Harmel, Pierre
H. (Bruxelles 1911) viene reclutato ancora molto giovane dagli elemosinieri dell’Association catholique de la jeunesse belge (ACJB) e a venticinque anni, nel 1936, ne diventa presidente nazionale. Harmel si deve misurare con il difficile problema posto da Léon Degrelle, che è uscito dall’ACJB e organizza uno dei suoi primi raduni al collegio Saint Louis di Liegi, la vecchia scuola del futuro cofondatore del Partito cristiano-sociale (PSC). Alla fine del 1944 H. parte come volontario per la guerra ed è ferito durante un’esercitazione militare.
Nel frattempo, essendo docente all’Università di Liegi dal 1943, la sua facoltà lo richiama nel giugno 1945. Nel 1946 è eletto deputato e il 22 maggio dello stesso anno sposa Marie-Claire Van Gehuchten, segretaria generale della JICF (Jeunesse indépendante catholique, sezione femminile) dopo essere stata membro della JEC (Jeunesse étudiante chrétienne). Nel 1950 il PSC, partito di Hermel, lo designa come ministro dell’Educazione nazionale. Ha trentanove anni e si è già imposto come una delle personalità di spicco del PSC. Nei successivi ventitré anni fa parte di nove degli undici governi che guidano i destini del Belgio. Insieme a Gaston Eyskens vive gli anni più belli del PSC.
Ministro della Pubblica istruzione dal 1950 al 1954, della Giustizia nel 1958, poi della Cultura fino al 1960. Anche se non fa parte del governo guidato da Lefèvre e Paul-Henri Spaak del 1961-1965, il Centre de recherches pour la solution nationale des problèmes sociaux, politiques et juridiques en région wallonne et flamande, detto anche Centre H., creato su sua iniziativa nel 1946, ispira buona parte della legislazione linguistica del 1962-1963.
Primo ministro nel 1965, il compito di H. consiste nel preparare una riforma della Costituzione, che sfocerà però in un fallimento totale.
Quando diviene capo della diplomazia belga tra il 1966 e il 1973, succedendo a Paul-Henri Spaak, H. si deve confrontare con il colpo di scena di Charles de Gaulle e la crisi provocata in seno all’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) dall’uscita della Francia. Come Spaak e Paul van Zeeland, ritiene che l’Alleanza atlantica debba restare il pilastro della difesa dell’Europa, ma questa difesa deve accompagnarsi a sforzi coordinati all’interno dell’Alleanza a favore della distensione. Queste convinzioni sono al centro del rapporto sui futuri compiti dell’Alleanza atlantica adottato nel 1967 e noto come Dottrina H. (v. Piano Harmel). La dottrina H. ha fatto testo per molti anni ed è apparsa a posteriori ancora più importante che al momento della sua adozione. H. non è stato di certo l’unico artefice di questo rappporto, ma ne è stato senz’altro all’origine e il principale ideatore. Parallelamente all’elaborazione di questa nuova dottrina, il ministro belga passa dalla teoria alla prassi e dialoga, talvolta in modo audace, con i paesi dell’Est. La NATO agli occhi di H. non può essere un semplice mezzo di contenimento, ma deve rappresentare uno strumento politico a favore della pace.
Inoltre, cercando di definire con il suo omologo polacco Rapacki un piano di disarmo in Europa e recandosi nelle diverse capitali dell’Europa dell’Est, H. intende favorire un clima di pacificazione. Vuole gettare dei ponti, spronando al tempo stesso i suoi partner dell’Alleanza atlantica a mostrarsi più audaci in questa direzione.
H. attribuisce anche una notevole importanza all’ONU, ritenendo che un tema come quello della pace nel mondo non possa essere affrontato se non su scala mondiale.
