Klaus, Václav
Nato a Vinohrady (distretto di Praga) il 19 giugno 1941, K. studia alla Scuola di economica di Praga, specializzandosi in commercio estero e laureandosi nel 1963. L’economia diverrà il suo campo di studi specifico. Approfittando del relativo disgelo della vita politica cecoslovacca negli anni Sessanta, compie soggiorni di studio in Italia (1966) e negli Stati Uniti (1969). Come ricercatore dell’Istituto di economia dell’Accademia delle scienze cecoslovacca consegue il dottorato in economia nel 1968.
Nel 1970 K. è costretto ad abbandonare la carriera di ricercatore per motivi politici, in quanto i suoi lavori riflettono orientamenti di stampo liberale. Espulso dall’Accademia, entra nella Banca di Stato cecoslovacca. Solo alla fine del 1987 riprenderà la carriera di ricercatore all’Istituto di previsioni economiche dell’Accademia delle Scienze ceca, che risente l’influsso della perestrojka. Subito dopo la caduta del muro di Berlino, il 17 novembre 1989 K. inizia a occuparsi attivamente di politica come membro del Forum civico, senza peraltro interrompere i contatti con il mondo dell’economia. Continua a tenere conferenze e a pubblicare saggi e nel 1991 diventa assistente di economia all’Università Carlo di Praga. Nel 1995 diventa professore di finanza alla Scuola di economia di Praga.
La carriera politica di K. ha inizio nel dicembre 1989, quando diventa ministro federale delle Finanze. In questa carica esercita un’influenza rilevante sulla politica economica, diventando il principale artefice della cosiddetta “terapia choc” cecoslovacca che caratterizzerà la politica economica nel periodo di transizione dopo il 1989, basata sulla liberalizzazione e sulla stabilizzazione macroeconomica. Nell’ottobre del 1991 viene nominato anche vice primo ministro della Federazione cecoslovacca. Ammiratore del pensiero di Milton Friedman e di Friedrich von Hayek, come ministro delle Finanze K. è uno strenuo sostenitore del paradigma proposto dagli economisti conservatori neoliberali, soprattutto statunitensi, sulla riforma economica nelle società postcomuniste. La sua visione neoliberale prevede una rapida liberalizzazione dell’economia successivamente o contemporaneamente a un periodo di stabilizzazione macroeconomica. Il ruolo di spicco assunto da K. nella riforma economica conferisce al ministero delle Finanze, che durante il periodo comunista era stata una carica di scarso rilievo, una posizione istituzionale molto forte nel suo rapporto con l’esecutivo e con altri ministeri responsabili del coordinamento e della pianificazione della politica economica. K. aderisce al programma di politica economica stabilito nel c.d. “Washington consensus” del Fondo monetario internazionale (FMI). Alla fine del 1990 diventa presidente del Forum civico, all’epoca l’entità politica più forte del paese. Dopo le sue dimissioni dal Forum nell’aprile 1991 è uno dei fondatori del Partito civico democratico (Občanská demokratická strana, ODS), del quale resta presidente fino al dicembre 2002. Il nuovo partito, sul piano del pensiero economico e politico, è molto vicino al Partito conservatore britannico. Infatti K. è un grande ammiratore di Margaret Thatcher e del processo di liberalizzazione da lei realizzato nel Regno Unito negli anni Ottanta. Nel 1992 K. vince con il suo partito le elezioni parlamentari e diventa primo ministro della Repubblica Ceca in una coalizione di governo con l’Alleanza civica democratica (Občanská demokratická aliance, ODA) e l’Unione cristiana e democratica (Křesťanská a demokratická unie, KDU)/Partito popolare cecoslovacco (Československá strana lidová, ČSL).
