Karamanlis, Konstantinos
K. nacque l’8 marzo 1907 a Proti, un piccolo centro in provincia di Serres, nella Macedonia turca, da una famiglia numerosa e di modeste condizioni sociali. Il padre Gheorghios combatté per la liberazione della Macedonia dal dominio ottomano tra il 1904 e il 1908. Dalle guerre balcaniche del 1912-1913 alla Prima guerra mondiale, fino alla guerra greco-turca conclusasi nel 1922 con la cosiddetta “catastrofe dell’Asia minore”, la regione fu investita da numerosi conflitti armati, sullo sfondo dei quali il giovane K. trascorse l’infanzia e la prima adolescenza. Compiuti gli studi liceali in provincia di Serres, nel 1925 si trasferì ad Atene dove nel 1929 si laureò in legge.
Tornò a Serres nel 1930, reduce dal servizio militare. Malgrado i brillanti esordi nell’avvocatura, la sua carriera si orientò rapidamente verso la politica con l’adesione al Partito popolare. D’ispirazione monarchica, quest’ultimo si presentava più simile a un partito di notabili che al moderno partito politico di massa e costituiva una delle due principali formazioni della vita politica greca. L’altra era rappresentata dalle correnti repubblicane guidate dal leader liberale Eleftherios Venizelos, e perciò dette “venizeliste”, in opposizione alle quali i Popolari, forti di un largo seguito elettorale, sostennero il ritorno al potere della monarchia. Nel 1935, all’età di appena ventotto anni, K. fu eletto per la prima volta deputato al parlamento nel distretto di Serres. Ma dopo la caduta della Repubblica e il ritorno al potere della monarchia, il colpo di Stato del generale Ioannis Metaxas condusse allo scioglimento del parlamento e all’abolizione dei partiti politici.
Durante gli anni della dittatura metaxista (1936-1940), K. rifiutò di collaborare con il regime militare e tornò a esercitare la professione forense. Nel 1941, dopo l’invasione della Grecia da parte delle truppe italiane, tedesche e bulgare, si stabilì temporaneamente nella capitale, dove partecipò alle riunioni di un circolo di intellettuali tacitamente schierati contro l’occupazione militare delle potenze dell’Asse, tra i quali spiccavano alcune importanti personalità del mondo politico e della cultura, quale quella dell’economista Xenofon Zolotas. In seguito, K. lasciò Atene per trasferirsi al Cairo, sede del governo monarchico in esilio. Rientrò in Grecia alla fine del 1944, dopo la definitiva ritirata della Wehrmacht da Atene.
Alle elezioni politiche generali del marzo 1946, le prime del dopoguerra, K. fu eletto per la seconda volta in parlamento nelle liste della nuova formazione politica denominata Fronte d’unione nazionale. Le operazioni di voto si svolsero in un clima infuocato dall’astensione dei comunisti, dalle denunce di numerosi brogli e da violenti scontri tra le bande paramilitari del cosiddetto “terrore bianco” e i reduci delle formazioni partigiane. Di lì a pochi mesi la militarizzazione del conflitto politico sfociò nello scoppio dell’ultima e più cruenta fase della guerra civile greca (1946-49), durante la quale il paese fu teatro dell’intervento militare inglese e statunitense.
In questi anni K. ricoprì i primi significativi incarichi di governo negli esecutivi di coalizione composti dalle destre e dai liberali. Nel 1946 visitò gli Stati Uniti in qualità di membro ufficiale della delegazione greca per gli aiuti economici del dopoguerra. Fu ministro del Lavoro (1946-1947), ministro dei Trasporti (1948) e ministro della Previdenza sociale (1948-1950). Nel 1950 fu rieletto in parlamento nel distretto di Serres e divenne ministro della Difesa nel governo di breve durata guidato dalla coalizione di Sophoclis Venizelos e Konstantinos Tsaldaris. L’anno successivo aderì al partito dell’Unione greca guidato dal generale Alexandros Papagos, protagonista della vittoria militare sulla guerriglia comunista. Nel 1951, inoltre, sposò Amalia Kanellopoulou.
