania e protagonista essenziale del dialogo franco-tedesco – G. è uno dei grandi trasgressori di frontiere intellettuali che da cinquant’anni incoraggiano la costruzione dell’Europa.
Valérie Aubourg (2012)
Bibliografia
Grosser A., Copin N., Noël Copin interroge Alfred Grosser: la passion de comprendre, Le Centurion, Paris 1977.
Grosser A., Le Sel de la terre: pour l'engagement moral, Seuil, Paris 1981.
Grosser A., Mein Deutschland, Hoffmann und Campe, Hamburg 1993.
Grosser A., Une vie de Français. Mémoires, Flammarion, Paris 1997.
Grosser A., Les fruits de leur arbre. Regard athée sur les chrétiens, Presses la Renaissance, Paris 2001.
Kolboom I., Alfred Grosser: le Français franco-allemand, l’Européen, in “Documents. Revue des questions allemandes”, n. 1, 1995.