H. (Gummersbach 1929) è filosofo, storico e sociologo di fama internazionale. Personalità filosofica critica e voce politica autentica e autorevole, è un intellettuale che non ha mai rinunciato a prendere posizione sui passaggi critici della società del ventesimo e ventunesimo secolo. Figura chiave del dibattito intellettuale internazionale, H. è professore emerito di filosofia all’Università J.W. Goethe di Francoforte in Germania e autore di numerosissime opere che offrono un quadro articolato dei dibattiti filosofici, giuridici e politici contemporanei europei.
H. è l’esponente più noto della seconda generazione della Scuola di Francoforte nella tradizione della “Teoria critica”, una scuola filosofica e sociologica neomarxista emersa nel 1923. Dopo il periodo dell’esilio americano dovuto alla Seconda guerra mondiale, alcuni esponenti, tra cui i filosofi tedeschi Theodor W. Adorno, Max Horkheimer e Friedrich Pollock, tornarono in Germania per continuare il loro lavoro di ricerca. La linea di pensiero che ha accomunato tutti gli esponenti di diverse discipline risiede nella critica della società presente, tendente a smascherare le contraddizioni del vivere collettivo contemporaneo.
Il pensiero habermasiano approfondisce il rapporto tra scienze naturali e scienze sociali per sviluppare una teoria finalizzata alla comprensione dei fenomeni sociali che superi il riduttivismo di tipo positivistico. Negli scritti di H. occupano una posizione centrale le questioni epistemologiche inerenti alla creazione e alla fondazione delle scienze sociali interpretate alla luce della cosiddetta “svolta linguistica” della filosofia contemporanea; con tale espressione si intende designare un fenomeno intellettuale che ha contraddistinto ampia parte della filosofia del Novecento e che ha studiato attentamente, pressoché ad ogni livello, le problematiche poste dal linguaggio e le conseguenze per la società. Anche l’analisi delle società industriali nel capitalismo maturo, il ruolo delle istituzioni in una nuova prospettiva dialogica emancipativa in relazione alla crisi di legittimità che mina alla base le democrazie contemporanee, e i meccanismi di formazione del consenso, sono state tematiche fondamentali dell’elaborazione filosofica habermasiana. Egli è da sempre stato un intellettuale impegnato nella critica del metodo del conoscere oggettivo che lo ha poi portato a sviluppare una nuova ragione comunicativa che egli ritiene possa liberare l’umanità dal principio di autorità.
Costretto nell’adolescenza a far parte della “Gioventù hitleriana”, nel 1949 H. iniziò gli studi di filosofia, psicologia, storia, letteratura tedesca ed economia prima alle Università di Gottinga (dal 1949 al 1950) e di Zurigo (dal 1950 al 1951), poi a Bonn dal 1951 al 1954.
Collaborò quindi come giornalista per vari testate, tra cui la “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, “Merkur”, “Frankfurter Hefte” e “Düsseldorfer Handelsblatt”, occupandosi prevalentemente delle tendenze sociali e intellettuali del suo tempo. Nel 1956 divenne assistente di Theodor W. Adorno presso l’Institut für Sozialforschung di Francoforte.
A seguito di alcuni dissapori con il direttore, Max Horkheimer, H. si trasferiva Marburgo, dove divenne professore associato. Nell’anno successivo, H. iniziava una straordinaria carriera presso la prestigiosa Università di Heidelberg in Germania, ove rimase fino al 1964. L’opera di H. è stata influenzata da Erich Rothacker, Oskar Becker, Nicolai Hartmann, Wilhelm Keller, Theodor Litt, Johannes Thyssen e Hermann Wein, da lui stesso indicati come i suoi maestri.
Tornato a Francoforte nel 1964, H. insegnò filosofia e sociologia all’Università J.W. Goethe di Francoforte sul Meno, criticando l’ala attivista del movimento guidato da Rudi Dutschke per le sue tendenze “fasciste”. Nel 1968 pubblicò Erkenntnis und Interesse (trad. it. Conoscenza e interesse), primo tentativo di fondazione teoretica della teoria critica. Nel 1970 usciva Zur Logik der Sozialwissenschaften (trad. it. Logica delle scienze sociali), uno studio sulle basi filosofiche delle scienze sociali.