Questa visione non esclude affatto l’esistenza di organizzazioni regionali forti. Gli anni 1966-1973 sono decisivi per la costruzione europea. Le prese di posizione del presidente francese de Gaulle preoccupano H. Il 25 novembre 1966 incontra il generale all’Eliseo su sua richiesta. Gli comunica che la Francia si sta comportando in modo negativo verso l’Alleanza atlantica e la Comunità economica europea. Gli chiede che cosa accadrebbe se la Germania, il paese più forte economicamente e interlocutore privilegiato degli Stati Uniti, dovesse seguire il suo esempio; potrebbe essere tentata dal desiderio di perseguire una propria via indipendente da quella degli alleati, smettendo di attribuire importanza alla NATO e alla CEE, con il rischio di sprofondare un’altra volta nel nazionalismo. Il presidente risponde che la Francia ha i mezzi per impedire quello che H. teme. Il ministro belga non si sente affatto rassicurato. Il 27 novembre de Gaulle dà il colpo di grazia alla candidatura britannica all’adesione alla CEE. H. cerca di attenuare il veto francese favorendo consultazioni regolari nel quadro dell’Unione dell’Europa occidentale, di cui fa parte il Regno Unito, in merito alle questioni relative alla difesa, alla moneta, alla politica e alla tecnologia. H. era pronto a procedere speditamente, se necessario senza la Francia, e nell’ottobre 1968 presentava all’UEO un piano che andava in questa direzione. Ma il Compromesso di Lussemburgo, alla cui preparazione H. prese parte, aveva dimostrato che l’Europa non poteva avanzare prescindendo da un grande Paese. Il secondo veto del generale de Gaulle nel dicembre 1967 l’aveva molto irritato, gli avvenimenti di maggio in Francia, poi i fatti di Praga, insieme al timore di un ritorno del nazionalismo tedesco, lo inducevano a credere che fosse urgente procedere nel processo di integrazione europea “ovunque fosse possibile” e con i paesi disponibili (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). Per de Gaulle il documento belga era inaccettabile perché attribuiva al Regno Unito la possibilità di controllare l’attività dei Sei negli ambiti previsti dal piano di rilancio dell’UEO. Il piano fallisce e porta anche ad una crisi di questa istituzione che dura fino al 1970. I rapporti fra H. e de Gaulle sono stati tesi sul piano politico: il primo non nutriva certo per il secondo la stessa ammirazione del re Baldovino, tuttavia aveva una certa stima per il generale. Il giorno della morte di de Gaulle H., che è sempre ministro degli Esteri, ne spiega con chiarezza le ragioni: «Raramente, meglio di oggi, ci si rende conto che certi uomini, molto rari, si spengono ma non muoiono: è il caso del generale de Gaulle, che rimarrà una delle grandi figure della Storia contemporanea. Ha incarnato la Francia, ha vissuto per lei; prima ha restaurato la sua libertà, poi la sua grandezza». Intanto la crisi dell’UEO del 1968-1970 ha portato in primo piano sulla scena europea, per molti mesi, la questione dell’allargamento alla Gran Bretagna e forse ha anche contribuito a convincere il presidente Pompidou (v. Pompidou, Georges) che la Francia non poteva più opporsi.
Il Vertice dell’Aia del dicembre 1969 segna l’inizio di un rilancio ambizioso che approda al primo Allargamento, per la cui preparazione la diplomazia belga svolgerà un ruolo importante, in particolare nel quadro del progetto di unione monetaria (v. anche Unione economica e monetaria) e del calcolo del contributo britannico al budget europeo (v. anche Bilancio dell’Unione europea). Anche il Rapporto Davignon del vecchio capo di gabinetto di H., Étienne Davignon, getta le basi – se pure ancora molto modeste – per la Cooperazione politica europea.
Già nel dicembre 1987, in occasione del conferimento del Prix atlantique, H. scrive ai suoi amici: «Immaginate lo stupore dell’agricoltore: vede germogliare in un suolo sassoso dei granelli piantati tanto tempo prima; e si rallegra di aver vissuto abbastanza per assistere a questa fioritura!». Che dire allora, vent’anni più tardi, dopo la riunificazione della Germania, dell’ingresso dei paesi che appartenevano al blocco dell’Est nella NATO, quando l’allargamento dell’Unione europea a Est è diventato realtà?
Vincent Dujardin (2008)