Kristensen, Thorkil
K. (Fløjstrup 1899-Copenaghen 1989) frequentò l’Università a Copenaghen nel 1922, riuscendo a conseguire la laurea in Economia nel 1927. Dal punto di vista politico, gli anni universitari lo videro accostarsi all’organizzazione giovanile del Partito liberale.
Dopo un periodo di insegnamento alla Business school di Aarhus, ottenne un incarico nell’organismo di controllo delle Casse di risparmio danesi, continuando, al tempo stesso, l’attività di giornalista per alcuni quotidiani e di saggista su tematiche economiche. Nel 1936 approfondì gli studi presso le università di Oxford e di Cambridge, dove rimase per quattro mesi e, ancora nel 1938, si recò in Gran Bretagna (v. Regno Unito) per seguire alla London School of Economics un seminario organizzato dalla Fondazione Rockefeller. Durante il soggiorno londinese fu nominato professore di Economia all’Università di Aarhus, incarico che mantenne fino al 1945.
Durante la Seconda guerra mondiale, alla Danimarca, sottoposta all’occupazione tedesca, fu concesso un ampio autogoverno tale da consentire l’assolvimento della maggior parte delle normali funzioni amministrative. Nel 1943 il governo danese poté pertanto istituire una commissione, composta dai più noti docenti di discipline economiche, cui conferì l’incarico di studiare e di elaborare quelle misure indispensabili per gestire il passaggio all’economia post-bellica. K. era uno dei membri più illustri di questo organismo. In controtendenza rispetto all’assestamento dei sistemi politici europei all’indomani della fine del conflitto, nel 1945 la Danimarca fece un passo a destra. Dopo la breve esperienza di un governo di unità nazionale, fondato su larghe intese, che seguì la liberazione del maggio, le elezioni tenute in ottobre portarono alla formazione di un governo liberal-conservatore. K. fu eletto deputato e, per quanto privo di esperienza parlamentare, fu nominato ministro delle Finanze nel nuovo gabinetto. In questa funzione dimostrò di essere un amministratore sicuro e risoluto, ma ben presto emersero motivi di dissenso politico con il primo ministro, Knud Kristensen. In particolare, K. sollevò obiezioni sulla linea di politica estera intrapresa dall’inesperto e poco ortodosso capo del governo, il quale avanzava pretese territoriali sullo Schleswig del Sud, un tempo ducato danese, poi divenuto parte della Germania; a preoccupare K. era però, ancor più, l’andamento negativo della bilancia commerciale verso la Gran Bretagna.
Gli osservatori politici non sbagliavano nell’osservare come K. fosse spesso più vicino alle posizioni dei socialdemocratici che non a quelle dei suoi colleghi di gabinetto. In particolare, nella seconda metà del 1947, in un dibattito politico totalmente incentrato sulla questione del Piano Marshall, egli fu tra i pochi politici danesi, oltre a quelli del Partito comunista, ad assumere posizioni apertamente critiche nei confronti delle condizioni poste dagli americani in cambio dei loro aiuti, ritenendo alcune di tali condizioni ingerenze indebite e lesive della sovranità dello Stato danese. Queste riserve tuttavia alla fine caddero e K. favorì l’accettazione da parte della Danimarca del Piano Marshall.
Le dimissioni del governo liberal-conservatore alla fine del 1947 aprirono la strada alla formazione di un gabinetto socialdemocratico che rese operativo il Piano Marshall e siglò, nel 1949, l’adesione della Danimarca all’alleanza atlantica (v. anche Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico). Dai banchi dell’opposizione, K. continuò a impegnarsi con slancio e passione sui temi caldi del dopoguerra, in particolare sulle questioni di politica internazionale, tanto da ricoprire, nel periodo 1948-1960, la carica di presidente della prestigiosa Società danese per la politica estera (Det Udenrigspolitiske Selskab, DUS). Tra gli argomenti verso i quali si rivolsero i suoi interessi, centrale fu quello dell’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della): l’ipotesi federalista (v. anche Federalismo), in quel periodo, assai accreditata in Europa, non riceveva nei paesi scandinavi grande credito e la Danimarca non faceva eccezione. Fu proprio K., in veste di primo presidente della piccola rappresentanza danese presso l’Unione parlamentare europea (UPE) a tentare di raccogliere le forze presenti in Danimarca a sostegno della causa europeista. In quella veste, egli guidò i 32 membri che componevano la combattiva delegazione danese al Congresso dell’Aia nel maggio 1948. Nello stesso anno egli ottenne l’adesione della delegazione danese UPE al Movimento per l’Europa unita (MEU) (v. Movimenti europeistici), che in breve avrebbe consumato la rottura con la leadership europea dell’UPE.