Da questa posizione K. prende parte assieme alla sua controparte slovacca, Vladimir Mečiar, alla divisione pacifica della Cecoslovacchia, il cosiddetto “divorzio di velluto” e alla fondazione di una Repubblica Ceca indipendente. Di fatto, diversamente da K., la maggior parte dell’élite politica ceca era favorevole al proseguimento dell’unione, ma egli riesce a superare l’impasse politica che si è creata in merito al futuro dello Stato federale. Nel 1992 vince in modo netto le elezioni grazie soprattutto alla soluzione ai problemi federali da lui proposta. Nel 1996 difende con successo la sua posizione di primo ministro nelle elezioni nazionali della Camera dei deputati, ma si dimette dopo la caduta del governo di coalizione nel novembre 1997. Lo scioglimento del governo è provocato da uno scandalo finanziario messo in luce dai suoi partner della coalizione che ha coinvolto l’ODS. Inoltre la crisi economica del 1997 indebolisce la reputazione di “amministratore dell’economia” su cui si basa principalmente la popolarità di K. Josef Tavosky, governatore della Banca nazionale ceca, viene incaricato dal Presidente della Repubblica Václav Havel di formare un governo di transizione fino alle elezioni, che si svolgono alcuni mesi più tardi. Dopo le elezioni del 1998 in cui l’ODS riesce a evitare la disfatta elettorale, K. negozia l’importante “patto d’opposizione” con il governo di minoranza del Česká Strana Sociálne Demokratická (ČSSD) di Miloš Zeman. Grazie a questa “intesa” K. ottiene la presidenza della Camera dei deputati per un periodo di quattro anni. Sebbene l’ODS resti escluso dal potere esecutivo diretto, l’intesa gli permette di esercitare un’influenza sulla politica governativa, in particolare sulle spese di bilancio, e crea una frammentazione fra esecutivo e direzione politica nella Repubblica Ceca. Questa spartizione del potere spinge altresì l’elettorato a votare contro i politici più noti a favore di candidati indipendenti o radicali nelle elezioni per il Senato.
In conseguenza della rielezione di K. alla presidenza dell’ODS nel 1997 molti membri lasciano il partito e fondano una formazione politica rivale, l’Unione liberale (Unie Svobody, US), sotto la leadership di Jan Ruml. K. può continuare a contare sulla fedeltà delle organizzazioni locali e regionali del partito, grazie alle quali viene riconfermato segretario dell’ODS nel congresso straordinario del partito tenutosi nel gennaio del 1998. Nonostante il calo di popolarità tra l’elettorato ceco e la sua incapacità di formare una coalizione di centrodestra dopo le elezioni generali del giugno di quello stesso anno, K. è nuovamente rieletto segretario dell’ODS alla fine del 1999 senza incontrare opposizioni. In seguito al risultato delle elezioni del 2002, in cui l’ODS si piazza al secondo posto, un numero crescente di funzionari di partito regionali e locali comincia a chiedere un cambio al vertice. K., la cui popolarità personale è stata un fattore cruciale nel successo elettorale dell’ODS, sarebbe probabilmente in grado di sconfiggere un eventuale sfidante nel congresso del partito del dicembre 2002. Tuttavia, come ha fatto Miloš Zeman nel ČSSD nel 2001, preferisce rinunciare volontariamente alla leadership del partito per mantenere la presidenza.
Per quanto riguarda l’Europa, K. segue le sue convinzioni economiche. Sostenitore del liberismo e della partecipazione al mercato interno, al pari di Margaret Thatcher non caldeggia un’unione politica ancora più forte o la nascita di un’Unione europea come Stato regolatore. In più occasioni definisce l’Unione europea come eccessivamente burocratizzata, sbilanciata verso il socialismo e affetta da un Deficit democratico, e mette in guardia contro il pericolo di perdere la propria identità nazionale nell’Unione europea. Nel complesso, la posizione di K. relativamente all’Adesione all’Unione europea è contraddittoria: da un lato, egli vuole che la Repubblica Ceca entri a far parte dell’Europa e non vede alternative alla integrazione nell’Unione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della); dall’altro lato, nutre forti timori sulla forma di questa integrazione, che teme possa condurre a un’unificazione forzata e non necessaria. Il fine principale dell’Unione europea a suo avviso è la reintegrazione della Germania in Europa e la diffusione dei valori democratici e neoliberali a fronte della sfida comunista. L’unione monetaria (v. Unione economica e monetaria) e un maggior coordinamento a livello europeo costituiscono ai suoi occhi un nuovo “europeismo” di portata indesiderata. Secondo K. è paradossale definire un modello economico ceco, o un’identità ceca, nel contesto dell’unificazione europea (v. Bugge, 2003, p. 189). Il fatto che la Repubblica Ceca nel periodo di preadesione non abbia voce in capitolo sul processo di integrazione europea e l’incertezza sulla tabella di marcia politica di adesione accrescono ulteriormente le sue apprensioni. K. ragiona nei termini di una contrapposizione “noi e loro”, a differenza di Václav Havel che definisce i paradigmi e le idee dell’Unione europea non come un’entità ma come un processo evolutivo.