Nel 1971 si trasferiva Starnberg nei pressi di Monaco, dove insieme a Carl Friedrich von Weizsäcker guidato guidò l’Istituto Max-Planck per la ricerca sulle condizioni di vita nel mondo tecnico scientifico fino al 1981. In questo periodo si dedicò allo studio dell’evoluzione sociale e della psicologia dello sviluppo, che sfociò nella pubblicazione del suo testo più importante, Teorie des kommunikativen Handelns (trad. it. Teoria dell’agire comunicativo), in cui H. si confrontava con i maggiori filosofi e sociologi del tempo. In quest’opera H. elaborava il concetto di una comunicazione libera da rapporti di potere, delineando una situazione linguistica ideale propria di un modello di società in cui il consenso è prodotto in modo argomentato e partecipato, senza distorsioni o condizionamenti esterni. La possibilità che tutti i gruppi sociali e i loro singoli attori comunichino liberamente e che siano partecipi in ugual modo e misura del dibattito contemporaneo sui problemi che affliggono il mondo sociale viene vista da H. come la migliore difesa e protezione contro i fenomeni quali le ideologie, l’alienazione, la sottomissione del momento politico alle logiche della tecnica e dell’economia, la crisi di identità dell’individuo e l’insicurezza ontologica, e, infine, i rischi che comporta il processo di globalizzazione. Negli stessi anni H. si impegnava in un fecondo dibattito con Niklas Luhmann sulla teoria dei sistemi al fine di elaborare una teoria globale dell’azione e dei sistemi sociali, confrontandosi pure con la teoria dell’azione di Weber, col materialismo storico, col funzionalismo e neofunzionalismo di Parsons e dello stesso Luhmann, con la sociologia fenomenologica di Schutz, con l’interazionsimo simbolico di Mead, con l’etnometodologia di Garfinkel e Cicourel, con la filosofia del linguaggio di Wittgenstein, Chomsky e Apel fino all’ermeneutica di Gadamer e alle posizioni della psicologia cognitivista e della psicanalisi di Freud.
A H. sono state conferite numerosissime onorificenze, tra cui il premio Hegel nel 1973, il premio Sigmund Freud nel 1976 e il premio Theodor W. Adorno nel 1980. Nel 2004 è stato insignito del premio Kyoto per la carriera, uno dei riconoscimenti internazionali più importanti nel campo della cultura e della scienza. Nel 2005 gli è stato conferito l’onorificenza Holberg per le sue teorie sviluppate nel campo dell’etica del discorso e dell’agire comunicativo. Inoltre, nel 2005, H. è stato insignito del premio per il libro politico Bruno Kreisky. Oltre ad altri innumerevoli riconoscimenti pubblici per la sua intensa attività pubblicistica, H. ha conseguito numerose lauree honoris causae, tra cui quella della New York School for Social Research e delle Università di Gerusalemme, Buenos Aires, Utrecht, Atene e Tel Aviv.
Negli anni più recenti, H. ha in varie occasioni preso posizione nel dibattito sul futuro del ruolo dell’Europa, sui processi di globalizzazione e sull’evoluzione socio-politica degli Stati nazioni. In varie occasioni ha approfondito tematiche rilevanti come la relazione tra il liberalismo e la democrazia, la pluralità della società e la susseguente necessità delle istituzioni politiche e giuridiche di impegnarsi nella ricerca di nuove forme per meglio coltivare le identità all’interno della società di tipo pluralistico e il rapporto tra le norme esistenti e l’analisi empirica delle condizioni sociali necessarie per la realizzazione delle istituzioni democratiche.