Quale delegato danese al costituendo Consiglio d’Europa nel 1949, egli insistette sulla necessità di un’ampia e intensa cooperazione tra gli Stati per risanare le ferite della guerra e per un’Europa occidentale politicamente ed economicamente forte. Per citare le sue parole, nel creare il Consiglio d’Europa era importante «mirare a un obiettivo veramente ampio. Si doveva puntare a un graduale trasferimento di sovranità dei singoli Stati d’Europa a questa nuova entità, poiché era impossibile concepire un’organizzazione unitaria senza che in prospettiva futura gli Stati fossero disposti a rinunciare a una parte della loro sovranità a beneficio dell’insieme».
Le aspirazioni europeiste di K. si andarono spegnendo nel corso degli anni Cinquanta, quando egli tornò a ricoprire la carica di ministro delle Finanze del governo liberal-conservatore al potere tra il 1950 e il 1953. Divenne progressivamente scettico nei confronti della vena protezionista che pervadeva non solo i piani europei di settore dei primi anni cinquanta, ma l’intera politica economica della Comunità economica europea (CEE) e proprio questo suo scetticismo verso l’istituzione economica comunitaria fu uno dei motivi che lo misero in rotta di collisione con la leadership del proprio partito, quello liberale. Così, in parlamento si dissociò dalla posizione ufficiale dei liberali, appoggiando invece il più cauto europeismo della coalizione a guida socialdemocratica, che in intendeva prendere in considerazione l’adesione alla CEE fino a quando anche la Gran Bretagna non fosse entrata. La contesa ingaggiata da K. con il leader del partito Erik Eriksen assunse sempre più la forma di una lotta per la leadership del partito stesso, lotta che alla fine K. perse. Di conseguenza, nel 1960 uscì dal partito e abbandonò l’incarico parlamentare.
Il suo addio alla politica danese si trasformò, tuttavia, nell’inizio di una prestigiosa carriera internazionale. Durante la permanenza a capo del dicastero delle Finanze tra il 1950 e il 1953, infatti, K. aveva preso parte a molti negoziati internazionali e all’attività dell’Organizzazione europea per la Cooperazione economica (OECE). Nell’ambito di tale organizzazione ebbe modo di dimostrare le sue grandi capacità di negoziatore e la sua alta competenza come economista: elementi questi che gli valsero non solo una solida reputazione a livello internazionale, ma anche, nel 1960, l’incarico di segretario generale dell’OECE (poi riorganizzata e nel 1961 trasformata in OCSE, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo in Europa) che durerà nove anni. Insieme all’impegno nel coordinamento e nella supervisione dell’enorme lavoro svolto dall’OCSE, egli partecipò anche all’attività di studio dell’istituzione stessa, dedicandosi con assiduità anche alle iniziative del Comitato per il sostegno allo sviluppo e dando prova di una non comune e profonda comprensione delle linee di tendenza dello sviluppo economico, sociale e politico su scala globale.
Nel 1969 K. fece ritorno in Danimarca dove divenne direttore del neonato Istituto di ricerca per lo sviluppo a Copenaghen, incarico che abbandonò nel 1972 quando si impegnò nella campagna referendaria a favore dell’ingresso della Danimarca – insieme alla Gran Bretagna – nella Comunità europea. Ormai in pensione, continuò a essere attivo nel mondo accademico e fece spesso sentire la propria voce nei dibattiti sull’Europa e sulle iniziative per gli aiuti allo sviluppo, come anche su più generali tematiche di carattere economico. Indiscutibilmente. K. fu il primo grande politico europeo della Danimarca, anche se la sua dedizione alla causa europea proveniva più dall’analisi intellettuale che dal cuore. Non fu infatti un politico in senso tradizionale. La sua comprensione e accettazione delle regole della politica parlamentare furono un elemento trascurabile, un fatto questo che contribuì paradossalmente a costruirne l’immagine di uomo imparziale e al tempo stesso affidabile.
Niels Wium e Thorsten B. Olesen (2010)