K. non crede necessariamente nell’armonia tra livello nazionale ed europeo, né ritiene che l’essere europei debba comportare un semplicistico rifiuto del nazionalismo. Fermo sostenitore dello “Stato unitario”, K. si oppone alla regionalizzazione anche alla luce della scissione della Cecoslovacchia. Dopo il “divorzio di velluto” del 1992 K. favorisce un governo forte e centralizzato e si oppone a qualsiasi forma di autogoverno regionale. Tale opposizione mira a contrastare possibili movimenti indipendentisti moravi nonché l’influenza che i quadri comunisti continuano a esercitare dalle strutture amministrative regionali.
L’idea di uno Stato unitario propugnata da K. evidenzia inoltre il peso crescente di un elemento nazionalista nella politica interna. Il fatto che lo Stato ceco non riesca a revocare i cosiddetti “decreti Benes” – in base ai quali i tedeschi sudeti dopo la Seconda guerra mondiale erano stati espulsi ed espropriati – o a trovare un accordo con i negoziatori tedeschi e dell’Unione europea su tali decreti riflette anche una presa di posizione “nazionalista” nella politica ceca. Nondimeno K. riconosce che la Repubblica Ceca potrebbe contrastare più efficacemente l’unione politica diventando membro dell’Unione europea. Queste posizioni “euroscettiche” (v. Euroscetticismo) o meglio “euro pragmatiche” mettono K. in aperto contrasto con il Presidente della Repubblica Ceca Havel, convinto europeista e internazionalista. Esiste di fatto una certa rivalità fra Havel, considerato il padre della moderna nazione ceca, e K. che si professa l’artefice economico della nazione.
Il 28 febbraio 2003, dopo un laborioso processo elettorale alla Camera dei deputati, K. viene eletto Presidente della Repubblica Ceca come successore di Havel. Se non fosse stato per le divisioni fra le varie correnti del ČSSD la vittoria sarebbe andata probabilmente a un candidato di questo partito, dato che è la maggioranza parlamentare a nominare il presidente. Tuttavia il ČSSD non è riuscito a trovare un accordo per sostenere un candidato comune.
Come Presidente della Repubblica K. è impaziente di prendere posizione in politica estera, il principale settore politico in cui il presidente può esercitare la sua influenza. Le sue opinioni sull’Europa e sull’Iraq lo mettono in conflitto con la coalizione di governo guidata dal ČSSD e con il suo stesso partito. Nel giugno 2003 rifiuta di prendere posizione nel referendum sull’adesione all’Unione europea, affermando che non intende rendere pubblico il suo voto. Questo atteggiamento riflette anche le divisioni nel governo ombra dell’ODS. Assumendo questa posizione K. spera di non alienarsi l’elettorato, largamente favorevole all’ingresso nell’Unione europea. La sua opposizione come presidente alla guerra in Iraq lo porta a scontrarsi con la linea dell’ODS, che invece è favorevole alla guerra. Come Presidente della Repubblica Ceca K. si dimostra quindi estremamente indipendente e individualista.
Tra la fine del 2003 e il 2004 il veto posto da K. su importanti aspetti fiscali della riforma delle finanze pubbliche portata avanti dal governo del ČSSD guidato da Vladimir Spidla, indebolisce il governo nella preparazione per l’adesione all’Unione europea. K., come il suo predecessore, comincia a utilizzare lo strumento del veto per influenzare la politica governativa e, com’è logico, è attivo soprattutto nell’ambito della politica economica.
K. ha pubblicato oltre venti libri su argomenti politici, sociali ed economici. Ha ricevuto sedici lauree ad honorem in nove paesi e diciannove premi internazionali.
Christian C. van Stolk (2005)