Dopo il 1952 la carriera politica di K. subì una rapida accelerazione. I risultati delle elezioni politiche svoltesi con il nuovo sistema maggioritario consacrarono l’affermazione politica delle destre. Nel governo presieduto dal generale Papagos, K. fu nominato ministro dei Lavori pubblici, distinguendosi per una gestione efficiente, ma spiccatamente autocratica dell’incarico affidatogli. Quando nel 1955 la morte di Papagos aprì la lotta per la successione alla guida del governo tra i candidati designati dalle diverse correnti della destra, il re Paolo di Grecia, con una decisione che sorprese molti osservatori contemporanei, fece ricadere la scelta del ministro incaricato di formare il nuovo esecutivo su K.
Ottenuto il sostegno della maggioranza dei deputati delle destre, all’età di quarantotto anni K. divenne primo ministro, in una fase particolarmente delicata della vita politica nazionale, sulla quale pesavano la persistenza dei conflitti politici ereditati dalla guerra civile, la debole legittimazione del sistema istituzionale e gli urgenti problemi di natura economica e sociale legati alla ricostruzione. Tra le prime iniziative assunte dopo la nomina ai vertici dell’esecutivo vi fu la riorganizzazione politica delle destre, le cui diverse componenti furono riunite nel partito di nuova fondazione denominato Unione radicale nazionale (Ethniki rizospastiki enosis, ERE). In questo modo K. intese, per un verso, consolidare la propria leadership personale e, per l’altro, creare i presupposti per svincolare la propria azione di governo dalla tradizione politica del periodo Papagos, prefigurando il superamento dei canoni della lotta politica codificati nel periodo della guerra civile.
Fermo sostenitore della necessità di integrare la Grecia nel blocco occidentale, per ragioni geopolitiche e ideologiche, ma anche in funzione dello sviluppo politico, economico e sociale del paese, K. con un notevole dinamismo in politica estera tentò di superare l’isolamento internazionale in cui la Grecia era precipitata negli anni della guerra civile. Nonostante i gravi dissidi sorti con gli alleati occidentali in merito al processo di decolonizzazione dell’isola di Cipro, fu riconfermata la permanenza del paese nell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (North Atlantic treaty organization, NATO).
K. valorizzò il ruolo della Grecia nel contesto regionale del Medio Oriente, soprattutto nell’intento di assicurarsi il sostegno degli Stati arabi nell’ambito della crisi cipriota. Le principali tappe del processo furono l’avvicinamento alla Repubblica araba unita proclamata da Gamal Abdel Nasser, il rifiuto della Grecia di partecipare alla conferenza di Suez nell’estate 1956 e la condanna dell’invasione dell’Egitto da parte delle truppe anglo-francesi. All’accettazione della dottrina Eisenhower (v. Eisenhower, Dwight David) per il Medio Oriente nel 1957 seguì la visita ufficiale di K. al Cairo e la partecipazione della Grecia alla conferenza di Brioni nel 1958. Sullo sfondo di un complesso quadro internazionale, K. declinò il principio della fedeltà atlantica all’insegna di un progressivo consolidamento dei rapporti bilaterali tra la Grecia e gli Stati Uniti, sancito dallo scambio di importanti visite ufficiali, tra le quali quella del presidente Dwight D. Eisenhower ad Atene nel 1959. Nello stesso anno la Grecia accettò l’indipendenza di Cipro nell’ambito di una soluzione negoziata con la Gran Bretagna (v. Regno Unito) e la Turchia.
Sul fronte delle relazioni con gli Stati dell’Europa occidentale, K. favorì in particolare il riavvicinamento della Grecia alla Francia e alla Repubblica Federale Tedesca (v. Germania). Nel 1961, grazie anche al sostegno politico di Charles de Gaulle, fu siglato il trattato che riconosceva alla Grecia lo status di paese associato (v. Associazione) alla Comunità economica europea (CEE), nella prospettiva di accoglierne la richiesta di adesione formale all’area del Mercato comune (v. Comunità economica europea) entro l’anno 1984.