H. dimostra come sia possibile immaginare un “Allargamento” della democrazia al di là dei confini del vecchio Stato nazione. L’evoluzione dell’Unione europea (UE) nel suo processo federativo come anche l’ONU nel suo evolversi di “politica interna mondiale” (Weltinnenpolitik) tentano, di fatto, di trovare nuove forme e regole che superino l’orizzonte nazionale (v. Federalismo). I saggi sulla globalizzazione segnano un ulteriore avvicinamento del filosofo alle posizioni degli eurofederalisti, con un’analisi comparativa che riflette anche le posizioni degli euroscettici e dei cosmopolitici (v. Euroscetticismo). H. ricostruisce il dibattito sulla crisi dello Stato nazionale e mostra come non esistano ostacoli insuperabili ad un processo di integrazione europea in senso federativo (v. Integrazione, teorie della). Gli eurofederalisti dovranno saper progettare per l’Europa un futuro che dia ali alla fantasia e che nelle diverse arene nazionali scateni un ampio, pubblico e drammatizzato dibattito sopra il tema comune. Occorre che l’Europa passi ad una costituzione che sia modellata in senso tale che non faccia sorgere conflitti tra gli Stati. Tuttavia, H. non punta allo smantellamento dello Stato nazionale, al quale riconosce un ruolo fondamentale nell’evoluzione della democrazia, bensì alla salvaguardia del suo ruolo, attraverso una riorganizzazione e una ridefinizione delle sue sfere di azione. Le identità nazionali degli Stati e il sistema di contrattazione tra Stati nelle materie in cui il trasferimento dei poteri decisionali all’autorità sovranazionale non è strettamente necessario dovranno essere salvaguardati. Alla base della riflessione del filosofo vi è la convinzione che i futuri assetti europei debbano basarsi sull’ allargamento della base di legittimità delle istituzioni ivi presenti e sulla nascita di un vero dibattito politico europeo (sfera pubblica europea) e una solidarietà civica europea. Nel processo d’integrazione e d’unificazione europea H. pare trovare un nucleo federale il quale potrà essere il fondamento per il nuovo ordine internazionale di cui parlava Kant. Un ordine nuovo basato sulla contrattazione tra gli Stati che, sul modello del processo di integrazione europea (v. Integrazione, metodo della), dovrà trovare forme di cooperazione che possano rispondere ai rischi inerenti al fenomeno della globalizzazione.
H. è altresì intervenuto più volte nella discussione sui principi della morale sia in Europa che negli Stati Uniti, affermando che l’Europa deve agire da controbilanciere all’unilateralismo egemonico degli USA. Ciò presuppone però un sentimento di comune appartenenza politica e pone la questione dell’identità europea, della sua diversità nell’unità. Secondo H., l’Europa deve proporsi come un ordine politico scelto dai cittadini stessi dell’Europa delle diversità. Proprio il reciproco riconoscimento dell’altro nella sua diversità può diventare il segno di una identità europea comune e forte sul piano internazionale. Le Istituzioni comunitarie devono impegnarsi per un’opinione pubblica europea in cui le arene nazionali si aprono l’una verso l’altra per dar luogo a uno spazio in cui può prendere forma e svilupparsi un’identità europea postconvenzionale. L’Europa deve imparare a parlare all’unisono mantenendo la ricchezza della diversità della società. H. ha delineato in varie occasioni i problemi che si amalgamano l’un l’altro in quello unico dell’attuale mancanza di capacità d’azione dell’Unione europea: in primis, le condizioni economiche mondiali mutate in conseguenza della globalizzazione, lo sviluppo demografico e il fenomeno dell’immigrazione non sono più gestibili a livello dello Stato nazionale e perciò bisogna ricorrere al recupero della forza politica creativa a livello sopranazionale; l’Unione europea deve di conseguenza uscire dalla paralisi dopo il fallimento dei due referendum costituzionali in Francia e in Olanda (v. Paesi Bassi) e costituirsi come un attore mondiale capace di agire in politica estera promuovendo le necessarie riforme per eliminare i sintomi di una situazione mondiale ad alto rischio, tra cui lo scontro tra l’Occidente e l’Islam e il cattivo funzionamento delle istituzioni.
Nonostante le critiche mosse al sistema habermasiano, incentrate soprattutto sull’eccessivo ottimismo riposto nell’applicabilità concreta dell’agire comunicativo, H. ha avuto e continua ad avere una ragguardevole influenza sulla filosofia, la sociologia e le scienze sociali contemporanee. Sempre propenso al dialogo con gli sviluppi del pensiero etico e socio-politologico, H. è sempre stato e continua ad essere un forte sostenitore degli ordinamenti kantiani sopranazionali, ma anche del modello di vita europea.
Elisabeth Alber (2006)