Tranne brevissime interruzioni, K. rimase primo ministro fino al 1963, riuscendo ad assicurarsi una larga maggioranza parlamentare attraverso tre diverse tornate elettorali (1956, 1958, 1961). La relazione preferenziale con gli Stati Uniti condusse nel 1955 allo stanziamento dei primi ingenti aiuti finanziari da parte dell’amministrazione americana per la ricostruzione postbellica della Grecia, che consentirono nel 1959 di varare un programma di cinque anni per il risanamento dell’economia nazionale, incentrato sulla modernizzazione dell’industria e dell’agricoltura.
Negli anni dei governi K., gli indicatori statistici registrarono una ripresa economica generalizzata. Tra l’inizio degli anni Cinquanta e la metà degli anni Sessanta il reddito medio pro capite aumentò di quattro volte, a fronte di una relativa stabilità del regime dei prezzi. Ma i consistenti aiuti finanziari provenienti dagli Stati Uniti non sempre coincisero con lo sviluppo dell’attività imprenditoriale in settori realmente competitivi. I settori trainanti della crescita economica rimasero quello delle costruzioni, il cui sviluppo fu in gran parte sostenuto dalla speculazione edilizia, della marina mercantile controllata dai grandi armatori e del turismo. Nonostante i risultati raggiunti nell’ambito della ricostruzione, la Grecia rimase un paese sostanzialmente agrario, legato a un’agricoltura scarsamente produttiva. A dispetto di un generalizzato incremento dell’occupazione, le campagne continuarono a espellere manodopera, alimentando i flussi d’immigrazione diretti verso i principali centri urbani del paese e, soprattutto, verso l’estero. La ramificazione della pubblica amministrazione ampliò le fila del ceto medio composto dagli impiegati pubblici, ma mise in luce la tendenza a una gestione burocratica e inefficiente della cosa pubblica, oltre che al rafforzamento delle tradizionali reti clientelari.
Nonostante i passi in avanti compiuti nell’ambito della modernizzazione economica e sociale del paese, la lunga permanenza di K. ai vertici del governo non garantì alla Grecia il pieno superamento del regime di democrazia limitata instaurato all’indomani della guerra civile. Dopo le elezioni politiche del 1961, la cui legittimità fu incrinata da voci di brogli e da numerosi episodi di violenza nei confronti dei militanti della sinistra, il paese precipitò in un clima di crescente instabilità politico-istituzionale. Nel 1963, in occasione di un raduno pacifista a Salonicco, il deputato della sinistra Grigoris Lambrakis rimase vittima di un’aggressione. L’evento turbò profondamente l’opinione pubblica e provocò il rapido deterioramento della situazione politica. Gheorghios Papandreu, leader dell’Unione di centro, la formazione liberale che costituiva la principale opposizione politica all’ERE di K., denunciò pubblicamente l’esistenza di un parakratos, di un “doppio Stato” costituito da apparati dei servizi segreti, nazionali e stranieri, legati ai gruppi dell’estrema destra, i quali operavano al di fuori del controllo del parlamento. Con una dichiarazione pubblica ripresa con grande clamore dalla stampa ellenica, egli indicò in K. il responsabile morale dell’omicidio Lambrakis. Gli eventi scaturiti dall’assassinio del deputato dell’Eda, il partito politico della sinistra fondato dopo la messa al bando dei comunisti, sfociò rapidamente in una crisi istituzionale di vaste proporzioni. K. respinse con fermezza le accuse formulate nei suoi confronti dal leader dell’Unione di centro. Ma nel luglio 1963, in seguito al conflitto istituzionale emerso con la Corona, decise di rassegnare le dimissioni da capo del governo. Quattro mesi più tardi, in seguito alla secca sconfitta elettorale riportata dall’ERE nelle consultazioni politiche generali, egli lasciò la Grecia recandosi in esilio volontario a Parigi.
In Francia K. approfondì il confronto politico e intellettuale con Charles de Gaulle, in merito soprattutto alla natura e al ruolo dello Stato nazione. Nel 1967 egli condannò il colpo di Stato militare realizzato ad Atene dai colonnelli e negli anni successivi lanciò ripetuti appelli per il ritorno della democrazia in Grecia. Nell’estate 1974, quando l’esito disastroso dell’avventura militare intrapresa dalla giunta dei colonnelli nell’isola di Cipro condusse al crollo definitivo della dittatura, K., forte di un indiscusso carisma personale, fu chiamato a gestire la difficile fase di transizione verso la democrazia. Primo ministro dal 1974 al 1980, egli guidò il cosiddetto processo di metapoliteusi, il cambiamento di regime politico interno. All’indomani del suo ritorno trionfale ad Atene, fondò il partito della Nuova democrazia, una formazione di centrodestra d’ispirazione liberale che alle elezioni svoltesi nel novembre 1974 ottenne la maggioranza relativa. Seppure con molti limiti, il processo di democratizzazione avviato nella seconda metà degli anni Settanta riuscì a garantire la restaurazione delle libertà civili, lo svolgimento del referendum popolare per l’abolizione della monarchia, l’epurazione, sebbene parziale e incompleta, delle forze armate dagli elementi maggiormente compromessi con la dittatura. Fu elaborato, inoltre, il nucleo della nuova costituzione ispirato al modello di una repubblica semipresidenziale, mentre la condanna a morte comminata nei confronti dei colonnelli fu tramutata nella pena all’ergastolo.
K. coniugò il processo di transizione democratica con la ripresa dei negoziati per la ratifica del Trattato di adesione della Grecia alla CEE, i quali avevano subito una lunga battuta d’arresto durante il periodo della dittatura. Tra gli uomini politici del dopoguerra, egli fu tra i più convinti sostenitori della causa europeista, alla quale diede una peculiare impostazione incentrata sul principio del reciproco vantaggio. Dal punto di vista dell’interesse nazionale della Grecia, l’ingresso del paese nella CEE avrebbe innescato un meccanismo virtuoso di valorizzazione di un enorme potenziale di risorse umane, naturali e economiche. Nella concezione di K., ancorare la Grecia all’Europa significava sottrarre il paese alla condizione di periferia economicamente arretrata del vecchio continente, inevitabilmente destinata a svolgere un ruolo marginale sulla scena politica internazionale. Di contro, nei suoi contatti con gli uomini di Stato europei K. esaltò costantemente il valore strategico della Grecia, promuovendone il ruolo di paese ponte tra Europa continentale, Balcani e Medio Oriente. Egli candidò la Grecia ad assolvere il ruolo di frontiera politica dell’Europa nel Mediterraneo, in virtù della sua posizione geografica, del legame preferenziale che in politica estera aveva tradizionalmente legato il paese alle democrazie occidentali, all’eredità culturale della sua storia. Nel contesto internazionale della Guerra fredda e della competizione tra le grandi potenze, per il controllo delle risorse petrolifere e la gestione delle vie di comunicazioni intercontinentali, la Grecia avrebbe offerto al Mercato comune europeo un trampolino di lancio verso il Medio Oriente.
Insignito del premio Charlemagne nel 1978 per l’impegno profuso in favore dell’unità europea, K. contribuì attivamente al dibattito sul futuro assetto istituzionale dell’Europa politica (v. anche Istituzioni comunitarie). Egli sostenne il progetto di un Parlamento europeo dotato di ampie prerogative e legittimato da elezioni a suffragio universale diretto (v. Elezioni dirette del Parlamento europeo) e la necessità di un potere esecutivo forte e di un’applicazione rigorosa del principio di maggioranza (v. anche Maggioranza qualificata) in seno al Consiglio dei ministri.
Presidente della Repubblica di Grecia dal 1980 al 1985 e dal 1990 al 1995, K. contribuì al compimento della democratizzazione politica e istituzionale della Grecia, nel nuovo contesto dalla coabitazione con il Movimento socialista panellenico (Panellī́nio sosialistikó kínīma, PASOK) di Andreas Papandreu. Malgrado i gravi sintomi di crisi emersi nell’economia nazionale, egli si adoperò costantemente per il consolidamento delle relazioni della Grecia con l’Europa. Avendo rinunciato a qualsiasi incarico pubblico, K. morì nel 1998 all’età di 91 anni.
Lidia Santarelli (2010)